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questo continuare a cercarsi

 dove l’altro smette.

Una connessione spontanea

Senza alcuna richiesta

 

 

 

Sensibilità tenerezza ardore

sono collegate al cuore

Talvolta arrecano lacrime e dolore.

Ma si è vivi nella sofferenza

e morti nell’indifferenza.

Sunny_Poems

 

 
Creato da: fabiana.giallosole il 18/02/2012
COPDUS - Coordinamento Provinciale Docenti Utilizzati di Sassari

Messaggi del 17/05/2015

 

Docenti inidonei

Post n°3505 pubblicato il 17 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 

Da "Docenti Inidonei e + "


DOCENTI INIDONEI


Carissime/i colleghe/i stanno arrivando alle  nostre caselle di posta (fabiana.giallosole@libero.it e copdus@gmail.com) diverse mails con le quali ci chiedete quale sarà la sorte che attende i Docenti utilizzati in altri compiti qualora il DDL (presunta) Buona Scuola fosse approvato.

E' difficile rspondere correttamene a tale quesito perchè:

1 NON siamo stati affatto citati nel DDL "La buona Scuola"
2 NON ci è dato sapere come siamo  considerati attualmente da chi ha deciso di non nominarci
3 la nostra sorte, sinora, è legata all'applicazione della legge   128 che prevede la nostra messa in mobilità forzosa verso altre amministrazioni a fine anno scolastico 2015-2016.
4 Il DDL non è stato ancora approvato, anche se manca pochissimo.
5 Ci sarà nel ddl che vedrà la luce , se la vedrà,  mercoledì p.v. una postilla chiarificatrice in merito al destino dei docenti Inidonei?
6 Il timore, purtroppo fondato, che, credo, tutti noi Docenti Inidonei abbiamo è che il famigerato "preside sceriffo" possa decidere da subito di NON volerci nella SUA scuola, perchè NON ci ritiene abbastanza efficenti e/o perchè ha già deciso con chi sostituirci.
Stiamo a vedere, SENZA ABBASSARE LA GUARDIA,in base a ciò che succederà decideremo come muoverci.

Ricordate: "Non smettiamo di farci sentire!!!"

Un saluto. Fabiana Giallosole

 

SECONDA PARTE:

Per rispondere ad un quesito posto dalla  collega Paola sottolineo che nel DDL "Buona scuola" non c'è niente di nuovo per quanto riguarda noi Docenti Inidonei. "Incollo, di seguito, art. 13 del DDL su citato e la nota ministeriale AOODGPER 13000 esplicativa della Legge128:

Art. 13
(Personale scolastico in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o utilizzazione presso altre
amministrazioni pubbliche)
1.
Il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico o ausiliario in posizione di comando, distacco, fuori ruolo alla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base di un provvedimento formale adottato ai sensi della normativa vigenti, può transitare, a seguito di una procedura comparativa, nei ruoli dell'Amministrazione di destinazione, previa valutazione delle esigenze organizzative e funzionali dell’Amministrazione medesima e nel limite delle facoltà
assunzionali, fermo restando l’articolo 1, comma 330, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 e l’articolo 24, commi 4, 5 e 6 della presente legge.

Nota ministeriale AOODGPER 13000
Personale docente dichiarato permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti – attuazione delle disposizioni contenute nell’art. 15, commi 4 e seguenti, del D.L. n.104 del 12.09.2013, convertito con modificazioni in Legge n.128/2013.

http://www.uspms.it/…/nota-13000-2013-docenti-inidonei%5B1%…

Se confrontiamo le 2 disposizioni si nota che nulla è cambiato.

 
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Lavori camera

Post n°3504 pubblicato il 17 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 

Da "La Tecnica della Scuola"


E mentre si votava c'era chi giocava con il cellulare...


Si è chiusa venerdì la prima giornata di lavori alla Camera per l'approvazione del Ddl Scuola presentato dal Governo Renzi. Una giornata travagliata, intensa, dove erano in discussione le sorti della futura scuola italiana. 

Una giornata di massima attenzione, dunque, dove tutti i parlamentari hanno dato il loro contributo? Non esattamente. I retroscena, infatti, che ormai, al tempo dei social network, non sono ormai così misteriosi, ci mostrano atteggiamenti non molto ortodossi di coloro che dovrebbero invece investire tutte le loro risorse nell’emendare in direzione saggia un ddl che fa acqua da tutte le parti.

A sentire Silvia Chimienti, agguerrita parlamentare grillina, i lavori in Aula non sono stati dominati da grande solerzia. Riferisce infatti sulla sua pagina fb nel primo pomeriggio: “È da questa mattina alle 10 che Faraone vegeta in Aula giocando con i suoi due cellulari. Esattamente come faceva in commissione. Non alza mai neanche lo sguardo, tanto sa che ci sono i renziani della commissione Cultura a difendere a spada tratta l'indifendibile. Siamo all'art. 2 e non c'è nulla di peggio al mondo che stare qui dentro a lottare contro le mistificazioni della realtà della Malpezzi e del resto del Pd”.

Ma il bello viene quando si traccia il bilancio della giornata: “È appena finita una giornata infernale. Dalle 8 di questa mattina fino a poco fa siamo stati in Aula a votare i primi 7 articoli del ddl che distruggerà la scuola. La cosa peggiore da sopportare è l'arroganza con cui procedono sapendo che i tempi sono contingentati, gli emendamenti segnalati sono pochi e mercoledì alle 13, comunque vada, ci sarà il voto finale. Abbiamo smontato tutti i loro inganni, uno ad uno. Siamo entrati nel merito anche se questo ddl non meriterebbe neppure di essere discusso”.

E, in effetti, a sentire l’intervento di Girgis Giorgio Sorial, sempre del M5S, i toni sono stati molto accesi: “ La natura clientelare del Pd entra nella scuola attraverso la chiamata diretta dei presidi. I dirigenti potranno, con totale discrezionalità, chiamare i docenti, controllare l’incarico di docenza, senza rispetto delle graduatorie, ma solamente attraverso una loro scelta. Questo è quello che vuole il Pd nella scuola dei nostri figli, limitazione della libertà di pensiero, qualità della docenza che viene meno".

Insomma, mentre si decidono le sorti di uno dei settori più importanti della società, i politici giocano con i loro telefonini, tanto, per dirla col buon Pirandello, non è una cosa seria...

nostro commento: cari lettori capite quali persone decideranno del destino della scuola pubblica e  il futuro dei vostri figli? Con quale mancanza di serietà e di rispetto viene affrontata la sorte della cultura, degli alunni, dei docenti, la libertà di pensiero?

 
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17 Maggio

Post n°3503 pubblicato il 17 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 

Da “La Tecnica della Scuola”


Il 17 maggio giornata contro ogni omofobia e transfobia

 

Marco Barone

Nel mese di maggio di dieci anni fa, per iniziativa di alcuni parlamentari, veniva presentata una proposta di legge volta ad istituire, in Italia, la giornata nazionale contro l'Omofobia.

Nella premessa di quel testo si legge che “Omosessuali, lesbiche e transessuali sono fortemente discriminati in tutto il mondo. In almeno ottanta Stati gli atti omosessuali sono condannati dalla legge come atti criminali oppure sono oggetto di persecuzione amministrativa o sociale.

Il nostro Paese non si è ancora dotato di una efficace legge antidiscriminatoria: anzi, la direttiva europea antidiscriminatoria è stata di recente (asseritamente) "recepita" in modo da rendere la discriminazione paradossalmente più agevole di quel che non fosse in precedenza, sulla base di norme più generali; e siamo uno degli ultimi Paesi europei che non ha regolarizzato la condizione di migliaia di coppie gay che vedono quotidianamente negati i propri diritti, soprattutto nei momenti più tragici dell’esistenza. In Italia l’omofobia è palese.

Sono, ormai, tristemente celebri le espressioni volgari e insultanti con cui alcuni Ministri della Repubblica si sono riferiti, nel corso di questa legislatura, agli omosessuali. Tali espressioni sono solo la ‘cartina al tornasole’ di un Paese che vive ancora con difficoltà la piena accettazione dell’omosessualità”.

Verrebbe da dire, e lo dico e scrivo, cosa è cambiato dal 2005 ad oggi? Il 17 maggio del 1990 l’Assemblea generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha eliminato l’omosessualità della lista delle malattie mentali.

L’OMS ha così lanciato un segnale inequivocabile teso al superamento del pregiudizio scientifico e della conseguente discriminazione sociale ai danni di gay, di lesbiche e di transessuali che ne derivava.

Eppure, nonostante ciò, nel 2007, in Polonia, il vice primo ministro nonché Ministro della pubblica istruzione polacco annunciava pubblicamente un progetto di legge destinato a punire la "propaganda omosessuale" nelle scuole, le cui disposizioni volevano il licenziamento, l'imposizione di sanzioni o la detenzione per i responsabili di istituti scolastici, gli insegnanti e gli alunni implicati in casi di "attivismo" a favore dei diritti LGBT nelle scuole, e gli insegnanti che rendevano pubblica la propria omosessualità rischiavano di essere licenziati.

Da ciò arriverà l'intervento da parte del parlamento Europeo, con la risoluzione del 26 aprile 2007 sull'omofobia in Europa e  ribadirà “il suo invito a tutti gli Stati membri a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso e chiede alla Commissione di presentare proposte per garantire che il principio del riconoscimento reciproco sia applicato anche in questo settore al fine di garantire la libertà di circolazione per tutte le persone nell'Unione europea senza discriminazioni”.

Siamo nel 2015, qualche piccolo passo è stato fatto, ciò è innegabile, ma siamo ben lontani dal superamento di pregiudizi, comportamenti razzisti, discriminatori, nei confronti di chi vive, o meglio vorrebbe vivere liberamente, la propria vita in conformità con la propria libera identità. Per non parlare delle tutele giuridiche, inesistenti.

Le scuole sono il luogo più importante dove affrontare tale questione, pensiamo ai POF, di oggi, quanti sono quelli che assicurano l'attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione alla parità di genere, la formazione, la sensibilizzazione contro tutte le discriminazioni e violenze di carattere omotransfobico, al fine di informare e sensibilizzare gli studenti, i docenti ed i genitori sulle dette questioni?

E' dalle scuole che si deve partire, perché le scuole devono formare i cittadini del futuro, ed è nelle scuole che il contrasto all'omotransfobia, deve trovare la più ampia tutela e cittadinanza, ma non solo a parole, ma con i fatti.

 

 

 
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Scuola

Post n°3502 pubblicato il 17 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 
Tag: Scuola

Da “Il Messaggero”


Scuola, i Cobas sfidano il Garante: «Stop agli scrutini» Sindacati divisi


«Blocco di due giorni». Ma Cgil, Cisl e Uil prendono tempo Il premier: suggerimenti preziosi. Alesse: «Massimo rigore».

ROMA Mentre Renzi assicura che farà «tesoro di suggerimenti e critiche» arrivate dai professori, i Cobas alzano il tiro contro il ddl Buona scuola e proclamano il blocco degli scrutini per due giorni. Analoga risposta era arrivata già venerdì dall'Unicobas, che ha fissato la stessa forma di protesta fra l'8 e il 18 giugno. Gli altri, però, sembrano prendere le distanze, anche perché c’è una divisione netta almeno sul metodo: Cgil, Cisl e Uil, infatti, prima di annunciare qualsiasi tipo di azione vogliono vedere arrivare la riforma a fine corsa, dopo il pronunciamento di Camera e Senato.
Il Garante sugli scioperi, Roberto Alesse, intanto ha già fatto sapere che adotterà «il massimo rigore a tutela degli utenti». In un nuovo botta e risposta su Twitter con gli insegnanti, il premier Matteo Renzi ribadisce che «ascoltare significa ascoltare, non assecondare per forza», respinge illazioni sulle sue vere preoccupazioni («Le elezioni politiche saranno nel 2018. Quelle europee nel 2019. La scuola c'è sempre») e sfata quella che definisce «leggenda metropolitana»: «Certo che chi è stato assunto non è licenziato dopo tre anni». Ma chi è sceso in piazza il 5 maggio non cambia idea - la riforma dell'istruzione così come è non va - e continua ad alzare la voce per farsi sentire. «Avremmo preferito una convocazione unitaria - spiega il portavoce dei Cobas Piero Bernocchi - ma riteniamo che vadano rotti gli indugi per dare con urgenza un forte segnale che tranquillizzi i docenti e che dimostri la legittimità della forma di lotta proposta; per questo abbiamo indetto, auspicando fortemente che anche gli altri sindacati facciano lo stesso, il blocco degli scrutini e di ogni attività scolastica per tutto il personale per due giorni consecutivi, a partire dal giorno seguente la fine delle lezioni, differenziata per Regioni». E i Cobas sono pronti a proseguire la lotta anche oltre i due giorni di blocco già indetti: ne discuteranno con i lavoratori nelle giornate di mobilitazione unitaria tra il 18 e il 20, in occasione del voto sul Ddl alla Camera.
LE DIFFERENZE
Le altre sigle sindacali congelano, per il momento, nuove iniziative di mobilitazione. «Abbiamo un confronto in corso e un appuntamento (forse la prossima settimana) con il ministro Giannini. Ci aspettiamo - dichiara il segretario generale della Cisl scuola, Francesco Scrima - un atto di responsabilità da parte del Governo rispetto alle rivendicazioni del mondo della scuola. Dopo, unitariamente, con gli altri sindacati, decideremo cosa fare». Il blocco degli scrutini, ad ogni modo, non piace alla Cisl: «Siamo contrari a una scelta del genere che si mette contro le famiglie e gli studenti» spiega il segretario confederale Maurizio Bernava. L'idea semmai è quella di scioperi brevi (non più un'intera giornata: è costata 42 mln di euro e un bis è meglio evitarlo) che potrebbero pure coinvolgere le valutazioni di fine anno, ma nel rispetto della legge. «Non c'è un calendario nazionale degli scrutini, i giorni in cui si fanno - fa notare il leader della Uil, Massimo Di Menna - variano da scuola a scuola e la legge non vieta certo di scioperare a giugno. Il problema è un altro: mentre si sta completando l'anno scolastico, ci sono le ultime interrogazioni e compiti in classe, nelle scuole si fanno assemblee, ci sono professori indignati. Insomma c'è un clima che si potrebbe evitare e la responsabilità - conclude il sindacalista - non è certo nostra».
Massimiliano Coccia

 
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Studenti

Post n°3501 pubblicato il 17 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 

Il Messaggero


«Priorità agli studenti, hanno diritto ad avere la valutazione di fine anno»


Il presidente emerito della corte costituzionale Cesare Mirabelli spiega subito di non voler credere all’ipotesi che i sindacati della scuola, o in questo caso uno tra loro, possano arrivare a bloccare gli scrutini

ROMA «Tutelare il diritto degli studenti ad ottenere le valutazioni annuali deve essere una priorità». Il presidente emerito della corte costituzionale Cesare Mirabelli spiega subito di non voler credere all’ipotesi che i sindacati della scuola, o in questo caso uno tra loro, possano arrivare a bloccare gli scrutini, mettendo a rischio esami o futuro scolastico dei ragazzi: «Se l’autorità garante sugli scioperi dovesse dare indicazione di rinviare o limitare lo sciopero nel corso degli scrutini, credo che i sindacati si adeguerebbero anche perché l’effetto politico della protesta sarebbe comunque raggiunto».
Presidente, partiamo da una sua valutazione generale sull’ipotesi di uno sciopero durante gli scrutini.
«Lo sciopero è un diritto collettivo costituzionalmente garantito. Naturalmente allo stesso tempo vanno tutelati i servizi pubblici essenziali. Dunque è tollerabile uno slittamento dei tempi previsti per gli scrutini ma non è accettabile che siano presi in ostaggio i diritti degli studenti che a fine corso aspettano una valutazione, specie se dovessero essere messi a rischio gli esami di stato».
Come funziona la procedura?
«Per ora siamo alle schermaglie iniziali. L’autorità garante ha dato un avvertimento con alcune indicazioni e i Cobas hanno annunciato ma non ancora proclamato la protesta. Se arriva la proclamazione vera e propria, l’autorità può dare delle prescrizioni, ad esempio facendo slittare le date. Se queste vengono violate, scattano le sanzioni nei confronti delle organizzazioni sindacali che hanno violato il dispositivo».
Alcuni sindacati hanno respinto le indicazioni dell’autorità garante, sostenendo che non è accettabile vietare lo sciopero per il mese di giugno. Chi ha ragione?
«Capisco che i sindacati vogliano protestare senza risultare completamente innocui, ma non bisogna esasperare i danni tanto più su soggetti diversi da quelli contro i quali si sciopera. Forse, così come avviene per il trasporto pubblico, l’autorità garante potrebbe valutare di indicare dei periodi di black out degli scioperi. Per i trasporti questi periodi ”bianchi” sono in prossimità di alcune festività. Mi chiedo se un principio analogo non possa essere fissato o posto interpretativamente dall’autorità garante anche per la scuola, considerato il danno che potrebbe essere provocato a terzi, di molto superiore alla libertà di manifestazione della protesta dei lavoratori nell’interesse collettivo. Nel bilanciamento degli interessi, probabilmente prevale il diritto degli studenti alla valutazione del proprio corso di studi, tanto più visto che la normativa scolastica prevede consigli di classe, perfetti, ovvero con tutti i componenti presenti, al momento della valutazione finale».
Cosa rischiano i singoli insegnanti che non rispettano la prescrizione del garante?
«La proclamazione dello sciopero legittima un comportamento normalmente non accettabile, quale l’assenza del posto di lavoro. Se lo sciopero è stato vietato o limitato dal garante, viene meno la legittimità di quella assenza, che diventa dunque una inadempienza all’obbligo contrattuale, con conseguenze da valutare caso per caso. Ma non credo che si arriverà a tanto».
Perché?
«Un muro contro muro sarebbe inutile. Se i sindacati proclameranno uno sciopero e questo sarà inibito o accettato con limiti di salvaguardia, il valore politico della protesta sarà stato comunque capitalizzato».
Sara Menafra

 
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Blocco scrutini

Post n°3500 pubblicato il 17 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 

Da "La Repubblica"


Blocco scrutini, i Cobas sfidano il Garante


Due giorni di sciopero a inizio giugno. Il presidente della commissione di garanzia: il danno lo subiranno solo gli studenti Renzi: “Farò tesoro delle critiche, ma ascoltare non è assecondare”. Dopo le ultime modifiche, scontente anche le paritarie

Venerdì l’Unicobas, ieri i Cobas. Hanno proclamato in successione il blocco degli scrutini per due giorni. I sindacati confederali restano in attesa: la Cgil vorrebbe muoversi, ma non intende rompere l’unità faticosamente costruita con Cisl e Uil che sulle pagelle consegnate in ritardo hanno forti dubbi. Il Garante sugli scioperi, Roberto Alesse, viste le mosse dei sindacati di base, replica: «Chi si muove fuori dalle regole danneggia solo studenti e famiglie e a loro dovrà spiegare le ragioni di un blocco illegale degli scrutini. Userò il massimo rigore».

Il portavoce Cobas, Piero Bernocchi, spiega: «Avremmo preferito una convocazione unitaria, ma dobbiamo dare con urgenza un segnale che tranquillizzi i docenti e che dimostri la legittimità della forma di lotta». Due giornate di stop, a partire dal giorno seguente la fine delle lezioni, diversa per regione. Gli Unicobas, venerdì, avevano proposto due date tra l’8 e il 18 giugno, periodo in cui ci sarà la discussione finale sulla “Buona scuola” alla Camera. La base Cobas si dice pronta a proseguire la lotta oltre i due giorni indetti rischiando, così, denunce e precettazioni. Per domenica 7, sempre il sindacato di base, ha previsto una nuova manifestazione. La Cisl ricorda che prima dovrà consumarsi l’incontro previsto con il ministro Stefania Giannini: «Siamo contrari a un blocco che ci mette contro famiglie e studenti, in quel periodo ci sono le ultime interrogazioni e compiti in classe». L’idea dei confederali è quella di scioperi brevi: la giornata del 5 maggio è costata 42 milioni a oltre 600 mila docenti.

Ieri Matteo Renzi si è espresso via Twitter. «Sto leggendo le risposte dei prof», ha scritto il premier. «Faremo tesoro di suggerimenti e critiche, ma ascoltare significa ascoltare, non assecondare per forza. Non è che o facciamo ciò che dice lei o non siamo democratici... », ha risposto a un utente. Con i tweet Renzi ha confermato che la card per la formazione dei prof — 500 euro — varrà anche per i docenti di sostegno e che chi sarà assunto non sarà poi licenziato dopo tre anni.

Francesca Puglisi, responsabile scuola del Pd, ha ricordato a Stefano Fassina che quando era responsabile economico del partito «lo implorai, senza risultati, di inserire un piano di assunzioni di 60 mila insegnanti». E ora sulla “Buona scuola” arrivano le critiche degli istituti privati. A Firenze Luigi Sepiacci, presidente dell’associazione nazionale, dice: «Questo testo condanna le paritarie a scomparire per l’impossibilità di reperire docenti qualificati».

(c. z.)

 
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Scuola

Post n°3499 pubblicato il 17 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 
Tag: Scuola

Da "ScuolaOggi"


Far vincere la scuola


di Fabrizio Dacrema

Quale sia l'esito del conflitto in corso, la scuola rischia di uscirne comunque sconfitta. Se vince il governo sarà sottoposta a una torsione autoritaria e alla inevitabile conflittualità diffusa che ne conseguirà. Una riforma imposta alla scuola produrrà un guadagno politico alquanto incerto per il Premier e effetti di cambiamento della scuola sicuramente nulli…tutti sanno che la scuola non si cambia contro chi ci lavora e studia.

Se invece perde, il ritiro della riforma potrebbe far cadere anche l'atteso organico funzionale e l'opportunità di una ripartenza per l'autonomia scolastica. 

È ancora possibile trasformare questo conflitto in un gioco a somma positiva che faccia vincere la scuola?

I tempi sono molto stretti ma, paradossalmente, la palese incongruenza e inefficacia di diversi aspetti del disegno di legge aprono alla possibilità di poter ottenere soluzioni migliori.

Molti parlamentari della stessa maggioranza non sono convinti di diversi aspetti del disegno di legge. Questa è l'impressione che abbiamo tratto nei tre incontri avvenuti alla Camera nei giorni scorsi su richiesta delle 32 associazioni che hanno sottoscritto l'Appello “La Scuola che cambia il Paese”. 

Sotto la spinta della mobilitazione l'art. 1 è stato completamente riscritto. Ora l'autonomia scolastica torna a ispirarsi ai valori costituzionali dell'innalzamento dei livelli di istruzione e del contrasto alle diseguaglianze. Non solo, il nuovo art. 1 individua nella cooperazione il metodo di governo più efficace della comunità educativa.

Precisi vincoli politici posti dal governo hanno impedito alla settima commissione della Camera di rendere coerenti tutti i punti chiave del disegno di legge con le finalità dell'art. 1. 

Per questo le 32 associazioni dell'Appello "La Scuola che cambia il Paese" hanno precisato le loro proposte di modifica del disegno di legge (illustrate ai parlamentari con slide reperibili sul profilo Facebook “La scuola che cambia il paese”) e torneranno a incontrare i parlamentari in occasione del passaggio al Senato del disegno di legge.

Un primo versante di proposte di modifica riguarda alcuni punti chiave decisivi per una riforma che contrasti le diseguaglianze: programmare il finanziamento della delega per il diritto alla studio, chiarire che l'organico dell'autonomia non è prioritariamente finalizzato alla copertura delle supplenze, fare un uso perequativo il 5 x 1000 finalizzandolo al miglioramento di tutte le scuole, impedire che attraverso le norme attuative del Jobs Act si sviluppi un canale di formazione professionale in apprendistato, alternativo alla scuola e con caratteristiche scarsamente formative.

Le altre proposte di modifica riguardano il rilancio del metodo della cooperazione. Uno stile di governo delle scuole opposto alla concentrazione di poteri nel dirigente scolastico che decide gli indirizzi della scuola, sceglie gli insegnanti e assegna premi retributivi.

L'individuazione nel potere di comando del dirigente scolastico della leva per promuovere il cambiamento della scuola è un errore talmente grave da indurre il sospetto che, in realtà, l'obiettivo sia rafforzare una catena di comando centralistica lungo la linea governo-amministrazione scolastica-dirigente scolastico.

Se invece il problema è come far partire il motore dell'autonomia scolastica allora altri sono gli stimoli su cui puntare: dialettica tra autovalutazione di istituito e valutazione esterna, valorizzazione delle competenze professionali degli operatori, spazi di partecipazione attiva di tutta la comunità educativa, interazione con le esigenze e la programmazione dei contesti territoriali.

Gli indirizzi del piano dell'offerta formativa triennale devono quindi essere indicati dal consiglio istituto, l'organo collegiale che rappresenta l'intera comunità educativa e non certo da un organo monocratico quale il dirigente scolastico. 

Da modificare anche la chiamata nominativa e la rinnovabilità triennale degli incarichi da parte del dirigente scolastico: oltre agli evidenti rischi di arbitrii e clientele, si pone l'insegnante in una posizione di instabilità e insicurezza rispetto alla sede di servizio (gli albi territoriali potrebbero anche coincidere con l'attuale dimensione di una provincia). 

Indebolimento della posizione del docente e concentrazione dei poteri nel dirigente scolastico determinano un cambiamento qualitativo nel rapporto di lavoro degli insegnanti, fino ad oggi considerati lavoratori dipendenti ma non subordinati. Ogni forma di subalternità degli insegnanti è, infatti, incompatibile con la loro autonomia professionale e con la libertà di insegnamento, tutelata dalla Costituzione a presidio del pluralismo culturale della scuola pubblica.

Il miglioramento dell'incontro tra le esigenze progettuali delle scuole e le specifiche competenze professionali degli insegnanti può, invece, essere realizzato senza ricorrere alla chiamata nominativa. L'incontro deve avvenire su base volontaria: le scuole esprimono quali sono le curvature professionali necessarie alla realizzazione della propria offerta formativa e i docenti che le posseggono, a domanda, chiedono di essere assegnati alle scuole richiedenti. Le modalità di regolazione e promozione di questa forma di mobilità professionale sono di competenza della contrattazione. Per rispondere alle esigenze progettuali delle scuole occorre poi puntare anche sui processi di formazione del personale e di certificazione delle competenze professionali.

Infine appare davvero inutile scomodare un tema impegnativo come la valorizzazione del merito con un fondo di 200 milioni, circa diciottomila euro per istituzione scolastica. L'attribuzione del potere unilaterale di decisone al dirigente scolastico e l'invenzione di un improbabile comitato per la valutazione dei docenti (dirigente, colleghi, genitori, studenti)  che dovrebbe individuare i criteri sottopongono i docenti a un’autorità salariale doppiamente illegittima: perché priva di passaggi negoziali e perché costituita da soggetti privi delle competenze necessarie per valutare la professionalità degli insegnanti.

Se si vuole realizzare la valutazione e la certificazione delle competenze professionali aggiuntive al profilo base dei docenti, acquisite con la formazione e l'esperienza, la strada è un'altra. Si devono definire procedure di individuazione e validazione delle competenze e costituire soggetti valutatori con competenze valutative specifiche, caratterizzati da terzietà e indipendenza. Come per la mobilità il processo di certificazione delle competenze dovrebbe essere attivato a domanda dell'interessato. In ogni processo di valorizzazione professionale il punto di partenza non può che essere la persona che lavora che aspira al riconoscimento delle competenze professionali sviluppate e arricchite nel corso della propria esperienza lavorativa.

Si tratta solo di considerazioni sparse forse utili a rendere l'idea di come la questione sia allergica all'improvvisazione di cui Governo e Parlamento stanno dando prova.

L'esiguità delle risorse disponibili rende decisamente più credibile assegnare i 200 milioni al fondo per la contrattazione di scuola per il riconoscimento del lavoro aggiuntivo e flessibile connesso all'attuazione del piano dell'offerta formativa. 

 
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Giorgio Israel

Post n°3498 pubblicato il 17 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 

Da "Il Manifesto"


Giorgio Israel: «L’errore di Renzi sulla scuola: non ha capito la trasversalità dell’opposizione»


Intervista. Lo storico della scienza e matematico critica lo storytelling messo a punto dal governo sul Ddl scuola. «Il preside-manager viene istituito per una ragione di controllo politico-ideologico e per creare un ceto di dirigenti che faccia da cinghia di trasmissione con i precetti del Miur». «La scuola forma persone libere, non individui confezionati da un’ideologia tecnocratica»

Gior­gio Israel, pro­fes­sore di mate­ma­tica alla Sapienza di Roma, è un fine ana­li­sta dell’ideologia neo­li­be­rale della valu­ta­zione e della cer­ti­fi­ca­zione buro­cra­tica che da vent’anni governa l’istruzione e la ricerca. Il blog, gli arti­coli e gli scritti di Israel sono stru­menti per deco­struire il rac­conto imba­stito dal governo sulla «Buona Scuola» e per spie­garne le finalità.

Lo sto­ry­tel­ling di Renzi sostiene che l’opposizione alla riforma della scuola è ispi­rata da forze con­ser­va­trici. Pro­fes­sore, lei si sente un conservatore?

Que­sto è il punto. Quello che il nostro pre­mier non ha capito è che chi si oppone alla «Buona scuola» lo fa per lo più in nome della difesa di una visione uni­ver­sa­li­stica dell’istruzione, che mira non alla fab­bri­ca­zione di indi­vi­dui con­fe­zio­nati in base a un’ideologia tec­no­cra­tica bensì alla for­ma­zione di per­sone libere, dotan­dole degli stru­menti cono­sci­tivi adatti a una libera scelta del loro futuro. Una simile visione è pre­sente in chi, a sini­stra, è legato a una visione di tipo gram­sciano, e in chi invece si ricol­lega a una visione con­ser­va­trice di tipo libe­ral­de­mo­cra­tico. Non aver capito il carat­tere di tra­sver­sa­lità dell’opposizione è stato un errore poli­tico colos­sale. Quanto a me, quel che conta è quel che penso e se ricordo certi lin­ciaggi estre­mi­sti cui sono stato sot­to­po­sto rifiuto cate­go­ri­ca­mente di farmi met­tere etichette.

Nello spot alla lava­gna il pre­mier ha riven­di­cato la con­ti­nuità con la riforma di Luigi Ber­lin­guer. Qual è il suo giu­di­zio sul ven­ten­nio di riforme dell’istruzione pubblica?

Meglio sten­dere un velo pie­toso. Le riforme ber­lin­gue­riane della scuola e dell’università sono state quanto di più deva­stante si sia dato in que­sto ven­ten­nio. Dagli anni in cui Ber­lin­guer difen­deva acca­ni­ta­mente la visione gram­sciana di una scuola disin­te­res­sata, basata sulle cono­scenze e il rigore, con cri­ti­che severe degli andazzi della buro­cra­zia euro­pea, egli è pas­sato all’adesione com­pleta a una visione tec­no­cra­tica senza la minima giu­sti­fi­ca­zione di tale rove­scia­mento salvo l’invettiva quo­ti­diana con­tro Gen­tile, fonte di qual­siasi male anche di quelli con­tro cui com­bat­teva e che, in fin dei conti, ha avuto scarsa influenza sulle poli­ti­che sco­la­sti­che del fasci­smo rispetto a un Bot­tai. Un altro sto­ry­tel­ling com­ple­ta­mente falso.

Qual è la ragione che spinge il governo a imporre la figura del pre­side mana­ger nella scuola?

Una ragione di con­trollo politico-ideologico in modo da disporre di un ceto di diri­genti che fac­cia da cin­ghia di tra­smis­sione dei pre­cetti mini­ste­riali. Basti pen­sare all’ultimo con­corso per diri­genti. La bat­te­ria di quiz era com­po­sta da un gran numero di domande sba­gliate e poi da una massa di domande che richie­de­vano da parte del can­di­dato la cono­scenza di una let­te­ra­tura psico-pedagogica di tipo costrut­ti­vi­sta. E per­ché mai per essere un buon diri­gente debbo essere esperto e con­sen­ziente con certa let­te­ra­tura e non altra? Qui viene messa fuori gioco non solo la libertà d’insegnamento ma quella di pen­sare libe­ra­mente. Se poi un diri­gente viene dotato anche del potere di assu­mere e con­trol­lare la car­riera dei «suoi» inse­gnanti siamo al regime. Si ricordi che la Carta della Scuola fasci­sta del 1940 ride­fi­niva il pre­side come «capo dell’Istituto», una figura mono­cra­tica che ora viene dotata di altri pesanti poteri.

Com’è cam­biato il mestiere dell’insegnante in que­sti venti anni?

È stato pro­gres­si­va­mente tra­sfor­mato nella figura di un mero ese­cu­tore delle pre­scri­zioni mini­ste­riali espresse in un con­ti­nuo dilu­vio di cir­co­lari, regole, cer­ti­fi­ca­zioni spesso deli­ranti e scritte in un ita­liano incre­di­bile. Gli è stata sot­tratta gran parte del tempo della sua atti­vità come «mae­stro». Del resto, è da un pezzo che certo peda­go­gi­smo che ha larga influenza tra i buro­crati del mini­stero pre­dica che biso­gna can­cel­lare la parola inse­gnante per sosti­tuirla con quella di «faci­li­ta­tore», in nome di una dema­go­gica idea della scuola come «auto­for­ma­zione», senza ren­dersi conto che una scuola senza auten­tici «mae­stri», capaci di sta­bi­lire un rap­porto intenso e costrut­tivo con gli allievi non è tale, è una fab­brica di addetti all’impresa, quel che per­se­gue la Con­fin­du­stria nella sua solita prassi di otte­nere quel che le serve a spese dello Stato.

Il governo ha cri­ti­cato il boi­cot­tag­gio dei test Invalsi. Come sono nati e qual è il loro ruolo nel nuovo sistema di valu­ta­zione della scuola e degli studenti?

Sarebbe lungo fare una sto­ria dell’Invalsi. All’inizio doveva essere un isti­tuto che con metodi sta­ti­stici cam­pio­nari doveva ten­tare di costruire un’immagine dello stato della scuola ita­liana. Si è tra­sfor­mato in un isti­tuto cen­sua­rio cui è stato dato il potere addi­rit­tura di imporre una prova a quiz che inter­viene e altera il pro­cesso di valu­ta­zione facendo parte delle prove per l’uscita dalle scuole medie. Siamo in molti ad aver svolto cri­ti­che det­ta­gliate della prassi dell’ente senza alcuna rispo­sta per­ché esso è chiuso, auto­re­fe­ren­ziale ed esente da qual­siasi controllo.

Approvata la riforma, che cosa diventerà la scuola?

Spe­riamo che non sia appro­vata. Altri­menti, que­sto insieme di prov­ve­di­menti scon­nessi, incoe­renti, pro­dotti da chi non ha alcuna auten­tica com­pe­tenza sul tema dell’istruzione oppure ha idee deva­stanti, pro­durrà sem­pli­ce­mente terra bru­ciata. I migliori inse­gnanti non vedranno l’ora di andar­sene – come già accade – e la scuola diven­terà una mera pro­pag­gine della buro­cra­zia e di chi vuol ser­vir­sene sol­tanto a scopi mera­mente stru­men­tali. Addio cul­tura e cono­scenze, in un paese che ha una delle più ric­che tra­di­zioni cul­tu­rali del mondo e aveva costruito un’ottima scuola

 
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Riforma. Cisl

Post n°3497 pubblicato il 17 Maggio 2015 da fabiana.giallosole
 

Da "OrizzonteScuola"


Riforma. Cisl: sì a preside con più poteri. No blocco scrutini


di redazione

Riforma della scuola. Il fronte del blocco degli scrutini non è compatto (lo aveva già anticipato ieri il Ministro). La Cisl, tramite il segretario Annamaria Furlan scongiura tale forma di protesta e mette in evidenza i pregi della riforma, purchè si rispetti l'impegno di dialogo con il sindacato.

Il Ministro Giannini, in una intervista al Corriere, aveva già colto le avvisaglie di vedute diverse tra i sindacati sul possibile blocco degli scrutini "Il sindacato fa il suo mestiere. Ma io sono fiduciosa: sul blocco degli scrutini mi pare che ci siano già posizioni molto diverse, forse questa mossa non è così condivisa", e se da una parte i COBAS confermano l'annuncio di "blocco" (il termine è assolutamente non corretto) per i due giorni successivi al termine delle lezioni, dall'altra si registra la posizione del segretario generale della CISL, Annamaria Furlan, che getta acqua sul fuoco "Nessuna sponda ai Cobas sul blocco degli scrutini, ma il governo deve rispettare l'impegno di dialogare con il sindacato. il blocco crea disagio alle famiglie e agli studenti. Ci stiamo spendendo per evitare una situazione così grave. Il governo e anche il sindacato devono assumersi le loro responsabilità"

Sul "blocco" degli scrutini in questi giorni si è detto tanto. Dal rischio precettazione (che non esiste, perchè non si tratta di un blocco, ma di uno slittamento), all'inutilità della protesta, a forme più eclatanti come il blocco delle scuole Riforma. Alla Camera si vota, sindacati manifestano. "Bloccheremo gli scrutini e occuperemo le scuole"

Il segretario Furlan, in una intervista alla Stampa, comincia a prendere le distanze da posizioni estremiste, individuando piuttosto i punti di forza della riforma "Riconosciamo che, per la prima volta dopo anni di tagli, vediamo un numero cospicuo di assunzioni e di risorse per la scuola. All'assunzione dei 100mila insegnanti va aggiunto un piano pluriennale di assunzioni per quei tanti precari che hanno l'abilitazione e lavorano da anni nelle scuole".

E infine l'assenso, o meglio la mancanza di pregiudizio nei confronti di "un preside con più poteri".

"Occorre più collegialità tra chi lavora nella scuola, le famiglie, gli studenti e le comunità locali. Non abbiamo pregiudizi nei confronti di un preside con più poteri - afferma il segretario Furlan - Il problema è come queste nuove prerogative vengono usate da un dirigente scolastico-manager. Mi riferisco alla valutazione degli insegnanti dopo un anno di prova e alla distribuzione di 220 milioni di euro in base al merito".

"È sbagliato - conclude la Furlan - dare a pioggia soldi a tutte le scuole. Le risorse devono andare innanzi tutto alle scuole di frontiera che più affrontano il disagio".

Ed effettivamente questo era uno dei punti individuati da uno dei Ministri intervenuti all'incontro del 12 maggio tra Governo e sindacati - si legge su Repubblica.it - "La verità è che ai sindacati interessa solo il contratto e non gli va giù che questa pioggia di soldi — 580 milioni all'anno — che diamo direttamente agli insegnanti, non passi attraverso la loro mediazione ». Tra gli euro che verranno caricati sulla “card” di ogni professoressa o maestra per l'aggiornamento culturale (500 all'anno) e quelli che saranno distribuiti in base al merito, « ci saranno 45 euro netti al mese in più in busta paga " Riforma. "pioggia di soldi" nello stipendio degli insegnanti

 
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Il Coordinamento provinciale dei Docenti Utilizzati di Sassari (COPDUS), si è costituito ufficialmente nel mese di settembre 2011, in seguito alla necessità di fronteggiare il nefasto articolo 19 della Legge 111 del 15 luglio 2011 col quale si dispone la messa in mobilità intercompartimentale dei docenti inidonei o il declassamento a personale ATA con conseguente riduzione stipendiale.

Esserci costituiti in gruppo è stato per tutti noi fondamentale in quanto ci ha dato da subito la forza e la determinazione, entrambe importanti, per intraprendere tutte quelle azioni di lotta civile allo scopo di trovare soluzioni al problema che ci ha visti coinvolti, assieme ad altri quasi 4000, a livello nazionale.

Ritrovarci con cadenza settimanale ci fa sentire, non solo più uniti e aggiornati sull'evolversi della nostra situazione, ma soprattutto più sicuri e positivi nell'affrontarla.

Per questo motivo, e non solo, abbiamo col tempo sentito il bisogno di creare questo BLOG ossia uno spazio per informarci ed informare anche coloro che trovandosi nella nostra situazione pur non facenti parte del coordinamento di Sassari, avranno piacere di visitarci e saranno i benvenuti.

Al tempo stesso vogliamo che questo sia uno spazio oltre che di informazione anche di incoraggiamento al "ce la faremo" e al "non smettere" e quindi non vuole avere e non avrà aspetti e contenuti sterili o "istituzionalizzati".


e-mail: copdus@gmail.com oppure fabianagiallosole@libero.it

 

Felice settimana


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FabianaGiallosoleq

 

 

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