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Post n°18 pubblicato il 02 Marzo 2011 da kainjoker
I Bizantini Nel VI secolo era cominciata in Italia la dominazione dell’Impero Romano d’Oriente, ora comunemente detto bizantino- da Bisanzio, l’antico nome della sua capitale, Costantinopoli. Dopo la fine dell’esarcato di Ravenna, nel 751, e lo sbarco degli Arabi a Mazara del Vallo, nell’827, la dominazione dell’Impero pareva volgere al declino, perchè l’autorità dei suoi sovrani, i basileis, si manteneva integra in pochi territori. Solo Otranto, Gallipoli e la Calabria meridionale rimanevano bizantine, mentre la Sicilia subiva la graduale conquista araba, che non risparmiava il Mezzogiorno peninsulare. Infatti le incursioni arabe in Puglia culminarono, tra l’840 e l’847, nella conquista di Taranto e di Bari, mentre in Calabria Santa Severina, Tropea e Amantea diventarono altrettante sedi di predoni saraceni. Anche se distinti da quelli in azione in Sicilia, i nuclei arabi o saraceni presenti nelle varie parti dell’Italia meridionale costituivano una minaccia sia per quei territori ancora bizantini, sia per i confinanti principati longobardi di Benevento e Salerno. In difesa di tali staterelli, formalmente inquadrati nel Regno d’Italia, intervenne più volte il sovrano di quest’ultimo, Ludovico II (855-875), pronipote di Carlo Magno e ben presto anche imperatore del Sacro Romano Impero. Nell’871, egli riuscì a debellare il potente emirato di Bari, retto allora dal bellicoso Sadwan, e a restituire la città ai Longobardi di Benevento. Seppur sollecitato da Bisanzio, l’intervento del sovrano carolingio in difesa delle popolazioni cristiane del Mezzogiorno suscitava comunque la diffidenza dei basileis, successori diretti degli antichi imperatori romani e che non avevano rinunciato a riaffermare i loro diritti sull’Italia meridionale. La riconquista proseguiva con la spedizione contro gli Arabi di Taranto, i quali nell’880 furono vinti dalle truppe bizantine al comando del protovestiario Procopio, caduto in battaglia, e dello stratego Leone Apostippe. Una vittoria importante, questa, sia perchè toglieva la città a dominatori forti di una presenza ormai quarantennale e – in ultimo – di legami con i correligionari di Sicilia, sia perchè segnava un’inversione di tendenza dopo l’espugnazione araba di Siracusa nell’878. Il teatro delle operazioni belliche si estendeva perciò alla Calabria, soprattutto per evitarle la stessa sorte toccata alla Sicilia, ove la caduta del capoluogo, Siracusa, sanciva il tracollo del dominio di Bisanzio. In Calabria la controffensiva agli Arabi – presenti nelle tre cittadine di Santa Severina, Tropea e Amantea, o in Sicilia – si congiungeva a operazioni volte, come in Puglia, a sottomettere i Longobardi e ad annettere i territori che essi avevano tolto ai Bizantini fin dalla seconda metà del VI secolo. Rampollo di una delle maggiori casate bizantine ed eroe celebrato per le sue epiche gesta, il generale più celebre dell’epoca, Niceforo Foca detto il Vecchio, nell’885-886 riconquistò Santa Severina, Tropea e Amantea, permettendo ai rispettivi invasori saraceni il ritorno in Sicilia e nelle altre terre d’origine. Niceforo Foca il Vecchio portò a termine la campagna con l’annessione dei territori longobardi della Calabria, cioè di quasi tutta l’odierna provincia di Cosenza, e della Basilicata, e con la riunificazione di questi alle restanti parti ormai sotto la sovranità dei basileis. Il Mezzogiorno tornava in tal modo quasi tutto bizantino. La restaurazione della sovranità dell’Impero d’Oriente poteva considerarsi conclusa con la fine del regno di Basilio I. Proseguiva comunque sotto Leone VI con la temporanea occupazione di Benevento, prima sede storica dei Longobardi meridionali. Infatti Bisanzio mirava alla completa annessione della nazione longobarda, superstite nella cosiddetta Longobardia minore estesa fino a Capua e Salerno. Proprio in vista di tali annessioni fu allora istituito il Tema di Longobardia, i cui primi strateghi, Simmatichio e Giorgio, tra l’891 e l’894 risedettero a Benevento. Ma il progetto di ulteriore espansione rimase incompiuto, sicché i successivi strateghi si stabilirono a Bari, destinata ad esser loro sede definitiva oltre che capitale sia del Tema di Longobarda sia di tutto il Mezzogiorno bizantino. Perciò il tema di Longobardia finì ben presto col coincidere con la Puglia e la parte confinante della Basilicata. Quindi, ancor prima della fine del IX secolo, i territori meridionali sotto la sovranità dei basileis ricevettero l’assetto destinato a durare, sia pur con ulteriori modifiche, fino alla conquista normanna, conclusa nel 1071 col ritiro dei Bizantini da Bari e col definitivo tracollo della loro plurisecolare dominazione in Italia. Anche la Calabria, originariamente ducato del Tema di Sicilia, fu di lì a poco costituita in tema : diventava anzi l’avamposto cristiano bizantino dirimpetto all’isola ormai in mano araba. La riconquista bizantina portò appunto al rafforzamento della frontiera cristiana col mondo arabo e, nel contempo, all’unificazione in seno alle medesime province, o temi, di popolazioni di antica e radicata grecità, presenti soprattutto nella Calabria meridionale, bizantina sin dal VI secolo, con altre di tradizione latina e longobarda, prevalenti invece nei territori di nuova conquista nella Calabria settentrionale e ancor più in Basilicata e in Puglia. Poiché le prime popolazioni si riconoscevano nella Chiesa greca, soggetta a Costantinopoli fin dall’VIII secolo, e le seconde nella Chiesa latina, dipendente invece dal papa, ne conseguiva la coesistenza delle due diverse tradizioni cristiane. |
Post n°17 pubblicato il 01 Marzo 2011 da kainjoker
I Carolingi Fra VII e VIII secolo gli ultimi re merovingi (detti "re fannulloni") avevano ormai perduto ogni potere e il regno era governato di fatto dai potenti maestri di palazzo. Nel 687, Pipino di Herstal, maestro di palazzo d'Austrasia, riunificò le regioni franche; nel 732 suo figlio Carlo Martello fermò gli Arabi a Poitiers. Il figlio di Carlo Martello, Pipino il Breve, ottenne dal papa il riconoscimento come re dei Franchi, avviando un'alleanza con la Chiesa di Roma. Alla sua morte (768), il regno venne di nuovo diviso tra i suoi figli, ma presto Carlo Magno restò unico sovrano; sconfisse i Sassoni e incorporò il loro reame, per poi volgersi contro il Regno longobardo. Vinta la resistenza dei Longobardi nel 774, assunse il titolo di Rex Francorum et Langobardorum e incluse la Langobardia maior nella sua sfera d'influenza. Sedate le ribellioni di Baschi (Roncisvalle, 778) e Bavari, Carlo creò un reame che si estendeva dai Pirenei a quasi tutta la Francia odierna e a gran parte della Germania, dell'Italia e dell'Austria. Nell'800 Carlo fu incoronato Imperatore da Papa Leone III a Roma, in una cerimonia che riconosceva formalmente l'Impero franco come il successore dell'Impero Romano d'Occidente. Alla morte, nel 814 ad Aquisgrana, Carlo fu sepolto nella sua Cappella Palatina. Carlo ebbe diversi figli, ma solo uno gli sopravvisse. Questo figlio, Ludovico il Pio, seguì le orme del padre come governante di un impero unito. L'essere erede unico fu una questione del caso più che della volontà. Ludovico stesso, con la Ordinatio Imperi del 817 proseguì nel costume franco della divisione ereditaria dei suoi territori. La nascita di Carlo il Calvo, fece nascere un conflitto fra Ludovico e gli altri figli che modificò più volte i territori che sarebbero stati assegnati in eredità. Con la morte dell'Imperatore, dopo un periodo di guerra civile fra i tre figli sopravvissuti, si giunse ad un accordo con il Trattato di Verdun del 843: 1. Il figlio più vecchio di Ludovico, Lotario ricevette il titolo Imperatore e governò il cosiddetto Regno Franco Centrale che comprendeva i territori dell'Italia (settentrionale), della Provenza, della Borgogna e di quella che in seguito divenne nota come Lotaringia (comprendente le città di Metz e la città imperiale di Aquisgrana). Questo regno venne a sua volta diviso tra i suoi tre figli in Lotaringia, Borgogna (o Provenza) e Italia. Queste aree in seguito non furono più riunificate sotto un unico re. 2. Il secondo figlio di Ludovico, Ludovico il Germanico, divenne re dei Franchi orientali. Quest'area è il nucleo del successivo Sacro Romano Impero, che si sarebbe evoluto nella moderna Germania. Se la Germania conobbe un minimo di unità contro le incursioni barbariche dall'Est Europa, l'Italia sprofondò in un'anarchia nobiliare spesso sobillata da un papato desideroso di garantirsi la propria autonomia. Fu così che nel 962 Ottone I di Sassonia varcò le Alpi e si fece incoronare imperatore. Questo evento segnò una plurisecolare dipendenza dell'Italia Settentrionale dalle vicende politiche tedesche, da cui le città padane si sottrarranno progressivamente ma a costo della disgregazione del Paese. 3. Il terzo figlio, Carlo il Calvo, divenne re dei Franchi occidentali: l'area su cui venne fondata in seguito la Francia. La dinastia Carolingia si estine nel 987 con la morte di Luigi V che non lasciò discendenti. |
Post n°16 pubblicato il 28 Febbraio 2011 da kainjoker
i Merovingi I regni dei primi capi franchi, Faramondo e Clodione (prima metà del V secolo), sono attribuiti più al mito che alla realtà e la loro relazione con la linea merovingia è incerta. In quel periodo, comunque, i Franchi germanici divennero i governanti di un numero crescente di entità gallo-romane, anche se probabilmente non tutte le tribù della confederazione seguivano univocamente le decisioni centrali, portando alla formazione di diversi piccoli regni. Nel 451 Ezio chiamò i suoi alleati germanici per aiutarlo contro gli Unni: i Franchi Saliì risposero alla chiamata, mentre Meroveo era il loro re. In seguito Clodoveo I consolidò i domini franchi in Gallia e in Renania e, sconfiggendo Siagrio nel 486, pose termine al controllo romano sulla regione di Parigi; più tardi sconfisse anche i Visigoti, espandendo il suo reame verso sudovest fino ai Pirenei. La conversione di Clodoveo al cattolicesimo mise in luce la sua posizione agli occhi del papa e facilito l'accettazione del dominio franco da parte della popolazione e del clero locale. I Merovingi dividevano le terre tra i propri figli, e le frequenti divisioni, riunificazioni e ri-divisioni del territorio risultavano spesso in assassinii e guerre tra le famiglie principali, generando una strutturale debolezza del potere centrale e favorendo l'ascesa, tra V e VI secolo, dell'aristocrazia. Gli Unni Le guerre continue nell'est europeo e la morte di Attila spinsero le varie tribù per lo più verso la confederazione all'Impero Romano. Da una di queste (Sciri) Odoacre, figlio di Edicone generale di Attila. acclamato re delle genti germaniche d'Italia, esercitò una dittatura militare in Italia dal 476 al 493. Non è noto quando Odoacre iniziò il suo servizio nell'esercito romano. Nel 472, all'epoca della lotta finale fra l'imperatore Antemio e Ricimero,era già membro della guardia pretoriana; più tardi (473/474) divenne comes domesticorum di Glicerio, l'imperatore eletto dal patricius burgundo Gundobado. Nel 474 la corte dell'impero romano d'oriente, al cui soglio era intanto asceso Zenone, scelse come imperatore d'occidente il magister militum della Dalmazia, Giulio Nepote. A questa nomina si ribellò il generale romano Flavio Oreste, il quale riuscì a prevalere su Giulio Nepote soprattutto grazie all'appoggio militare di Odoacre, capo di una milizia di mercenari eruli, sciri, rugi eturcilingi. Flavio Oreste non assunse tuttavia il potere imperiale, preferendo che il titolo di imperatore romano d'Occidente andasse al figlio tredicenne Romolo Augusto (ottobre 475) riservando a sé, col titolo di "Patrizio", il potere effettivo. Come capo delle tribù barbare che costituivano le truppe imperiali, Odoacre aveva chiesto a Oreste, quale compenso del servizio, un terzo delle terre in Italia a titolo di hospitalitas. Il rifiuto di Oreste scatenò la reazione delle truppe mercenarie per cui, conquistata dopo un breve assedio Ticinum (Pavia), città in cui si era asserragliato Oreste, ucciso il magister militum e saccheggiato la città (agosto 476),Odoacre depose l'imperatore Romolo Augusto. Odoacre venne nominato «rex gentium» dalle sue truppe; ma, invece di nominare a sua volta un imperatore fantoccio, come avevano fatto prima di lui i generali barbari Ricimero e Gundobaldo, decise di inviare le insegne imperiali (cioè diadema, scettro, toga ricamata in oro, spada e paludamentum porpora) all'imperatore di Costantinopoli Zenone, chiedendo per sé il solo titolo di patrizio. L'impero romano cadde quindi per un colpo di stato militare di mercenari germanici; questa caduta, che per i moderni costituisce lo spartiacque fra la storia antica e quella medievale, non sembra abbia suscitato eccessivo interesse negli storici contemporanei, probabilmente perché, essendo ancora in vita nel 476 Giulio Nepote, ufficialmente il legittimo imperatore d'occidente (morirà nel 480), la portata dell'evento venne sottostimata. Resta però che con la deposizione del giovane Romolo Augustolo e col riconoscimento del solo imperatore romano d'Oriente, Odoacre segnò la fine dell'Imperoromano d'Occidente. L'amministrazione di Odoacre non fu certo quella tipica di un sovrano sovvertitore dell'ordine: cambiò solo parzialmente la posizione dei consociati, in particolare per quanto riguardava la gestione dell'esercito, composto ormai interamente da barbari. Le truppe vennero mantenute tramite il pagamento di un salario su parte dell'erario, ma queste provvidero anche autonomamente ed arbitrariamente alla realizzazione dei propri desideri materiali tramite la costituzione (da parte del prefetto del pretorio Felice Liberio) di un istituto di esazione abusiva che andò molto diffondendosi in quel periodo: il salgamum, strumento tipico della mentalità barbara. Esso consisteva nella suddivisione delle villae dei ricchi latifondisti in tre parti: il proprietario aveva diritto di scelta per la parte di suo uso, i capi militari sceglievano quella che serviva per l'acquartieramento e l'ultima era destinata ai coloni che mantenevano barbari e Romani. In generale si ebbe un trasferimento e un accentramento di competenze tra i militari, lasciando ai romani la possibilità di mantenere l'esercizio delle cariche minori e la professione libera del Cristianesimo. |
Post n°15 pubblicato il 27 Febbraio 2011 da kainjoker
I Franchi furono una delle numerose tribù germaniche occidentali che entrarono nel tardo Impero romano come foederati. |
Post n°14 pubblicato il 27 Gennaio 2011 da kainjoker
Nelle tradizioni orientali, che etruschi, celti e germani avevano importato in europa dall'Egitto, dall'India, dalla Mesopotamia e dalla Cina, l'uomo non occupa una posizione centrale ma secondaria e strumentale. Le realtà sociale di quelle società non lascia spazio alcuno all'uomo come persona autonoma, che dia cioé a sè stesso la propria legge; gli individui scompaiono come tali per oggettivarsi nei propri ruoli. In quelle realtà infatti le origini del sistema sociale sono immaginate nei miti di una lontana epoca, sottratta alle vicende del tempo e che ha pertanto una origine sacra, come sacro è il potere che si incarna nel sovrano, in quello dei sacerdoti, nelle caste e nei ceti. Nella tradizione greca i termini di questa condizione di subordinazione dell'uomo rispetto alle strutture di potere sacralizzato sono completamente rovesciate: gli dei stessi sono molto umani e vivono su un monte chiamato Olimpo. L'uomo è istituzionalizzato in linea di principio, e spesso anche nei fatti, come misura di tutte le cose. La diffusione di questo sistema culturale nel bacino mediterraneo ebbe il suo culmine della seconda metà del VII sec. a.C. con l'espansionismo culturale delle città elleniche, le nuove polis democratiche. La prima rivoluzione culturale della storia fu la fine di questo sistema, durante la prima metà del VI sec., schiacciato militarmente a oriente dai Persiani e culturalmente a occidente da Etruschi e Fenici. Nel sistema greco della polis democratica infatti, che mette l'uomo come misura di tutte le cose, era più difficile la base di ogni comunità politica fondata sull'uso legittimato della forza da parte di un gruppo di potere, uso della forza che, benchè possa essere immaginato solo come difensivo può rivoltarsi, all'occorrenza, anche all'interno della comunità stessa. Mentre, in concomitanza, l'invenzione etrusca della chiave di volta in architettura, apriva possibilità enormi alla nascita di nuove classi artigianali e quindi di nuove classi "degli affari" che potevano, almeno teoricamente, contrapporsi all'aritocrazia militare(1). Possiamo considerare questa epoca come la prima in cui i due bisogni fondamentali dell'uomo, quello di sicurezza e quello di libertà, per definizione contrari l'uno all'altro, si siano direttamente affrontati alla ricerca di un nuovo equilibrio resosi necessario a seguito delle trasformazioni geopolitiche. (1)La pietra d'angolo (per restare in termini architetturali), cioè il punto di forza del nuovo sistema fu il più antico culto conosciuto fino ad oggi e cioè il culto dei morti. (Nelle grotte dello Shanidar in Iraq, sono stati scoperti degli scheletri di Neanderthal coperti da un caratteristico strato di polline, ciò ha suggerito che nel periodo di Neanderthal i morti potessero essere sepolti con un minimo di cerimoniale di cui il presunto omaggio floreale potrebbe rappresentare già un arcaico simbolismo; un'elaborazione possibile di tale assunto è che già allora si credesse in un aldilà e che in ogni caso gli uomini fossero ben consci ciascuno della propria mortalità e capaci di esprimere un lutto.) Le tombe etrusche e gli ipogei in genere sono il primo esempio in europa di questi luoghi destinati ad accogliere i corpi dei defunti e sono anche i primi esempi in cui c'è l'impiego esclusivo di strutture murarie a blocchi di pietra. In questa predilezione per la copertura a volta l'architettura etrusca continua, perfeziona e trasferisce in sede monumentale motivi di antica origine orientale, motivi che l'architettura greca classica tende invece generalmente a respingere come elementi estranei alla sua rigorosa concezione rettilinea, basata sulla struttura ad architravi. |
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CURIOSITÀ
Dall'uccisione a tradimento di Odoacre, colpito alle spalle da un sicario mentre banchettava con Teodorico, deriverebbe il celebre proverbio: A tavola non si invecchia.
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