Creato da giuliosforza il 28/11/2008
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Dietrich, Ravasi, Resurrezioni

Post n°905 pubblicato il 06 Aprile 2016 da giuliosforza

Post 835 bis

 

Tra le tante libertà che a un vecchio son consentite, in attesa della sua liberazione anche dall'impaccio del corpo fisico per quello etereo, è la libertà dall'obbligo dell'ora legale, una delle più innaturali convenzioni del consumismo e del suo  amor sceleratus habendi'.

Buona Resurrezione dunque dal letargo invernale (della Natura e dell'Anima) alla Vita fremente, alle 7.14 solari del 27 Marzo 2016 di Cristo, dell'Infinito Mondo non computabile.

 

*

Marlene Dietrich  antipatica? Ebbene sì, mi è antipatica. Non le perdono d’aver venduto all’America se stessa e il suo talento, non le concedo nemmeno le attenuanti della motivazione ideologica antinazista. Molti altri grandi esuli tedeschi, da Einstein a Schönberg, da Mann a Hesse, furono antinazisti, ma non rinnegarono le proprie radici. Dagli yankees si fecero rispettare e ammirare, non si fecero strumentalizzare.

 

Ciò detto, non smetterei mai di rivederla in Angelo azzurro (Der blaue Engel) il film del 1930 che rilanciò il romanzo di Heinrich Mann Professor Unrat, oder das Ende eines Tyrannen apparso, per la verità nella quasi generale indifferenza e nell’aperta ostilità della critica (che forse non gli  perdonava la non tanto velata irrisione della cultura e dell’educazione borghesi guglielmine) nel 1905;  non smetterei mai di sentirla cantare, con la sua voce tenebrosa  sensuale conturbante misteriosa ambivalente come tutto il suo aspetto, Lilì Marlene e Ich hab einen Koffer in Berlin.

Quest’ultima, che ho riascoltato recentemente in una puntata di  Qui comicia rai3, dovuta alla vena felice di Ralph Maria Siegel su testo di Aldo von Pinelli, un emigrato di Cervara di Roma, il paesino arroccato sui monti lucretili celebrato da poeti e pittori scultori e musicisti famosi (si veda il mio post 615 del 1 febbraio 2013, per la verità assai critico),  è da noi meno nota, ma non è meno struggente e nostalgica. Io l’udii agli inizi degli anni cinquanta, Marlene era nel pieno del successo, il motivo e le parole, pur se meno toccanti di quelle di Lilì, dolcemente carezzavano i nostri orecchi di  adolescenti malinconici e nostalgici e ci arrivavano diritti al cuore. In essa era espressa in concetti e parole semplici tutta la Sehnsucht, la nostalgia struggente per una Berlino smembrata che faticosamente ma freneticamente andava risollevandosi dalla macerie della guerra.

 

Wunderschön ists in Paris / auf der rue Madleen / schön ist es Mai in Rom / durch die Stadt zu gehen / Oder eine sommernacht / still beim Wein in Wien / doch ich denk wenn ihr auch lacht / heute noch an Berlin.

Ich hab noch einen Koffer in Berlin /deswegen muss ich da nächstens wieder hin / die Seligkeiten vergangener Zeiten / sie sind alle immer noch am diesem kleinem Koffer drin.

Ich hab noch einem Koffer in Berlin

Das bleibt auch so und das hat auch seinen Sinn

Auf diese Weise lohnt sich die Reise

Und wenn ich Sehnsucht hab fahr ich wieder hin

 

(E’ meraviglioso a Parigi a passeggiare per  Rue Madeleine, e a maggio per le vie di Roma, o in una notte d’estate starsene tranquilli a Vienna attorno a un bicchiere di vino. Eppure, quando sorridete, io penso ancora oggi a Berlino. Io ho ancora una valigia a Berlino e per questo debbo al più presto tornarci. Le gioie del tempo passato sono ancora tutte in quella piccola valigia, lassù. Io ho ancora una valigia a Berlino, ed è bene che resti lì, ha il suo significato. In questo modo val la pena viaggiare, e se mi viene nostalgia vi torno). 

 

Forse non tutti ricordano che nel 1987 Ronald Reagan citò il titolo di questa canzone nel suo famoso discorso “ Abbattiamo questo muro” pronunciato dinnanzi al muro di Berlino.

 

*

Gianfranco Ravasi anche da cardinale continua a tener banco dalle pagine del supplemento culturale della domenica del Sole 24 Ore, e mi piace sempre di meno. La sua indiscutibilmente ricca informazione snocciolata in una sorta di breviario per laici, e ‘breviario’ per l’appunto s’intitola il trafiletto settimanale fuori testo di prima pagina, diventa sempre più lisa e slavata e non poche sono le forzature che si rilevano nell’applicazione che egli fa al suo discorso catechistico di riferimenti a grandi autori della letteratura e dell’arte. Nella “Domenica” del 6 Marzo scomoda Silesius e Cage per dire delle ovvietà che col Credo di Nicea hanno ben poco da spartire, perché di autori si tratta la cui cosmica ‘religiosità’ nulla, assolutamente nulla, ha da fare con quella delle confessioni trascendentistiche che il silenzio sul Deus reconditus e ineffabilis (discorsi e discorsi e discorsi, e libri  libri e libri su di lui si scrivono incessantemente dall’epoca di quei quattro benedetti Evangeli) non può proprio dirsi rispettino. Scrive Ravasi dopo aver citato ermetiche parole del mistico tedesco Silesius (Va’ dove non puoi / vedi dove non vedi / ascolta dove nulla risuona /e ti troverai dove parla Dio): “Paradossali queste parole del grande poeta mistico della Slesia  Angelus Silesius. Eppure esse si innestano in un filone spirituale sempre ardente. Per incontrare Dio non bisogna accumulare ma sottrarre. Come diceva Gesù bisogna perdere per trovare. Lo scultore toglie dal masso e solo così fa sbocciare la sua creazione.

Fece scandalo il musicista d’avanguardia americano John Cage quando propose il suo pezzo “4’33””. In questo arco di tempo gli orchestrali si piazzavano immobili davanti ai loro strumenti per eseguire questo brano musicale totalmente silenzioso. Scaduto il tempo, uscivano di scena. Certo, questa è una esasperazione, ma in mezzo alla valanga di chiacchiere, di urla e di rumori, sarebbe bello che si compisse quanto annuncia l’Apocalisse di Giovanni :”Si fece silenzio nel cielo per circa mezz’ora” (8.1)”

Ravasi tira l’acqua al suo mulino.

A parte l’approssimativa descrizione, musicologicamente parlando, della non-composizione cagiana e la forzata interpretazione del suo senso (fra le interpretazioni possibili una ve n’ha da non escludere, quella, per la quale io irriverentemente propendo, di puro gioco, di puro sfottò, di pura presa per i fondelli del pubblico-babbeo – a me nel vedere tanta compunzione  vien soltanto da ridere, e a ridere scoppiai, con grande scandalo, durante una “audizione” al Centro culturale polacco in Prati ove protagonista era una nota e bellissima, questo sì stupendo spettacolo, violoncellista,), anche a Silesius che è, a parlar chiaro, come tutti i mistici un panteista a tutto tondo (e non può non essere per la contraddizion che nol consente), anche a Silesius Ravasi fa dire delle perfette banalità riducendo a “picciol verso” (denuncia di rumori di urla di chiacchiere) ciò che era “nota del poema eterno” (celebrazione dell’ineffabilità del Tutto, dei silenzi cosmici come silenzi delle trascendenze, della loro sostanziale risoluzione nel Tutto, di quello Spiritus che, per dirla col Mantovano,   principio coelum ac terras camposque liquentes /lucentemque globum lunae titaniaque astra / …intus alit; di quella Mens che, tota diffusa per artus / ..agitat molem totoque se corpore miscet).

Oh sacra chiarità del Mantovano!

 

________________

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 

 

 

 

 
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Commenti al Post:
generazioneottanta
generazioneottanta il 15/07/16 alle 12:25 via WEB
bellissimo post. Ciao da

kepago

(Rispondi)
 
giuliosforza
giuliosforza il 17/07/16 alle 11:44 via WEB
Grazie a te per l'apprezzamento, ciao e a presto
(Rispondi)
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