Creato da giuliosforza il 28/11/2008
Riflessione filosofico-poetico-musicale
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Giornata di afa fuori, di gradevole brezza dentro: l’ala di Frau Musika ha agitato tutto il giorno l’aria stagna attorno alla mia anima. Ho letto tutto il giorno di musica nei racconti fantasiosi di E.T.A. Hoffmann (Ritter Gluck –col quale il musicista disegnatore giudice H. nel 1809, a 35 anni, s’inventò scrittore-, Don Juan, Die Fermate, Der Baron von B.); e ho trascorso la serata, fino a notte alta, con il Cello Duet nel Castello Brancaccio di Roviano. Giorno e notte magici coi fantasmi di Gluck e di Don Giovanni e coi violoncelli di Luca Paccagnella, davvero apprezzabile sia come esecutore che come comunicatore, e della sua discepola Margherita Massimi.
“Si alzò (il fantasma di Gluck che assiste all’esecuzione della Ouverture della sua Ifigenia in Aulide) e si diresse lentamente, ma con fare deciso, verso i musicanti, colpendosi più volte la fronte col palmo della mano e alzando gli occhi al cielo, come uno che voglia risvegliare in sé qualche ricordo. Lo vidi parlare ai suonatori, che trattò con sovrano sussiego. Riornò poi al suo posto: e si era appena seduto, quando si cominciò a suonare l’ouverture dell’Ifigenia in Aulide. …… E così egli animava, dotandolo di muscoli e di colore, lo scheletro dell’ouverture che i pochi miserevoli violini disegnavano. Intesi il dolce tenero pianto elevato dal flauto, quando la tempesta dei violini e dei bassi cessò d’infuriare e tacque il frastuono dei timpani; intesi quei lievi suoni dei violoncelli e del fagotto che riempiono il cuore d’indicibile tristezza; poi il tutti riprese, l’unisono progredì nel suo cammino come un gigante enorme e maestoso, ed il sordo lamento spirò schiacciato dai suoi passi. L’ouverture era finita: L’uomo lasciò ricadere le due braccia e restò lì, sulla sedia, con gli occhi chiusi, come uno che sia sfinito da uno sforzo troppo grande….
La stessa carica lirica, lo stesso romantico trasporto posseggono gli altri tre brevi i racconti musicali hoffmanniani. Per trovare qualcosa di simile bisogna ricorrere al Wackenroder degli Herzensergießungen eines kunstliebenden Klosterbruders, Sfoghi del cuore di un monaco amante dell’arte e del Merkwürdige musikalische Leben des Tonkünstlers Joseph Berglinger, meravigliosa vita musicale del direttore d’orchestra Joseph Berglinger…
Il Duetto di Cello con Luca Paccagnella e Margherita Massimi ha animato per circa tre ore, dalle 21 alle 24, il severo salone dei convegni del Castello Brancaccio con le più note (e giustamente anche le più scontate, dato il carattere essoterico della manifestazione) composizioni per violoncello o per violoncello dal Paccagnella ridotte ed adattate. Il Castello di Roviano, popoloso borgo arroccato sui colli della Valle dell’Aniene di cui, col dirimpettaio Anticoli Corrado, è uno dei più begli ornamenti, ospita, tra l’altro, un ricchissimo museo della civiltà contadina. In uno dei suoi bei saloni hanno risuonato le note di Marin Marais (ricordate il film Tous les matins du monde a lui dedicato e alla sua viola da gamba?) di Bach, Vivaldi, Albinoni, Beethoven, Kummer, Brahms, Albeniz, Rota, Gardel, Moricone… Una vera delizia per il neofita, ma anche per l’iniziato, che ha particolarmente gustato i due assolo fuori programma del Maestro veneto.
Un borgo molto attivo è Roviano, anche culturalmente, e assai vivace. In esso riescono a convivere, abbastanza civilmente e dialetticamente, istituzioni di segno opposto, fra le quali una destra ex missina, una sinistra ex comunista e una, non ex, Comunione e Liberazione. I circa 1500 abitanti hanno davvero di che non annoiarsi.
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Mi piacerebbe censire i vegliardi ultra ottantenni che frequentano la rete. Temo siano molto pochi. Eppure la familiarità con la rete, oltre che rappresentare uno straordinario esercizio cerebrale ritardante il rimbambimento (che invece la tv inconfutabilmente accelera), potrebbe conferire ai pochi o molti anni che ai vegliardi restano da vivere il carattere di “anni di apprendistato” (Lehrjare) per la vicina eternità già, quale acronicità e aspazialità, già presente in rete: la rete possiede infatti tutti i tratti dell’Intelletto unico averroistico, di quel il Nous poietikòs e pathetikòs che tutto pone in un Atto eterno, fuori del tempo e fuori dello spazio. Chissà se in quelle patetiche istituzioni dette Università della Terza età l’uso attivo, perché transazionale, della cibernetica è predominante. Se così non è temo che esse non frenino, ma accelerino, il rimbambimento e la sclerotizzazione cerebrale.
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Non son un esperto di politiche e delle loro trame. E non so di Trump se non quello che i suoi sostenitori e i suoi avversari politici e ideologici urlano, inaffidabili gli uni e gli altri. Ma ricordo, e quelli di una certa età ricordano con me, quel che si disse e si scrisse, sulla stampa americana e su quella ad essa asservita in tutto il mondo, contro il “guitto” Ronald Reagan che aveva la pretesa di diventare presidente degli States. La campagna antireaganiana non fu meno violenta di quella attuale antitrumpiana. Orbene, Reagan vinse, e col senno del poi non c’è storico che non lo riconosca come uno dei miglior presidenti della storia americana, certo il migliore tra i più recenti. Avvenisse la stessa cosa con Trump? In quanto ad Ilary, moglie comprensiva e generosa, non mi è stata mai simpatica come donna, ma ciò non conta. Se, eventualmente eletta, dovesse essere come suo marito, poveri noi. Questi è passato alla storia quasi solo per un episodio di pubblica fellatio. Se lei vi dovesse passare solo per un cunnilingus?
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Chàirete Dàimones!
Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)
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