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Basta che funzioni

Post n°268 pubblicato il 08 Settembre 2010 da manser11

Ieri sera ho visto un film spassosissimo, Basta che funzioni di Woody Allen, con un mitico protagonista.  L'happy end finale è un po' troppo... happy end, ma storia e personaggi sono fenomenali. Consigliato.

 Boris Yelnikoff, un tempo fisico di fama mondiale ed ora uomo anziano che ha già fallito un tentato suicidio (in seguito al quale la moglie lo ha lasciato), è in lotta con il mondo. Non c'è nulla che consideri positivo e anche le lezioni di scacchi che impartisce a giovani allievi divengono un'occasione di scontro. Finché, un giorno, non incappa in Melody, una giovane miss di provincia che è fuggita nella Grande Mela e dorme in strada. Il burbero Boris cede alle sue richieste e acconsente ad ospitarla per una notte che si trasformerà in mesi sino a divenire un matrimonio. Ma non tutto potrà proseguire pacificamente perché Marietta, la frustrata madre di Melody, riesce a rintracciare la figlia. E non è per nulla contenta di quelle nozze.
Woody è tornato a Manhattan sospendendo il pur produttivo esilio europeo. Lo ha fatto ripescando una sceneggiatura pensata su misura per Zero Mostel e che quindi ha più di trenta anni, considerando che l'attore è morto nel 1977. Ovviamente è stata riveduta e corretta e non solo per adattarla alla personalità del comico Larry David protagonista della fortunata serie tv Larry David: Curb Your Enthusiasm. Perché vi si legge un Woody sempre più consapevole della propria età il quale (riaffrontando dopo ben 4 film le riflessioni sull'ebraismo, la psicoanalisi e la religione nonché i beneamati cantanti d'epoca) compie un ulteriore passo in avanti per quanto riguarda il proprio sguardo sul mondo. Anzi, è proprio dallo sguardo che gli viene restituito dallo spettatore, di cui Boris/Woody si dichiara perfettamente consapevole, che prende le mosse il film.
Mettendo da parte la falsa modestia che ha sempre fatto da velo tra lui e il suo essere un intellettuale a tutto campo, Allen ammette di essere un genio perché non ha una visione limitata della realtà. Lo fa in un film in cui la sceneggiatura è di una precisione millimetrica e nel quale, ancora una volta, le battute che vorresti mandare a memoria sono decine e decine. Ma sa anche inserire nei personaggi (ognuno dei quali porta con sé una parte, magari piccola, delle sue in/certezze) accenti di umanità su cui esercita una riflessione molto meno sarcastica che nel passato.
Intendiamoci: Woody non è diventato buonista e le dosi di cinismo che ci regala anche in questa occasione non sono certo poche. Però questa volta ogni personaggio è visto, anche quando descritto con ritrattini al vetriolo, nella sua debolezza e pertanto, in definitiva, compreso. Il che non significa giustificarne grettezze o chiusure ma prendere atto che né la teoria che vuole l'uomo originariamente buono e poi corrotto dalla società né il suo opposto sono valide in assoluto. L'uomo è un coacervo di pulsioni e sentimenti ma il Woody over 70, supera l'anedonia (cioè l'incapacità di provare piacere in generale) di un tempo per suggerirci, novello Lorenzo De' Medici, che non è solo la giovinezza che si fugge tuttavia, è la vita stessa. È allora fondamentale catturare tutto il bene che può venircene. Unico principio da rispettare: non nuocere agli altri. Unica regola valida: guardarsi dentro per capire cosa per noi è davvero importante. Senza falsi moralismi e, in qualche caso, credendo anche in un dio gay (e arredatore) per sperare in un aldilà su misura. (tratto da www.mymovies.it)

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