Creato da tanksgodisfriday il 26/03/2006
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Post n°1816 pubblicato il 06 Gennaio 2016 da tanksgodisfriday
Il mio vecchio tablet Samsung Tab 2-7 prima o poi dovrà andare in pensione, e su questo la Fornero non dovrebbe avere nulla da ridire. Con cosa sostituirlo?
Il Chromebook l'ho inserito nella lista qualche giorno fa, dopo aver letto che all' International Consumer Electronics Show (CES) la Acer ne ha annunciato un nuovo modello, con un prezzo di ingresso a 180$. Il problema reale è capire di cosa ho bisogno, o meglio cosa voglio.
Condivisi su tutti i dispositivi utilizzo anche Keep per le note prese al volo, spesso con foto (utilissimo) e Evernote (note strutturate). Mi piacerebbe passare a un solo dispositivo per uso personale, mandando in pensione tablet e netbook. Altro punto da considerare è la connettività. Generalmente sono connesso a un wifi, la connettività mobile la risolvo eventualmente con l'hot spot dello smartphone. Poter lavorare offline è però indispensabile, per quanto non così frequente. La questione è: quale dei tre possibili candidati (tablet Android, tablet Windows 10, Chromebook) è la scelta migliore? Mi do un po' di tempo per decidere. Dovrò cercare tra le app del Chrome Store se ci sono tutti i pezzi che mi servono, anche in modalità offline. Appuntamento ai prossimi post. |
Mi piace il titolo del post. Torniamo al titolo: bello, ma ora devo completarlo con un contenuto. Vediamo. E se li mischiassi? "Mare in inverno": lascio il bagno a pochi temerari, avanti con: mosso (capita tutto l'anno, ma in inverno il mare mosso ha una bellezza tutta sua, starei ore a guardare le onde ricoprire schiumanti gli scogli); passeggiata; cani felici che scorrazzano sulla sabbia, finalmente liberata dai veti estivi. Buona serata. |
Non so come il sistema scolastico degli antichi Sumeri valutasse gli allievi, se con un voto (in sessantesimi?) o se in modo descrittivo.Non aiutano a capirlo le due tavolette rimbalzate negli ultimi giorni dal sito del prof. Duncan J. Melville su alcuni blog, e su Zeusnews.com, dove ho letto della faccenda. Eppure l'occasione sarebbe stata ghiotta: un solo problema, due svolgimenti. Uno perfetto, l'altro opera di «un pasticcione che non sapeva distinguere il fronte della tavoletta dal retro, e che ha piazzato una mezza dozzina di errori in altrettante righe». Se il prof avesse annotato da qualche parte i voti, o il giudizio, qualcosa si sarebbe capito; invece niente. Partiamo dal problema: da un granaio (misura di capacità, pari a 1.152.000 sila, a sua volta più o meno 1 litro) vengono distribuiti 7 sila per ogni uomo. Quanti uomini riceveranno del grano? La risposta è semplice: 1.152.000 diviso 7 fa 164.571, con il resto di 3. Semplice in effetti lo sarà forse per gli studenti della nostra epoca (e rimane ancora da vedere se sia così), probabilmente non lo era per il povero sumero della seconda tavoletta, alle prese con un sistema di numerazione (e quindi con un algoritmo di divisione) più complesso: sempre che abbia capito al volo che ci voleva una divisione. Inoltre, a parte il dramma vissuto e testimoniato dal pasticcio impresso sulla tavoletta, avrà subìto poi la rampogna del prof e la sera a casa il padre avrà completato. Anzi no, non è ancora finita, visto che siamo qui a parlarne. Ma se il prof avesse dovuto dare un voto, come avrebbe potuto regolarsi? Allora come adesso, si sarebbe potuto muovere tra due estremi: I due sistemi comportano dinamiche differenti tra gli allievi: nel sistema assoluto passare il compito non mette a rischio il mio risultato, al più regalerà all'altro il mio stesso voto. Nel sistema relativo c'è invece il caso che l'altro corregga una piccola imperfezione in quanto gli ho passato, e si ribaltino così i voti: il mio da migliore diventa peggiore e ciccia. Sembra che il metodo relativo sia adottato negli Stati Uniti, e che di conseguenza "passare il compito" non sia una pratica diffusa da quelle parti. Tra i Sumeri non so: o adottavano anche allora la valutazione relativa, oppure i ragazzi autori delle due tavolette erano lontani di banco. Certo, il sistema stimola la competitività a scuola, oggi ritenuta una parolaccia. Però forse aiuta a evitare che mediocri furbetti passino indenni la scuola, per poi fregare il prossimo con maneggi e intrallazzi da grandi. Viva la competitività a scuola, allora, e sbrighiamoci a reinserirla, così tra una decina d'anni ne potremo vedere gli effetti. Nel frattempo la pulizia della generazione marcia che maneggia la nostra politica va fatta a mano, con scheda elettorale e matita. [Tutti i post su numeri e giochi e riflessioni.] |
Sono un consumatore accanito di caffè. Deve essere amaro, ma anche se dimentico di annullare lo zucchero al distributore automatico, mi limito a non mescolare, la miscela densa al fondo mi piace. Ristretto, normale, lungo, americano? Ognuno ha il suo momento. Il primo caffè del mattino, scorrendo le notizie sul web, dev'essere ristretto (nonché rigorosamente amaro). Un'ora dopo, con la colazione, si comincia ad allungare, per finire nel lunghissimo a metà mattinata. Strettissimo a chiusura del pasto, si prosegue così allungando e accorciando per seguire il bioritmo della giornata. Perché l'effetto del caffè sulla produttività al lavoro è evidente e documentato: «A mathematician is a machine for turning coffee into theorems», ebbe a dire il matematico ungherese Paul Erdős; un effetto simile, adeguando al ribasso la scala e cambiando settore di attività, capita anche a me. Non so se prevalga l'effetto chimico della caffeina, oppure se semplicemente i neuroni necessari al rituale della tazzina si stacchino, lasciando tutti gli altri a riordinare il tavolo da lavoro virtuale nella testa. Sta di fatto che, tazza fumante a sinistra del foglio, la mano destra riprende con decisione a tracciare idee che sembrano uscire dal nulla: ecco, bastava fare così. Merito del caffè, probabilmente. Ma la tazza di caffè accompagna anche i momenti di relax. Quando, come adesso, annoto qualcosa sul mio blog, o quando, ad esempio, cerco una faccia mimetizzata tra mille chicchi di caffè [nell'immagine, presa da: Moillusions.com]. Eccola! Merito del caffè che sto sorseggiando? Senza dubbio. [Tutti i post su numeri e giochi e riflessioni.] |
Basta poco perché il destino scelga un sentiero impervio invece che un'autostrada. Una sorte che tocca agli umani, ma anche alle parole, come ho scoperto ieri quando mi sono imbattuto nel verbo sussumere.Cacchio vuol dire sussumere? sarà parente di assumere? Il dizionario di casa (Zanichelli da archeologia) lo associa ai sillogismi aristotelici: «assunzione della premessa minore del sillogismo in quanto coerente con quella maggiore». Ne so quanto prima, qundi va preso un sillogismo per spiegarsi la cosa:
Probabilità di usare sussumere nella vita quotidiana? Pochine, mi pare. Neanche sotto sforzo riesco a immaginare una situazione in cui potrei farne sfoggio. Secondo Dizi.it sarebbe di casa, invece, in tribunale: sussumere 1 v.t. ricondurre un concetto particolare a un concetto più generale. In giurisprudenza, far risalire un caso individuale alla legge in cui è contemplato in termini generali. Tutto il rovescio accade per assumere, che pure è parente stretto di sussumere. Pensate a quante possibilità ci sono per assumere: una persona (anche se, di questi tempi, è raro), un atteggiamento, una responsabilità, un'ipotesi. Un'orgia di occasioni di assunzione, verrebbe dire. Poco da fare: nella vita ci vuole culo. Buona domenica. [Nell'immagine: Kim Novak. Ho un'amica che le somiglia. È quindi lecito sussumere che la mia amica sia carina, ragion per cui sussùmo.]
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Inviato da: tanksgodisfriday
il 17/01/2023 alle 18:30
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il 17/01/2023 alle 17:14
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il 30/12/2016 alle 15:48