Creato da tanksgodisfriday il 26/03/2006
Cose varie al PC, sul Web e nella mente. Puoi scrivermi a: tanksgodisfriday@libero.it
 

 

E se passassi al Chromebook?

Post n°1816 pubblicato il 06 Gennaio 2016 da tanksgodisfriday
 
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Il mio vecchio tablet Samsung Tab 2-7 prima o poi dovrà andare in pensione, e su questo la Fornero non dovrebbe avere nulla da ridire. Con cosa sostituirlo?
Del successore ho deciso che avrà uno schermo più grande, ma per il resto è nebbia. Sono incerto tra:

  1. un tablet Android più recente
  2. un tablet con Windows 10
  3. un Chromebook

Il Chromebook l'ho inserito nella lista qualche giorno fa, dopo aver letto che all' International Consumer Electronics Show (CES) la Acer ne ha annunciato un nuovo modello, con un prezzo di ingresso a 180$.
Il prezzo molto contenuto ha ovviamente colpito il mio spirito parsimonioso.


Il problema reale è capire di cosa ho bisogno, o meglio cosa voglio.
Vediamo da dove parto:

  1. il tablet, che essenzialmente uso per: leggere la mia posta personale, sfogliare quotidiani e riviste tech (Feedly), leggere ebook (Kindle), guardare video (Youtube), foto varie (Instagram), a volte guardare i tg nazionali (app Rai), ascoltare radio mentre faccio altro (RadioTuna)
  2. un vecchio netbook Acer Aspire One su cui ho installato XUbuntu, e su cui leggo la posta personale, gestisco il blog, lavoro sui documenti (Libre Office), scrivo pagine web via markdown (ReText), edito immagini (GIMP), mi preparo qualche mappa concettuale (FreeMind), elaboro grafici (Geogebra)
  3. pc e smartphone di lavoro, su cui lavoro (sarà banale, ma è così), con le app varie necessarie (Libero Mail, Virgilio Mail, Whatsapp, Skype, Twitter & Facebook, Trello, ...)
    piccole deroghe: sullo smartphone ho l'app SoundHound, per riconoscere al volo qualche brano musicale ascoltato in radio nelle lunghe ore di viaggio; prima usavo Shazam, ma trovo Soundhound più affidabile; e poi ho Google Sky Map, per estemporanee esplorazioni del cielo stellato

Condivisi su tutti i dispositivi utilizzo anche Keep per le note prese al volo, spesso con foto (utilissimo) e Evernote (note strutturate).


Mi piacerebbe passare a un solo dispositivo per uso personale, mandando in pensione tablet e netbook.
Nel tablet vedo un pregio, la maneggevolezza, e due difetti: la mancanza di app serie per i documenti (Polaris Office non lo trovo né maneggevole, né completo) e la mancanza di una tastiera fisica (ne ho presa una bluetooth, ma ho investito poco, con la conseguenza che è ingombrante da portare dietro e funzionalmente non è il massimo). I due difetti messi insieme rendono necessario un pc, anche senza pretese come il mio Aspire One.

Altro punto da considerare è la connettività. Generalmente sono connesso a un wifi, la connettività mobile la risolvo eventualmente con l'hot spot dello smartphone. Poter lavorare offline è però indispensabile, per quanto non così frequente.

La questione è: quale dei tre possibili candidati (tablet Android, tablet Windows 10, Chromebook) è la scelta migliore?
Se guardo al prezzo, il Chromebook è in prima posizione. Devo però verificare se questa sia la scelta funzionalmente corretta.

Mi do un po' di tempo per decidere. Dovrò cercare tra le app del Chrome Store se ci sono tutti i pezzi che mi servono, anche in modalità offline.

Appuntamento ai prossimi post.

 
 
 

Il mare in inverno

Post n°1753 pubblicato il 24 Novembre 2013 da tanksgodisfriday
 
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Mi piace

 il titolo del post.
"Il mare d'inverno" scorre anche meglio, ma mi porterebbe alle parole di Enrico Ruggeri e all'ottima Loredana Berté che, se non mi convince come personaggio, mi ispira simpatia come persona e apprezzamento per diversi brani, incluso questo. Ma i due esaurirebbero l'argomento.

Torniamo al titolo: bello, ma ora devo completarlo con un contenuto. Vediamo.

Tag per "inverno": buio (di quando mi avvio da casa alle 7), freddo, neve (quando cade). Ma anche la buona tavola (verdure in mille modi: alla natalìa quelle amare, oppure in versione vellutata le altre, in delicata crema con il reparto legumi).
Tag per "mare": bagno (d'acqua e di sabbia), luce (ora legale! mi starebbe bene tutto l'anno), caldo (mi lamento quando c'è, ma adesso mi manca), vacanza.

E se li mischiassi? "Mare in inverno": lascio il bagno a pochi temerari, avanti con: mosso (capita tutto l'anno, ma in inverno il mare mosso ha una bellezza tutta sua, starei ore a guardare le onde ricoprire schiumanti gli scogli); passeggiata; cani felici che scorrazzano sulla sabbia, finalmente liberata dai veti estivi.

Ecco, sono tre momenti del mare di questo periodo che ho particolarmente vivi.
Il mare mosso mi accoglie maestoso arrivando alle mie spiagge (Moneglia) da Deiva Marina, appena prima del tunnel dell'ex strada ferrata. Se si ha la fortuna di arrivare con il semaforo appena scattato a rosso, giù il finestrino: con mare mosso si hanno cinque minuti di sosta spettacolare a pochi metri dalle onde, di cui arrivano schizzi, profumo e maestosità.

Lasciata l'auto (qualche anno fa era un'impresa parcheggiare anche in inverno, ma con la crisi non è più così), due passi sul lungomare rialzato, quello che una volta era appunto il percorso della ferrovia, a collegare il tunnel da Deiva con quello, più lungo, verso Sestri Levante.

Sotto scorrono gli stabilimenti. Senza ombrelloni e sdraio non distingui uno dall'altro e dalle spiagge libere. Qualche coppia si spinge al bordo dell'acqua, sfiorando il podio del bagnino; qualcuno siede sulla sabbia. Il massimo dell'attività fisica è scatenare un cucciolo lanciando un pezzo di legno, portato sulla sabbia dalle onde.
E se d'estate ti ritrovi a cercare forme nei sassi arrotondati dall'acqua (perché il cuore è la forma più comune?), in inverno sono proprio i legnetti a farmi desiderare di avere mani capaci di estrarre qualcosa da quelle forme contorte.
Tornerà l'estate, ma non c'è fretta.

Buona serata.

[Tutti i post su riflessioni.]
[La foto del post, dal mio instagram.]

 
 
 

Chissà che voti davano i prof Sumeri

Post n°1737 pubblicato il 04 Dicembre 2011 da tanksgodisfriday
 
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Non
 so come il sistema scolastico degli antichi Sumeri valutasse gli allievi, se con un voto (in sessantesimi?) o se in modo descrittivo.
Non aiutano a capirlo le due tavolette rimbalzate negli ultimi giorni dal sito del prof. Duncan J. Melville su alcuni blog, e su Zeusnews.com, dove ho letto della faccenda.
Eppure l'occasione sarebbe stata ghiotta: un solo problema, due svolgimenti. Uno perfetto, l'altro opera di «un pasticcione che non sapeva distinguere il fronte della tavoletta dal retro, e che ha piazzato una mezza dozzina di errori in altrettante righe». Se il prof avesse annotato da qualche parte i voti, o il giudizio, qualcosa si sarebbe capito; invece niente.

Partiamo dal problema: da un granaio (misura di capacità, pari a 1.152.000 sila, a sua volta più o meno 1 litro) vengono distribuiti 7 sila per ogni uomo. Quanti uomini riceveranno del grano?

La risposta è semplice: 1.152.000 diviso 7 fa 164.571, con il resto di 3.
Semplice in effetti lo sarà forse per gli studenti della nostra epoca (e rimane ancora da vedere se sia così), probabilmente non lo era per il povero sumero della seconda tavoletta, alle prese con un sistema di numerazione (e quindi con un algoritmo di divisione) più complesso: sempre che abbia capito al volo che ci voleva una divisione.
Inoltre, a parte il dramma vissuto e testimoniato dal pasticcio impresso sulla tavoletta, avrà subìto poi la rampogna del prof e la sera a casa il padre avrà completato. Anzi no, non è ancora finita, visto che siamo qui a parlarne.

Ma se il prof avesse dovuto dare un voto, come avrebbe potuto regolarsi?
Allora come adesso, si sarebbe potuto muovere tra due estremi:
  1. sistema assoluto: si fissano il voto minimo e quello massimo (es.: 0 e 10, oppure 3 e 8, ...); la correttezza di ogni compito viene valutata in modo indipendente e assoluto (tutti bravi, 10 a tutti; asini in libertà? nessuno supera il 3)
  2. sistema relativo: come in quello assoluto, si fissano i due voti estremi; poi si ordinano i compiti dal migliore al peggiore e si assegna il massimo al primo e il minimo all'ultimo; tutti gli altri prendono il voto proporzionato tra i due
I due sistemi comportano dinamiche differenti tra gli allievi: nel sistema assoluto passare il compito non mette a rischio il mio risultato, al più regalerà all'altro il mio stesso voto. Nel sistema relativo c'è invece il caso che l'altro corregga una piccola imperfezione in quanto gli ho passato, e si ribaltino così i voti: il mio da migliore diventa peggiore e ciccia.

Sembra che il metodo relativo sia adottato negli Stati Uniti, e che di conseguenza "passare il compito" non sia una pratica diffusa da quelle parti. Tra i Sumeri non so: o adottavano anche allora la valutazione relativa, oppure i ragazzi autori delle due tavolette erano lontani di banco. 
Certo, il sistema stimola la competitività a scuola, oggi ritenuta una parolaccia. Però forse aiuta a evitare che mediocri furbetti passino indenni la scuola, per poi fregare il prossimo con maneggi e intrallazzi da grandi.
Viva la competitività a scuola, allora, e sbrighiamoci a reinserirla, così tra una decina d'anni ne potremo vedere gli effetti.
Nel frattempo la pulizia della generazione marcia che maneggia la nostra politica va fatta a mano, con scheda elettorale e matita.

[Tutti i post su numeri e giochi e riflessioni.]

 
 
 

Cominciamo dal caffè

Post n°1736 pubblicato il 27 Novembre 2011 da tanksgodisfriday
 
Foto di tanksgodisfriday

Sono
 un consumatore accanito di caffè.
Deve essere amaro, ma anche se dimentico di annullare lo zucchero al distributore automatico, mi limito a non mescolare, la miscela densa al fondo mi piace.

Ristretto, normale, lungo, americano? Ognuno ha il suo momento.
Il primo caffè del mattino, scorrendo le notizie sul web, dev'essere ristretto (nonché rigorosamente amaro). Un'ora dopo, con la colazione, si comincia ad allungare, per finire nel lunghissimo a metà mattinata. Strettissimo a chiusura del pasto, si prosegue così allungando e accorciando per seguire il bioritmo della giornata.

Perché l'effetto del caffè sulla produttività al lavoro è evidente e documentato: «A mathematician is a machine for turning coffee into theorems», ebbe a dire il matematico ungherese Paul Erdős; un effetto simile, adeguando al ribasso la scala e cambiando settore di attività, capita anche a me.
Non so se prevalga l'effetto chimico della caffeina, oppure se semplicemente i neuroni necessari al rituale della tazzina si stacchino, lasciando tutti gli altri a riordinare il tavolo da lavoro virtuale nella testa.
Sta di fatto che, tazza fumante a sinistra del foglio, la mano destra riprende con decisione a tracciare idee che sembrano uscire dal nulla: ecco, bastava fare così. Merito del caffè, probabilmente.

Ma la tazza di caffè accompagna anche i momenti di relax. Quando, come adesso, annoto qualcosa sul mio blog, o quando, ad esempio, cerco una faccia mimetizzata tra mille chicchi di caffè [nell'immagine, presa da: Moillusions.com].
Eccola! Merito del caffè che sto sorseggiando? Senza dubbio.

[Tutti i post su numeri e giochi e riflessioni.]

 
 
 

Assumere e sussumere, il culo e la sfiga

Post n°1723 pubblicato il 10 Luglio 2011 da tanksgodisfriday
 
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Basta
 poco perché il destino scelga un sentiero impervio invece che un'autostrada. Una sorte che tocca agli umani, ma anche alle parole, come ho scoperto ieri quando mi sono imbattuto nel verbo sussumere.

Cacchio vuol dire sussumere? sarà parente di assumere? Il dizionario di casa (Zanichelli da archeologia) lo associa ai sillogismi aristotelici: «assunzione della premessa minore del sillogismo in quanto coerente con quella maggiore».

Ne so quanto prima, qundi va preso un sillogismo per spiegarsi la cosa:
  • (premessa maggiore) Tutti gli uomini sono mortali
  • (premessa minore) Tutti i greci sono uomini
  • (conclusione) Dunque tutti i greci sono mortali
La sussunzione dovrebbe essere l'attribuire ai greci, in quanto umani e quindi un caso particolare della premessa maggiore, quello che tocca a chi si ritrova nella premessa maggiore stessa.

Probabilità di usare sussumere nella vita quotidiana? Pochine, mi pare. Neanche sotto sforzo riesco a immaginare una situazione in cui potrei farne sfoggio. Secondo Dizi.it sarebbe di casa, invece, in tribunale:

sussumere 1 v.t. ricondurre un concetto particolare a un concetto più generale. In giurisprudenza, far risalire un caso individuale alla legge in cui è contemplato in termini generali.


Tutto il rovescio accade per assumere, che pure è parente stretto di sussumere. Pensate a quante possibilità ci sono per assumere: una persona (anche se, di questi tempi, è raro), un atteggiamento, una responsabilità, un'ipotesi. Un'orgia di occasioni di assunzione, verrebbe dire.
Poco da fare: nella vita ci vuole culo.
Buona domenica.

[Nell'immagine: Kim Novak. Ho un'amica che le somiglia. È quindi lecito sussumere che la mia amica sia carina, ragion per cui sussùmo.]

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