Creato da tanksgodisfriday il 26/03/2006
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Post n°1783 pubblicato il 09 Gennaio 2014 da tanksgodisfriday
Una delle notizie angoscianti degli ultimi tempi è il continuo crescere della percentuale dei poveri in Italia. E qui già nasce una prima domanda: ci sono poveri "relativi" che non sono "assoluti", evidentemente. Cosa distingue le due situazioni? La risposta si trova spulciando il sito dell'Istat: povero assoluto è chi non arriva a fine mese, nemmeno dopo aver ridotto le uscite ai minimi livelli di sopravvivenza; povero relativo è chi, invece, ha un tenore di vita nettamente inferiore a quello medio della realtà in cui vive. Dei due dati riportati evidentemente quello del 6,8% di poveri assoluti è il più angosciante. La storia della misura scentifica della povertà parte negli Stati Uniti, con Mollie Orshansky, figlia di emigranti ucraini e nata a New York il 9 gennaio del 1915. Il senso dell'attenzione alla spesa l'accompagnò per tutta la vita: pare che fosse rimasta inorridita nell'apprendere che l'Ufficio Statistico vendesse i dati statistici annuali a 2.500 $, cifra superiore al salario medio annuo di una famiglia composta da una donna single con figli a carico. Il suo sistema, molto semplice e pragmatico, è ancora in vita oggi, a 60 anni dalla sua ideazione: si assume che, in un nucleo familiare, 1/3 delle spese vada all'alimentazione e che ci si nutra rispettando, a spesa minima, le tabelle di alimentazione minima dell' USDA (U.S. Department of Agriculture). "Ms Poverty" se ne andò a 91 anni nel dicembre del 2006. E in Italia? I dati che servono per definire uno stato di povertà assoluto sono due: le entrate reali di ciascun nucleo familiare e il valore della soglia di povertà, ovvero le uscite ipotetiche per garantire la sopravvivenza. Si parte dal classificare le spese in:
Poi, per ciascun capitolo di spesa, viene definito il minimo accettabile e ne viene determinato il costo, in funzione della composizione del nucleo familiare e della sua collocazione geografica. Dalle tabelle minuziose si scopre così che l'alimentazione media giornaliera per me prevede (tra l'altro) un minimo di 2,28 gr di grana e 2,38 gr di pecorino romano (pag. 32 del documento Istat). La lista è anche una guida alimentare: niente pecorino e niente mortadella sotto gli 11 anni, ad esempio. Mozzarelle e caciottine, invece, vanno bene a qualunque età. Pizzerie, ristoranti, bar e simili luoghi di perdizione sono banditi. Nel documento viene anche calcolato l'effetto "famiglia": quanti più si è, tanto meno si spende a persona. Un minestrone da 3 persone costa meno di tre minestroni separati, ça va sans dire. Se non ho trovato grosse sorprese nella sezione alimentazione, mi ha colpito invece il minimo abitativo: rigorosamente in affitto, minimo 28 mq per un single, 38 mq per una coppia e 42 mq per tre componenti; sempre secondo l'Istat, in 100 mq si riesce a far vivere 8 persone, immagino senza che si uccidano a vicenda prima di sera. Nel mio caso, 2 persone nel Nord, nel 2005 ce la saremmo cavata con 270,28 € al mese. Possibile, forse; tutto sta a trovare 38 mq e non uno di più. Nella classe altro c'è "il minimo necessario per arredare e manutenere l’abitazione, vestirsi, comunicare, informarsi, muoversi sul territorio, istruirsi e mantenersi in buona salute". Il tutto, sempre per due, al Nord e nel 2005, faceva 390,84 €, ispirati da grande ottimismo, chiaramente visibile negli 8,2 € mensili per i trasporti. Intuibile che, a chi si trova appena sopra la soglia di povertà, basta un niente per precipitare nel baratro: una malattia seria, ad esempio. Per un anziano non è nemmeno un evento così imprevedibile. Oppure, immaginate: famiglia mono-reddito, in affitto. Un paio di figli messi al mondo con incauta precipitazione. Lui, insegnante, sballottato di anno in anno nella provincia, gli 8 € mensili dell'Istat li spende in un paio di giorni di spola casa-scuola. E un bel dì, con una seraficità che non cessa mai di stupirmi, ecco il niente: prelievo di 150 € al mese, perché "ci eravamo sbagliati". Che tornino al proprio lavoro, e spero che siano in grado di svolgerne uno. Buon giovedì. [Tutti i post su compleanni.] |
In quale paese studiano i ragazzi più bravi a scuola?In Cina, secondo l'ultimo test PISA dell' OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development), svoltosi nel 2009 in 34 paesi membri dell'organizzazione e in 41 stati loro partner economici. A seguire: Corea, Finlandia, Hong Kong (è sempre Cina, ma con una storia scolastica diversa), Singapore, Canada. Tutto bene per i cinesi? Non proprio, riporta UsaToday, sono gli stessi cinesi ad avere qualche dubbio al riguardo. I test, afferma Jiang Xueqin responsabile dell'Università di Pechino, dimostrano la capacità dei ragazzi cinesi di porsi obiettivi precisi e di breve periodo, ma non sono ideati per misurare la loro creatività. E proprio su questo tema ci sarebbero le note dolenti: un eccessivo peso dell'autorità (insegnanti, genitori, anziani) limiterebbe la voglia di porre domande aperte e di sviluppare un pensiero critico, portando i ragazzi ad essere degli ottimi "copioni" di cose sviluppate altrove, ma poco produttivi nel pensarne di nuove. Un mezzo sospiro di sollievo per gli statunitensi, i cui ragazzi veleggiano a metà classifica nel PISA del 2009. UsaToday aggiunge una considerazione: nello scorso anno scolastico il numero degli studenti cinesi presso le università americane ha raggiunto 128.000 unità, il 30% in più dell'anno precedente. Qualcosa vorrà dire, no? Sia come sia, nell'ultimo discorso settimanale, il presidente Obama ha ricordato che il primato nella competitività passa per l'innovazione, quindi per l'educazione scolastica. Perciò, in quei test, per piacere, diamoci da fare a risalire in classifica su tutti i temi, specialmente in matematica e scienze. E da noi? I ragazzi italiani si sono piazzati sotto la media. Hanno fatto meglio di quelli spagnoli, austriaci, israeliani e russi, ma non mi pare questo un motivo di giubilo. Davanti a noi ci sono: Finlandia, Belgio, Norvegia, Estonia, Svizzera, Polonia, islanda, Svezia, Germania, Irlanda, Francia, Danimarca, Regno Unito, Ungheria, Portogallo, paesi cioè nei nostri dintorni geografici, e con cui ci troveremo più probabilmente a competere, a partire dalla ricerca di un'occupazione. Cosa si fa da noi per rimediare? Poco. C'è scarsa attenzione sul tema: se Obama lo pone in evidenza nel suo discorso settimanale alla nazione, da noi se ne parla solo al momento di ridurre la spesa dello Stato, e solo per giustificare i tagli alla scuola pubblica. Per quella privata, invece, si ha un occhio di riguardo, anche se, guardando nei risultati del test PISA, la scuola pubblica, da sola, si sarebbe posizionata molto meglio, e quella privata, sempre da sola, molto peggio. Continuando così, con tagli e premi "a prescindere", sarà difficile vedere un'inversione di tendenza. Quanto importa agli italiani? Niente. Bisogna ricostruire un sogno alternativo, e invece siamo in ottenebrazione nazionale da bunga bunga. Chi si oppone a questo governo e alla sua conduzione delle cose, poi, si perde in patrimoniali e primarie, con una determinazione all'auto-distruzione che andrebbe analizzata, ma da uno bravo. Viene da diventare ferventi religiosi: solo un miracolo divino ci può salvare. Buona domenica. [Nell'immagine: Google ha sdoganato la "Squola". Adesso c'è da lavorare per la "Sqquola".] [Tutti i post su scuola, politica.] |
I primi dati di pre-iscrizione alle superiori indicano una prevalenza del "Liceo scientifico opzione scienze applicate", mi informa un articolo di Flavia Amabile su LaStampa.Prevalenza, rispetto alle altre opzioni possibili: licei (scientifico tradizionale, classico, linguistico, artistico, musicale e coreutico), istituti tecnici (settore economico e settore tecnico), istituti professionali. Erede delle sperimentazioni del liceo scientifico, l'opzione scienze applicate fa il pieno di ore "scientifiche", a spese delle materie letterarie. Non ha, ad esempio, il latino, e questa scelta, in un corso di studi destinato a proseguire con l'università, la trovo penalizzante per la formazione. Feci a suo tempo lo scientifico, dopo tre anni di medie ancora con il latino e, se ho un rimpianto, è quello di non aver studiato greco antico. Tutto questo amore per le lingue morte (che però fanno lavorare il cervello e usare consapevolmente le parole, o almeno dovrebbero), non mi ha impedito di tirar fuori una sciocchezza con mia moglie ieri, commentando il "Cafone" volato in tv (video). Ricordavo, ma non ne trovo traccia su Google, quindi non è così, che Cafone derivasse dal nome del centurione romano Cafo (Cafonis al genitivo), citato in una commedia di Plauto. Invece è Cicerone, mi dice Google, a citare come esempio di rozzezza il centurione insediatosi dalle parti di Capua intorno al 40 a.C., divenuto famoso proprio per essere un ... cafone. Sempre Google suggerisce altre etimologie: i traslocatori della zona del napoletano ("chill co' 'a fune"), una forma dialettale osca (latinizzata in cabo-cabonis "cavallo castrato"). Nella ricerca ho trovato anche un sinonimo di cafone: persona dai modi inurbani. Ma il senso non è esattamente lo stesso, alle volte serve proprio il primo. Buon martedì. [Nell'immagine: quando "cafone" nobilita. Il pane, ad esempio, dal blog Il cuore è una frattaglia.] [Tutti i post su politica, scuola.] |
La segnalazione è di abellina e mi arriva da zic-zac. L'articolo (Le prove Invalsi: Servizio Nazionale di Valutazione) è di quelli utili, raccoglie le prove INVALSI degli ultimi anni, distinte per materia: italiano, matematica, scienze.Cos'è l'INVALSI? Basta un salto sul sito per scoprire il significato dell'acronimo: Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione. E la pagina "Chi siamo" spiega il resto. Dalla prova di matematica della prima classe delle superiori, "somministrata" (pare si dica così) nell'anno scolastico 2004/05, ecco due domande. La prima è di quelle che fanno stragi, facendo scattare una sorta di trappola psicologica: la scelta tra risposte multiple. Di fronte alla possibilità di scegliere visivamente, il cervello rinuncia a fare i calcoli e la trappola è pronta. Se al numero 0,999 si agiunge un centesimo, che cosa si ottiene?
Se l'area del triangolo equilatero ABC è di 10 cm2, qual è l'area della stella? Buon martedì. |
Tra i visitatori di ieri al mio blog, ne ho trovato uno arrivato cercando "Electric Company" su Google.Il post su cui è atterrato cita la sfida di Erin Brockovich alla Pacific Gas and Electric Company, un memorabile caso di class action, da cui fu tratto il film con Julia Roberts. Non so se il post abbia soddisfatto la curiosità del visitatore, probabilmente no: se anche cercava proprio quel caso, avrà trovato un paio di righe generiche di mio pugno e un link a Wikipedia. C'è di meglio su internet. Forse il visitatore cercava altro. Tra il 1971 e il 1977, The Electric Company fu una famosa trasmissione televisiva per i ragazzini statunitensi in età da elementari. Tra un gioco, una canzoncina e una sfida, aiutava i piccolissimi telespettatori a imparare l'inglese. Qualche esempio: Silent E, per insegnare l'importanza della e muta in fine di parola, LY song, canzoncina sulla formazione degli avverbi dagli aggettivi, N Apostrophe T, per la forma negativa dei verbi. Musica e parole di Tom Lehrer, matematico prestato allo spettacolo: divertente come in New math e irriverente come in Vatican rag. Protagonista della trasmissione anche un giovanissimo Morgan Freeman (The Menu Song). Come siamo finiti a vedere reality show? Buon mercoledì. |
Inviato da: tanksgodisfriday
il 17/01/2023 alle 18:30
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