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Messaggi del 24/05/2015

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Post n°549 pubblicato il 24 Maggio 2015 da enodas

 

 

 

"Gran stupor! A chi vede ste piture
Ghe par de veder carne, vita e senso"

 

Erano le Belle. Le donne della borghesia veneziana che ammantate di tessuti preziosi diventavano protagoniste dei suoi dipinti. Giunto dalle valli bergamasche, Palma il Vecchio assorbì presto il mondo veneziano, i colori che creavano della scuola lagunare, e gli sfarzi della Repubblica. COn sé recava quel mondo, che non mancava di comparire, sullo sfondo, sulla scena, quasi una punta di nostalgica narrazione delle terre d'origine. Ed al centro, campiture di colore, accostamenti audaci, creavano forme, tessevano velluti e ricamavano stoffe raffinate. Così entravano da protagoniste. Cantando la propia bellezza con nobile semplicità ed uno sguardo sospeso tra intimità e malinconia, con sguardo intenso seppur privo di slancio drammatico. Il senso tremava, negli occhi di chi osservava, scosso da una sensualità nascosta, indotta nell'animo, allora come oggi. Sono loro, queste figure che rimarranno senza nome ad esercitare un'attrazione magnetica. Le Belle, appunto. Anche quando diventavano personaggi di una sacra conversazione o una scena della tradizione religiosa.


Queste, dunque, le immagini più belle. Unite ad un attenzione ai particolari e a sottili trasparenze che talvolta venivano svelate ai miei occhi profani. Molto celebrata come evento, non so onestamente dare un giudizio definitivo su questo percorso. Un percorso dall'allestimento intrigante, con riproduzioni di pavimenti rinascimentali tratti dalle opere così come da altri dipinti dell'epoca, citazioni trascritte lungo i corridoi, e pareti dipinte che creavano spazio attorno ad ogni opera. Leziosa l'audioguida (inclusa), narrata dal curatore che sì guidava da un quadro all'altro, ma con tono eccessivamente impostato, a tratti lggendo per intero i pannelli esplicativi. La sensazione che ho provato é di non aver saputo cogliere qualcosa, scoraggiato dal numero esiguo di dipinti (per quanto limitati dalla contenuta produzione artistica del pittore), dal mio occhio non sempre ammaliato e da una linea conduttrice difficile da seguire. E dati i riferimenti ad un'epoca che si vuole raccontare fortemente influenzata da questo artista, così inserito nella realtà della scuola veneziana, per quanto si tratti di una mostra monografica, la mostra avrebbe forse potuto essere integrata di altri autori? Detto questo, resta impressa, e valorizzata, la bellezza così come definita dalla sensibilità di un'epoca e di un uomo, che silenziosa ancora racconta, nell'eco sfumato della gloria veneziana, una storia senza tempo.

 

 

"Non vi é una linea e neppure un segno nelle sue opere che non rivelino lo spirito di uno che può pretendere sotto ogni riguardo di essere stato originale. La vera fonte alla quale egli attinse é più distante di quanto non abbiano immaginato gli storici; sarà trovata in Giovanni Bellini, Carpaccio, e Cima; e, partendo da questo punto, Palma divise con Giorgione e Tiziano l'onore di modernizzare e rigenerare l'arte veneziana."


"La nave della pittura veneziana ha disegno di Giovanni Bellini, opera viva creata da Tintoretto, timone per orzare fatto da Giorgione, per ammiraglio Tiziano, ma chi l’ha impalmata dandole la possibilità di essere messa in acqua e navigare nel grande mare della pittura mondiale è Jacopo Negretti detto Palma il Vecchio, primo ufficiale."


“...un tocco di pennello d’esquisita finitezza, unito a morbidezza di colorito, di vera carne naturale, che si può dire con verità che niuno abbia unita la diligenza e la tenerezza com’egli che fu unico Maestro. Di una perfezione non ordinaria“

 

 

“Palma divise con Giorgione e Tiziano l’onore di modernizzare e rigenerare l’arte veneziana”: sono le parole di Giovanni Battista Cavalcaselle, nel 1871, a definire quanto la qualità pittorica, l’estrema abilità tecnica e la sagacia della tavolozza di Iacomo Negreti, detto Palma, ne faranno fin dal secondo decennio del Cinquecento il pittore forse più apprezzato dalla committenza privata veneziana, in un gusto collezionistico che si allargherà poi all’intera classe dirigente nobiliare europea.

Nato intorno al 1480 a Serina ma presto giunto a Venezia, emerge chiaramente per il ruolo fondamentale nella capitale lagunare, capace di raccordare l’arte dei maestri Giovanni Bellini e Cima da Conegliano con le meditazioni sulla lezione di Giorgione e il continuo confronto e dialogo con la pittura di Tiziano.
Nel secondo decennio del Cinquecento, centrale a Venezia per la costruzione di un nuova estetica, tanto nella pittura quanto nella letteratura, il ruolo di Palma è essenziale nel corrispondere ai nuovi gusti. Egli inventa e costruisce un canone di bellezza femminile, tratteggiata con immediata sensualità, che darà vita all’ideale della proporzione femminile del Rinascimento maturo, tanto nei suoi “ritratti” ideali e poetici, quanto nelle sue sante, che offre a una committenza privata attenta al piacere della contemplazione artistica più che alla devozione. Il naturalismo che sviluppa a partire dal paesaggio e dai volti di sante e santi corrisponde pienamente alla nuova stagione e anche a quel desiderio di fuga dalla storia, di ritorno ad una natura vissuta come luogo di serenità e intimità, che si chiede alla poesia.
Quella di Palma è una poesia fatta di sguardi, racconti, nostalgia, scoperte e aperture con immancabili rimandi ai luoghi natii donandoci una raffigurazione della spettacolosa bellezza del visibile.

Una poetica e un’altissima arte che per la prima volta si riesce a celebrare nell’eccezionalità di una mostra monografica, capace di raccogliere a Bergamo quasi quaranta capolavori dell’artista orobico. Capolavori raccolti in una mostra ove gli amplissimi apparati didattici e il suggestivo allestimento concorreranno a restituire al visitatore la sorpresa provata da Giorgio Vasari, così commentando nel 1568 la Burrasca infernale, l’enorme telero richiesto all’artista orobico dalla veneziana Scuola Grande di San Marco a segnare una grandezza ormai pienamente riconosciuta dalla Serenissima Repubblica: “Che più? Io per me non mi ricordo haver mai veduto la più horrenda pittura di quella; essendo talmente condotta, con tanta osservanza nel disegno, nell’invenzione e nel colorito; che pare, che tremi la tavola, come tutto quello che vi é dipinto fusse vero. Per la quale opera merita Iacopo Palma grandissima lode e di essere annoverato tra quegli, che posseggono l’arte.”

(dalla presentazione alla mostra)

 

[...]

 

 

 
 
 
 
 

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