Creato da estremalatitudine il 19/06/2008

estremalatitudine

racconti di vita, di sesso

 

Messaggi di Giugno 2015

Corto 121

Post n°458 pubblicato il 27 Giugno 2015 da estremalatitudine

Marito e moglie in vacanza. In macchina. In tenda. Lui più anziano. Lei giovane e bella. Sorridente. Gioiosa. Giro dell'isola. Isola grande. Lunghe tappe.

Spiaggia di nudisti. Erano capitati li praticamente per caso. Seguendo la costa dall'alto avevano visto quella baia stupenda e il piccolo camping. Scesero per la lunga strada sterrata e arrivarono che era già buio. Piantata la tenda s'addormentarono abbracciati. Stanchi. Morti.

la sorpresa il mattino dopo. Ma la baia era davvero bella e loro erano stanchi di girare. Un paio di giorni. Non di più. 

In spiaggia andava praticamente solo lei. Lui sempre al bar a leggere e scrivere. Quando riusciva, distratto come era da quelle ragazze, non tutte, i cui seni sfidavano la forza dei gravi.

lei in spiaggia ogni giorno verso metà mattina e metà pomeriggio non si perdeva l'andata e venire di un gruppo di amici che scendevano a fare il bagno. Tra loro un ragazzo di colore. era magro, magro, alto, elegante, molto magro, esile quasi, con un coso tra le gambe lungo, lungo, scolpito, con la cappella scoperta, quasi fosse ebreo.

il contrasto tra le membra del corpo e la lunghezza del cazzo l'avevano colpita fin da subito, tanto che ne aveva parlato anche a lui, a suo marito, la sera a cena e lui, lui aveva riso, ricordando che anche lui una volta era magro, magro.

'Ti fa gola, eh, puttanella?'

'cosa dici?! Potrebbe essere mio figlio!'

"a parte il fatto che non abbiamo figli, cosa c'entra l'età? Mica parlavo di lui, ma del suo cazzo e il cazzo dopo la pubertà non ha età: o ci sa fare o no"

"e io che ne so? E non voglio neanche saperlo"

"però lo guardi!" "E che male c'è?"

"sei la solita adorabile puttanella!"

"guarda! Eccolo che passa! Lo vedi? Lo vedi com'è?"

il marito si girò e si abbassò anche gli occhiali da sole per vedere meglio. Poi alzando un braccio ne richiamò l'attenzione chiamandolo a se'. Quello si avvicinò. Il lungo cazzo gli ciondolava tra le cosce magre. Lui gli chiese se per qualche soldo andava al bar a prendergli qualcosa e il ragazzo accetto'. 

Parti' di corsa e torno' dopo poco con due bicchieri di coca e rum. 

"Vuoi guadagnare qualche altro soldo?" Gli chiese il marito. Quello rispose di si'. "Vieni, aiutami a spostare nella tenda una grossa valigia. Pesa un sacco." Entrarono. La moglie li segui'.

sollevando da terra la valigia piena zeppa e pesante anche il cazzo sobbalzo', quasi ad alzarsi.

"non ho bisogno d'altro, per oggi." Disse il marito dandogli quanto promesso "passa domani che magari abbiamo qualcos'altro da farti fare"

rimasti soli, la moglie guardo' il marito e scoppio' a ridere.

"in effetti, a guardarlo meglio, da vicino, insomma, non potrebbe essere mio figlio. E poi io figli non ne ho......"

"Non so se domani ti viene in mente qualcosa...."

 
 
 

corto 120

Post n°457 pubblicato il 10 Giugno 2015 da estremalatitudine

la sua amica glielo aveva descritto come il paradiso del sesso e lei, lei era rimasta sbigottita da quei racconti.

"immagina una grande sala, le aveva detto, nella quale entri con un inserviente che dice di scegliere quale è la posizione che preferisci per fare all'amore. tu scegli e poi lo fai così, esattamente come vuoi tu, per il tempo che vuoi tu."

"sì, ma con chi?" le aveva chiesto immediatamente. "ah questo non si sa" rispose la sua amica mettendosi a ridere. "ma tu ci sei stata sul serio?" "un paio di volte, lo giuro, non di più"

"ma spiegati meglio" e lei le aveva spiegato.

Quei racconti, quelle spiegazioni avevano iniziato a turbare le sue notti. Nei sogni quel posto tornava e tornava e spesso di notte si svegliava in preda ad una eccitazione profonda e qualche volta aveva svegliato il suo uomo che però non le aveva dato grande soddisfazione. "dormivo" si giustificava il mattino seguente.

così decise di andare.

la sala era esattamente come gliela aveva descritta. grande, ben illuminata, calda. l'inserviente nel suo caso era una ragazza giovane, giovane, carina che le spiegò tutto per bene e alla fine le chiese come voleva iniziare. "le piacciono i preliminari?"

lei era imbarazzata non poco, ma come rispondere diversamente ad una domanda così stupida.

"allora si tolga la gonna e le mutandine. ecco le metta qui in questo piccolo spogliatoio" le disse indicandole un camerino come quello di un negozio. quando uscì così, solo con la camicetta che le faceva sollecitico sulla pancia nuda la ragazza continuò: " si ricordi che ogni qual volta vuole smettere o cambiare posizione basta che prema il pulsante. ok?"

lei fece di sì con la testa. allora la ragazza la prese per mano e la condusse ad un lettino sulla quale la invitò a sdraiarsi sulla schiena. poi sorridendole la ragazza alzò il lettino un bel pezzo, quasi all'altezza del suo viso. poi, sempre sotto i comandi della ragazza, il lettino si mosse infilandosi in un grosso foro praticato lungo la parete, coperto fin lì da una tenda pesante che si aprì in due per permettere il suo passaggio. Il lettino si fermò a metà del foro. La sua testa e il busto erano al di là del muro. le sue gambe e l'inguine nella stanza da cui proveniva. la tenda le impediva di vedere cosa stava accadendo nella stanza di prima. la voce della ragazza le chiese se vedeva il pulsante. era rosso, grosso, facilmente raggiungibile con la sua mano destra. 

"io vado" disse la voce della ragazza e per un po', dopo, non si sentì più nulla se non musica come da una radio.

il posto in cui era doveva in origine far parte della stanza centrale da cui era arrivata. girando la testa in torno poteva vedere bei quadri con eleganti cornici. c'era un sottile profumo nell'aria con un aroma che conosceva, ma che in quel momento non avrebbe saputo dire quale fosse.

Stava proprio chiedendosi cosa le ricordava quel profumo quando qualcuno iniziò a carezzarle e baciarle la figa. Istintivamente fece un piccolo salto come a sfuggire a quel contatto. da sdraiata quel movimento produsse ben poco spostamento. la bocca, la lingua e le dite continuavano a sfiorarle la passera, che pian piano, lo sentiva, iniziava a scaldarsi e illanguidirsi. non vedeva assolutamente nulla, né si sentiva niente, a parte quelle canzoni della radio. non un sospiro, non un fiato e la tenda, la tenda le impediva di scorgere anche lontanamente chi la stava baciando. era un uomo. così le aveva assicurato la ragazza. ma giovane? vecchio? aitante? non c'era speranza di saperlo e quindi decise che era inutile chiederselo. tutt'al più poteva schiacciare il pulsante e per un poco fu molto tentata di farlo. le dita lo sfiorarono, ma proprio in quel momento il bacio che stava subendo si fece particolarmente delicato e piacevole.

da qualche anno, doveva confessarlo, farsi leccare era diventata una passioncella. da ragazza era troppo imbarazzata, ma adesso spesso si offriva a suo marito che, non sempre, ma spesso ci sapeva proprio fare. sentì le sue labbra su di lei. sapeva che non era vero, ma quel calore proprio in mezzo, quel fiato che le stordiva il clitoride inevitabilmente le ricordarono lui, il suo uomo, e la cosa la eccitò ancora di più.

come se ne fosse accorto immediatamente quello di là prese a baciarla con maggiore passione. quasi fosse diverso. all'inizio sembrava, come dire, inappetente e invece adesso sembrava qualcuno che non lo facesse da secoli. l'idea che potesse essere cambiato, che quello che aveva iniziato potesse essere stato silenziosamente sostituito, sì, insomma un altro uomo, un altra bocca che approfittava di lei e lei di lui, sì, insomma, venne dimenandosi. i baci smisero per parecchi minuti. solo una mano calda e grande si era appoggiata alla sua figa aperta, quasi a contenerla, a proteggerla, in quel momento.

poi i baci ripresero ancora in maniera diversa. questa volta erano più profondi ed entravano in lei, spesso scendendo anche oltre, in una dimensione che lei, lei non aveva mai neanche sognato. quella lingua che le faceva solletico anche oltre, giù, in fondo, era piacevole, stuzzicante e le ricordava, inesorabilmente il suo desiderio. un dito entrò in lei. sospirò. sospirò ancora più forte. il dito, le dita entravano in lei come nel burro e lei le sentiva scorrere con facilità dentro e fuori, dentro e fuori e quel movimento, quel movimento, cazzo, invece di calmarla la agitava ancora di più.

quasi con rabbia schiacciò il pulsante. se ne pentì immediatamente. non poteva finire così. e invece finì. immediatamente. nessuno la toccava. nessuna la baciava. il lettino scorse prima verso il fuori riportandola nella sala di nuovo deserta e poi in basso. ad accoglierla la ragazza di prima che rispettosamente teneva lo sguardo fisso al pavimento. "ha suonato? ha finito?"

interdetta, bofonchiò qualcosa, domandando cosa altro offriva la casa. "tutto quello che vuole" fu la risposta che le fece girare la testa. "mi manca qualcosa..." riuscì a dire come una bimba. "capisco benissimo" rispose lei "se vuole può andare alla toilette e poi torni qui e si sdrai nuovamente."

lei obbedì e scese dal lettino. il dito indice della ragazza le indicò la porta del bagno. lo sguardo sempre fisso al pavimento. lei andò in bagno e si fece un lungo bidè tiepido. poi tornò e, come le era stato consigliato, si sdraiò nuovamente sul lettino, al quale nel frattempo qualcuno aveva cambiato il lenzuolo. era fresco, profumato.

ancora una volta il lettino si alzò. meno. a metà. poi ruotando si diresse verso un'altra tenda simile alla prima, attraverso la quale lei finì al di là del muro. di là era lo stesso. doveva essere una grande sala al centro della quale aveva ricavato quella sala di forma circolare, lungo la quale c'era quelle strane tende. di fianco a lei ancora una volta il grosso pulsante rosso. lo carezzò. ancora una volta il suo busto e la testa erano di qua e le sue gambe e l'inguine di là.

tirò un lungo respro e cercò di rilassarsi al massimo che poteva. l'eccitazione però la rendeva un poco rigida.

qualcosa le toccò la figa, aprendola un poco. qualcosa cercava di entrare in lei. non erano dita e non sembrava neanche un fallo di gomma. troppo caldo, troppo liscio. non poteva che essere quello. l'idea di essere presa da uno sconosciuto di cui non vedeva e sentiva nulla se non la pressione del pisello sulla sua figa era affascinante. si chiese se era lo stesso che l'aveva baciata. poteva, certo, o forse no. nuovamente questo eccesso di maschi la ubriacarono eccitandola definitivamente. il cazzo entrò in lei pian piano, ma senza sforzi e iniziò a prenderla. ancora una volta il primo ricordo fu suo marito, ma durò un attimo. non avrebbe saputo dire perché, ma quella storia le ricordava un suo fidanzato da ragazza che una volta per scherzo l'aveva scopata mettendole un lenzuolo sul viso. era bravo a scopare quel tizio. uno stronzo, ma a scopare tanto di cappello. di cappella, si disse sospirando. i colpi erano profondi, ritmati e lei, lei li stava seguendo, quando per un attimo tutto di fermò per poi riprendere di colpo, con forza, ma c'avrebbe giurato, c'avrebbe giurato che non era quello di prima. le dimensioni completamente diverse. meglio. decisamente meglio. quello sì che era un cazzo. si ricordò quando da ragazzina qualsiasi cosa un ragazzo avesse tra le cosce le sembrava un bel cazzo. no, proprio no. quello sì che era un bel cazzo. sentiva il proprio seno sbalottato sotto la camicetta e sentì il bisogno di slacciarsela e dopo, quando lui prese a cullarla con colpi meno forti, con le mani a fatica se la slacciò sul serio lasciando i seni liberi. meno caldo. aria. e proprio in quel momento i colpi ripreso furiosi. sembrava volesse venire anche lui da quella parte del muro e ancora una volta, ancora una volta ebbe la netta sensazione che l'uomo non fosse lo stesso. l'idea di lei scopata da più uomini di seguito improvvisamente la fece venire profondamente. di là tutto si fermò e nessuno e niente la stavano toccando o carezzando.

non era abbastanza. non era abbastanza. il fatto che non schiacciò il pulsante fece riprendere le danze e ancora una volta le sembrò che fosse un altro. anzi no. era proprio un altro. questo nonostante fosse così, nonostante fosse appena venuta, nonostante il piacere provato, questo non riusciva ad entrare se non del tutto. nei colpi lo sentiva che si fermava, anche perché lei ogni volta che affondava inevitabilmente cacciava un piccolo urlo. grosso. più grosso. troppo grosso. sentiva la cappella dentro di sè e come se l'avesse davanti la immaginò chiaramente del tutto simile a quella di quel nero che una volta suo marito le aveva mostrato ridacchiando. ce l'aveva enorme. la bocca della ragazza in quel film non riusciva quasi a prenderlo tutto e la mano, la mano nel chiudeva solo metà. doveva essere così. rivide la lingua della ragazza rossa su quella enorme cappella nera e la sentì dentro di sè e improvvisamente iniziò a gridare sì, e ancora sì, sì, sì, e più gridava più quello entrava e cominciava a sentire lo sfioramento dei coglioni sulle sue cosce e lui, quello, quel coso, quel cazzo, quel magnifico cazzo era completamente dentro di lei, fino in fondo, fino in fondo e le mani, le sentiva adesso, le sue mani forti le tenevano spalancate le cosce e d'improvviso sentì una lingua leccarle il polpaccio e mangiarglielo, mentre lui, il cazzo, il cazzo, cazzo!, la prendeva completamente.

venne come un fiume in piena d'agosto.

era esausta, ma per stanchezza non schiacciò neanche quella volta il pulsante e dopo poco un altro la prese. più umano. decisamente più umano. sembrava danzarle dentro e sopra sfirandole con la cappella il clitoride, con lentezza e precisione. ci volle del tempo, minuti ancora, mezzora, ma poi lei venne un'ultima volta e subito dopo schiacciò il pulsante, di colpo, d'istinto, quasi a voler scappare, cosicché in capo a mezzora si ritrovò per strada sul far della sera, dopo una brevissima doccia, con la gonna e le mutandine unici indumenti quasi a posto, mentre tutto il resto, compresa lei stessa, era davvero sottosopra.

 
 
 

corto 119

Post n°456 pubblicato il 09 Giugno 2015 da estremalatitudine

lei era bella, grande, alta, pannosa, piena di curve morbide nelle quali lui ogni volta si tuffava, cercando le sensibilità più segrete, più nascoste, tra le sue curve, all'interno delle sue valli.

s'era conosciuti ad un corso di ballo e lui le era stato destinato perché era l'unico che più o meno le stava alla pari con l'altezza.

certo all'inizio del corso lui per un po' aveva sbirciato le ragazze più snelle, meno flessuose, non fosse altro perché condurla nel ballo, all'inizio, almeno all'inizio, era stato, come dire, impegnativo. Le sue braccia la contenevano appena e le sue dita affondavano nella sua carne morbida.

poi, serata dopo serata, la sua intelligenza, la sua ironia, la sua risata, la sua bellezza l'avevano ammaliato fino a quando aveva smesso di guardare le altre, era stato felice di avere lei come compagna di ballo e alla fine, dopo qualche settimana, le aveva chiesto di uscire.

lei sulle prime aveva un po' resistito. poi aveva ceduto alla sua insistenza e, dopo qualche cena, qualche aperitivo e qualche cinema, ecco, si erano messi insieme.

adesso quando la vedeva arrivare dal bagni, lui sdraiato nudo sul letto, lei che avanzava lenta, ancora sui tacchi, con i suoi grandi seni che si muovevano un poco a destra e un poco ora a sinistra, e i suoi fianchi, i suoi fianchi, grandi, bianchi, immacolati, come scogliere, sullo sfondo della parete scura, ecco, quando la vedeva arrivare e lei, lei gli si sdraiava di fianco e si lasciava morbidamente fare, ecco, lui, lui impazziva dal desiderio.

muovere quella carne, farla tremare, trovare il punto tra le cosce, in mezzo al sedere, toccato il quale lei aveva un tremito e sospirava, e lui, lui insisteva, con la bocca, con la lingua, lì, proprio in quel punto, esattamente lì, dove la sua carne tremava alle sue carezze e lei, lei si bagnava, affondava nel desiderio, aprendosi tutta alle sue voglie, quella era la ricompensa, quello era il premio, non quelle sciacquette nervose, tutte nervi, che appena le sfiorava squittivano e si dimenavano. lei, la sua donna, lei sì che sapeva aspettare e gustare il piacere pian piano, fino a quando li travolgeva, entrambi, lui dentro di lei, spingendola fino all'estremo, fino a quando la sua carne, tutta, tutta, rispondeva in un attimo alle sue carezze e tutta, tutta era sua e del suo cazzo, che batteva su di lei, sulle sue cosce, sul suo sedere, sulle sue tette, labbra, ciglia, occhi, collo, mani e braccia, insistente e inesorabile come un metronomo lanciato di corsa dal maestro di piano.

 
 
 

corto 118

Post n°455 pubblicato il 07 Giugno 2015 da estremalatitudine

Aveva seni pesanti, salati, col capezzolo duro e pronunciato che resisteva senza fremiti o brividi ai continui baci che lui gli offriva.

Era appena salita dalla spiaggia, dopo il bagno. Il figlio era rimasto ancora in acqua a giocare con altri ragazzini. Lei, lei era corsa su, così, praticamente senza asciugarsi, solo avvolta in un telo di quelli di cotone leggero stampato che si comprano sulle bancarelle dei mercati.

lui l'aspettava nervoso, impaziente. la voleva. ne aveva bisogno. glielo aveva scritto. un sms. a rischio che suo marito o il figlio lo leggessero. la voleva.

adesso, riparati alla belle e meglio, in un locale secondario del bar, lui la stava baciando con passione, stingendola a sè per la vita. lei lo sentiva. lui la sentiva. avrebbero potuto farlo, lì dietro, in quella piccola stanza che lui teneva per ripararci i tavolini e le sedie di notte, ma non era possibile. troppo poco tempo. troppo poco. entrambi non amavano le cose fatte di fretta. ci voleva tempo per l'amore, così come per qualsiasi altra cosa. d'altronde lei veniva da una vita di scopate veloci, trasandate, travolte da una passione tanto prepotente quanto veloce. suo marito era un recordman. all'inizio, quando avevano tentato con i preliminari, lui le era venuto in mano in numero impressionante di volte prima di esplodere in un "non mi piace così: voglio entrare in te!" e lei, lei si era adattata. anni. anni senza davvero godere. che toccarsi per lei era peccato, una cosa sporca, infantile, stupida, senza senso.

poi un giorno, anni prima, a forza di andare in quel bar proprio di fronte alla spiaggia lei lo aveva notato. lui era un pezzo che le aveva messo gli occhi addosso. quei seni, quel culo, quel sorriso e quell'eleganza, sempre distaccata, sempre lontana, come una professoressa in vacanza, che lui poi glielo aveva chiesto: ma tu sei una professoressa? e lei, lei si era messa a ridere, lei che di mestiere faceva l'assistente di direzione, come si dice, come diceva lei e anche il suo capo e lui, lui aveva tradotto la segretaria e lei, lei aveva riso di nuovo.

l'aveva notato e si erano piaciuti. niente di più. almeno all'inizio, che tradire il marito era stato un percorso lungo, tortuoso, che solo la pazienza di lui, solo la sua santa pazienza, che se no un altro si sarebbe stufato prima, ma lui, lui era così premuroso e simpatico e paziente e gentile che lei alla fine si era arresa e un pomeriggio di giugno aveva accettato di andare a casa sua e lì era successo.

quel che a lei piaceva, adesso, era che quella gentilezza in camera da letto si trasformava in un fuoco, in una passione che bruciava lenta, ma inesorabile, per ore e lei, lei finalmente poteva godere e baciarlo e leccarlo ed essere leccata e presa, penetrata, violata, tanto che la prima volta che lui la convinse a farlo anche dietro, a sdraiarsi sul letto col cuscino sotto la pancia e lasciarlo fare, lasciarsi baciare anche lì, anche lì e sentirlo premere, premere, fino a quando come un tappo di bottiglia, ma al contrario, al contrario, lui era stato dentro di lei, ecco quella volta per tutto il tempo dopo, per tutta la giornata e la notte seguente e anche dopo lei pensò, sentì che tutti se ne sarebbero accorti, che suo marito, nello sfiorarla, l'avrebbe capito quanto la sua carne s'era fatta tenera e disponibile e disinvolta. Ma lui, il marito, non s'era accorto di niente e quella sera, sì quella sera stessa, l'aveva voluta e lei, lei al solito s'era concessa, per quei pochi minuti, quegli attimi, quei colpi che fragorosi lo fecero venire al solito in un battibaleno. solo che quella sera anche lei venne, vennero insieme e lui fu contento, felice come un bambino e lei, lei era un poco distante, imbarazzata, perchè in realtà a farla venire, ancora una volta, dopo quel pomeriggio di fuochi di artificio, era stato lui, l'altro, il suo ricordo, quel cazzo che l'aveva presa anche lì, anche lì.

dopo averle baciato il seno e averla stretta a sè lui la liberò, inseguendola con un ultimo bacio. "vai, torna da tuo figlio. noi ci vediamo domani pomeriggio da me" e lei si era sciolta dai suoi baci, dal suo abbraccio e sorridendogli e sculettando era uscita da quella stanza tornando alla spiaggia.

lui chiuse la stanza e tornò al bar. dopo poco disse al suo aiutante che doveva stare fuori e che badasse a tutto lui. se tardava chiudesse pure lui tutto.

poi uscì e con passo veloce andò a casa. era in leggero ritardo, ma se conosceva bene il tipo non c'era problema. infatti.

dopo un quart'ora suonò il campanello e dalla porta entrò una valchiria bionda di quasi un metro e ottanta. lui non la lasciò quasi neanche entrare, tanto iniziò a baciarla con furore. lei, lei si divincolò e dandogli una piccola spinta lo fece cadere sul divano. poi sedendogli di fianco e carezzandolo gli disse: "oggi sei proprio carico, amore mio. come ce l'hai duro!" "girati" rispose lui e tirandole su il vestito, dopo averla baciata per bene, la prese con forza.

 
 
 

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Qui ci sono storie di sesso. Non necessariamente tutte eccitanti, ma a volte sì. Non necessariamente tutte esplicite, ma a volte sì.

Qui non c'è vita vera, ma solo letteratura, ovvero vita attraverso la tastiera.

Se non vi va di leggere di questi argomenti, lasciate stare.

Se vi interessano, spero di riuscire ad essere all'altezza delle vostre attese.

 

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