Creato da estremalatitudine il 19/06/2008

estremalatitudine

racconti di vita, di sesso

 

Messaggi di Maggio 2015

corto 117

Post n°454 pubblicato il 27 Maggio 2015 da estremalatitudine

Quando le capitava di fantasticare se l'era sempre chiesto cosa si provasse ad andare a letto con più uomini contemporaneamente. Nelle fantasie, per la verità, era una cosa che la eccitava parecchio. Se li vedeva tutti lì intorno, adoranti, che aspettavano solo un suo gesto per baciarla, mangiarla, prenderla e farsi prendere. tutti lì intorno pronti e sull'attenti. Si vedeva quelle spalle grandi, quelle braccia muscolose, quei cazzi fiameggianti e sì, dai, insomma si eccitava.

A suo marito ovviamente non aveva mai detto niente, neanche quando erano fidanzati e senza figli. figuriamoci adesso.

Poi un giorno capitò. Capitò che durante una vacanza fu lasciata sola con tre sconosciuti di quel cazzo di villaggio. (suo marito al solito appena dopo cena cascò dal sonno e scomparve nel loro bel bungalow in riva al mare).Capitò che aveva bevuto, capitò che in particolare uno ci sapeva fare e, prima con le parole e poi con qualche carezza, le face ribollire tanto il sangue nelle vene che seguirlo in camera fu naturale. Peccato che anche gli altri due li seguirono. Quello non se lo aspettava. Proprio non se lo aspettava.

e sì perché durante la loro vita coniugale qualche distrazione se l'era presa. niente di che. qualche scopata e via, senza particolari ricordi, né rimpianti. era che se partiva, partiva. come da ragazza, uguale. non era cambiato niente, salvo che stava più attenta a non partire, se non tra le mura domestiche, che poi anche lì, con gli anni non è che si partisse poi molto.

Lui aprì la porta e lei ondeggiando sui tacchi lo seguì. Con la mano, entrando, aveva dato un colpetto allo stipite perché si chiudesse delicatamente dietro di loro, ma gli altri due fermarono il movimento, entrarono e poi chiusero loro, per bene, a chiave.

Si girò di scatto e guardandoli con aria quasi divertita chiese cosa stava capitando.

Uno dei tre, guardandola negli occhi, rispose calmissimo che l'avrebbero scopata. Tutti? le scappò, mettendosi a ridere per il nervosismo.

Nessuno rispose. O mio dio. facevano sul serio. non sapeva che fare. solo si irrigidì senza dire neanche lei una parola.

Il padrone della camera riprese a baciarla e lei, lei era infastidita e distratta, ma lui, lui insisteva e lei, lei, sì, insomma, quando partiva partiva.

La realtà fu un poco diversa dai suoi sogni. I tre non aspettarono suoi gesti o comandi, ma fecero tutto loro, con grande esperienza, dovette poi riconoscere. Per prima cosa mentre quello che la baciava la spogliava, gli altri si denudarono a loro volta. Lui le baciava il collo, mentre con le mani le slacciava, allungandosi dietro di lei, il reggiseno e lei, lei di sopra alla sua spalla guardava come inebetita quei due omoni nudi con il cazzo duro, a prenderselo in mano e scoprirlo e ricoprirlo.

Stringendosi l'uno all'altra, il suo corpo carezzò l'inguine del suo compagno. Era pronto. era pronto anche lui. Le girava la testa. si accasciò sul letto, così mezza nuda e loro, loro le vennero vicini e incominciarono ad occuparsi di lei. in breve le sembrò che nessuna parte del suo corpo rimanesse senza un bacio o una carezza. i fianchi, le cosce, i polpacci, la schiena, le tette e ovviamente là, dentro, sotto, in mezzo, dietro.

una voce a mezzo tono disse agli altri che era pronta.

uno le si offrì da baciare. lei era ancora un po' interdetta. quello le spinse il cazzo sulle labbra e lei giocoforza le aprì. intanto un altro (quale di grazia?) stava cercando di entrare in lei. le aveva aperto le gambe, molli, arrendevoli, e il suo coso giocava sulle sue labbra. era pronta, ma non del tutto. quello strusciamento o forse il sapore dell'altro o il sorriso del terzo che, aprendo gli occhi un attimo, vide di fronte a sè, qualcosa la fece definitivamente partire e alla fine, dopo due ore si ritrovò che urlava dal piacere che le stavano procurando. Non capiva più nulla se non che era in piena balia dei loro desideri. come essere in mare durante le onde. stessa sensazione di lontano pericolo. stessa impossibilità di farci niente. solo lasciarsi andare. la sua testa non pensava nulla. era solo invasa dalle sensazioni, dalle emozioni, d'essere calvalcata e del cavalcare, del non avere tregua, né pace perché loro erano tanti, tanti e tanto grossi, grossi e insaziabili e volevano lei, lei, solo lei.

Tornò al suo bungalow alle quattro del mattino. Il marito dormiva della grossa. Lo svegliò il rumore dell'acqua della doccia.

"ti sei divertita?" "sì, abbastanza"

L'indomani, in spiaggia, uno dei tre le passò davanti e sorridendole le augurò una buona giornata. Lei si chiese se avrebbe resistito altri sette giorni così. poi, chiudendo gli occhi dalla stanchezza accumulata si disse che forse averne più d'uno era il suo destino. chi può opporsi al destino?

tornata a casa si disse che grazie a dio il villaggio era all'altro capo del mondo e i tre erano tutti di città talmente distanti....

poi un giorno, mentre spiattellava una cena decente, il suo cellulare squillò. era uno dei tre. rimase senza parole. l'altro si zittì per un poco e poi riprese. rivedersi? era pazzo! dentro si sè aveva già detto sì, ma, da vera signora, si fece pregare non poco.

quando si rividero e lui si presentò da solo, lei quasi rimase un po' delusa.

più tardi nel letto, dopo, molto dopo, lui le chiese se ci pensava mai, se pensava mai a quella prima sera. "ogni tanto" rispose. le sembrava che il suo tono fosse del tutto atono, senza inflessioni, senza tradire nessun pensiero o emozione, solo un ogni tanto, così, senza malizia, come si risponde quando ti chiedono se ripensi a quella volta che sei rimasto a letto malata per una settimana. evidentemente però qualcosa c'era stato, nel suo tono, o lui in così poco tempo aveva capito tutto di lei, oddio tutto, no, forse, ma molto sì, di certo, fatto sta che avvicinandosi al suo orecchio le sussurrò un "anch'io" e poi dopo una pausa aggiunse "spesso" che era una promessa di nuove avventure.

 
 
 

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Post n°453 pubblicato il 27 Maggio 2015 da estremalatitudine

Immaginate voi signore, mie gentili lettrici, di essere per un giorno una geisha dedita all'arte dei massaggi. Null'altro. Nessun altro obbligo. Solo massaggi. Potete farli come volete e alla parte del corpo che preferite. Potete farli a maschi o femmine. Potete rifiutarvi se il soggetto non è di vostro gradimento. Potete stare vestite, in tuta o come vi pare, oppure mettervi comode in maglietta e costume (la sala massaggi è estremamente calda), oppure andarci vestite di tutto punto, come se andaste in ufficio, dal notaio o ad una festa.

Il vostro complito e rilassare e dare piacere massaggiando il corpo.

Per questo la casa vi ha dato una infinità di olii dai diversi profumi, vi ha dato creme, balsami e guanti, guanti leggeri oppure pesanti, alcuni ruvidi, altri vellutati come rose.

Voi siete in piedi e attendete. Entra un cliente o una cliente e potete scegliere se accettare o meno. Anche loro possono. Vi guardate in silenzio o con poche parole di circostanza e poi i vostri destini si separano oppure proseguono nella cerimonia del massaggio.

Immaginate che sotto le vostre mani oggi ci sia un corpo perfetto, perfetto. Nudo, completamente. Con lentezza si è spogliato, riponendo con cura i vestiti sulla sedia in fondo alla stanza e con lentezza, così nudo, si è avvicinato al lettino. Quel corpo. Uomo o donna. Come volete. Vi siete scelti. Con uno sguardo. Con poche parole. Con un cenno del capo. Avanza. Cammina. E già vedere quel movimento è un piacere. Un vero piacere per gli occhi. E le mani. Non un rilassamento, non un gonfiore eccessivo, perfetto. I muscoli seguono le loro linee flessuose e sfociano gli uni negli altri. si sdraia. sorride. prima di girarsi e poggiare la testa sul cuscino, lasciandovi sole con quella visione. Perfetto. Perfetto. Le cosce. I polpacci, Il sedere. La schiena. Le spalle. Il collo. Lentamente i vostri occhi salgono e scendono da quelle alture. Un corpo perfetto. Sottile, slanciato. elegante. potente. perfetto. Iniziate. Le vostre mani sulla sua pelle. calore. calore contro calore. Salire dalle cosce al ventre e al torace e ridiscendere è piacere di continunità e grazia e armonia.

siete in piedi al suo fianco, in alto, rispetto a quel corpo. Ne osservate ogni particolare. La testa reclinata. Gli occhi chiusi. Come se il vostro tocco l'avesse addormentato. Lo fate girare sulla schiena. se il sedere era un trionfo di solidità e armonia, il davanti un cesto di frutta matura, profumata, pronta al morso e all'assaggio.

Le vostre mani salgono e scendono. entrano e escono. Sollevano o scostano. Le vostre dita sottili spalmano creme e olii in ogni più piccola piega.

Continuate? Smettete? Vi fate più audaci? Nessuno saprà. solo il vostro giudizio. solo il suo giudizio. Soli. Voi due. Voi e quel corpo stupendo. solleva la testa. poi torna supino. Raccogliete altra crema e continuate. Sollevate e scostate. Ritmicamente. Si sveglia. Vi guarda con sorpresa. Uomo o donna. Chi preferite. Vi guarda con stupore. Quel corpo che sembrava dormire rilassato dalle vostre mani e tra le vostre mani adesso è vivo, si muove, trema.

Continuate? Smettete? Nessuno saprà. solo il vostro giudizio. solo il suo giudizio. Soli. Voi due. Voi e quel corpo stupendo.

Gheisha per un giorno, una notte. Solo per chi volete. Solo per il vostro e nostro piacere.

 
 
 

domanda

Post n°452 pubblicato il 26 Maggio 2015 da estremalatitudine

domanda ai miei lettori e lettrici: qui non ci sono immagini. è una scelta per non depotenziare le parole. siete d'accordo? ciao

 
 
 

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Post n°451 pubblicato il 26 Maggio 2015 da estremalatitudine

I patti erano stati chiari. solo un pompino. niente altro. Se quello di cui lui si vantava era vero, allora lei gli avrebbe fatto un pompino, lungo tanto quanto lui avrebbe saputo resistere, ma solo uno, senza vederla mentre lo faceva.

lui aveva riso ed era abbastanza sicuro che poi al dunque tutto sarebbe stato normale, ma lei, lei era stata irremovibile. "solo perché è due ore che mi secchi" gli aveva detto.

Alla fine ovvio aveva accettato. 

Erano andati in camera e lui si era spogliato. era come si era vantato tutta sera. aveva un cazzo grosso e scuro con una cappella ancora più grande.

Lei era andata un attimo in bagno ed era ritornata con una benda nera spessa che con cura legò sugli occhi di lui. Poi lo fece sedere. Il cazzo svettava tra le cosce da atleta.

Lei gli sedette un poco più in là. Si chinò ed iniziò. poi smise. Non era comoda. Cercò la posizione più comoda. Gli chiese di alzarsi. Lui lo fece. Lei lo condusse vicino al divano e poi gli si sedetta davanti. Il cazzo era un po' troppo alto.

Si guardò intorno. Il letto era una specie di letto alla medioevale, molto alto. Allora lei, prendendolo per il coso, lo portò a bordo del letto, dove lei si sdaiò. Era perfetto. Prese a leccarlo e baciarlo, tenendolo con la sinistra, mentre con la destra sollecò la gonna e prese a carezzarsi il clitoride. Era un sogno di quando era ragazzina. Giocare col la lingua sulla cappella di un uomo mentre lei si toccava. E quella era davvero una signora cappella.

aprendo la bocca e mangiandolo tutto pensò a cosa doveva voler dire avere un cazzo così tra le cosce. se quello non fosse stato così insistente e stupido!

glielo mangiò e leccò su e giù, su e giù, dalle palle alla cappella più volte e tenendo la lingua dritta e dura gli solleticò il prepuzio, poi gli baciò a bocca aperta il glande e poi di nuove lo prese tutto in bocca assaporandolo con calma e infinito piacere. Intanto le sue dita le procuravano fitte sottili tra le cosce e un paio di volte fu lì lì per venire e dovette smettere di corsa.

quando iniziò a sentirlo tremare riprese anche lei a toccarsi con decisione e riuscì a venire insieme a lui, che libero le riempì la bocca e il palmo della mano sinistra.

Lei si rialzò, gli intimò di non muoversi ancora, andò in bagno, si lavò le mani e il viso e sempre ordinandogli di stare fermo sparì. L'ultima immagine nei suoi occhi fu quella tenera del suo corpo nudo col grosso cazzo finalmente dormiente.

 

 
 
 

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Post n°450 pubblicato il 26 Maggio 2015 da estremalatitudine

dai racconti delle amiche c'è un momento nel quale la donna che ha iniziato una avventura con un nuovo amante si tranquillizza o si agita o si deprime. Per la verità, mi correggono, ce ne sono molti. Sarà educato come sembra? Sarà spiritoso come sembra? E poi ancora, avrà gusti normali? non sarà mica un maniaco? ah, no, scusate, queste sono domande che vengono dopo, nel durante, quando si ha già iniziato e l'antipasto è stato servito e si inizia a mangiare il primo e qualche secondo.

Quel momento, il momento della verità, quello che può far virare quella che fin lì era una bella serata in una rapida fuga è il momento in cui lui si spoglia e scopre per così dire le carte. Molte non sanno aspettare e indagano prima, ancora da vestiti, oppure cercano di estrarre l'attrezzo dalla sua sede abbassando la zip, come da ragazzine, quando non c'era tempo e modo di spogliarsi, mettersi comodi e, tra l'altro, guardarsi per bene.

Lì è il momento. Normale. Bene. Ben dotato, meglio. Sotto dotato, fuga. Lì la donna si tranquillizza o si agita definitivamente. Ma quando tutto va come dovrebbe sempre andare e le carezze  e la vista e il tatto libero da vincoli e lacci e laccioli confermano alla signora che la scelta è stata fortunata e il signore, che dio l'abbia in gloria, ha davvero ciò che serve ad una signora, ecco, lì comincia la festa. Lei si rilassa e la sua passera con lei. Così iniziano i preparativi veri per accogliere come si deve il suo nuovo padrone.

 
 
 

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Post n°449 pubblicato il 25 Maggio 2015 da estremalatitudine

Lei era bella ed elegante. Lui un truzzo come pochi. Però aveva uno sguardo magnetico e una sensualità nel muoversi che l'avevano colpita fin dalla prima volta.

Era iniziata che lei e suo marito erano arrivati e la società aveva mandato loro una macchina. L'autista era lui., il truzzo. Suo padre faceva l'autista. Quanti anni e quanti sforzi per togliersi quella cadenza e quello strano odore di benzina che lui, il padre, riportava sempre in casa, quando rientrava la sera.

Poi le scuole, l'università con le borse di studio, la laurea e suo marito, carino, colto, di buona famiglia, odore di pulito, in cucina spesso leggerissimamente burro, nelle camere lavanda e le sue mani curate, sempre profumate e lui, il marito, che la voleva, la voleva, la voleva.

Così era stato e lei, lei era orgogliosa della loro casa, dei figli, della donna di servizio, che ci aveva messo anni a trovarne una decente, del terrazzo, dei fiori, di quelle amiche stupidotte, nate ricche, che non sapevano neanche cosa stavano facendo. Era serena e orgogliosa.

Poi quel viaggio a vedere la loro nuova casa di campagna e quel tizio, quello stronzo che le apre lo sportello e si inchina elegante. Lo sguardo. Il gesto dell'aprirle la porta della macchina. Il leggero inchino e il sorriso, il sorriso che voleva dire, senza dubbio, senza dubbio, io le donne le conosco.

Ed era vero. Caspita se era vero. Le conosceva eccome. Di lei ormai sapeva tutto, conosceva ogni piega, ogni rilievo, ogni ruga della sua pelle, del suo corpo e quando facevano l'amore sembrava che lui la suonasse, che le sue dita su di lei accendessero luci, lampadine, suoni e lei, lei sospirava e godeva, godeva, godeva come forse non aveva mai fatto prima.

Eppure ogni volta, ogni volta che lui entrava nella stanza che lei aveva affittato, prima di spogliarsi, prima, ché poi da nudo il suo corpo era perfetto, perfetto, ecco prima che tutto iniziasse e lei, lei lo guardava entrare elegante e sinuoso e gli osservava i pantaloni e le scarpe e la camicia e quell'orecchino orribile che lei per prima cosa gli faceva togliere, ecco lei ogni volta, ogni volta si chiedeva come aveva fatto, come aveva fatto a cascarci, a cadere tra quelle braccia che adesso erano ricoperte da un giubbotto di pelle nera secca e dura. Orribile.

"Spogliati, ti prego." diceva lei ogni volta, seduta comodamente sull'immancabile poltrona delle suite che affittava. "Lo sai che così non ti posso vedere"

Lui si spogliava e completamente nudo si presentava a lei che ancora seduta e vestita si sentiva poggiare una mano sulla testa nel chiaro invito di un pompino.

Grazie a dio lui era sempre pronto e, in quelle attese, anche lei.

 
 
 

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Post n°448 pubblicato il 25 Maggio 2015 da estremalatitudine

le due amiche rimaste sole col tizio decisero che la serata era appena iniziata e che se lui era la metà di quello di cui si vantava quella sera poteva diventare memorabile.

così lo provocarono chiedendogli di scarozzarle nella discoteca più bella della zona.

"ma voi cosa mi date in cambio?"

risate. ammiccamenti. se era solo la metà di quello di cui si era vantato dargliela era l'ultimo dei problemi, pensarono entrambe.

via con la coupè rossa fiammante. I loro lunghi capelli volavano e le risa si perdevano nella valle scura che stavano percorrendo.

La discoteca era bellissima e stracolma. Ballarono stretti tutti insieme. I corpi strusciavano per necessità. "Offrici da bere" gli chiesero. E lui sparì tornando dopo poco con tre vodka ghiacciate e una bottiglietta d'acqua. Dopo le vodke tutte e tre si passarono la bottigletta. Lui ridendo ficcò la lingua dentro al collo della bottiglia. Ma deve essere così volgare per forza? chiese una all'altra, ma l'altra abbracciandola e ridendo le disse di rilassarsi che tutto andava bene.

Alla terza vodka erano rilassate sul serio. Ballavano ondeggiando e scontrando di continuo ragazzi e ragazze che le guardavano in cagnesco e loro, loro si scusavano con dei sorrisi che spesso finivano ancora una volta in risate.

Alle quattro del mattino una delle due tirò l'altra dicendo che si era stufata.

Uscirono e ripresero la macchina. "dove si va?" chiese lui. "in albergo" rispose una delle due, mentre l'altra sembrava dormicchiare.

Arrivati le ragazze scesero e lui rimase appoggiato alla macchina. Una alla volta le amiche passarono da lui e lo baciarono profondamente. Le mani di lui ogni volta carezzarono i loro sederi.

"Finito?"

"In albergo amore mio non ti fanno entrare. Se hai coraggio la finestra del nostro bagno e la scogliera sono vicine. Sarà un metro. Se salti dentro di lì....."

Quella proposta fu adrenalina nelle vene di tutte e tre. Anche l'amica mezza addormentata si svegliò completamente. "ma sei pazza?" chiese alla amica appena rimaste sole.

"io una scopata me la farei per finire la serata. tu no?"

"con quello lì?!?"

"oh, senti: aveva detto che ci avrebbe portato nella disco più bella e in effetti era stupenda. ci ha pagato da bere. è simpatico. bello. dice che scopa come un mandrillo. Di innamorarsi neanche il più lontano pericolo... che vuoi di più?"

"a me sembra un maiale!"

"meglio no, per quello che deve fare!"

si guardarono e salendo le scale si tennero per mano. Poi prima di aprire la porta la dubbiosa disse: "ok, va bene. però lo facciamo insieme. non ti lascio da sola con quello. e poi se no, che faccio dormo nella vasca?"

si guardarono e si misero a ridere all'idea di lei nella vasca, mentre l'altra nel letto scopava.

Aperta la porta lui era già dentro.

Le amiche si guardarono ancora una volta e poi gli andarono incontro abbracciandolo in mezzo a loro.

 
 
 

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Post n°447 pubblicato il 21 Maggio 2015 da estremalatitudine

Suo marito ce lo aveva piccolo. Da fidanzati ne aveva avuto il sospetto, ma si sa l'amore travolge ogni cosa. Anzi col tempo si era convinta che in fin dei conti, sì, dai, non era enorme, ma era giusto, giusto per lei. E poi lui, suo marito, era adorabile e anche adesso dopo tutti quegli anni era ancora innamorato e la riempiva di attenzioni e l'aiutava in casa e con i figli era stupendo, ma...  fatto sta che ce l'aveva piccolo.

Non che quando scopavano lei non raggiungesse l'orgasmo, anche se, a dir la verità, il desiderio con gli anni era calato e non poco, ma tutto sommato quelle rare volte quando lo facevano era ancora più che soddisfacente, ma..... ce l'aveva piccolo. non c'erano dubbi.

Mannaggia ad internet si diceva e a quando aveva dato una occhiata, per sbaglio, ad altri uomini. oddio, c'era già stata quella volta che quegli strani amici li avevano coinvolti nel vedere un film porno una sera. ricordava le risate e l'imbarazzo reciproco. Anche lì si era meravigliata della virilità di quegli attori, ma, si sa, sono attori, non gente normale.

Adesso, invece, su internet una sera si era incuriosita e aveva fatto un giro e al di là delle schifezze varie che le era toccato vedere non c'era dubbio che la media degli uomini, attori, ma anche sconosciuti, era decisamente, ma decisamente più dotati di suo marito.

Questa certezza le aveva procurato un dolore lontano, come un senso di inutilità, di spreco, di tristezza.

Poi un giorno un tizio in ufficio prese a corteggiarla. All'inizio non ci aveva fatto caso. Le colleghe la prendevano in giro, ma lei non ci credeva. Si sbagliavano sicuramente. Quel tizio forse era addirittura più giovane di lei e lei, sì, certo, era una bella donna, ma talmente seria, che in vita sua solo un paio di volte qualche matto ci aveva provato fraintendo una sua parola o sguardo. Col passare dei giorni e delle settimane dovette convincersene. Quel tizio la corteggiava proprio. Non particolarmente insistente, ma certo quelle attenzioni non erano casuali. Ne fu lusingata. Le amiche le dicevano che non c'era niente di meglio per tirarsi su di un bel corteggiatore. Avevano ragione. Solo a sentirlo parlare, a vederlo, quando arrivava puntuale a trovarla e le si sedeva di fronte con le scuse più assurde, ecco solo a vederlo lei si sentiva meglio, allegra, più contenta.

Dopo un mese la invitò per un aperitivo. Lei sulle prime rispose picche, ma poi accettò. Sto già tradendo? Lo dico a casa? No. Non stava facendo niente di male e non lo avrebbe detto a casa. Aveva diritto ad una vita propria, no?

L'aperitivo fu estremamente piacevole e lui, al solito, galante, educato, simpatico e divertente. Se ne stava invaghendo?

Fatto sta che alla lunga finirono a letto. Lei quando lui si spogliò non smetteva di guardarlo. Solo a guardarlo si ritrovò completamente bagnata. Finalmente, diceva una voce. Finalmente. Lui, nel prenderla, le sussurrò che l'aveva cercata così tanto proprio perché sembrava inarrivabile. Una moglie devota. A sentire la parola moglie invece di bloccarsi lei sentì un brivido dietro la schiena. Un brivido forte. Lui se ne accorse e ripetè ancora e ancora: una moglie devota, una moglie devota, una moglie devota e lei a quelle parole rispose gridando sì, sì, sì, sisìsì.

Quella storia durò un pezzo. Poi lui si stancò della moglie devota e lei per un po' ne pianse in segreto. Non era tipa da passare da un letto all'altro, ma certo che quando una si ritrova con un marito col cazzo così piccolo....

 

 
 
 

corto 110 - rivisto

Post n°446 pubblicato il 21 Maggio 2015 da estremalatitudine

La signora lasciò la porta aperta. Già questo per lei era un brivido. Da quando era rimasta sola la sera chiudeva la porta con tutte le mandate posssibili. Prima a farlo era suo marito, ma da quando lui, quello stronzo, una sera aveva cercato di entrarle in casa ubriaco per fare la pace, lei, lei aveva cambiato tutte le serrature e la sera si chiudeva dentro per bene.

Lasciò la porta aperta e andò in camera da letto. Guardò l'orologio. Giusto. Avrebbe dovuto arrivare tra poco. Gli accordi erano quelli. Dieci minuti tra le 10 e le 10 e dieci. Poi si sarebbe chiusa dentro di nuovo.

Ma lui aveva giurato che sarebbe stato puntuale. La puntualità era essenziale per lei. Odiava quei cazzoni che arrivavano sempre in ritardo inventandosi ogni volta una scusa nuova.

In camera si preparò e si sedette sul letto. Solo la lampadina sul comodino. Di là la luce del corridoio. Basta solo quelle.

Sentì la porta che si apriva e subito dopo le mandate che la richiudevano. Glielo aveva chiesto lei. Con quel che avevano in testa ci mancava qualche balordo o quella testa di cazzo del suo ex marito.

Velocemente si spogliò e spense la luce su comodino. Si sdraiò e attese.

All'inizio i passi furono pesanti. Lo aveva immaginato alto e grosso e quindi dei passi pesanti ci stavano. Pochi passi. Poi niente. Nessun rumore. Cosa faceva? S'era tolto le scarpe evidentemente e evidentemente stava camminando in punta di piedi. Il legno del aprquet attutiva tutto. C'era da impazzire. Istintivamente allungò la mano verso il comodino dove aveva messo un grosso coltello da cucina. Il più grosso. Il manico liscio invece di tranquillizzarla la agitò di più.

Una mano si posò sul letto e cercò le sue gambe. La sorpresa fu così forte che non riuscì a non gridare. Lui le sibilò un ssss, sono io, Estrema. Lei lasciò il coltello. Era lui. L'adrenalina scese improvvisa e il suo corpo, i suoi muscoli immediatamente furono come svuotati. Abbandonata a se stessa. Rilassata. Sfibrata?

S'erano conosciuti in rete e in rete avevano architettato quella cosa. Le fantasie reciproche collimavano. Lei farsi prendere da uno sconosciuto nel buio più completo. Lui conquistare una donna con parole, carezze e baci. Le parole erano state su internet. Adesso mancavano i baci e le carezze.

Infatti.

La sua bocca e le sue mani cominciarono. Esattamente come aveva immaginato. Calde e lisce, secche, anche la bocca, anche la bocca e la lingua, la lingua ruvida come quella di un gatto. Poi si sciolse e la sua bocca con lei.

Quando fu pronta, quando lui si rese conto che i suoi sospiri chiedevano oltre, lui, lui le si avvicinò al buio. Sentì la sua coscia vicino al seno. Allungò una mano e lo prese. Prenderlo, afferrarlo era sempre una emozione. Non c'era cosa più sexi di prenderlo in mano. Un bel bastone. Grosso. Doveva essere grosso, certo, se no era solo schifezza. E quello lo era. Lo era. Lo era. Non aveva mentito. Lei glielo aveva chiesto in chat e lui aveva risposto senza dare misure. Solo ben dotato. Ben dotato. Cazzo, se lo era. Non le aveva mentito. In niente. Poteva fidarsi. Di uno così ci si poteva fidare. Forse. Sì. Decisamente sì, si disse, mentre glielo massaggiava, scapellandolo e ricoprendolo. Poi si avvicinò con le labbra. Mai assaggiato un cazzo completamente al buio. Bellissimo, si disse. E lui, lui si lasciò fare, per un po', per un bel po', fino a quando non si sfilò dai suoi baci e la prese con forza.

Il mattino dopo al risveglio, trovandosi sola nel letto per un attimo si chiese se avesse sognato. Era nuda. Completamente. Non era un sogno. Lei non dormiva mai nuda. Si carezzò e trovò conferme. Non era stato un sogno. Sul comodino un biglietto da visita e un numero di cellulare. Marco, si chiamava. Non Estrema, come sulla rete.

Marco, bello, no?

Si alzò di scatto e andò a chiudere la porta a doppia mandata. Mai più? Non lo avrebbe più rivisto come si era prefissata all'inizio? Fece colazione, abbondante, giocarellando con il biglietto da visita. Se lo rigirava tra le mani e le sembrava che in qualche modo lui fosse ancora lì. Almeno adesso sapeva più o meno quanto era alto e grosso e che voce avesse. Un puzzle. Uno di quei giochi nei quali le informazioni ti vengono date un po' per volta. Voleva giocare ancora? Non ne aveva avuto abbastanza? Sospirando, si alzò per andarsi a lavare e vestire. Poi, quando uscì per andare al lavoro, il biglietto finì sul tavolo in sala insieme ad altri pezzi di carta.

 

ps: ho usato il mio nick per questo racconto (è la prima volta) per non tirare in ballo involontariamente altri sconosciuti internauti. Il racconto nasce da una fantasia confessatami da una amica.

 

 
 
 

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Qui ci sono storie di sesso. Non necessariamente tutte eccitanti, ma a volte sì. Non necessariamente tutte esplicite, ma a volte sì.

Qui non c'è vita vera, ma solo letteratura, ovvero vita attraverso la tastiera.

Se non vi va di leggere di questi argomenti, lasciate stare.

Se vi interessano, spero di riuscire ad essere all'altezza delle vostre attese.

 

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