Creato da Paracarroemigrato il 22/02/2007

L'inferno del Nord

Storie di un ciclista agonista italiano nel cuore delle Fiandre

 

Dworp 15/03/2008

Post n°29 pubblicato il 17 Marzo 2008 da Paracarroemigrato
Foto di Paracarroemigrato

Ovviamente dopo l’influenza è arrivato anche un bel raffreddore. Fino a giovedì ero decisamente mal preso. Forze zero o poco più e sembrava che tutto fosse di nuovo andato a ramengo. Venerdì però ho fatto una piccola uscita per capire come stavo e le forze sembravano essere ritornate… almeno in parte. Una piccola parte. Così sabato sono andato a correre. Dove? A Dworp dove avevo già corso l’anno scorso e l’anno prima. E’ un bel percorso con una salitella di 600 metri seguito da un fastidioso falsopiano.

Finalmente c’è il sole, o qualcosa che gli somiglia, e posso correre imbacuccarmi come Babbo Natale. Come immaginavo siamo in un buon numero alla partenza e tra noi ci sono diversi elite della Vallonia o simili.  Direi che in tutto siamo una settantina.  Ma le strade sono molto larghe e belle per cui non ci sarà il minimo problema. Proprio dopo pochi metri dal via scappano in 4 e prendono un po’ di margine ma non sono molto preoccupato e più che altro sono impegnato a fare un po’ lo scemo.  Scatto un po’ di volte nel tentativo più che altro di vedere come sto.  Mi sento meglio, ma sono imballato. Appena arrivo a 180 pulsazioni per minuto non riesco ad andare oltre e mi sembra di morire.  Prima della brutta influenza arrivavo a oltre 190. Avevo già notato questa cosa e sarà difficile ritornare a posto.

Alla seconda ascesa soffro un po’ troppo… l’hanno fatta forte e il successivo falsopiano è stata una bella coltellata nelle gambe.  Però ho ancora un po’ di margine e la cosa mi lascia soddisfatto, al punto tale da provare ancora e ripetutamente l’attacco nella successiva ampia e facile discesa.

Terzo giro e succede quello che non mi aspetto. Strappata notevole nel tratto più duro e mi trovo alle prese con un buco lasciatomi dal corridore davanti a me. A 20 metri ho 6 corridori e poi io che faccio la cavolata di provare a chiudere invece di girarmi e guardare che il gruppo è sbrindellato e lasciare quest’incombenza ai corridori che sono rimasti alla mia ruota. Così uno dopo l’altro, alla spicciolata, vengo saltato e “fatto fuori”. Sono a corto di fiato e non c’è verso di riprendermi. Ho bisogno della discesa. Appena arrivati alla tanto sospirata discesa il buco non è ancora grande, cento metri al massimo, ma davanti sono in 11 e forti mentre e noi solo in 5. Mi riprendo e tiro al massimo ma la cooperazione è scarsa e piano piano il divario si allarga. Ritornati alla salita rimango solo all’inseguimento ma presto mi rendo conto che sto solo facendo fatica inutile e mi rialzo. Poco dopo il gruppo rientra su di noi e letteralmente ci fermiamo. Bye bye corsa. Nel frattempo in uno dei lunghi rettilinei ho notato che i due gruppetti si sono inglobati e così a condurre la corsa ci sono 15 corridori.

Trascorro gli ultimi due giri nella pancia del gruppo senza tirare più un metro con l’idea di fare qualcosa negli ultimi chilometri per cercare almeno un piazzamento. Arrivati in cima alla salita con il gruppo in fila indiana, butto il massimo rapporto e provo l’impossibile.  Con fatica prendo qualche metro e presto vengo raggiunto da un bel bestione. Testa bassa e a tutta fino all’arrivo. Mamma mia quanto schiaccia questo qui! Faccio una fatica boia a dargli i cambi, ma non voglio saltarli. Se rallentiamo un solo secondo il gruppo ci piomba addosso. In fondo alla discesa c’è ancora uno strappetto da superare e due km di pianura controvento.  Il gruppo è in fila dietro di noi ma forse ce la facciamo. Arrivati all’ultimo km il mio “collega” non tira più perché vuole fare la volata. A me non frega molto, intanto non ci giochiamo nulla, però voglio arrivare per una questione di morale. Agli ultimi 300 metri è chiaro che non ci raggiungeranno e posso anche rialzarmi a riprendere fiato finendo 17° con un leggero anticipo davanti al gruppo.

Che dire… soddisfatto non lo sono di certo.  Ma cosa posso fare?  Posso solo pazientare e continuare ad allenarmi nella speranza di tempi migliori.

Nella foto c’è il mio nuovo mezzo. Prima o poi farò delle foto migliori, magari quando ci sarà il sole… a giugno!

 
 
 

Peizegem 08/03/2008 e Essene 09/03/2008

Post n°28 pubblicato il 10 Marzo 2008 da Paracarroemigrato

Come accennato in un mio precedente messaggio… me la sono cercata.  Ho detto a mari e monti che tutta la preparazione è filata liscia e, ovviamente, da buon Fantozzi quale sono è arrivata la punizione.  Esattamente sabato 23 febbraio, dunque 8 giorni prima dell’ipotetico esordio, dopo l’abituale allenamento, arrivo a casa con una brutta sensazione. I brividi e le “ossa rotte” mi danno la certezza che la febbre sta arrivando.  La sera ho la febbre.  Febbre, che poi essere accertata come influenza, che è perdurata addirittura fino al venerdì successivo.  Per 3 giorni consecutivi non ho chiuso occhio per la tosse e il mal di gola.  Un inferno, la peggiore influenza mai avuta.  Quando sono ritornato in sella mi sembrava di essere ritornato al primo giorno di allenamento.  Mi dicevo: “dai è normale… tra poco torni di nuovo in ordine”. Invece niente da fare.  Una seconda settimana con la tosse ad accompagnarmi ma soprattutto un’incredibile e persistente fiacchezza generale.  Con questo desolante scenario decido di andare ugualmente a correre questo sabato. 

Armato di bici nuovissima… un bolide da meno di 7 chili mi presento a Peizegem. Il percorso è pressoché pianeggiante ma ricco di stradine larghe il giusto per farci passare un trattore.  Quello che mi preoccupano sono le condizioni meteo: freddino, nuvoloso ma con soprattutto un vento bestiale.  Prevedo una gara difficile per tutti, con questa condizione è proprio quello che mi serviva… yuppi!!!

Alla partenza siamo in parecchi, direi una settantina e tutti i più forti sembrano essere presenti.  Via… si parte.

Arriviamo al primo tratto con vento laterale e la fuga va. Preso da un attacco di caparbietà provo a entrare ma rimango solo a metà strada facendo una fatica bestiale. Niente da fare, meglio farsi risucchiare dal gruppo e cercare di sopravvivere.

Sopravvivere… mica facile!  Siamo sempre in fila indiana, non c’è un momento di rilassamento. Nei tratti con vento laterale devo cercare di farmi trovare nei primi 5-7 posizioni sennò è la morte.  Ma il vero dramma sono due dannati rettilinei con il vento nel sedere.  Ogni volta che arriviamo in quei punti inizio a sputare sangue: curva secca a destra e via sui pedali a tutta fino a sfiorare i 60 km/h con il 53x12 ingranato. Sempre così… sempre più difficile ogni giro che passa.

Comunque tengo benone la posizione e i 6 in fuga viaggiano con 30-40 secondi di vantaggio mentre noi dietro a ogni giro che passa siamo sempre di meno.  Dopo ogni trenata perdiamo un vagone, incredibile.

In questi casi la cosa migliore è tirare il più possibile per evitare di farsi risucchiare indietro nel gruppo e rischiare di rimanere tagliati fuori nei ventagli.  Purtroppo la gamba non è al massimo, ma cerco di arrangiarmi come posso. In certi casi l’esperienza aiuta parecchio, almeno questo!

Negli ultimi 3 giri il “gruppo”, se vogliamo chiamarlo così conta solo 16 unità… e incredibilmente ci sono dentro.  Ma all’ultimo giro purtroppo la benzina finisce e non riesco a combattere per una posizione dignitosa e così chiudo tagliando il traguardo come 22°, penultimo del gruppetto. Meglio di così non potevo proprio fare.  Fino a che viaggio all’80-90% mi sento ancora decentemente bene… ma l’ultimo 10% è un vero dramma.  Speriamo che con il tempo le cose migliorino.

 

Sorpresa. Oggi è domenica e grazie alla pazienza della mia ragazza mi ripresento al via di una gara.  La gara, a Essene, l’ho corsa anche l’anno scorso e volavo.  Purtroppo oggi sarà diverso.  Era un percorso stranissimo pieno di curve, pavé e sali e scendi e ricordo di aver pensato: “divertente, però non oso pensare potrebbero essere queste strade in caso di pioggia!” Oggi avrò la risposta: piove, c’è vento forte e fa un freddo cane!

Nel giro di ricognizione rischio un paio di volte di cadere nel tratto in discesa sul pavé.  Mi è venuta paura e ho iniziato a tirare i freni e per poco non mi ritrovo la bici per cappello.  Lezione numero uno: qualsiasi cosa accada, NON frenare mai!

Parto con un po’ di terrore ma le condizioni sono uguali per tutti.  Oggi non tutti se la sono sentita di prendere il via e siamo decisamente in meno di ieri. 

Dopo due giri siamo ancora in meno.  Mi sento meglio e partecipo attivamente alla corsa e agli attacchi.  Ma non si possono fare i miracoli e quando a metà gara la fuga decisiva va via non riesco a entrarci. Un po’ per disattenzione ma soprattutto per fiato corto, inutile nasconderlo.

La seconda metà va meglio e provo continuamente a evadere dal gruppo per un piazzamento.  A ogni salitella o dopo ogni curva provo l’allungo. Ma niente da fare. Come detto non riesco a dare la botta buona e vengo sempre ripreso. 

Allo sprint le gambe sono letteralmente finite e chiudo con un principio di crampi al quadricipite... 15° posto finale.  Meglio di ieri, ma sempre non soddisfacente.

 

Quello che mi stupisce ogni volta che prendo parte a questi circuiti è il livello di devastazione che raggiungo.  Se non sei al 100% ti tritano e ritritano fino a che non sei buono per la pappetta del gatto.  Non c’è modo di rifiatare, sembra una corsa di ciclocross… solo che il ciclocross ha come limite massimo un’ora. Qui si fa mezz’ora o tre quarti d’ora in più, che sono quelli decisivi, tra l’altro.

Sabato prossimo rivado a correre a Dworp (per la terza volta) e ci sarà un strappo secco piuttosto lungo da fare 6 volte.  Speriamo di stare un po’ meglio.   

 
 
 

Riapertura

Post n°27 pubblicato il 15 Febbraio 2008 da Paracarroemigrato

Benritrovati! La stagione agonistica 2008 è alle porte e allora mi sembra opportuno riaprire il blog. So perfettamente che in Italia i più scalmanati hanno già diverse corse nelle gambe, ma da queste parti non se ne parla fino al primo week-end di marzo. E’ sempre stato così e sempre lo sarà.

Ormai mancano due settimane, ma come è andata la mia preparazione? Direi bene, anzi benissimo per il momento. Ho fatto tutto il possibile per arrivare al meglio e con una buona dose di fortuna sono riuscito a seguire perfettamente i piani. 

Dopo 4 settimane di stacco totale dopo l’ultima corsa, lo schema prevedeva di iniziare a pedalare con calma e solo quando ne avevo voglia fino all’ultima settimana di novembre. Così è stato, ho montato il muletto con le Powercranks (per chi non sapesse cosa sono questi aggeggi infernali guardi www.powercranks.com e si faccia una buona overdose di teorie alternative di allenamento) e via.

Il 25 novembre era la data prefissata sul calendario per il nuovo inizio.  4 settimane di fondo lento con pochissime e blande variazioni di ritmo che mi hanno portato a costruire una buona base.  Nel periodo natalizio sono tornato a Genova per dieci giorni. Clima ottimo e tanta voglia mi hanno permesso di buttare altri preziosi chilometri nel paniere conditi da tantissima salita.

Ritornato in Belgio ero pronto per 4 settimane improntate sul miglioramento della forza. Un punto dolente.  Esercizi nuovi e molto faticosi tre volte la settimana. Al tempo stesso anche i chilometri giornalieri hanno subito un leggero incremento.  Ero un po’ timoroso prima di iniziare questo macrociclo di allenamenti perché temevo in un infortunio. Con questo tipo di esercizi una tendinite è sempre dietro l’angolo.  Ma tutto è filato nel verso giusto.  In questo periodo il sabato e la domenica ho iniziato a confrontarmi con gli altri durante il classico allenamento/corsa del week-end.  Il ritmo è quasi da gara e la partecipazione è di altissimo livello.  Le sensazioni erano ottime e nonostante il persistente e affaticante uso delle Powercranks (non ho ancora pedalato un solo chilometro con le pedivelle tradizionali) sono riuscito a reggere il passo di qualche professionista della zona.  Due sabati fa mi sono trovato in fuga con: Jurgen Van Goolen (CSC), Bjorne Leukemans (da un mese sotto squalifica, ex-Lotto, Geert Omloop (ex-Campione del Belgio su strada), Bruylants (terzo a un Fiandre prima di essere squalificato praticamente in eterno per doping) e un paio di altri pro minori.  Ero al gancio, ma c’ero.

Da un paio di settimane sono nella fase di velocizzazione. E qui la cosa si sta facendo seria. Il martedì e il giovedì arrivo a casa devastato. Allenamenti non lunghi ma ricchi di cambi di ritmo svolti al massimo delle mie possibilità. Durante le ultime ripetute la fatica è così elevata che il pensiero che prima o poi ci possa lasciare le penne è ricorrente!

In tutto, finora ho pedalato per 4300 km. Sono tanti, ma nemmeno tantissimi.  In ogni caso direi “abbondantemente sufficienti”, senza alcun dubbio.  Più o meglio di così proprio non potevo fare.  Sono in pace con me stesso, e non di rado mi trovo a pensare che se questa stagione andrà bene… bene, sennò amen.  Ho fatto tutto al massimo delle mie possibilità e non ho il minimo rimpianto. Questo credo che sia fondamentale.

Cambiando leggermente discorso vi dico che la Corica Puma gialla è andata in prepensionamento (è diventata la bici da cronometro) e a rimpiazzarla a breve dovrebbe arrivarmi la nuova bici che, con l’aiuto della mia squadra (sempre e solo il Cyberg Team di Prato), ho acquistato.

Il salasso è stato notevole, ma il risultato finale dovrebbe essere di tutto rispetto. Cosa ho preso? Beh, aspettate ancora un po’ e poi potrete vedere le foto.  Anticipo solo che il telaio è UNICO.  Unico perché fatto su misura e unico perché ha una verniciatura speciale fatta apposta per me. Inutile sottolineare che attendo con impazienza il suo arrivo!

Nel frattempo che dire… il mitico presidente della squadra ci ha nuovamente sorpreso e anche quest’anno ci ha fornito tutto l’inimmaginabile. Sicuramente agli stessi livelli di un team professionistico, o forse qualcosa di più. Da non credere! Inoltre, quest’anno i colori e la grafica sono cambiati e la nuova divisa è veramente accattivante.

E voi? Soddisfatti del vostro “inverno”?

 

 
 
 

Fine delle ostilità

Post n°24 pubblicato il 03 Novembre 2007 da Paracarroemigrato

Nonostante l’ultimo aggiornamento del blog risalga alla Granfondo Velomediane di acqua sotto i ponti ne è passata.  Ho corso un paio di gare tra le quali il Campionato europeo su un bel percorso con buone gambe ma senza molta fortuna e poi la settimana seguente sono partito per l’Italia dove sono rimasto per 9 giorni.  Una piccola vancanza a casa dei miei genitori a Genova... piccola vacanza molto attiva visto che ho partecipato al Giro della Provincia di Savona.  Come è andata? Bah, direi ne bene e ne male.  Ho terminato al nono posto della classifica finale che detta così sembrerebbe un buon risultato ma in tutta onestà peggio non potevo veramente fare.  Le tappe erano tremendamente corte e adatte a chi aveva in corpo grandi sparate.  Non c’era lo spazio fisico per inventarsi qualcosa.  Nelle uniche due tappe leggermente più aperte sono andato abbastanza vicino al colpaccio con un 4° posto nella prima tappa in solitaria evitando la volata del gruppetto dei migliori con cui ero in fuga ma dietro tre corridori che mi hanno anticipato a loro volta negli ultimi 5 km.  Nella terza tappa per poco non ci è scappato il capolavoro ma, come sempre o quasi, le mie azioni rimangono delle “belle incompiute”.  Con il gruppo compatto e dopo una gara velocissima dal sicuro arrivo in volata ai tre km al traguardo ho provato il tutto per tutto sfuggendo al controllo delle tre squadre (tra l’altro le più numerose, direi almeno trenta corridori in tutto!) che hanno fatto di tutto per giocarsi la carta del velocista.  Ho sofferto come un cane e sono stato raggiunto dopo un feroce inseguimento a 800m dalla linea.  Per la conformazione dell’arrivo se fossi riuscito a resistere ancora 400m probabilmente non mi avrebbero più preso.  Ma che ci volete fare, la “sparata” non è mai stato il mio forte e prima di ques’ultimo attacco ci avrò provato almeno una decina di volte.

A fine settembre sono tornato in Belgio dove ho corso le ultime due gare della stagione.  Pochissimo allenamento per due semplici motivi: voglia ZERO e poco tempo a disposizione. In ogni caso la condizione era decente ed ero dell’idea che era inutile affaticarsi in dispendiosi allenamenti.  Così mi sono presentato alle corse con una buona freschezza.  Come è andata? Una marea di complimenti ricevuti da gente che non avevo mai visto (ho corso con un’altra federazione perché le corse erano più vicine) ma ancora un bel NIENTE nella colonna “Risultati”.  Nella prima su un percorso meraviglioso, velocissimo ma ondulato (45km/h di media finale) e con un centinaio di corridori ho corso tatticamente in modo superlativo (cosa veramente strana!!!) ma poco ho potuto fare contro il prepotente ritorno del gruppo e dopo quasi 60km in fuga siamo stati raggiunti negli ultimi 6 km per un volatone generale.  Nell’ultima invece ho sbagliato tutto lo sbagliabile.  Ottime gambe, bel percorso con un lungo tratto in pavé da ripetere ogni giro, ma un ultimo giro corso malissimo mi ha privato della vittoria.  Insieme ad un altro eravamo i due più forti, lui ha vinto ed io ho fatto 14°! Bravo Lorenzo, così si fa.  A mia parziale discolpa, molto parziale, devo dire che nel gruppetto di 8 con cui sono scappato a 10km dalla fine ben in 4 erano d’accordo ed io non avevo intuito nulla.  Quando ho provato a porre rimedio è stato tardi.  Negli ultimi 100 metri ero in quarta posizione quando mi sono rialzato stremato dopo un lunghissimo e disperato sprint sul pavé. Sfortunatamente il gruppo era vicinissimo e nello “slancio al contrario” sono stato saltato anche dai primi del gruppo in volata.  Amen, intanto la posizione che contava era già persa.

Dopo quella corsa sono arrivato a casa, ho messo la bici in soffitta e lì si trova ancora.  Sono trascorse esattamente tre settimane durante le quali ho riposato (per quanto il lavoro lo abbia potuto permettere) nel modo più assoluto.  Adesso piano piano la riprenderò e per altre tre settimane uscirò solo ed esclusivamente se ne avrò voglia.  Ma solo per delle passeggiate.  I veri allenamenti inizieranno poco prima di dicembre.  

Nel prossimo aggiornamento cercherò di postare tutte le foto della stagione e di fare un riepilogo sul suo andamento.   

A presto, ciao!

 

 
 
 

GranFondo Velomediane 1/07/2007

Post n°23 pubblicato il 10 Settembre 2007 da Paracarroemigrato

 

Con un po’ di ritardo ecco l’aggiornamento inerente l’importante GF Criquellion o altresì conosciuta come la “Velomediane”:  172 km durissimi per un dislivello complessivo di 3300 metri.  Inizio dalla fine e rovino la suspance della lettura.  La gara è finita mestamente prima del tempo dopo aver preso la dolorosa decisione di ritirarmi.  Perché?  Beh, non chiedetemi troppo. Leggete e lo scoprirete.  Attenti però, la lunghezza è atroce, degna della corsa.

Sveglia alle 4 del mattino perché nonostante La Roche sia un bellissimo paesino perfettamente incastonato nel cuore delle Ardenne è a più di due ore d’auto da casa mia.  Per un aiuto logistico sono riuscito a ingaggiare mio suocero, meno male perché una mano fa sempre comodo.  Purtroppo il tempo non sembra dei migliori e per buona parte del viaggio ha piovuto a dirotto.  Arriviamo a La Roche e ha appena smesso di piovere, così nonostante le strade ancora intrise d’acqua decido ugualmente di utilizzare le ruote in carbonio ad alto profilo.

Alle 8:30 sono in griglia, la prima griglia.  Meno male, aggiungo, perché al via sono annunciate almeno 2000 persone.  Incontro un mio collega dell’ufficio e scambiamo due chiacchiere nell’attesa che si faccia l’ora X.

Alle 9 lo sparo dato dall’ex campione del mondo Criquellion da il via alle ostilità.  Sono davanti ma un imbuto dovuto ai furbi che cercano in tutti i modi di infilarsi lateralmente fa sì che transiti solo un minuto abbondante dopo lo sparo sul tappetino del cronometraggio.  Temo che dovrò farmi la prima salita a buon passo.

Il percorso come detto è durissimo, prima si fa un un anello di 18 km con due salite e si ritorna a La Roche, poi un anello medio di 60 km circa con altre 8 salite tra cui il famoso “Muro della Velomediane” che a quanto mi hanno raccontato sarà bello tosto.  Ritorneremo nuovamente a La Roche con 76 km nelle gambe per iniziare l’ultimo grande anello di 95 km il quale, tranne una salita durissima subito dopo il paesino della partenza e arrivo, in linea teorica dovrebbe essere un pochino più facile dal punto di vista altimetrico.

La prima salita è 150 metri dopo il via, è larghissima, piuttosto lunga e ha pendenza costante.  Salgo facendo lo slalom tra i partecipanti più lenti.  Assolutamente non devo perdere il treno giusto, anche a costo di qualche sforzo extra.  La cosa la immaginavo più facile, davanti stanno menando già forte e, insieme a una cinquantina di ciclisti, riesco ad accodarmi ai primi solo poco dopo lo scollinamento.

Si viaggia veramente forte, se penso che dovremo fare 172 km mi viene male.  L’asfalto è ancora bagnato e il gruppo è molto nervoso. Spero proprio di non volare per terra.  Intanto ritorniamo a La Roche dove inizia la terza salita.  Una salita abbastanza impegnativa sulla carta: 2,5 km al 7,2% di media che sarà immediatamente seguita da un’altra di un un km e mezzo.  Anche qui il passo è discretamente alto ma mi sento meglio.  Pedalo bene adesso, soprattutto quando vedo parecchia gente staccarsi.  Arrivati in cima iniziano gli scatti e i tentativi di fuga. Sembra una corsa di 50 km in pianura, altro che granfondo!  Pedaliamo costantemente in fila indiana rasentando l’erba ai bordi della strada.  Se non si danno una calmata gli ultimi chilometri saranno un macello.  Mi guardo intorno e vedo che siamo venticinque al massimo, bene.  Sono contento, niente più “gruppo”.  Ma un rallentamento tanto improvviso quanto prolungato fa sì che dopo una quindicina di km rientri un centinaio di unità.  Ecco che il ritmo nuovamente si alza.  Salita e discesa, la pianura non esiste nemmeno a cercarla con il lanternino.  Mi sento bene, guardo le facce degli altri e vedo che molti sono al gancio, ma non mollano.

Dopo 65 km arriviamo al Muro.  Questi posti devi conoscerli ed io non ho la più pallida idea di cosa aspettarmi.  Infatti ci lanciamo lungo una discesa umida a folle velocità.  Sembra una volata, intuisco che l’imbocco della salita sarà stretto e ripido e così tutti vorranno prenderla davanti.  Provo a lottare anch’io anche se l’ho capito un po’ in ritardo.  Infatti, bivio stretto a sinistra, poi a destra, un micro-ponticello e svolta a sinistra su... su una strada per trattori in cemento!  Meno male che ho buttato il 39 per tempo.  Lo sbalzo è tremendo.  I numeri parlavano di 18% e ci sono tutti.  Sono abbastanza davanti, in buona posizione direi però devo evitare quelli che si sono piantati.  Salgo lungo la canaletta di scolo dell’acqua ma le numerose pietrine ogni tanto mi fanno slittare la ruota posteriore.  Ai bordi due file ininterrotte di persone che incitano e urlano.  Sono in piedi con il minimo rapporto disponibile: 39x26.  Faccio fatica, ma una buona fatica. Sto benone e rimonto posizioni. Ecco quella che sembra la cima, finalmente! Sono intorno alla decima posizione, ma rialzo la testa e un altro muro si para davanti a me, no... no, devo rifiatare!  Adesso sono io quello piantato, qualcuno mi salta, non riesco più a stare in piedi e devo andare seduto. Ma con queste pendenze significa perdere terreno. Finisce anche questo secondo pezzo, molto più corto fortunatamente.  Ho perso qualche decina di metri dai primi e voglio chiudere il buco al più presto.  Un tratto in pianura in mezzo al bosco mi inganna e calo il 53. Altro errore, un’altra rampa mi attende.  Mi ripianto nuovamente in più le gambe vanno velocemente in croce.  Adesso la pendenza non è elevata ma ho fatto un pauroso fuori giri e faccio una fatica immensa a tenere le ruote dei ciclisti che sono con me.  Davanti i primi stanno andando sempre più via.

Finalmente arriviamo in discesa dove posso lanciarmi a tutta nella speranza di rientrare.  Rimango solo, spingo a tutta, non devo perderli ora.  Dopo 5 km di su e giù riesco a rientrare ma mi è costato troppo, veramente troppo.  Siamo in 35-40 al massimo.  Appena sono rientrato inizia la tortuosa discesa per il secondo passaggio in La Roche.  Chiudo una lunga fila indiana ed esattamente nel centro del paese, dopo una stretta svolta a destra, inizia quella che è considerata come la più dura salita in Belgio.  A dire il vero è un mix di tre salite e per questo viene chiamata dagli appassionati in fantozziana maniera: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo!  Fare una salita con questo nome non è il massimo se già si hanno le gambe in croce.  Come detto sono in fondo alla fila e non posso fare altro che salire del mio passo.  Butto nuovamente il 26 e cerco di non fare troppa fatica, almeno all’inizio.  Le pendenze sono atroci, non si scende mai sotto il 12/13% con numerose punte oltre il 15% e l’asfalto è pessimo.  Al primo “scollinamento” un grosso orologio segna le 11:02... in un improvviso momento di lucidità riesco a connettere che abbiamo percorso il primi 78 km in due ore, quasi i 40km/h di media su quel percorso e con l’asfalto bagnato, incredibile!!!

Un tratto di trecento metri in discesa mi permette di tirare il fiato, non mi sono strinato sul primo pezzo però di certo non è stata una passeggiata.  Ecco che inizia il secondo pezzo.  Do qualche pedalata più veloce e in modo da entrare nel gruppetto davanti a me.  Bene, adesso va meglio. Pedalo seduto sempre con il 26.  La strada è un lunghissimo rettilineo, largo quanto una macchina e immerso in una fitta boscaglia. Talmente fitta da essere quasi al buio.  Ad un certo punto sento scivolare qualcosa dalla tasca e un tonfo sordo.  Appena capisco cosa è stato sento da dietro una voce urlare: “telefoon!”  No, no, noooo.  Come diavolo ha fatto a cadere il mio cellulare. Lo lascio lì, no non puoi Lorenzo è quello dell’ufficio.  L’ho portato per sicurezza nel caso mi succedesse qualcosa.  Giro la bici, con difficoltà, e torno indietro in discesa.  Raccolgo il telefono e riparto.  Niente di peggio con queste pendenze.  All’inizio cerco di reagire schiaccio con vigore sui pedali, ma subito dopo vengo preso da un po’ di sconforto.  Raggiungo un paio di ciclisti e il gruppetto dove ero posizionato rimane ancora a vista ma a queste velocità tutti sono “a vista”.  La terza salita non l’ho nemmeno vista, per me la seconda e la terza sono state un’unica cosa.  Brevissima discesa e altra salita sulla statale.  Larga e facile da grosso rapporto.  Provo in tutti i modi di rientrare ma niente da fare sto solo facendo una gran fatica e basta.  In cima vengo raggiunto da altri 4 corridori e con loro inizio un nuovo tratto del percorso.

Purtroppo durante la dura tripletta non c’è stato solo il problema cellulare ma c’è stato anche un altro grave problema, probabilmente più grave.  Sono partito con una borraccia sola perché mio suocero sarebbe stato proprio su questa salita con un’altra di riserva da darmi.  Con quella avrei tirato avanti fino al ristoro volante dell’organizzazione posizionato al 120°km.  Prima delle dure salite avevo finito l’acqua nella borraccia che avevo con me e che sarebbe stata rimpiazzata dalla nuova.  Appunto... “sarebbe”.  Di mio suocero nemmeno l’ombra.  Ai bordi c’erano troppe persone e forse non l’ho visto e lui non ha visto me (poi scoprirò che aveva sbagliato percorso).  Ho sete, la borraccia vuota e devo fare ancora 35 km prima di poter arrivare al rifornimento.  Le gambe sono a pezzi e a causa della confusione della corsa non mangio da troppo tempo.

Sale e scende, sale e scende... da incubo.  Alla terza o quarta salita “non ufficiale” lascio il gruppetto dove mi trovavo, devo rialzarmi e rifiatare sennò l’arrivo non lo vedo.  Mangio, non bevo e rallento un po’.  Strano, mi sono allenato duramente sul fondo e adesso che non ho ancora superato i 100km sono già vuoto.  Ho speso troppo, questo è sicuro.  E poi il percorso BISOGNA conoscerlo, è troppo importante quando si fanno gare del genere.  

In cima alla 15esima ascesa vengo raggiunto da un bel gruppetto, saranno una ventina di unità.  Davanti ci saranno 35 corridori da quanto ci viene detto.  Mi piazzo in coda e finalmente un lungo tratto di falsopiano a scendere mi permette di recuperare per bene.  Si va forte ma in scia è quasi piacevole.  Prima di partire avevo memorizzato che anche la 16esima salita sarebbe stata tosta.  Ho paura che questo gruppetto lo perderò abbastanza velocemente! Peccato.

Ecco la salita, stretta, ripida e dall’asfalto schifoso... una costate!  Dopo pochi metri sento che dietro di me due si sono agganciati e sono caduti.  Incredibilmente sto meglio e riesco a tenere il passo, seppure a fatica.  A metà salita un danese davanti a me si arruota e anch’esso vola per terra.  La fatica gioca brutti scherzi.  Tra cadute e stanchezza rimaniamo sempre in meno e in vetta siamo non più di quindici.  Continuo a essere senza acqua.  Il cielo è spesso coperto da spesse nubi e la temperatura è fresca ma quando il sole riesce a superarle fa caldo e senz’acqua è dura.

Subito dopo la salita sento il solito dolore alla pancia che si fa violentemente largo.  Ho con me una pastiglia di Imodium e la ingoio al più presto.  Speriamo che non sia troppo tardi. Adesso andiamo più lentamente, soprattutto in pianura. Altra salita, altra sofferenza ma rimango agganciato. Tra poco ci sarà il rifornimento.  Eccolo, infatti.

In teoria era volante, ma in pratica è solo un ragazzo che fa questo e quando arriva il mio turno rimane senza bottigliette d’acqua.  Così mi fermo e aspetto che ne prenda una dal pacchetto di plastica... altra sosta, mentre gli altri se ne vanno.

Presa, riparto velocemente ma davanti stanno andando troppo forte adesso.  Fortuna che raggiungo una Renault Espace che fa cenno di passare ma io gli urlo di schiacciare il gas.  Incredibilmente mi sta a sentire mi riporta dentro il gruppo a oltre 60km/h giusto in tempo per la prossima salita.  Le gambe vanno forse un pochino meglio. Ancora una salita e ancora qualcuno che si stacca ma riesco sempre a rimanere attaccato, per un pelo ma ci sono.

Ma lungo la discesa poco prima della 19esima ufficiale ascesa ecco che l’intestino si ribella, ancora una volta.  Devo lasciarli andare e procedere a passo d’uomo, devo sopravvivere, la corsa non è più corsa ora.  Appena posso mi fermo per una sosta d’emergenza.  Intanto chiamo mio suocero e gli dico di venirmi incontro perché così non va.  Lungo la diciannovesima salita mi fermo e quando riparto va meglio, ma non abbastanza. Appena oso sforzare un po’ di più sto di nuovo male.  Intanto mi sorpassano continuamente.

Lungo la discesa dopo la 20esima salita ecco la mia auto con mio suocero.  Mi dice che c’è solo una salita poi è tutta discesa fino all’arrivo.  Siamo intorno al 150° km.  Un po’ sono tentato di continuare, ma poi sapendo le sofferenze “extra” a cui andrei incontro lascio perdere e mi ritiro mestamente.   Ancora una volta... tanto allenamento per niente o quasi.  Ma che ci volete fare lo sport è così, s’impara ad accettare le tante sconfitte e al tempo stesso a godere dei rari successi. 

 
 
 

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