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attualità, politica, cultura

 

 
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IL NOSTRO "AMICO" ZIO SAM

Post n°1130 pubblicato il 21 Luglio 2015 da r.capodimonte2009
 

“La Russia rappresenta la maggiore minaccia alla sicurezza nazionale deli Stati Uniti. Il suo comportamento è nientemeno che allarmante!” No, non sono le parole del senatore McCarthy, né quelle del generale Eisenhower, né tanto meno le paranoie di Patton o McArthur, ma l’uscita del generale Joseph Dunford, capo degli Stati Maggiori congiunti Usa, pronunciate dieci giorni fa durante le “provocatorie” manovre riunite della Nato ai confini orientali europei, a cui ha partecipato anche un contingente italiano.

E si sa, quando dal Pentagono suonano “certe trombe”, allora il problema è serio: lo sanno bene gli iraqeni, quando, di punto in bianco furono attaccati dai 100.000 soldati di Bush, nonostante che l’agenzia atomica mondiale, l’IAEA, non avesse trovato nei loro bulker traccia né di bombe atomiche né di bombe chimiche.

E’ dai tempi della frontiera, quando le leggi gli americani se le facevano da soli, eleggendo un ex-galeotto come sceriffo, perché dava più sicurezza, che questa gente ha il grilletto facile; anche se nei secoli hanno tentato di mascherare questa loro ansia di aggredire e conquistare, come afflati etici o spinte democratiche. Non dimentichiamo che la Guerra Civile tra Nord e Sud è stata la più ricolma di morti e feriti di tutte le guerre della storia, prima della Ia Guerra Mondiale!

Recentemente, ed è la prima volta in assoluto che la televisione italiana osa tanto, gli storici, con in testa alcuni professori americani, hanno ribaltato le cause dell’intervento americano nella IIa Guerra Mondiale, che in ogni caso mai era stato attribuito al proditorio attacco di Pearl Harbour, comunicato prima che avvenisse, ma su fuso orario diverso, quando era già avvenuto. In un primo momento era stata individuata una causa tecnica: che per soccorrere l’alleato inglese, non c’era altro modo che attaccare Hitler, il quale, però, con Mussolini e il Tenno, erano legati dal Patto d’Acciaio; e quindi dichiarare guerra alla Germania direttamente era una sfida all’establishment economico, che stava guadagnando miliardi di dollari dalle esportazioni verso Berlino, e quindi si scelse la dichiarazione di guerra al Giappone, approfittando di Pearl Harbour (tant’è che l’Italia fu costretta anche lei a dichiarare la guerra agli Usa!). Oggi gli storici tendono ad incolpare scientemente Roosevelt per la sua discesa in campo, che il popolo americano aborriva: e ne danno l’intera responsabilità allo scontro imperialista (altro che democrazia!) tra le due potenze oceaniche: di cui, una, il Giappone, guarda caso, vincitrice nel ‘14-18, era stata privata a Versailles delle sue legittime aspirazioni in Cina (come promesso proprio da Theodor Roosevelt, poi sbugiardato da Wodrow Wilson), dopo che gli Usa, con il colpo di mano del 1898 si erano tranquillamente intestati il vecchio impero spagnolo, ricolmo di materie prime (le Filippine, petrolio, Cuba, la canna da zucchero); restate, a quel punto, di esclusiva pertinenza inglese, francese e olandese, tre nazioni che obbedivano alla casa Bianca come soldatini di piombo. Per Roosevelt spingere i giapponesi a fare la forzatura fu un gioco da ragazzi: sollevò contro Tokyo tutta una serie di sanzioni ed embarghi (seguito dagli amici “democratici”) che portò il Giappone ad una spanna dal default economico, e alla fame. Intanto, con le sue navi da guerra scendeva ad episodi di grave provocazione, nei confronti della flotta antagonista, badando a che lo Stato maggiore nemico si convincesse che attaccando Pearl Harbour avrebbe risolto il problema. E Yamamoto cadde nel tranello, all’oscuro che Nimitz aveva tenuto in rada solo le vecchie corazzate della Ia Guerra Mondiale, ristrutturate, ma lente come balenottere (quelle nuove erano tutte in fila a San Diego); e neppure una portaerei, il bottino a cui mirava la marina nipponica, uscite per fare dei rilevamenti (sic!). C’è poi l’episodio sconcertante del radar, che era spento poche ore prima dell’attacco, e quando fu acceso prese i bombardieri giapponesi per una squadriglia amica; e quello ancor più incredibile del telegramma di allarme partito dai servizi segreti della Marina, che segnalava l’imminente pericolo per la base, che se ne restò a dormire per due giorni dentro una cassetta, senza la codificazione di “urgente”! Insomma, a ben vedere, quei 5.000 morti di Pearl Harbour furono il prezzo “accettabile” imposto dal presidente del New Deal, per attaccare e poi distruggere l’impero antagonista!

Si giunge così alle Guerre del Golfo e ancor prima all’Afghanistan, alla Bosnia e alla Serbia-Kosovo, che poi sono la punta di quell’iceberg che ha condotto allo squilibrio generalizzato del Medio Oriente, per cui a pagare sono milioni di innocenti, e governi “lecchini” come quello italiano. Anche qui “grandi misteri” si innalzano nei dubbi degli storici, tutti definiti “cospirazionisti”.

Cominciamo dalle guerre balcaniche: la Jugoslavia era la settima potenza industriale del mondo, che vantava un modello sociale, l’autogestione, che causava incubi terrificanti nei neo-liberisti, che già complottavano per l’euro e l’U.E. Grazie alle spinte tedesche in Slovenia e Croazia, a pochi giorni dalla morte di Tito, fu un gioco da ragazzi innestare i soliti odi razziali tra croati, serbi e bosniaci. Sappiamo tutti come finì: con stragi abnormi, bombardamenti a tappeto, rapine da parte americana dei complessi industriali dismessi, omicidi perpetrati contro le armi amiche dall’uranio impoverito.

Proseguiamo con Ground Zero: perché le due torri crollarono in modo talmente anomalo da sembrare “minate”? Chi c’era veramente a bordo dei due apparecchi che vi si schiantarono contro? Che fine hanno fatto i resti del terzo velivolo che si schiantò contro il Pentagono? Non è per caso che Bush e la Cia avessero da capo bisogno dei soliti 5.000 morti per fare la guerra all’Iraq?

E poi, dopo aver brutalmente utilizzato i terroristi jihadisti contro l’invasione sovietica, perché ributtarli a mare, dopo aver “nazionalizzato” l’Iraq sunnita, e dare loro l’aggio di uccidere 500.000 innocenti, prima della nascita dell’Isis, la faccia della stessa medaglia, ma coniata in Siria?

Non è finita: ecco a voi, signori e signore, la vicenda ucraina, dove, un governo democratico, votato da tutti, sia ucraini che filo-russi, viene abbattuto da un colpo di Stato di estrema destra (partito da sempre all’opposizione”, orchestrato direttamente dalla Cia), a cui la Russia, che è da mille anni consorella di Kiev, risponde con l’occupazione della Crimea, sua di fatto e di diritto; e inizia a difendere le sue popolazioni di confine, fatte a pezzi dalle milizie fasciste. Mentre l’Europa, che vive di alta finanza, e ignora ogni risvolto culturale e morale della vicenda, preferisce tacere, per i grandi interessi energetici che la Russia possiede proprio in Ucraina e che, altrimenti, si bloccherebbero, e lascerebbero al gelo le ville dei lobbisti renziani e merkeliani. Improvvisamente il presidente nero, bastonato a sangue in casa propria, da tutta una serie di errori madornali, compreso il crollo verticale delle borse, per migliaia di miliardi di dollari, senza un minimo di irreggimentazione legislativa contro i grandi monopoli della speculazione, ha un sussulto di vanagloria, e decide di “dichiarare guerra” a Mosca, ATTRAVERSO I SUOI SERVI SCIOCCHI, gli europei, che costringe ad elevare sanzioni, che prontamente divengono contro-sanzioni per miliardi di €. Li ha già convinti a bombardare il Califfo “sanguinario”, pur sapendo che sono tutte risorse sprecate, e che quella figura sconcertante gli serve a tenere a bada la Siria e l’Iran: quindi tempo perso, il mondo lo sa, ma fa finta di non sapere!

Obama cade, però, nella sua stessa trappola: non solo le sanzioni rafforzano la domanda interna di beni e servizi, e salvano il rublo (che attualmente è la moneta più forte del mondo!), ma pone le condizioni per la nascita di un blocco antagonista geo-politico, quello dei “brics”, che si dota da subito di una banca internazionale e di un Fondo Monetario concorrente di quello che affama il mondo.

A questo punto ci siamo chiesti cos’altro ci avrebbe fatto vedere lo Zio Sam, padre e padrone dell’Europa vassalla. Voi non ci credereste, se non andando a leggere un recente reportage del New York Times (un giornale che è dalla parte dei Democratici), in cui viene rivelato che in Ucraina, anche grazie alle forniture belliche europee e americane, accanto alle brigare fasciste che combattono sul fronte filo-russo, sono scese in campo le “brigate jihadiste” che risalgono dal Caucaso russo, dalle ex-repubbliche islamiche dell’Asia Centrale, ceceni, daghestani e uzbechi, che hanno fatto lega comune con i battaglioni neo-nazisti Azov (simili in tutto per tutto alle Waffen SS dell’ultima guerra), e il Settore Destro, la Guardia Nazionale addestrata dalla Cia.

In poche parole, grazie alla incontrovertibile idiozia yankee, il terrorismo islamico è già in Europa, combatte contro i russi ed è armato puntualmente dall’Occidente! Ha anche un capo riconosciuto, Aslan Byutukayev, i cui uomini sono al servizio dell’Isis, e già presenti in Siria e Iraq.

Questo è quanto, e la conclusione è come una condanna: teniamoceli stretti questi americani! (R.S.)

 

 
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