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attualità, politica, cultura

 

 
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Il "cancro" che corrode il carattere degli italiani

Post n°1587 pubblicato il 31 Maggio 2017 da r.capodimonte2009
 

Tra le altre amenità di noi Italiani c’è quella, non meno grave delle altre, di cedere immediatamente al pietismo, al buonismo e a tutte quelle evocazioni e condivisioni che possano farci stare in pace con noi stessi, almeno per il sorgere di un mattino. Il motivo? Perché siamo tutti, chi più chi meno, portatori “eticamente e storicamente”, di un’eredità fatta di compromessi, menzogne, tradimenti e voltafaccia, tutti direttamente proporzionali all’altra faccia della nostra medaglia: ingegnosità, intelligenza, perseveranza e forza. Come potete vedere mancano all’appello il “coraggio” e l’”abnegazione”, che ritroviamo, tuttavia, in alcuni esempi, spesso del tutto fortuiti, che sono, però, l’eccezione che conferma la regola.

La matrice che ci ha condotto a questa “poco nobile” caratterizzazione, è molteplice: il fatto che il nostro humus è “bastardo”, nato dalla commistione di quanto ci fu di “romano” e di “barbaro”, e quindi legato ai tempi oscuri in cui la sopravvivenza era una scommessa quotidiana, e viveva chi era capace o di mettersi dalla parte del più forte (spesso soggiacendo alle sue volontà!), oppure chi vendeva la sua anima alla prepotenza e al sopruso; il fatto che l’Italia divenne nei secoli preda di cento diverse dinastie, che hanno confuso il nostro sangue in una “poltiglia multietnica”, che, pur avendo lasciato alla fine grandi testimonianze culturali ed artistiche, ha determinato una propagazione di caratteri contraddittori e mistificatori; e, infine, il fatto che, tutto questo, ha determinato, nelle grandi famiglie nobili, un approccio al mondo reale, fatto esclusivamente di inganni e trasformismi nei confronti del dominatore; e nel popolo, solo ed esclusivamente servilismo, ad imitazione dei padroni.

Ma la causa principale di questo nostro “imperturbabile” doppiogiochismo, nel mantenerci sempre a galla, svendendo dignità e coerenza ad ogni piè sospinto, è stata la religione. E quando parliamo di religione, ci riferiamo al cattolicesimo, e quindi alla Chiesa.

Non è questa la sede per riesaminare storicamente i modi, i tempi e le circostanze attraverso i quali questa “istituzione millenaria” si sia dapprima timidamente, poi prepotentemente fatta largo nella storia dell’Occidente, utilizzando, nei modi più brutali, il potere e la paura atavica su chi coltivava già, l’abbiamo visto, un’esistenza tutta basata sull’ipocrisia e l’inganno, trovando quindi terreno molto fertile: in cui angeli o demoni, paradiso o inferno, si contendevano questa “specie d’uomo”, stabilendo dall’Alto, chi fosse salvo o dannato. Arrivando perfino a suddividere i popoli in buoni e cattivi, perché lo diceva Dio, come nel caso degli islamici e i catari (le crociate), gli ebrei (i progrom), gli uomini di cultura e scienza, che osassero mettere in dubbio il potere ecclesiastico (l’inquisizione).

Il cattolicesimo e la sua Chiesa, tuttavia, nonostante il sangue innocente sparso per il mondo, l’arbitrio della corruzione, la palese contraddittorietà tra dottrina e comportamenti (ineguaglianza cronica tra ricchi e poveri, sfoggio di ricchezze e spreco inimmaginabile di risorse, predilezione verso il materiale piuttosto che lo spirituale), non ha mai fatto passi indietro, né attraverso il “papismo”, né attraverso la dottrina; finchè furono altri a fermarla e a ridimensionarla, con gli scismi e le guerre, riducendola, alla fine, in uno dei tanti stati reazionari in cui era suddivisa l’Italia, fino alla sua caduta definitiva.

Ma per gli italiani era troppo tardi: e troppi i secoli patiti sotto il tallone dei preti e dei clerici per poter sollevare la testa, e comprendere quale preziosa fetta di libertà intellettuale e spirituale fosse stata strappata loro.

Siamo ai nostri giorni, e per la prima volta dopo cinquecento anni, da quando cioè gli intrighi clericali strapparono il soglio di Pietro da Roma per portarlo ad Avignone, un Papa, Benedetto XVI  è stato detronizzato dalle correnti moderniste della Chiesa e sostituito con un antipapa, Francesco I, segno che le lotte intestine e le ipocrisie clericali non sono mai finite. Ma come hanno reagito i cristiani, e in particolare i cattolici? E’ possibile che per l’ennesima volta abbiano rinunciato a guardare in fondo al loro animo, ma si siano limitati esclusivamente ad abbassare il capo, per non sfidare la propria ignavia?

Questa volta sembra che qualcosa stia cambiando: non in Italia, ovviamente, dove il papa “gesuita” trova ancora credito, visto che del “gesuitismo” è pervasa la politica, la scuolar la cultura di regime, il sociale. Basti rammentare le parole di Francesco di fronte alle platee operaie dove il lavoro ormai latita come la classica mosca bianca, ma lui continua a ripetere “niente sussidio ai poveri, ma lavoro”; per il motivo precipuo, che la Chiesa oggi, imbevuta delle dottrine “moderniste”, eugenetiche e kalergiane (*), approdata perfino ad una convergenza di principi (e non solo) verso l’ebraismo e la massoneria, odia i poveri, i disagiati, gli esclusi, perché sono un peso insopportabile per il suo materialismo lobbistico. Intere classi dirigenti, vescovi e cardinali, da tempo hanno rinunciato alla devozione verso il disagio, perché la società li ha coperti di denaro e privilegi,  e corrotti con il sesso, anche pedofilo. Mentre i parroci ormai contendono ai sindaci un modo di fare politica, mentre le loro canoniche si trasformano in business cooperativo dell’accoglienza, da cui ricavare introiti, raramente investiti nella povertà.

In Italia, tuttavia, il Papa ha altri nemici potenti, ad esempio, le confraternite, francescani e benedettini, che conoscono da secoli il ludibrio fondamentalista dei gesuiti, la classe intellettuale e privilegiata, istituita per sorreggere in ogni modo gli errori dogmatici, ma anche personali, dei pontefici; un esercito spedito per il mondo (Asia compresa!) per imporre il cattolicesimo anche a coloro che lo abiuravano, spesso con mezzi coercitivi. E non è un caso che il loro “generale” meritasse l’appellativo di “papa nero”.

Nel resto dell’Europa il cattolicesimo arretra in modo significativo (**), perfino in quei Paesi dove la religione cristiana si ammantava dell’identità nazionale, come la Francia, dove solo il 23%  dei cristiani resta convinto di questo (in Germania solo il 30%)!

Ma c’è un “altro cristianesimo” che si sta allargando a macchia d’olio, in senso nazionalistico, sbaragliando il cattolicesimo, ormai legato al multilateralismo. Quello “evangelico” americano, che, trascinato dalle teorie weberiane che “vedono l’uomo realizzarsi economicamente perché privilegiato del Signore”, abbraccia i due capisaldi capitalistici per eccellenza, l’imperialismo militare e l’isolazionismo economico.E ce  n’è un terzo, finora relegato a nicchie religiose, come la Grecia e la Russia, ma talmente autocosciente della propria radicale diversità dal modello romano, da non aver mai voluto neppure trattare una tregua con il Papato. Ci riferiamo al Cristianesimo Ortodosso, che sta avanzando in tutto il bacino orientale dell’Europa, fino a percentuali dell’80% (Russia, Bulgaria, Ucraina, Serbia, Grecia, Armenia, Romania, Moldavia, Repubblica Ceca e Slovacchia, Moldavia e Bielorussia), il doppio di dieci anni fa. Un’operazione che non è divulgativa, come invece è quella “disperata” di Francesco, che si reca perfino in Egitto, per svaligiare i copti (ma non ci riesce), ma è basata sulla “serietà e intangibilità dogmatica”, e sull’assoluta, e ben salvaguardata, “carica etica e nazionale” dei due patriarcati, quello greco e quello russo, ormai caricati, a loro volta, delle singole “identità nazionali”.

A tutt’oggi, questo tipo di ricerca sulla diffusione del cristianesimo, portata avanti da Pew Research, sull’Europa, è “proibita” in Italia: non troverete nessuna società di quelle dai sondaggi politici facili, che abbia il coraggio di scoprire quanti cattolici effettivamente restano attivi nel nostro Paese, soprattutto in base all’età e al censo: perché in Vaticano si fa finta di niente, e l’ardore mediatico dei mass-media fa il resto. In realtà, si parla timidamente di un 20% in meno di adesioni (che fa il paio con le ormai scarsissime conversioni!); ma soprattutto tra i giovani si calcolano punte del 30-35% di ritorno al laicismo, mentre, tra i poveri e disagiati, i cattolici sono sempre meno. Resta quasi immutata l’adesione “papista” presso le classi agiate e gli anziani.  (ITALIADOC)

 

(*) Il modernismo fu un'ampia e variegata corrente del Cattolicesimo, sviluppatasi tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento volta a ripensare il messaggio cristiano alla luce delle istanze della società di inizio Novecento. Fra i temi del modernismo cattolico vi furono la comprensione e l'esposizione dei contenuti della fede, l'esegesi biblica, la filosofia cristiana, gli studi di storia del cristianesimo e della Chiesa, l'esperienza religiosa. Il confronto plurisecolare del cristianesimo con il moderno, inteso soprattutto come istanza di autonoma determinazione dell'uomo nella vita individuale e collettiva, come emancipazione da ogni prospettiva e sistema di valori compiuto e di carattere assolutistico, e come affermazione delle scienze legate alle metodologie sperimentali e al vaglio della critica. Fu considerata la “sintesi di tutte le eresie”.

L’eugenetica fa riferimento allo studio dei metodi volti al perfezionamento della specie umana attraverso selezioni artificiali operate tramite la promozione dei caratteri fisici e mentali ritenuti positivi, o eugenici (genetica positiva), e la rimozione di quelli negativi, o disgenici (genetica negativa), mediante selezione o modifica delle linee germinali, secondo le tradizionali tecniche invalse nell'allevamento animale e in agricoltura, basate sulla genetica mendeliana, e quelle rese attualmente o potenzialmente disponibili dalle biotecnologie moderne. Durante il nazismo, l’eugenetica portò alla considerazione di eliminare fisicamente malati gravi e indigenti cronici.

Il Kalergismo. «L’uomo del futuro remoto sarà meticcio (Mischling). Le razze e le caste di oggi saranno le vittime del superamento di spazio, tempo e pregiudizio. La razza eurasiatica-negroide del futuro (eurasisch-negroide Zukunftsrasse), simile nell’aspetto alla razza degli antichi Egizi, sostituirà la pluralità dei popoli con una molteplicità di personalità» Per quanto effettivamente inquietante, la profezia di Richard N.Coudenhove-Kalergi non riguarda specificamente l’Europa, bensì l’intera umanità. Però è pur vero che egli si augura l’emergere di un’Europa in cui a essere maggioritaria sia una popolazione spiritualmente forte e caratterialmente debole, al fine di preservare la pace nel continente e nel mondo (Paneuropa). Kalergi vorrebbe fondare l’esattezza di questa analisi – con un volo pindarico a livello logico e storico – sul fatto che le nazioni europee (che lui non disconosce affatto) non sarebbero propriamente comunità di sangue (Blutgemeinschaft), bensì comunità di spirito (Geistesgemeinschaft). Esse condividerebbero, più che antenati comuni, comuni eroi. Questo discorso ha certamente un senso, se il fine è una nazione europea avvenire. Più complicato e poco conseguente è invece il fatto che, ad una uniformazione planetaria della tecnica, debba seguire una omogeneizzazione etnica e culturale mondiale Nell’individuare la nuova aristocrazia del domani, Kalergi la intravede nell’ebraismo, che, tempratosi attraverso secoli di persecuzioni, ora sarebbe divenuto la vera «razza spirituale padrona dell’Europa (geistige Führerrasse Europas)». Così ha chiosato Ulrich Wyrwa: «Le sue affermazioni, che vorrebbero essere filosemite, presentano un’inquietante vicinanza alla semantica antisemita». Dall’unione tra i migliori elementi della «nazione ebraica» e quelli dell’antica nobiltà feudale sorgerà dunque l’«aristocrazia del futuro».

(**) Il cattolicesimo in venti anni ha  perduto in Polonia il 10% di adesioni, nella Repubblica Ceca, il 50%, in Germania, Croazia, Slovenia, il 30%!



 

 

 

 

 

 

 
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