Creato da ChiisaiKitsune il 01/12/2008

Kitsune no Nikki

Il diario della piccola volpe

 

 

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Ainu ni tsuite

Post n°9 pubblicato il 16 Marzo 2009 da ChiisaiKitsune
 
Tag: cultura

Avevo detto che oggi avrei trattato un argomento leggero, invece mi trovo a parlare di uno pesantissimo. In realtà non era questo il mio programma: in origine pensavo di parlare dei videogiochi e di come fossero una forma d'arte molto sottovalutata. Solo che poi martha76.mt ha attirato la mia attenzione e sono andata a visitare il suo blog (lo trovate tra i miei blog amici) E nel suddetto blog c'era un post sull'attuale situazione del Tibet. Le cose che tutto questo mi ha ricordato non posso fare a meno di raccontarle anche a voi U.U

Gli ainu erano una popolazione di cacciatori nomadi che viveva nell'isola di Ezo, odierno Hokkaido. In realtà prima vivevano in tutto il nord del Giappone, solo che l'ampliarsi dell'impero giapponese li aveva man mano cacciati sempre più a nord. Ma in fondo l'Hokkaido è grande e se la cavavano lo stesso. Durante il periodo Edo (1603-1867) il Giappone commerciava anche con gli ainu e insomma i rapporti erano abbastanza amichevoli. Poi succede che il Giappone si riapre al mondo (viene costretto con la forza dagli Americani a riaprirsi in realtà) e decide di diventare uno stato moderno. E si rende conto che la Russia incombe sempre più da nord. E insomma, l'Hokkaido è un'isola enorme, terra vergine mai coltivata. Così decidono di conquistarlo e lo fanno senza problemi. Dal momento che gli ainu non hanno uno stato vero e proprio e vivono in villaggi indipendenti (i kotan) la resistenza all'esercito moderno giapponese è praticamente nulla.
Ora, immaginatevi di essere dei Giapponesi. Di avere sempre vissuto in case piccole, spazi stretti, di aver sempre coltivato la tua risaia al millimetro, per ottenere proprio il massimo massimo che quel fazzoletto di terra può dare. E immaginatevi poi che vi si rende disponibile un'isola enorme, disabitata e fertilissima perché mai coltivata. Voi cosa fareste? Io ci andrei subito. E infatti la migrazione fu fortissima. Nel giro di un decennio gli ainu si ritrovarono ad essere poco più del 10% della popolazione totale dell'Hokkaido. E ovviamente il paesaggio cambia drasticamente: per coltivare il riso bisogna disboscare e allagare. E ovviamente gli ainu non possono mica abitare nelle zone migliori! Vengono spostati in kotan artificiali, nelle zone meno interessanti. Se questo vi ricorda le riserve indiane... beh, avete proprio ragione.
Solo che raccontata così sembra quasi che ai Giapponesi non fregasse niente della cultura ainu. Questo non è affatto vero: si sono impegnati attivamente per cancellarla dalla faccia della Terra. L'odio dei Giapponesi nei confronti degli ainu ha radici antiche: gli ainu sono di razza caucasica e non asiatica, si fanno crescere la barba, non sanno scrivere, sono dei cacciatori e per di più nomadi. Questo va praticamente contro tutti i principi della cultura giapponese: la risaia come base dell'economia, il confucianesimo e i caratteri cinesi, il buddismo e il taboo della carne, il culto della pulizia, e ovviamente il culto della razza giapponese come superiore alle altre. Per questo gli ainu sono sempre stati dei primitivi. Solo che dal periodo Meiji (1868-1912) si mettono a fare studi seri sulla cosa. E qui emergono episodi di darwinismo sociale e vero e proprio razzismo ai limiti del ridicolo. Ad esempio nel 1891 Miyake Setsurei replicando a Inoue Tetsujirou sostenne che non era possibile che l'ampiezza del cranio delle popolazioni occidentali fosse indice della loro superiorità intellettiva poiché tali caratteristiche erano presenti anche negli ainu e negli elefanti. Sì, avete capito bene, elefanti.
Comunque di concreto il Giappone istituisce una vera e propria politica di assimilazione (Doka= trasformare in uguale) che comprendeva, oltre a quanto già detto, l'obbligo di andare a scuola (dove ovviamente si parlava solo giapponese), l'incoraggiamento dei matrimoni misti e soprattutto la legge per la tutela degli ex aborigeni dell'Hokkaido. Questa legge prevedeva che ad ogni famiglia fosse assegnato un pezzo di terra, ma che se nel giro di quindici anni non fosse stato reso produttivo sarebbe stato confiscato. Ovviamente gli ainu non avevano mai coltivato niente. Oltre un quinto dei territori assegnati in questo modo fu quindi confiscato.
La conclusione della storia? Al giorno d'oggi le persone in grado di parlare la lingua ainu si contano sulle dita di una mano. Ed essendo la loro una cultura orale si può dire che quasi tutto il loro patrimonio culturale è stato cancellato. Ci sono dei parchi ainu per turisti, ma alla fine della giornata i cosiddetti ainu si tolgono i costumi, si vestono normalmente e tornano nella loro casa moderna. Tutto questo processo è ovviamente passato inosservato all'opinione pubblica, e anche in Giappone non se ne parla. Perché per cancellare una popolazione non è affatto necessaria la violenza.

 
 
 
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