Post n°376 pubblicato il 18 Aprile 2017 da Taniello
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Mi andava di fare un parallelo tra due recenti visioni, perché entrambe basate sullo stesso tema di donne che cercano cose in seguito a sensi di colpa. La ragazza senza nome (2016) P.S. Wild (2014) |
Come al solito, nei film di Clint, ci sono veri uomini, scelte difficili, valori non negoziabili. Tutto il resto (storia, effetti, certi facili richiami) è marginale e c'è solo perché sennò il film non va nelle sale di grande distribuzione e non ha la visibilità che serve a ripagare lo sforzo produttivo. Questa volta l'eroe è tale già dall'inizio del film (novità) e dovrà vedersela con certi ingranaggi del sistema che hanno interesse a ridimensionarlo. Ma lui è l'eroe di un film di Eastwood e tanto fa, tanto dice, tato butta il sangue che poi è come dice lui. |
Annotiamo doverosamente questo film, praticamente un capolavoro. Non ci si distrae un solo attimo dalla vita che ci viene mostrata e nella quale veniamo gentilmente immersi. L'ambientazione, le vicende, i luoghi, i volti, tutto è dannatamente vivo, vero, presente. Cinema vero, in purezza, assoluto. E la Romania è esattamente come l'Italia. |
Mi annoto questo film senza un motivo particolare, semplicemente perchè è fatto bene e da roba fatta nel 2016 già va bene questo. Siamo nell'ambito di quel cinema indipendente USA da Sundance e quei fatti là, con qualche piede messo nei festival europei e già questo dice molto. Dicevo che non ci sono particolari motivi di rilievo perché il tutto si mantiene sempre (volontariamente credo) basso, non ci sono slanci poetici violenti, ci si mantiene in un ambito nonostante tutto realistico. Vince la piacevolezza di immagini sempre belle, attori magnifici e credibili, fatto molto molto bene. La base, diciamo. |
Caso tipico dove non conta tanto la stramaledettissima storia, conta più il modo di far vedere le cose. Innanzitutto è un road movie e se non li fanno gli americani (o gli australiani) vorrei sapere chi diavolo li deve fare. E quindi c'è il viaggio, dobbiamo stare appresso a 'sto vecchiaccio testardo all'inverosimile e al suo maiale. Ripeto, qua il maiale è una scusa, potevano anche non farlo vedere ma già che c'erano il maiale c'è e soprattutto si sente praticamente l'odore. L'obiettivo è farti chiedere sin dall'inizio cosa diavolo si sia ficcato in testa Danny Glover, te lo chiedi fino a quando comincia a venire fuori che si tratta di uno che come tanti su questo pianeta non ci sta più bene, l'età è l'escamotage. E si viaggia a cercare (con la scusa del maiale) posti dove è stato felice perché, come rinfaccia alla figlia che tenta disperatamente di condurlo alla ragione, l'unica cosa di cui veramente gli sia importato è avere un po' di "fun", divertimento alla lettera. |
Gus Van Sant è uno a posto, uno che da anni si barcamena tra cose un po' "ua' fra' mo faccio una cosa più sperimentale con la componente onirica e il flusso di coscienza e la ripresa fatta un poco così che poi a Toronto spacco tutto" e cose invece un poco più convenzionali ma di buon mestiere come Milk e Promised Land. |
Ok, sarò ripetitivo ma si capisce molto meglio ciò che bofonchia, ciò che farfuglia il vecchio Jeff Bridges in texano originale rispetto a ciò che strascica e bisbiglia il 90% del "recente" cinema italiano. A parte questo, Hell or High Water è un classicissimo western contemporaneo (cioè con i pick up invece dei cavalli, che bisogna spiegare tutto qua sopra ). Ci sono i bank robber, i texas ranger, i paesini minuscoli dove la pistola te la regalano al battesimo, l'ipoteca sul ranch, il sudore, la famiglia, i casinò. Meraviglioso. Benedetto sia Netflix che lo ha anche prodotto. |
Ci sono due possibili modalità per mettersi di fronte a questo film: Aggiungi poi che il tema è di quelli delicati (il disturbo mentale) e capisci quindi che o te ne esci con la sensibilità (come in La prima cosa bella) o fai una gigantesca puttanata, non ci sono terze vie. Veniamo al dunque: il buon Virzì funge sempre da ufficio di collocamento per tutta una serie di attori e attrici che in un articolo serioso di Repubblica potrebbero essere definiti attori "feticcio", qui invece si chiamano moglie e amici. Fin qui tutto bene e nulla di nuovo. Lo stile, poi: vorrebbe essere agile e scanzonato per donare leggerezza alla gravosità di ciò che viene raccontato ma non funziona molto bene, spesso ciò che si vede non è realistico, si va ben oltre la licenza poetica, cioè non è possibile, mi stai facendo vedere cose che non esistono. Le protagoniste: Sì ok, nelle buone intenzioni si volevano forse rappresentare volubilità, depressione e bipolarismo ma il filo logico ne risente e l'effetto comico è in agguato. Io poi continuo a non sentire bene ciò che dicono (mi capita solo con i film italiani, non è il mio udito o la qualità audio di casa). Quando poi chi interpreta la depressa biascica in toscano il fatto si fa veramente tragico. Poi la componente politica (una delle due vorrebbe essere un prodotto del ventennio berlusconiano) non ho capito a cosa serve, cosa voleva dire, è fuori luogo, vaffanculo. Quando a un certo punto le due si infiltrano tra le comparse di un set, si fregano una spider d'epoca e diventano per qualche minuto Thelma & Louise si raggiunge l'apice del ridicolo. Mi piace pensare che sia il momento in cui lo stesso regista ammette di aver fatto una cazzata. Ah, poi c'è sempre l'ipotesi che l'estensore di questa nota sia un sessista esterofilo, eh, ma ci credo poco. |
Al IV tentativo è andata in porto. I primi tre erano finiti miseramente in abbiocchi feroci quasi sempre nei primi venti minuti o giù di lì. Questa volta invece, complici castagne-vino e una giornata nervosa si è potuto fare. Attimi di cedimento ci sono stati verso la fine (a causa del vino?) ma il riavvolgimento del nastro è vivo e lotta insieme a noi. |
Finalmente ho visto il film più brutto della mia vita. Cioè, ne avrò visti centinaia di film brutti ma questo si posiziona senz'altro in quell'empireo di telecomandi quasi scagliati contro lo schermo, di bestemmie per i minuti di vita buttati e per la corrente elettrica sprecata. Quel livello così infimo che puoi spingerti solo fino alla fine perché vuoi vedere fin dove è veramente possibile arrivare. Insomma una vera iattura che auguro solo ai veri nemici. Devo doverosamente annotare che a portarmi su questa strada scassata è stato essenzialmente il nome dei fratelli Dardenne alla produzione (chiaramente truffati e, voglio sperare, in procinto di chiedere i danni). |
Post n°363 pubblicato il 29 Luglio 2016 da Taniello
Questo va annotato perché per l'ennesima volta il west si rivela ambietazione potentissima per il drammone spietato sulla crudeltà umana. Tommy Lee Jones è uno di quelli che ancora ci crede (con Kevin Kostner e Robert Duvall) e si fa accompagnare da Hilary Swank e Meryl Streep (verso la fine, in città, ché la signora ha una certa età) lungo un viaggio dove classicamente si incrociano il male, il peggio, la spietatezza, l'onore e l'umiltà. Giustamente schifato dalla distribuzione cinematografica (una rete fognaria, praticamente), perché il pubblico, si sa, è sovrano. Lodi sperticate. |
Una recente uscita che merita di essere annotata se non altro perché tiene traccia con sufficiente chiarezza e senza noia di quella cosa strana che è stata definita negli anni scorsi come "la crisi", quella stessa cosa che stava (e sta ancora) in bocca a tutti quelli che hanno esaurito i più comuni temi da ascensore quali il meteo o il calcio ma che di fatto ha inculato di più solo quelli che per loro disgrazia avevano forti dipendenze dai rubinetti delle banche. Il pregio del film è senz'altro l'andatura con brio, da un personaggio all'altro (alcuni tagliati un po' con l'accetta ma è il didascalismo americano) con il rispettivo punto di vista. Le caratterizzazioni funzionano ma l'effetto "superstar" (Pitt & Gosling) lascia un certo ghigno sotto i baffi. Il cinismo impera e l'opera contribuisce ad annientare (in quei pochi che ancora ne blaterano) concetti ormai vetusti quali leggi, legalità, democrazia. Non imprescindibile ma significativo. |
L'ondata fortunata delle Gomorre e dei Romanzi Criminali associata alla continua fornitura di spu(n)ti di cronaca hanno consentito l'uscita di sporadici tentativi di cinema "di genere" che sognano di rinverdire i fasti del passato. "Suburra" è uno di questi tentativi ma fa inevitabilmente i conti con i limiti oggettivi delle produzioni canine nostrane, come ad esempio: 1) Il livello assolutamente canino di alcune recitazioni, soprattutto femminili. In Suburra si possono annoverare ben 2 cagne maledette (cit. Ferretti Renato) afflitte dalla patologia del bisbiglio incomprensibile (perché bisbigliare se tu e l'interlocutaore state da soli? Perché? Perché? Perché?). Detto bisbiglio risulta poi aggravato dal disperato e fallimentare tentativo di usare il romanesco, manco fosse una lingua morta sconosciuta ai più. 2) Il livello assolutamente canino di alcune recitazioni, soprattutto maschili. Qui la fanno da padrone gli occhi spalancati da pazzo esagitato, con un esito falso come Giuda (dove il comportamento di Giuda risulta comunque giustificato dai 30 denari). Altro dramma è la deriva bisbigliosa maschile, frutto evidente di un processo di arricchionamento generalizzato e inarrestabile. 3) il livello assolutamente canino della sceneggiatura. Il contributo di Bonini, nota firma di Repubblica, è evidente nella sequenza dei fatti che fanno da sfondo alla canea recitativa. La tecnica utilizzata deve essere stata pressappoco simile a "Aho', vedo che è successo a Roma dal giorno x al giorno y e cerco de mettece tutto". Vorrei qui precisare che la tecnica è la stessa dei classici del poliziottesco (dove si mischiavano comunque riferimenti a trame segrete di stato e bollori proletari) ma è la messa in pratica che risulta penosa, faticosa, abborracciata, leziosa, forzata, artefatta. Fine. P.S. Ancora sul bisbiglio. Mi piacerebbe poter chiedere a un fonico o a un qualsiasi addetto ai lavori sul set di una di questi disastri: ma che davvero voi non vi accorgete di nulla? Ma davvero danno l'ok? Ma che cazz! P.P.S |
Un po' didascalico ma classicamente ben fatto. Che gli vuoi dire? I mericani hanno la stampa indipendente che mette la notizia al primo posto, si sa. E gli editori pensano giustamente al profitto e non a ingraziarsi politici a cui chiedere favori per le attività principali, si sa. Il film: fa un po' specie vederli tremare di fronte alla chiesa, perché pensi che sia una caratteristica tutta nostra, invece qualunque potere fa paura se si radica bene, se si rende indispensabile, se toglie alternative. |
Resuscito questo mesto diario per annotare l'uscita del film di Tarantino. E' una di quelle cose tipo Sanremo, i mondiali di calcio, Valentino Rossi, l'ISIS, le adozioni gay etc. E' una di quelle cose, cioè, su cui devi avere un'opinione e di cui devi parlare. E' giustissimo, non si vive di solo mutuo/affitto, si deve vivere anche di passioni (è pure morta la politica, tra l'altro). La rivoluzione in atto dagli ultimi vent'anni permette altresì di dire ciò che si pensa a molte più persone rispetto a come funzionava una volta, quando c'erano solo bar, parcheggi, panchine. In questo modo si solletica il proprio narcisismo, ovvio, ma (cosa buona, buonissima) si cerca il confronto, un punto di vista interessante, qualcosa che manca a sé stessi se si ha la lucidità di dire "cazz, è o'vero, eh. Non ci avevo pensato". (qua non m'interessa fare l'esegesi del film, devo solo annotare lo stato d'animo) 'Sto stronzo ha fatto innamorare tantissimi (con Le Iene e Pulp Fiction), come di solito avviene con i primi dischi o i primi libri (avveniva, più che altro). Poi uno invecchia e diventa un po' autoreferenziale o caca meno idee innovative (giusto per citare le osservazioni più pertinenti che ho letto). Vero, verissimo. Come è avvenuto per stuoli di musicanti e scrivani, dietro l'angolo c'è il "non ha più idee, cos'altro deve dire?". Poteva durare molto meno? Vero, verissimo, ma perché? Avevate da fare? Tarantino è logorroico, non ha problemi di budget e gli avvoltoi della produzione vorrebbero fare ogni volta, da un suo film, almento 2 o 3 giusto per fare più incasso. |
Un tema ineludibile per ogni amante del cinema di genere è la mafia marsigliese (o French Connection). Tanto più se le immagini de "Il braccio violento della legge" di Friedkin hanno mai significato qualcosa nella vita di qualcuno. Qui ci fanno vedere la lotta del giudice integerrimo contro il capo dei cattivi. Tutto abbastanza didascalico (la vita personale in crisi, corruzione a tutti i livelli, mai una gioia) ma molto molto ben fatto (e questo già è sufficiente, porca puttana). |
"Amore tossico" è stato uno di quei film che per una frazione di secondo ti hanno fatto pensare "ma perché non si fanno decine di film così in Italia?". Ma giusto per una frazione di secondo perché poi ti sei reso conto che la risposta è contenuta nella domanda e dici ok, non fa niente. Non allo stesso livello fu "L'odore della notte" ma comunque sempre degno.
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