L'Archetipo

Una donna come tante, un passato da scoprire, l'inizio di una fantastica avventura

 

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La notte non è mai così nera come prima dell'alba, ma poi l'alba sorge sempre a cancellare il buio della notte. Così ogni nostra angoscia, per quanto profonda prima o poi trova motivo di attenuarsi e placarsi, purchè lo vogliamo. Sappiamo che c'è la luce perchè c'è il buio che c'è la gioia perchè c'è il dolore che c'è la pace perchè c'è la guerra e dobbiamo sapere che la vita vive di questi contrasti. (R. Battaglia)

 

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In trappola

Post n°13 pubblicato il 29 Febbraio 2012 da Tabita.G
 

Intontita e dolorante, Hanna cercò di mettere a fuoco il mondo circostante.

"Dobbiamo comperare un altro materasso" pensò ancora mezza addormentata.

- Forse mi sono addormentata in bagno, come l'ultimo giorno del liceo... Che sbronza! - biascicò ricordando di essersi risvegliata abbracciando la tazza del water - Avevo giurato mai più così... Invece... -

E poi quella puzza.

C'era un odore stantio, che rendeva l'aria difficile da respirare, un odore di terra umida, di uova marce e sterco.

- Ahi! - protestò quando il letto sussultò ondeggiando - Che diavolo... -

La sensibilità alle dita era quasi del tutto scomparsa, la guancia grattava su di una superficie rugosa e le gambe erano talmente intorpidite che, non appena si mosse, le sfuggì un lamento.

Fece per alzarsi, ma una scarica acuta le risalì il braccio, facendole rizzare i capelli sulla nuca. 

- No, no, no, no...- singhiozzò in preda al panico.

D'improvviso ricordava tutto.

Spalancò gli occhi terrorizzata.

Le bastò un attimo e scoppiò a piangere.

- Non è possibile... non può essere... Dio ti prego non può essere vero... -

Le schegge del pavimento le penetrarono nella carne, attraverso i vestiti putridi e bagnati, mentre i suoi pensieri, scossi dai singhiozzi, volarono a Carlo e Matteo addormentati in quella realtà lontana, perduti per sempre, spazzata via da una verità impossibile da credersi, catapultata in un mondo d'inferno, senza neppure sapere il perchè, o per quale strano motivo fosse stata possibile una simile diavoleria.

Sempre singhiozzando si guardò intorno.

Grosse canne la circondavano su tutti i lati.

Era in gabbia.

- Ecco... è la fine - sospirò con disperata rassegnazione - Morirò prigioniera o magari, chissà, mi tortureranno, o mi uccideranno in qualche modo atroce e disumano -

Mentre immagini di sangue e budella le affollavano la mente, cercò di rizzarsi a sedere scivolando sulla spalla buona.

Il mondo cominciò ad oscillare ma, se in un primo momento, pensò fosse l'effetto collaterale del veleno contenuto nel dardo, dopo poco dovette ricredersi.

Sbirciando attraverso le canne, s'accorse di trovarsi sospesa nel vuoto.

"E' la gabbia che dondola!" constatò terrorizzata.

- Bene, e adesso, come in tutti i film, dovrebbe pure cominciare a piovere, visto che non potrebbe andarmi peggio!-

Un cigolio inquietante le rispose da sopra la sua testa.

Intrecciate attorno ad un grosso ramo, lunghe liane tenevano sospesa la prigione, scricchiolando sinistre.

- Non mangio da due giorni - piagnucolò Hanna imbronciata - reggeranno anche se non sono proprio un peso piuma, no?! -

Ponderando bene i movimenti, sbirciò di nuovo tra le canne, cercando di capire a che altezza poteva trovarsi dal suolo.

- Possibile?! -

Stupita e sollevata, constatò di trovarsi ad un paio di metri da una grossa pozza di fango. 

Il paesaggio sembrava deserto. Non un suono, nessuno nelle vicinanze.

Si sentava soltanto il ronzare degli insetti.

Rinculando verso la parte opposta della gabbia, Hanna notò delle scale malconce intagliate nella corteccia dell'albero sulla quale era appesa, a qualche metro di distanza. 

Correndo tutt'attorno al tronco, scendevano fin sul sentiero "Verso la libertà!" pensò Hanna risollevata.

Dopo un secondo era tutto finito.

Lacrime amare le pizzicavano gli occhi arrossati - Libertà per dove?! - si domandò irritata - Non so dove sono, non so chi sono, non so dove andare, ho fame, sete... Voglio solo tornare a casa! - singhiozzò.

Con riluttanza tornò a fissare la sua unica via di fuga e per alcuni interminabili silenzi rimuginò sul da farsi.

- Tanto, peggio di così - borbottò - Al massimo andrò incontro ad una morte più rapida di quella che mi spetterebbe qui, imprigionata a morire di sete e fame! -

Senza smettere di farfugliare parole cariche di sconforto, infilò le dita attraverso le fessure fra le canne e, dopo svariati tentativi, toccò un chiavistello.

Ammutolendosi all'istante, si mise ad armeggiare, finchè non riuscì a disincastrarlo e la porta si socchiuse silenziosa.

Hanna si affacciò aspettandosi l'arrivo di un esercito di orchi malvagi, invece tutto tacque e rimase perfettamente immobile.

- Oh, beh...- boffonchiò quasi soddisfatta - ora non mi resta che raggiungere le scalette, o magari... - soppesò guardando la pozza di fango ai suoi piedi - Non è un salto così alto! - 

Mentre fissava il terreno, qualcosa si mosse tra la melma ed un tozzo tentacolo si alzò molle nell'aria, per poi ripiombare scomparire nel fango.

- Cosa diavolo... - imprecò la donna sollevando all'istante le gambe penzoloni.

Con il cuore che batteva all'impazzata, sentì svanire ogni possibilità di fuga.

- Ecco perchè sembrava tutto così semplice! - sbraitò delusa affondando il viso tra le braccia.

E proprio quando tutto le sembrò perduto, notò davanti a lei, una grossa liana penzolare nel vuoto.

Non ebbe nemmeno il tempo di formulare bene il piano, che già il suo corpo prese ad oscillare avanti e indietro, imprimendo il ritmo all'intera struttura sospesa. 

Ad ogni spinta, Hanna vedeva la liana avvicinarsi sempre di più.

"Ora!" urlò dentro di sè saltando fuori dalla gabbia.

Nello stesso istante, sotto di lei, il fango prese a ribollire e un'orda di tentacoli s'agitarono sulla superficie, allungandosi nella sua direzione.

Aggrappata alla liana, sicura della sua prossima fine, non sentì la gabbia ripiombarle sulla schiena.

Con il fiato mozzo, pallida di terrore, cozzò contro il tronco dell'albero, mentre dalla pozza i tentacoli lambivano il fondo della prigione.

Dimentica del dolore, corse giù dai gradini e lungo il sentiero, fino a quando i polmoni cominciarono a dolerle per lo sforzo, come se aghi aguzzi le si infilassero nel petto ad ogni respiro.

Ansante, si appoggiò al tronco di un albero, quando un tonfo sordo la fece sobbalzare.

Accanto a lei, piantato nella corteccia, ondeggiava un piccolo dardo appuntito e, lungo il sentiero avanzò galoppando a quattro zampe un enorme bestione peloso.

- Oh merda! - urlò Hanna terrorizzata.

Slittando sulla melma, avanzò a pedifiato lungo il sentiero, mentre i dardi le sibilavano accanto.

Sentiva la bestia avvicinarsi veloce e le forze abbandonarla ad ogni respiro. Soltanto il panico le impediva di crollare, ma fatti pochi passi, si ritrovò in una specie di radura circondata da alti canneti e lì, il sentiero svanì.

- Oh no! - sussurrò Hanna guardandosi attorno frenetica.

I grugniti alle sue spalle l'incalzavano e un altro dardo le sfiorò la guancia, ma ormai non li sentiva più.

Il mondo d'un tratto ammutolì ed il tempo rallentò. Hanna alzò un braccio a proteggersi il viso, poi urlando prese a correre, dando libero sfogo a tutta la sua pazzia.

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"...come quand'ero piccola e nel bel mezzo della notte chiamavo la mamma perchè avevo sentito un rumore sotto il letto o dentro all'armadio. Lei allora socchiudeva la porta, i capelli scarmigliati sul viso assonnato e si infilava nella stanza per rassicurarmi ch'era tutto a posto, che andava tutto bene. Adesso vorrei tanto fosse qui, per rassicurarmi ancora, per riaprire gli occhi e scoprire che l'incubo è finito e ritrovarmi in quel letto, in quella vita di cui tanto detestavo la monotonia che ora rimpiango" disse Hanna al drago.

 

 

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