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Post n°80 pubblicato il 20 Dicembre 2013 da splendore07
La tua vita è influenzata dal sole e quindi, non sarai mai sola. Finchè ci sarà luce brillerai. Accetta la sfida di imparare a conoscerti attraverso gli altri, perché solo se troverai chi ti illumina, sarai connessa con il tuo io piu’ profondo. Assomiglierai alla forza creativa dell’universo, consistente nell’inconsistenza, romantico, incredibile, lucente. Stai ben legata al tuo destino: non cercare di essere ciò che non sei e la tua luce splenderà nel buio. E allora, sarai persino in grado di guidare chi sta cercando la propria strada. Saprai essere regalo, senza nulla chiedere in ritorno. Non aver paura del cambiamento, sfida il passato: piu’ vivi, piu’ impari, piu’ diventi saggia. Cerca di imparare la lezione: c’è del buono anche negli addii. Devi tagliare le propaggini secche, affinchè nuovi getti, “buchino” il tuo tronco, acquisiscano forza nutrendosi di linfa che, scaturisce da nuovi respiri e, non restino soffocati. Quindi, appena puoi, lascia andare, fai spazio al nuovo, sarà come dire all’universo: ho fiducia in me stessa. Ricorda, è quando imparerai ad accettarti per intero, non soltanto i tuoi successi, ma soprattutto i tuoi fallimenti, le tue inadeguatezze, le tue vigliaccherie, i tuoi desideri, solo allora, riuscirai a trascendere le tue paure, perché vanno abbracciate se vuoi dominarle, non permettendo loro, di sottometterti. Non dimenticare di giocare, il gioco giustifica il nostro stare al mondo. La vita stessa è gioco, un funambolo che si destreggia in un eterno, fragile, precario equilibrio fra la corsa con la ragione e, la danza con l’istinto.
E allora, ama, ama!. Tutto il resto è nulla
(Splendore)
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Perdonami per aver approcciato la replica in maniera così singolare, ma è scaturita di getto.
Hai perfettamente sintetizzato, lo “scoramento” dal quale si è presi, di fronte “all’impegno” dei miei propositi, usando le variazioni di ritmo del respiro, che poi altro non è se non la manifestazione piu’ plateale con la quale le emozioni si esternano, fino a diventare riflesso incondizionato, sfuggendo alla nostra capacità di dominarle. Sono convinta che fare il “vuoto” dentro noi, liberandoci di quelle pesanti zavorre che ci tengono ancorati a schemi fissi, diventati talmente abitudinari da essere messi in azione automaticamente, esulando la nostra volontà. Abitudini consolidate negli anni al pari di cordoni ombelicali, che anche se avvertiti superati ,non riusciamo a tagliare. Hanno il “sapore” della sicurezza di una strada già tracciata e conosciuta, magari trovata già “aperta” da altri prima di noi e che continuiamo a percorrerla sapendo in partenza dove ci condurrà, senza scosse, senza sorprese di sorta. Il certo da preferire all’incerto sinonimo di ignoto, il tiepido che consola e rassicura. In un ottundimento, uniformante del sentire. Tipico esempio sono i legami ormai diventati aridi, scevri da qualsiasi arricchimento che deriva dallo scambio, un confrontarsi costruttivo, da una rispondenza del sentire. Eppure difficilmente si sceglie di porre loro, fine. "Morire" a se stessi, eliminando tutto quanto ci inquina, per rinascere vuoti, è quanto piu’ difficile possa esistere, pochi di noi accettano di farlo. E il “nuovo” che preme per entrare, non trova spazio per essere accolto, e lo perdiamo, spesso, irrimediabilmente.
Destreggiarsi tra istinto e razionalità è l’altra grande scommessa con noi stessi. Siamo fatti in gran parte di irrazionalità, e la ragione, come ebbe a dire Kant è solo una piccolissima isola in un oceano d’istinto. Quindi, è dura lotta tra ragione educabile ed istinto che non lo è.
Resta l’amore incondizionato, inteso come universale. Sentimento che solo a noi uomini è riservato e che forse, in ultima analisi, è il solo scopo per il quale siamo su questo pianeta.
Con la stessa stima. Gio
Il gioco ha anche la funzione di sdrammatizzare una quotidianità spesso pesante, ci aiuta a non prenderci troppo sul serio, ad avere un diverso approccio nell’affrontare i problemi.
Perché comunque vada, non se ne uscirà vivi.
E allora, prendiamo per mano quel bimbo, ricominciamo là dove il dialogo si era interrotto. Sarà taumaturgico quando siamo di intralcio e insopportabili persino a noi stessi. Sarà bello riscoprirsi sorridenti con il brillio degli occhi e la risata spontanea che esplode come stormo di uccelli che si alza in volo all’improvviso. Sarà una festa, una meravigliosa ritrovata leggerezza. E alla fine, la meraviglia sarà di scoprire nuovi compagni, che hanno deciso di abbracciare il loro bambino interiore.
Giocare in compagnia conserva lo stesso fascino di allora.
Un abbraccio a te. Gio
L’essere imperfetti fa scattare in noi la molla del confronto, della conoscenza, dell’esplorazione, la ricerca di altra imperfezione che magari unita alla propria, possa smussarne gli spigoli, e farci protendere verso l’arricchimento che è una forma di perfezione.
L’avere tanti dubbi, lungi dall’essere una negatività, è uno dei nomi dell’intelligenza, anche se esiste il rovescio della medaglia: chi piu’ sa piu’ dubita.
Credo possa andare di pari passo con la felicità. Sono convinta che solo le persone semplici, di poca cultura possano essere felici. E’ loro prerogativa avere poche certezze sulle quali fondare principi che, diventano valori, frutto delle loro esperienze pratiche. Non si fanno domande, non hanno dubbi, vivono, prendendo dalla vita quello che viene, buono o cattivo che sia con la stessa capacità di “accoglienza”. Per noi, esseri complicati e tormentati, la felicità sfugge, leggera come piuma, non riusciamo ad afferrarla.
Non smettere mai di giocare è la chiave per rendere l’esistenza meno pesante, riuscendo a ridere, ironizzare su di essa, sui colpi che spesso ci infligge e ci tramortiscono, ma il gioco ci permette di rimanere in piedi, anche se barcollanti.
Il buio non fa paura, è una “madre” che accoglie nel suo grembo, nel quale possiamo ritrovarci insieme al silenzio che ne deriva.
Gli addii dati, ma anche quelli ricevuti, sono fonte di sofferenza, non riusciamo a concepirli come parte dell’esistenza, come non riusciamo ad accettare che le persone che incrociamo lungo il nostro cammino, hanno una “funzione” da svolgere. Una volta compiuto il loro compito, non hanno per noi piu’ nessuna "utilità".Ma l’attaccamento sviluppato, è profondo e questo ci impedisce di lasciarle andare, anche se arrivano a ferirci. Spesso è la paura della solitudine ad impedirci di tagliare il “cordone ombelicale”. Nemmeno ci sfiora il pensiero che l’addio potrebbe essere un’opportunità.
Questo lasciare andare il “vecchio”, affinchè si crei lo spazio per far entrare il nuovo, è estendibile a tutti gli aspetti della vita, non solo da limitare agli affetti. Condizionamenti, limiti che ci imponiamo, abitudini che spesso fanno rima con schiavitù, che hanno radici profonde difficili da estirpare. Solo il vuoto porta rinnovamento, aria nuova per nuovi stimoli, nuove conquiste, nuovo benessere. Ma è difficile, non si è mai pronti.
Nessuno è immune dal fare del male agli altri, inevitabile che succeda, è parte del nostro essere imperfetti, l’importante è saper rimediare.
Le paure, come detto, non vanno combattute, si rafforzerebbero, annullandoci. Vanno abbracciate solo così ci lasceranno vivere.
Un abbraccio a te.
Oh, lo so sono sogni che hanno come requisito fondamentale la capacità di saper volare alto, lasciando da parte le elucubrazioni mentali della ragione, create ad arte per tarpare le ali ai sogni piu’ audaci, sfidando intrepida l’altezza senza curarsi del fatto che, piu’ in alto si sale, tanto piu’ rovinosa sarà la caduta.
La vita è continua scelta. E se noi abdichiamo a tale compito, saranno gli altri o l’esistenza stessa che lo farà per noi.
Goethe, per bocca di una figura femminile in “Le affinità elettive”, dice: Il destino ci appaga nei desideri ma lo fa a modo proprio per poterci dare qualcosa di piu’ alto di quei desideri stessi”. Affermazione sulla quale sto riflettendo da parecchio, cercando di trovare un qualche riscontro nella mia realtà, cosa, peraltro non ancora ravvisata.
A volte penso sia solo affermazione illusoria, sorta di effimera consolazione, destinata a concludersi con un feroce disincanto, alimento che puo’ nutrire solo chi è solito cibarsi di speranza. E quest’ultima ha un pericoloso risvolto, puo’ condurre alla disperazione.
Ma mi riprometto di "guardare" piu' approfonditamente.
La maturità, non segna tanto il venir meno della capacità di sognare, quanto la mancanza del tempo necessario per vederli realizzati.
E' stato piacevole ritrovare traccia di te dopo tanto tempo.
Grazie per la positività del tuo pensiero, e per il piccolo sole del tuo sorriso.
Riporto di seguito altri aforismi tratti dallo stesso testo, nei quali ravvedo corrispondenza con “letter to myself”. Spunto di riflessioni sulla natura umana, sul sentire che mai muta nei secoli, e sull’ineluttabilità delle “cose” della vita: quello che chiamiamo destino
Ci sono cose che il destino si propone ostinatamente. Invano gli attraversano la strada la ragione e la virtù, il dovere e tutto quello che c'è di più sacro: qualcosa deve accadere, che per lui è giusto, che a noi non sembra giusto e possiamo comportarci come vogliamo, alla fine è lui che vince.
Per fortuna, l'essere umano riesce a concepire solo un determinato grado di sventura; quel che va oltre lo distrugge o lo lascia indifferente. Ci sono situazioni in cui paura e speranza si fondono, si elidono vicendevolmente e sfumano in una cupa insensibilità.
Un cuore che cerca, sente bene che qualcosa gli manca; ma un cuore che ha perduto, sa di che cosa è stato privato.
Grazie Danny, un po’ arduo pensare alla speranza come incantevole, ma cercherò di mantenerne almeno accesa una piccola fiammella al riparo da venti che possano spegnerla. La terrò al riparo nel profondo della mia essenza, e chissà possa trasformarsi in fiamma diritta e forte.
Un augurio di luce per l’anno che verrà
Non è sempre facile “brillare di luce propria” non è sempre facile “essere sole”. Ci sono momenti dell’esistenza, durante i quali, il nostro “sole” si riempie di macchie, e la luce irradiata, diminuisce. Allora, piu’ che mai, si ha bisogno dell’incontro con un altro “sole”, dal quale attingere nuova luce per tornare a brillare. Questo sole, non puo’ che trovarsi, nelle uniche persone in grado di illuminarti: chi ha affinità elettive ,in uno scambio di luce che diventa reciproco. Solo così, mai mancherà nutrimento vitale per l’anima che continuerà a brillare.
Ma abbiamo bisogno anche della nostra luna. Nella sua brillantezza riflessa, troviamo l’altra parte di noi, nascosta, da esplorare, per diventare un intero. La luna, rappresenta la nostra parte, arcaica, la parte sconosciuta e che celiamo nella nostra interiorità piu’ profonda. Ha voce antica che spesso non sappiamo decifrare. Certe notti, piu’ di altre, sembra dipanare storie di noi che sono raccolte nel ventre profondo di un tempo, che sfugge ad ogni misurazione. Sono rivelazioni che hanno bisogno del silenzio per essere udite e decodificate.
Mi sorprende il tuo affermare di non essere in grado di commentare. Il tuo sentire è profondo, assolutamente non secondo al mio. Eppure la “magia” di quello che chiami “campane e canti meno freddi del solito”, avrebbe dovuto acuire il sentire. Ma leggo una contraddizione nel tuo esternare: se trattasi di “falsa dolce notte”, canti e campane assumono suono menzognero, sconosciuto ad altre notti
Felicità? Forse piu’ “realizzabile” nei sogni, molto difficile anche in “una realtà”. Ti ho già espresso mia opinione in merito all’augurarla. Ma, per estensione, posso concepire al massimo frammenti di una felicità tanto impalpabili ,quanto istantanei. Il tempo impiegato per averne coscienza, ed è già tutto finito. Katherine Mansfied, descrisse in maniera meravigliosa l’attimo nel quale la felicità si manifesta, sorta di “scatto”,di fermo immagine:
“All’improvviso siete sopraffatti da un senso di estasi, come se, d’un tratto aveste inghiottito un frammento luminoso di quel tardo sole pomeridiano che vi brucia nell’intimo, mitragliandovi di un effluvio di scintille in ogni intima fibra, in ogni dito delle mani e dei piedi. Oh, non c'è dunque altro modo di esprimere questo stato d'animo senza essere "ebbro e sconvolto"? Com'è idiota, la civiltà! Perchè avere un corpo, se bisogna tenerlo chiuso in un astuccio come un rarissimo violino?”.
Hai mai provato tutto ciò? Se sì, sei stato fortunato. Io, per quanto vada indietro con la memoria, non ricordo nulla di tanto totalizzante
L’impermanenza della felicità, è esattamente come il sole al tramonto: resta per pochi attimi sospeso sull’orizzonte prima di esserne inghiottito. E le prime tenebre si allungano
Vissuta e non subita, nonostante i numerosi inciampi dei quali è costellato il percorso.
Lo stupore, ad ogni età, ripaga di qualsiasi fatica, permettendomi di rialzarmi se mi ritrovo a terra, vittima di “sgambetti”, mi fa attingere nuovo entusiasmo, forza per proseguire.
La vita ha significato solo nei momenti nei quali toglie il fiato.
Anche lo stupore è effimero tanto quanto la felicità, ma forse, a differenza di questa, possiamo replicarne gli attimi , se vogliamo, all’infinito. Così facendo, potrai avere sempre “orme” sulle quali posare i tuoi passi, e magari, scoprire, con “meraviglioso stupore”, che il tuo piede entra perfettamente, in quel leggero “avallamento” creato dai passi che ti hanno preceduto. E allora, l’attimo l’avrai raggiunto e potrai viverlo, godendone appieno.
Solo gli attimi hanno la meraviglia e l’intensità della visceralità. Solo gli attimi, lasciano tracce indelebili, segnano al pari di tacche, la nostra interiorità, donando al sentire straordinaria sferzata :-)
Il mio “dolore bambino” che ancora, periodicamente, si affaccia al balcone della mente e del sentire. Non piu’ distruttivo, non piu’ angosciante, presente in qualche ormai piccolo recesso di me. Ora, si trattiene poco, perché sa di non essere “stato invitato”, sa di non essere gradito ospite. Ho imparato ad abbracciarlo e ora, a tratti, assume persino connotazione dolce. Forse questa dolcezza che non avrebbe ragione di esistere è data dalla consapevolezza che gli agenti scatenanti, non possono piu’ nuocermi: sono venuti meno. Chissà, magari le mie ferite si cicatrizzeranno e allora nella mia anima quietata, ci sarà spazio per il perdono.
E’ reazione spontanea, adoperarmi per proteggere e dare rifugio alle anime sofferenti, non potrebbe essere diversamente: in loro mi identifico.
La sofferenza accomuna, molto piu’ della gioia.
A questo proposito mi vengono alla mente i meravigliosi versi di Kahlil Gibran: Farò della mia anima uno scrigno per la tua anima……del mio petto un sepolcro per le tue pene…….
La speranza…cara amica, tu parli del mio aborrirla. Speranza, spesso fa rima con illusione, tanto piu’ forte riesci provarla, tanto piu’ grande arriverà il disincanto. E da qui a quel senso di vuoto che sconfina in disperazione, il passo è breve. Forse la speranza è segno di impotenza, per non essere in grado di intervenire nel destino, modificandolo, quando sembra solo ostacolarmi, ed assumere i connotati dell’ineluttabilità, mettendone alla prova la mia resistenza.
Troppo spesso la paura del nuovo mi impedisce di tagliare i rami secchi che non hanno piu’ ragione di esistere, che diventano pesanti zavorre, non solo affetti o rapporti che sterili sono diventati o sono fonte di sofferenza, ma abitudini che consolidate, hanno il solo mero scopo di una sorta di rassicurazione, un comodo “tiepido” nel quale rifugiarsi, senza scosse : Il certo per l’incerto. Eppure, non dovrebbe richiedere grande sforzo: i frutti maturi si staccano facilmente dai rami.
Certo, è solo attraverso l’esperienza che impariamo, la nostra scuola sono gli errori, ma il rischio di appassire o marcire, per non fare spazio ai nuovi germogli che premono, è grande. Senza il nuovo, il nostro essere “work in progress” rallenta fino a cessare.
La saggezza, è uno dei pochi graditi frutti dell’albero della maturità, l’unico periodo nel quale possiamo farne tesoro, ma lo sconcerto deriva dal fatto di realizzare che ti manca il tempo necessario per metterla a frutto.
Amare me stessa, è stato un processo lungo e faticoso, e non ancora concluso, costellato di molti inciampi che mi hanno portata piu’ volte di nuovo al “via”, quando pensavo erroneamente di aver percorso buona parte del cammino, convinta di essere riuscita a dipanare quell’intricata matassa che è la mia interiorità. Comportamenti nuovi, a me del tutto sconosciuti, hanno preso il posto di quello che credevo un agire consolidato, non hanno mancato di spiazzarmi. Domandandomi se quella “nuova” me fossi sempre io. Insomma, l’amore per me stessa è ancora fonte di sofferenza. Non ho ancora imparato ad accettarmi completamente per quella che sono.
Penetrata dall’intensità delle parole della “lettera” che hai voluto indirizzarmi. In te mi riconosco.
Sono certa, non esistano parole piu’ adatte per definire la nostra amicizia se non quelle si Simone Weil : L’attenzione è la forma piu’ rara e pura della generosità.
Dove generosità, sta ad indicare una delle caratteristiche piu’ alte dell’AMICIZIA.
Grazie. Un abbraccio stretto
Non chiedo nulla al nuovo anno se non meno pesantezza e il ritorno, finalmente, al sorriso, alla luce dopo anni bui.
Un augurio di luce a te, credo sia quanto di piu’ sentito si possa inviare.