Creato da splendore07 il 06/12/2011

THE VOICE OF SOUL

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« LETTER TO MYSELFIL MIGLIOR AMICO DELL'U... »

THE RANGE

Post n°81 pubblicato il 03 Gennaio 2014 da splendore07

 

Dedicated to an "anxious" friend



Era il periodo di Natale, ed avevo un disperato bisogno di un lavoro.

Dei pochi soldi raggranellati con lavoretti di fortuna, rimediati qua e là, non restava che qualche sgualcito biglietto di piccolo taglio: stavo grattando il fondo del barile.

Quasi tutti i soldi, erano andati via in alcol, e presto, molto presto, non sarei nemmeno stato in grado di pagare quei pochi dollari per l’affitto di quella topaia dove abitavo.

Le 9 di una mattina buia e piovosa, una pioggia battente, rimbalzava con assordante frastuono sulla tettoia di lamiera.

Sembrava, Dio, avesse deciso di cancellare dalla faccia della terra, annegandolo, il proprio fallimento dell’esperimento uomo, rovesciando dal cielo, enormi secchiate d’acqua.

A questo pensavo, mentre tiravo lunghe boccate da una sigaretta ormai ridotta a moccolo tra le dita dalla pelle ispessita e gialla, lo sguardo perso dentro quelle sinuose spirali di fumo.

Mi alzai di malavoglia, afferrai dal tavolo la bottiglia di vino aperta, e, ne ingollai una generosa sorsata, ignorando l’urlo di uno stomaco vuoto dal giorno prima, quando avevo consumato l’unico pasto: un orrendo hamburger grondante grasso, disgustose patate fritte che ricordavano il cartone.

Ad annaffiare il tutto, una nauseante brodaglia nera ottenuta dal riciclo di vari fondi di caffè, in una puzzolente e fumosa caffetteria negli slums vicini al porto.

Cristo! pensai, non posso essere ridotto così!

Piove a dirotto, ho buchi nelle suole delle scarpe, un impermeabile vecchio e strappato in piu’ punti. Uscire, significa avere l’acqua fin dentro le mutande.

All’improvviso, mi venne in mente che John, il perennemente sfatto da un vino di infima qualità, che abitava un isolato piu’ avanti, mi disse avrei potuto rimediare un lavoretto per il periodo di natale a  “The Range”, piccola catena di bricolage: cercavano personale di rinforzo per  quel periodo.

Ero davanti alla scrivania di una donna piccola e secca come un manico di scopa. Viso e camicia, si confondevano, perdendosi, nello stesso colore. Sebravano quasi uno la continuazione dell’altra.

Sollevò la testa, e mi guardò con malcelato disprezzo al di sopra degli occhiali. “Desidera ?”  “Sono Henry Woodward. Mi hanno detto che cercate personale di rinforzo per Natale”.

Mi allungò svogliatamente moduli da riempire.  Glieli resi.

Con freddo distacco, mi disse “Le faremo sapere”.

Lavoro!

Orripilante tuta di un indefinibile colore, tessuto sintetico che faceva  scintille solo a guardarlo, sulla destra in alto, campeggiava enorme il logo della catena.

Avevo un solo pensiero: con i primi soldi guadagnati avrei rifornito di ogni genere di alcolici la dispensa a secco.

Passavo gran parte della notte a bere come una spugna, e alla mattina alle 7 ero in piedi, riuscivo a malapena a trascinarmi fino al lavoro.

Poi, un pomeriggio la vidi.

Una texana, lunghi capelli castano dorato, un bel tocco di carne soda e fresca. Davvero un gran pezzo di fica. Volevo a tutti costi conoscerla, scoparmela.

Labbra rosse e carnose, due tette diritte, con i capezzoli duri, i fianchi rotondi, mi facevano uscire di senno. 

Mi sorpresi a pensare a quelle labbra che si aprivano per fare entrare il mio uccello.

Ci ritrovammo nella mia topaia, scovai una pinta di scotch e ce la scolammo. Io, ne tracannai una dose da tramortire un cavallo.

Ero strafatto al punto da non reggermi sulle gambe, ma scopammo come due amimali in calore.

Mi svegliò un terribile attacco di tosse, mi alzai a fatica in preda a violenti conati di vomito, riuscii a trascinarmi in bagno.

Mi ritrovai inginocchiato davanti alla tazza.

Aprii il rubinetto, attesi che l’acqua fosse gelata, misi il tappo, riempii il lavabo, e ci tuffai dentro la testa.

L’impatto mi mozzò il fiato, ma rimasi lì con gli occhi chiusi a stordirmi di freddo fino a non sentirla piu’.

Se solo potessi buttar via questo schifo di faccia e sostituirla con un’altra, pensai.

Tornai di là, mi infilai lentamente i vestiti, lei mi guardava silenziosa.

“Mi fai sentire meno di zero", le dissi “ la feccia dell’umanità, non è possibile sia una simile nullità! qualcosa di accettabile deve esserci nascosto da qualche parte dentro di me!”

Persi Elisabeth e il lavoro.

Ma, a nessuno fregava un cazzo.

Ero cosciente, sarei durato, finchè sarebbero durati i soldi.

Al diavolo! pensai, ne troverò un’altra da scopare, il mondo è pieno di donne pronte ad aprire le gambe, e troverò anche un altro lavoro, sicuramente migliore di quello schifo a “The Range”. Tenetevi pure i vostri miserabili e pidocchiosi dollari, Henry,  non ne ha bisogno. 

Uscii, e andai a ubriacarmi nella prima bettola che incrociai.

Qualcuno mi riaccompagnò a casa.

Entrai, accesi la radio, scolai il whisky rimasto sul fondo di una bottiglia sul pavimento.

Ridevo, dicevo a me stesso che non ero mai stato così bene, e l’unica cosa che volessi era stare da solo, nessun legame.

Mi ustionai le dita con una cicca di sigaretta, scovata in un angolo del divano e riaccesa.

Mi trascinai fino al letto, inciampai, caddi lungo disteso sul materasso.

Mi addormentai di schianto.

Un nero, pesante sonno, senza sogni.

 (Splendore)

 

Personale e senza pretese, omaggio, al grande Henry Chinaski. 

Ho cercato di ricreare  in  parte,  quelle  torbide atmosfere “bukowskiane”  di disperata dolcezza, volgare durezza di una vita ai margini, ma fortemente voluta

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Commenti al Post:
RavvedutiIn2
RavvedutiIn2 il 04/01/14 alle 06:55 via WEB
E ci sei riuscita in pieno a ricreare le sue atmosfere . Sembra di esserci , nel racconto . Reietto e solitario , il bere come muta richiesta d' aiuto . Ma la sua prigione e' anche il suo rifugio , egli deve solo dar tempo al Tempo , finche' Destino , o Rimorso , o Fallimento , non gli doneranno la chiave per l ' Uscita di Scena Finale con Apoteosi . Oppure no ed egli riuscira' a salvarsi diventando un bravo soldatino come tanti , anche se non ce lo vedo . Atmosfera alla bukowsky , si , lo e' . La societa' trita il tutto ma alcune scorie sfuggono ai denti della gigantesca macina . Lui e' una di queste scorie , un' imperfezione . Ciao Gio' .
 
 
splendore07
splendore07 il 08/01/14 alle 19:18 via WEB
Il racconto si presta a due differenti chiavi di lettura: Henry nella visione “bukowskiana” non fa nessuna richiesta di aiuto. Nelle sue tragiche, violente ubriacature non c’è alcuna spinta autolesionista, nessun abbruttimento che possa ricondurre ad una voglia di annullamento, nessuna ricerca di quell’alcolico oblio come rifugio ad atavici irrisolvibili problemi, dati da una realtà che non capisce e che rifiuta, perché rifiutato si sente, per porre fine ad una esistenza riconducibile alla deriva di una vita condotta ai margini della società. Henry beve semplicemente perché trova estrema soddisfazione nel farlo, nello stesso modo dell’appagamento che trova in un sesso compulsivo. Per lui, alcol e sesso sono quanto di piu’ vicino esiste per essere liberi. Anche il lavoro è visto come sorta di “nemico” che gli impedisce quella libertà, perché esige organizzazione, incasellamenti, conformità che la società impone. Nessun legame affettivo, anche questo è visto come limite alla libertà.
Henry è consapevole che una simile esistenza non puo’ che condurlo a spegnersi lentamente, ma non se cura. Lui vuole solo godere il piu’ possibile di quella vita che non lo vuole. La sua apoteosi è raggiunta nelle parole dello stesso Bukowski : Non possiamo ingannare la morte, ma possiamo farle fare così tanta fatica, che quando arriverà a prenderci, saprà di aver ottenuto una vittoria altrettanto perfetta della nostra.

Bere come muta richiesta d’aiuto. Sottintende un tormento interiore che non si riesce a placare in altro modo, una sofferenza che non investe solo il fisico, ma soprattutto la sfera emotiva. Sono ferite dell’anima che non si rimarginano. Una costante fatica di vivere. Un mondo percepito come ostile. L’appiattimento del sentire, in un vuoto interiore devastane, dove solo lo stordimento, l’ottundimento puo’ portare non consolazione, ma oblio. La vita vissuta come sorta di condanna, ma alla quale non si ha il coraggio di porre fine .
Il primo, un vincente in quanto riesce a farsi beffe della società che detesta, mai si piegherà, non passerà per quell’ingranaggio stritolante che tutto uniforma.
L’altro, un perdente preso nell’ingranaggio della società alla quale è sottomesso, la sua è solo evasione parziale, è solo personale protesta, ad un disagio interiore individuale, ma vive conforme ai canoni della cosiddetta normalità, legami compresi. Anaffettivo, ma la presenza serve come sorta di riparo, di un “tiepido” che rassicura, e garantisce continuità, stabilità. Potrebbe essere il ritratto della vigliaccheria. Il fuggire come strategia, sempre e da tutto.

Grazie Roby mi lusinga sapere sia riuscita a rendere quelle atmosfere così torbide permettendo, a chi legge, di entrare nella “trama”. Io stessa, scrivendolo, l’ho vissuto, visualizzando le situazioni descritte.

La vita mi faceva semplicemente orrore. Ero terrorizzato da quello che bisognava fare solo per mangiare dormire e mettersi addosso qualche straccio. Così restavo a letto a bere. Quando bevi il mondo è sempre lì fuori che ti aspetta ma per un po' almeno non ti prende alla gola.

Come cazzo è possibile che ad un uomo piaccia essere svegliato alle 6.30 da una sveglia, scivolare fuori dal letto, vestirsi, mangiare a forza, cagare, pisciare, lavarsi i denti e pettinarsi, poi combattere contro il traffico per finire in un posto dove essenzialmente fai un sacco di soldi per qualcun altro e ti viene chiesto di essere grato per l'opportunità di farlo?
C. Bukowski
 
Last.Tramp
Last.Tramp il 04/01/14 alle 18:39 via WEB
Henry la squadrò con calma cercando di assaporare i riflessi dei vecchi splendori di quel corpo. Si trovò a pensare a quanti uomini avesse assassinato tra le sue cosce, quella sconosciuta dal cervello di canarina. Le guardò i capelli biondi sfibrati dalle tinte, misurò con alcolica eccitazione la lunghezza esagerata delle gambe, e concluse che anche per lei, forse era arrivata l'ultima fermata. Lo sguardo della donna sembrava sfocarsi nel bicchiere appena svuotato e uno sbaffo di rossetto le solcava gli angoli della bocca. Ad Henry, improvvisamente sembrò di sentire l'odore sudato dei loro corpi morti, e la voglia di averla, di colpo si svuotò del suo significato, come una bottiglia bevuta troppo in fretta. Proprio mentre lei, abbozzando un ghigno ubriaco che avrebbe voluto essere un sorriso, gli mostrava l'orlo strappato delle mutandine...per un paio di birre e un posto caldo dove fermarsi a scappare...
 
 
splendore07
splendore07 il 08/01/14 alle 19:24 via WEB
La incrociò sul ballatoio, mentre saliva le scale di quella vecchia catapecchia dove John abitava.
Aveva approfittato di una pausa da quel diluvio universale, per uscire. Riponeva, in John, ancora, una volta, la speranza di poter avere “dritte” su un altro lavoretto.
Era ormai alla fame, e la padrona della topaia, gli aveva detto che se non avesse saldato la rata dell’affitto, entro pochi giorni, lo avrebbe sbattuto fuori.
Le scale strette e male illuminate, non gli permisero di schivarla. Lei stava scendendo. Quasi le rovinò addosso. Lei, abbozzò un sorriso.
La scia di un profumo a poco prezzo ,di Walmart, tanto dolce da essere nauseante, misto a una zaffata di alcol, lo investì in pieno. Istintivamente retrocedette.
La luce di una lampadina, che occhieggiava da una plafoniera rotta, le colpì il viso, illuminandolo di un riflesso vitreo, quasi malsano. Il volto sfatto, sotto un trucco pesante, ancora conservava quelle fattezze che, in gioventu’, dovevano essere appartenute ad un viso bello dai lineamenti delicati. Gli occhi in particolare lo colpirono: grandi chiarissimi, cangianti, di un verde dorato virante al giallo, occhi da felino. Belle e lunghe gambe, dondolavano in precario equilibrio, su sandali dai tacchi altissimi, una lunga smagliatura le rigava parte della coscia, andando a morire sul polpaccio, sorta di surreale ricamo che un impermeabile troppo corto, non riusciva a nascondere.
Elisabeth, lo aveva piantato da un mese, era tempo si concedesse altro sollazzo, oltre all’alcol…

Ho cercato di immaginare la situazione che precede quella da te descritta

Hai reso ancora piu’ cruda la deriva di due vite ormai ridotte solo a corpi, svuotate di tutto il sentire che fa capo a moti dell’anima. La mancanza assoluta di quella poesia che, permetterebbe alle emozioni di rivelarsi in una parvenza di sentimento, addolcendone i gesti, tramutando un ghigno in un sorriso. Il pennello intinto in una tavolozza di infinite sfumature di grigio.
Intenso l’ossimoro con il quale concludi.
 
   
Last.Tramp
Last.Tramp il 09/01/14 alle 23:10 via WEB
:))) è grammaticalmente scorretto, ma rileggendomi è l'unica cosa che mi piace!
 
     
splendore07
splendore07 il 10/01/14 alle 13:49 via WEB
Mi sarei davvero stupita se, per una volta, almeno, non avessi rivolto verso te, la solita feroce critica. L’ eterna mutevolezza, che ti contraddistingue, ti porta ad esistere e quindi a vivere solo nell’attimo. Ti contraddici o ti confermi in un’alternanza che mai cessa, dettata solo dal tuo desiderio di vita o di morte che ti caratterizza da sempre. Carnefice e vittima di te stesso, senza soluzione di continuità.
Piu’ volte, ho avuto modo di dirti che il tuo scrivere, dovrebbe essere “giudicato” da chi ti legge.
Rifuggi qualsiasi forma di “elogio”, fai dello schermirti, l’unico agire che conosci e che riservi al tuo scrivere, etichettandolo come mera forma adulatoria, quando non lo è.
Sembra quasi una esasperata forma di masochismo, una gratuita sofferenza che ti infliggi, senza motivazione alcuna.
Mai, ho avuto modo di sentire parole di soddisfazione rivolte a quello che esterni, nonostante riscontri positivi di chi ha avuto occasione di “incontrare” la tua prosa.
Eppure, la scrittura è un meraviglioso strumento atto a placare i tormenti dell’anima. Sorta di calda coperta in cui avvolgersi, quando tutto intorno a te, rimanda solo fredde atmosfere. Sensazione che non rimanda al freddo fisico, ma quello molto piu’ intenso che l’anima penetra.
La scrittura puo’ essere meraviglioso riparo, quando ti piove nell’anima, e ti permette di vedere squarci di azzurro, dove il sole splende, almeno per il tempo nel quale, estraniandoti da una realtà priva di emozioni, sei tutt’uno con il nero dell’inchiostro e ,il bianco del foglio.
Sensazione impagabile: la scrittura ha funzione catartica, e tu lo sai bene. Ma la etichetti, svilendola, al rango di “mezzo per espellere tossine”, azzerandola della meraviglia che, solo l’esternare emozioni con l’intensità che ti è propria, ti permette.
 
splendore07
splendore07 il 08/01/14 alle 19:31 via WEB
LA DONNA IDEALE

Sogno di un uomo
è una puttana con un dente d'oro
e il reggicalze,
... profumata
con ciglia finte
rimmel
orecchini
mutandine rosa
l'alito che sa di salame
tacchi alti
calze con una piccolissima smagliatura
sul polpaccio sinistro,
un po' grassa,
un po' sbronza,
un po' sciocca e un po' matta
che non racconta barzellette sconce
e ha tre verruche sulla schiena
e finge di apprezzare la musica sinfonica
e che si ferma una settimana
solo una settimana
e lava i piatti e fa da mangiare
e scopa e fa i pompini
e lava il pavimento della cucina
e non mostra le foto dei suoi figli
né parla del marito o ex-marito
di dove è andata a scuola o dov'è nata o perché l'ultima volta è finita in prigione
o di chi è innamorata,
si ferma solo una settimana
solo una settimana
e fa quello che deve fare
poi se ne va e non torna più indietro
a prendere l'orecchino
che ha dimenticato sul comò.

C. Bukowski
 
 
Last.Tramp
Last.Tramp il 09/01/14 alle 23:08 via WEB
Hai postato solo un'alcolica provocazione, c'è di meglio...l'intensità di "Storie di vita sepolta" oppure "A sud di nessun nord" o "Factotum" sono ben altra cosa...ciao Gio...
 
   
splendore07
splendore07 il 10/01/14 alle 13:09 via WEB
Tutta la vita di Bukowski è stata una continua provocazione, verso la società intera e verso se stesso. In nome di quella libertà che per lui poteva esplicarsi solo attraverso provocazione, ribellione, eccessi, un agire che, per una normale concezione dell’esistenza, puo’ essere ricondotta solo alla deriva dell’emarginazione.
So bene che quei “versi” non rappresentano nulla che possa definirsi “alto lirismo” ,visto che nulla richiama quella intensità espressiva legata ad emozioni esternate, e che qui sono pressoché inesistenti. L’ho solo postata perché quell’immagine della donna, ha un parallelo con la descrizione da te fatta.
 
bizzina61
bizzina61 il 10/01/14 alle 00:22 via WEB
...oggi si nasce in tanti ...settimo figlio della notte come primogenito ...unico ...non amato ..solo auspicato come completezza del proprio Essere....non porta angoscia il fatto che si abbian 102 denti o 3 arti ...cio' che conta ..e' cosa si puo' concepire come macchina di produzione e riscatto " sociale"...Sei un artista?...e chi se ne fotte .. scusa,non hai il tempo libero?...hai un'idea politica?...ed allora ..non puoi seguir Teletutto?...ti piace lo sport ?...non son mica tutti Maradona!...Luoghi comuni ...registrati al posto del nome di battesimo...ed anche quello!...sto seguendo un attore famoso?...Non lo pseudonimo che mi piace ...ma cio' che rappresenta un simbolo evocativo per la radical societa'!..vedi Gio ...il tuo racconto che m'incolla come lettrice...mi scatena a livello umano !...Ho calpestato cotanto Autore e Personaggio cui tu ti riferisci ...non l'ho subito compreso ...finche' non mi son calata nella realta'...Ecco che dalle urla in strada mi e' giunto messaggio ...Partiam dalla cd famiglia patriarcale ...ove la progenie e' possesso ...pensa ,nascer oggetti ...e non soggetti di attenzioni!...un brivido mi coglie ,ma proseguo...la tradizione va rispettata!...Approdo ai monopoli ed alla violenza come scarico di effluvi tossici e d'insoddisfazione...Non sei appagato nelle tue aspettative come compagno o genitore?...i FIGLI fanno i tuoi stessi errori ?...Ed allor giu' botte ,umiliazioni e castrazioni...per far del futuro qualcosa di te non superiore ! Creando l'ennesimo errore ...cio' ti fa credere di non essere sbagliato !...Per spezzare questa catena ,ci vuole ribellione ...pura...non su se stessi ,ma verso coloro che vorremmo "salvare"...Tu, mia impavida, ce l'hai fatta ...Hai scoperto ,con le tue pacifiche armi, cos'e' l'Amore per il tuo bel Frutto ...ma quanti ...soffocati dalle loro mute richieste d'aiuto ..non trovano i mezzi e soccombono ancora!...Se chi doveva amarmi,per logica emozionale , mi ha donato solo autorita' e cieca violenza ,io accetto ...ecco che il mio unico modo per manifestare affetto sara' il medesimo...Grondero' sangue del mio sangue ...come in una tragedia greca ...di folle gelosia impregnata...Ed il mio seme sara' il mio degno germoglio ..Poi il miracolo accade ...Ecco spuntar l'erbaccia malefica dell'Anticonformista...infido per se' e per la societa'...un'Essenza "malata"...Eppure vive senza omertar le regole impresse come tatuaggi ...additato ...senza far dei suoi contatti vittime ,come gli e' stato insegnato...ha memoria...Ma insudicia di umiliazioni...Considera il valore canonico perverso ...e lo rifugge ..s'inebria per vivere non realta' modificata , ma un mondo diverso ..se lo inventa...Pur avendo interiorizzato la violenza come unico modo per donar affetto ed il senso dell'essere un eterno perdente ...ha come scritto sul derma profondo che l'AMORE ESISTE ..seppur travestito...Non sa esprimerlo verso se stesso ..ma per gli altri sfortunati come lui inizia a provar dolce pietas...In fondo ,le Anime da te descritte ,sulla scia del Grande Bukowski..rappresentano la genialita' dell'anima libera ...di coloro la cui vita sembra aver perso ogni senso ..private di paure e pregiudizi ...come fogli neri ove l'inchiostro non lascia traccia e neanche macchia.. "Dal profondo della notte che mi avvolge ,...buia come il pozzo piu' profondo che va da un polo all'altro ,...ringrazio gli dei qualunque essi siano ...per l'indomabile anima mia "(Invictus ..E.Henley) ...dedico a loro ed a te questa prima strofa di un Invincibile...Hai il potere di sorprendermi ...ed in cio' e' la bella poliedricita' che ti avvolge ...Ti abbraccio con tanto affetto,AMICA VERA ...bello davvero! ...Catia
 
 
splendore07
splendore07 il 17/01/14 alle 19:45 via WEB
In una società che tutto uniforma stabilendo regole di comportamento che oggi come mai chiedono agli appartenenti uno “standard” che prevede prestazioni elevatissime e continue, pena l’emarginazione di chi non riesce a realizzarli o di chi consapevolmente li rifiuta perché non tollera un’ingerenza che di fatto è un potente limitatore della libertà individuale. Il soggiacere a regole imposte da altri, non è la concezione del “libero vivere”. Ecco, che allora, chi rifiuta i canoni, viene bollato come anarchico, intendendo con il termine, il "dinamitardo", chi mina la sicurezza della società con il suo eversivo agire, quando nella realtà, l’anarchia, nulla ha a che vedere con questi vecchi, ma comodi stereotipi, servono da potente deterrente per il "gregge", che altrimenti registrerebbe preoccupanti defezioni nelle proprie file.
Un atteggiamento di completa rottura e se vogliamo una silenziosa protesta contro il sistema, che ha il solo fine di danneggiare chi la mette in atto, perseguendola fino al termine della propria esistenza, richiede un coraggio che è appannaggio di pochi, anche se agli occhi dei benpensanti, risulti agire da scriteriati, autolesionisti, di chi non nutra il minimo amore per se stessi e nessuna autostima. Il classico “bubbone” da tenere ben lontano, isolato, perché non ingerisca con le “rivoluzionarie” idee, nella piccolezza e pochezza del pensiero comune. Sarebbe pericoloso che riuscisse a fare degli adepti.
Non è facile amare scrittori come Bukowski, l’indottrinamento ricevuto, su cosa è bene e male, non può che portarci al suo rifiuto. Non sono certo le menti con ristretti orizzonti, che possano leggere il messaggio che sta oltre il suo dissoluto agire: nessuno di loro, lo interpreterà mai come un inno alla libertà, come condanna al meccanismo stritolante dal quale tutti noi siano catturati.
E’ indubbio che si tenda a replicare il “sistema educativo” con il quale cresciamo, la famiglia è la prima forma di società. L’imprinting genitoriale, è sorta di marchio a fuoco non piu’ cancellabile. Quello che sei diventato, è il solo agire che conosci e che, di conseguenza, ritieni giusto, perché è l’unico ritenuto possibile e quindi, verrà replicato con i tuoi figli.
Facile, molto facile crescere con la convinzione di nulla valere e trascorrere l’esistenza fondata su questa convinzione, collezionando solo insuccessi che non faranno altro che incattivire, portando inevitabilmente alla vendetta per avere rinunciato, voltando le spalle, alla ricerca di sorta di riscatto, non ritenuto possibile, vista la radicata concezione di nullità.
Le vittime predestinate saranno la prole.
Si assume così, il doppio agire di carnefici e vittime di se stessi, proiettandolo a seconda delle situazioni vissute, anche su chi è debole, indifeso, in nome di un’autorità di cui si crede investiti, data dal ruolo genitoriale.
Tu Catia, dici “Tu, mia impavida ,ce l’hai fatta”.
Ho avuto successo nell’invertire una tendenza che avrebbe potuto essere tragica, replicando un’educazione fatta di anaffettività, umiliazioni che hanno minano pesantemente la concezione del sé, impedendo quel basilare processo, che vede l’istaurarsi di quel fondamentale tratto che fa dell’individuo, persona capace di amore e rispetto per se stesso, primo fondamento per amare gli altri, perché incapaci di riconoscerlo, accettarlo. Reazione automatica a qualcosa che sconosciuto,incute timore. Non si hanno gli strumenti per decodificarlo, elaborarlo, farlo proprio. Lo si percepirà sempre come inganno, menzogna e quindi fonte di dolore, dal quale proteggersi, sempre e comunque.
E’ un’autentica sfida amare simili persone, ci si troverà inevitabilmente davanti ad individui che vivono sempre con le difese alzate: il mondo è un posto ostile, tutto quello che lo caratterizza anche i sentimenti, sono fonte di dolore, delusione, perdita. L’unico modo di difesa è l’evitamento.
Genera infinita tristezza, realizzare che, non c’è amore tanto grande che possa in alcun modo colmare quella voragine che è il vuoto di chi non ama se stesso.
Sono riuscita a “correggermi” in tempo e il “risultato”, mi riempie di orgoglio.
Faccio mio l’incipit dell' “Invictus”, anche se mi è difficile identificami in un’anima indomita.

Se sono riuscita a sorprenderti, non posso che esserne orgogliosa. Orgoglio derivante dallo spessore della persona dalla quale, le lodi, arrivano.
Ha un suono che non mi è familiare l’essere definita poliedrica, è la prima volta che mi viene attribuito qualcosa che interpreto come talento, grazie
La percezione di un’amicizia autentica è totalmente sentita, e quindi ricambiata :-)
 
   
bizzina61
bizzina61 il 18/01/14 alle 00:13 via WEB
...l'anarchia ...vien considerata malattia ...nel reale e' libera autodeterminata strategia ...un mondo di liberta' occulta ...nel piu' alto pensiero che sorregge l'idealita'...ossia la liberta' di espressione nel rispetto di se stessi che rispecchi l'altro...Vedi ...se ancora non ti sei scoperta ....e' perche' sei troppo attenta a cio' che ti circonda ...Per questo motivo ...essendo come Te ..l'ho fatto io...Benvenuta mia cara nel limbo di chi ha l'orizzonte davanti .Stai camminando con me ...con noi ...percio' ti voglio bene ...e sei il nostro bene...Parole prive di " cultura "...ma che del sentire fanno sottile e penetrante sfumatura ...Siamo sorelle ...Non e' poca cosa ...la poverta' e' ben distante ...due pezzi di cielo variegati ...son meglio di uno...!...non scrivo piu' nulla ,perche' ho il tutto...come il tutto e' in te...mi sei cara! ...Catia
 
     
splendore07
splendore07 il 20/01/14 alle 23:02 via WEB
Crescendo, quando la mia patologica timidezza, frutto di un’autostima inesistente, ha cominciato ad allentarsi, ho “spinto” il mio sguardo oltre il mio percepirmi che solo di poca cosa era fatto, come piu’ volte e da piu’ parti ripetutomi: persona di molto limitate capacità e sprovvista di talento alcuno.
Sono riuscita ad aprire dapprima un piccolo varco, poi, piu’ grande, in quella corazza che avevo indossato a protezione, dall’ostilità del mondo circostante. Di questo, ho cercato di farne nutrimento che è solo cresciuto nel tempo, e che ancora prosegue, perché lungi dall’essere completato.
Ho cercato di rapportarmi con le persone, soprattutto, “operazione” sempre evitata, perché sempre mi son sentita in condizione di inferiorità, pensando di non aver nulla da dare, ma solo da imparare. Mi sono occorsi decenni per capire che, non solo avessi nulla da invidiare ai piu’, ma spesso, il mio sentire ,e la mia conoscenza, si sono rivelati superiori.
Così ho imparato a selezionare coloro i quali, ben pochi assai, ma non avrebbe potuto essere diversamente, fossero sulla lunghezza d’onda delle mie emozioni, e di qui la meravigliosa scoperta di quanto fosse arricchente quello scambio.
Poi, sei arrivata tu,” anima gemella:-), ed e’ fonte di indescrivibile gioia, vedermi ora, in te riflessa, come in uno specchio, vedere dentro la stessa essenza, le stesse vibrazioni, affinchè diventino un tutt’uno.
La scoperta di me, è avvenuta in te, e di questo molto grata ti sono.
Scoprirsi da soli, credo richieda un “lavoro” oneroso, continuo, e non sempre coronato da successo. Se sei così fortunata da trovare chi riesce a dipanare quella matassa intricata che, un sentire tormentato porta ad essere, hai dimezzato i tuoi sforzi.
E’ la straordinaria dimensione sororale che lo permette, forse sempre messa da parte, mai fatta uscire alla luce del sole, mai assunta come splendida forza, come vessillo, da innalzare sul piu’ alto pennone dell’orgoglio di simile comunanza.
La povertà è ben distante da noi, non è cibo che mettiamo alla nostra mensa: di altro ci nutriamo. Di orizzonti infiniti, per esempio, dove lo sguardo non incontra barriere, ma libero indugia, si perde, nelle infinite sfumature di colori proprie di un caleidoscopico sentire che mai verrà meno, ma, si arricchirà nel tempo, forte del nostro comune sentire.
Rettifico, amata Catia, la tua ultima frase: il tutto non è in me, ma in noi. E ancora, un sentito grazie :-)
 
 
Last.Tramp
Last.Tramp il 25/01/14 alle 13:08 via WEB
Biz...il giorno che ripristinerai la trasmissione sinaptica nella tua mente, sarai per me la Poetessa per Elezione. Raramente mi capita di leggere qualcosa che possa anche lontanamente avvicinarsi al tuo sentire. Ma per favore, facci sapere cosa c'era dentro tutti quei puntini! P.S. che funghi coltivi nelle ombre profonde della cantina della tua dimora? ce l'hai un po' di peyote? :)))
 
coluci
coluci il 11/01/14 alle 19:24 via WEB
Torbide atmosfere che troviamo anche in scrittori latinoamericani. Lo stile è stupendo, complimenti. Gli elementi dell scenografia sono indovinatissimi. Me lo sono letto e riletto... gustandolo letterariamente. Un caro saluto di stima. Luciano
 
 
splendore07
splendore07 il 13/01/14 alle 23:06 via WEB
E’ la prima volta che mi cimento con il racconto. La mia preoccupazione era volta al timore di “creare” qualcosa di noioso, che potesse scadere nel ridicolo,(sono convinta che scivolarvisi sia molto piu’ facile di quanto si creda), privo di impianto narrativo che potesse, da solo, “reggersi sulle proprie gambe”. Scritto di getto e riletto solo alla fine. Ho esitato un po’ se fosse il caso di postarlo o meno, anche per una certa volgarità di alcune espressioni che però sono, a mio giudizio, fondamentali per la caratterizzazione del personaggio e dell’atmosfera nella quale si dipanano le situazioni.
Quindi, non posso che essere orgogliosa delle impressioni positive suscitate.
Credo, lo scopo di chi scrive sia raggiunto quando si riesca a coinvolgere il lettore nella trama, consentendogli di vivere le situazioni create, visualizzandole.
Grazie Luciano per la tua “recensione” So che proviene da un “grande” lettore, quindi, maggiormente apprezzate sono le lodi.
 
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