Creato da: DukeInformer il 29/05/2014
l'informazione senza confini - find us on twitter @norbordersnews

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Maggio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
    1 2 3 4 5
6 7 8 9 10 11 12
13 14 15 16 17 18 19
20 21 22 23 24 25 26
27 28 29 30 31    
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

Ultime visite al Blog

fusiditesta79aquileservizisaligotigre73tcarloreomeo0lesaminatoreferrariogisellaDukeInformersybilla_cmauriziocamagnaSTREGAPORFIDIAGraphic_Usersensibilealcuorestreet.hasslelubopo
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

 
« Omicidio Loris, quante i...Roma, ecco il libro dell... »

Il jobs-act è legge: si del Senato. Votazione 166 - 112. Sparisce l'articolo 18. (La Stampa)

Post n°147 pubblicato il 04 Dicembre 2014 da DukeInformer
 

«Abbiamo tolto l’articolo 18, è successa una cosa enorme, cambia l’Italia. Ed è un risultato ottimo in Senato, con 166 a 112 aumenta ancora il divario tra maggioranza e opposizione, siamo a più 54», ragiona alle nove di sera Matteo Renzi. Una giornata double face quella del premier: la lettura dei giornali del mattino sulla mafia romana lo fa imbufalire, col passar delle ore Renzi matura la convinzione di dover assumere misure drastiche per infilare il bisturi nel Pd capitolino. Ma dodici ore dopo, quando il suo Jobs act incassa il sì definitivo del Senato, l’umore volge di nuovo al bello e il risultato epocale portato a casa lo galvanizza.  

 

Renzi è euforico e non ne fa mistero con i suoi interlocutori prima di andare nel ring di Mentana a Bersaglio Mobile. Come sempre e specie in un tornante storico come questo, il premier dà subito una lettura politica dell’evento, che se proiettata in avanti è densa di buoni auspici nella visione del premier.  

 

Davanti a sé ha una serie di numeri che raccontano un work in progress foriero di sviluppi positivi per un governo sempre sul filo del rasoio in Senato e alle prese con la battaglia strenua contro la palude che frena le riforme: «L’ultima fiducia era finita 163 a 120, dunque l’opposizione ne perde altri otto e sono quei grillini che non votano più la sfiducia».  

 

Tradotto, anche se non mettono la faccia con un sì al governo, non gli votano contro, un cambio di passo. «Se pensiamo che il primo dei voti di fiducia era finito 169 a 143, si vede che diminuisce l’opposizione e se la legislatura va avanti e io penso che andrà avanti, ci sarà un ulteriore spostamento di consensi verso la maggioranza». E qui il premier azzarda una previsione, che sembra poggiare su qualcosa di più che su un semplice presentimento: «Raggiungeremo una cifra record di 175-180 voti a favore».  

 

«I risultati sul lavoro sono i più forti del mio governo», è il bilancio del premier. «Abbiamo tolto l’articolo 18, sembrava succedessero sfracelli, siamo andati avanti goccia dopo goccia, passo dopo passo e siamo riusciti a cambiare qualcosa che sembrava impossibile modificare in Italia.  

 

E nel giro di qualche mese abbiamo dato risposta alle crisi industriali italiane, mettendo mano alla geografia industriale del paese». Il premier elenca uno ad uno i principali nodi affrontati: «Oggi abbiamo fatto Terni, poi c’è stato Livorno. E non dimentichiamoci di Alitalia: era una crisi industriale che poteva essere un disastro e oggi ha un futuro. Electrolux, Ansaldo Energia a Genova, Eni a Gela, Irisbus, Ferriera a Trieste, le acciaierie di Piombino. E stiamo affrontando con coraggio, come non ha fatto nessuno, la questione Ilva a Taranto. Insomma, abbiamo trovato un tessuto industriale in totale crisi e un mercato del lavoro ingessato: ditemi se non ci sono risultati, anche se sono in crisi di consensi...». 

 

E quello sul Jobs act è un risultato che Renzi rivendica più di ogni altro. Anche se non è indolore: clima incandescente nella capitale, studenti e precari ingaggiano scontri con la polizia a cento metri dal Senato, dentro il palazzo la sinistra Pd si piega a votare la fiducia «ma con riserva» turandosi il naso, due civatiani escono dall’aula, Mineo vota contro il governo.  

 

Sel protesta con i cartelli in aula «Jobs act è un ritorno all’800», Poletti difende un testo «significativamente cambiato». Anche se Renzi neanche li cita, gli fanno gioco i sì compatti di quella trentina di bersaniani. Che però restano «vigili» sui decreti attuativi del jobs act. Quei decreti che il governo ha già in serbo, pronti per essere emanati, primo tra tutti quello sull’articolo 18 che andrà in vigore dal 1 gennaio 2015. «Per attrarre aziende straniere a investire serve anche sapere che un licenziamento ha un costo economico ma non un’incertezza giudiziaria...», taglia corto Renzi. 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963