Creato da Giuranna il 05/07/2008
Blog di Giovanni Giuranna - consigliere comunale della lista civica Insieme per cambiare di Paderno Dugnano

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La scommessa è un blog di Paderno Dugnano Responsabile Giovanni Giuranna (da giugno 2014 consigliere comunale per la lista civica Insieme per cambiare).

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'NDRANGHETA A PADERNO DUGNANO, SERVE UNA RISPOSTA FORTE

Post n°425 pubblicato il 18 Dicembre 2009 da Giuranna
 

 

La presenza della 'Ndrangheta a Paderno Dugnano richiede una risposta forte da parte della società civile e delle istituzioni.

Firma l'appello di don Ciotti (LIBERA e Gruppo Abele) contro la vendita dei beni sequestrati alle mafie.

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Alla mafia si risponde inasprendo le confische

don Luigi Ciotti su Famiglia Cristiana | 6 dicembre 2009

La norma passata in Finanziaria compromette i risultati sin qui conseguiti nella confìsca di beni dei mafiosi. Le proposte di Libera e di Avviso pubblico perché il Paese si riappropri di ciò che davvero è "cosa nostra". Gli arresti e le condanne da soli non bastano. È necessario colpire la mafia nei suoi interessi. Le deve essere sottratto il denaro sporco".
Pio La Torre, grande sindacalista e uomo politico ucciso da cosa nostra, è stato il primo a capire la necessità di attaccare l'economia mafiosa. La legge Rognoni-La Torre del 1982, approvata dopo la sua morte, introduce l'articolo 416 bis, che definisce il reato di associazione mafiosa, e istituisce la confisca dei beni del crimine organizzato. Quattordici anni dopo, nel 1996, Libera raccoglie un milione di firme per una legge, la 109/96, che finalizza la confisca all'uso sociale: le ricchezze mafiose sono un furto alla collettività.
E, come tali, alla collettività devono tornare. Ora quella legge, che ha permesso la confisca di 9.100 beni e l'assegnazione di circa 5 400 (di cui 539 consegnali alle forze di polizia, il resto gestiti da 480 Comuni e da 150 associazioni), rischia di essere tradita nello spirito e mutilata nell'efficacia. Un emendamento della Finanziaria passata in Senato stabilisce infatti che i beni immobili non destinali entro i tempi previsti - tre mesi o sei nei casi più complessi - siano messi in vendita. Data la difficoltà delle procedure e le lungaggini burocratiche, è ipotizzabile che la norna sia applicata alla totalità dei beni.
Sono infatti ben 3.213 quelli attualmente bloccati all'agenzia del Demanio: il 36 per cento perché soggetti a ipoteche bancarie, il 30 perché occupati, un'altra consistente pane perché beni indivisibili. Libera non ha mai considerato il divieto di vendita come un "dogma" che non ammette eccezioni. In questo caso, però, l'eccezione rischia di diventare la regola, e le prime a rallegrarsene sarebbero proprio le organizzazioni criminali: già ora fanno di tutto per eludere i controlli e riappropriarsi dei beni, figuriamoci se terreni, ville e alberghi fossero messi all'asta!
A essere colpiti, con la credibilità delle istituzioni, sarebbero i risultati di una legge che non si è limitata ad affermare un principio etico, ma l'ha tradotto in metodo, in orizzonte operativo: la lotta alle mafie è efficace se sappiamo saldare il contrasto al crimine con le politiche sociali, i posti di lavoro, i progetti educativi capaci di risvegliare le coscienze, denunciare le complicità e le contiguità, aprire un varco nell'edificio d'illegalità, corruzione, indifferenza su cui si fonda il potere mafioso.
Una legge che ha saldato la legalità alla corresponsabilità, e che ha individuato nelle attività sui beni confiscati una delle chiavi di volta del cambiamento. Non possiamo permetterci di perdere questo patrimonio, di uccidere la speranza che ha generato, di vanificare una ricchezza sociale, etica, culturale nata dalle ricchezze sporche di sangue delle mafie.
Per questo, come Libera e Avviso pubblico, abbiamo chiesto di ritirare l'emendamento. Ma nello spirito costruttivo che ha sempre animato il nostro rapporto con le istituzioni - spirito di servizio da non confondersi col servilismo - non ci limitiamo a dire no: la nostra denuncia vuole essere proposta.
Si rafforzi allora l'azione di chi indaga per individuare le ricchezze dei clan. Si introducano norme e organismi che facilitino il riutilizzo sociale dei beni. Venga applicata la nonna che estende la confisca e l'uso sociale alle proprietà dei corrotti. Siano prioritariamente destinati ai familiari delle vittime e ai testimoni di giustizia i proventi dei beni mobili e i soldi sottratti alle mafie. Ma non vendiamo quei beni confiscati che rappresentano il segno del riscatto di un'Italia civile, onesta e coraggiosa. Perché quei beni sono davvero tutti "cosa nostra".

 
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