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24 Maggio: l'Esercito una festa meriterebbe

Post n°141 pubblicato il 23 Maggio 2015 da pasquale.zolla
Foto di pasquale.zolla

24 Maggio: quando il Piave, in festa, mormorava

Perché non reintrodurre il giorno festivo in onore dell’Esercito Italiano?

Il 24 maggio 1915 l’Italia entrava nella Prima Guerra Mondiale, dieci mesi dopo l’inizio delle ostilità in Europa, divisa tra interventisti e neutralisti, oltrepassando il confine italo/austriaco e puntando verso le terre del Trentino, del Friuli e della Venezia Giulia.

La guerra coinvolse 27 paesi, costò dieci milioni di morti, 20 milioni di feriti ed enormi distruzioni.

Fu la prima guerra moderna con l’impiego di aerei, sottomarini, carri armati, mitragliatrici e gas tossici e terminò con l’eliminazione dell’impero austroungarico, di quello ottomano e di quello degli zar, travolto dalla rivoluzione bolscevica del 1917.

Fu l’inizio del declino della vecchia Europa e si portò dietro un’epidemia (la spagnola) che provocò più morti della stessa guerra e un’inflazione e recessione che culminarono nella grande crisi del 1929.

Tra le poche voci che si levarono contro la guerra, quella più autorevole fu di Benedetto XV, che fu definito il “Papa della pace!”

In Italia contro l’entrata in guerra si schierarono i cattolici, i socialisti e i giolittiani; a favore: il governo Salandra, i liberali, i nazionalisti, Gabriele D’Annunzio e Filippo Tommaso Marinetti che nel “Manifesto del futurismo” aveva proclamato la guerra “la sola igiene del mondo!”

Benito Mussolini, in un secondo tempo, lasciò la direzzione dell’Avanti per fondare il Popolo d’Italia, a favore naturalmente dell’intervento. Cosa che gli costò l’espulsione dal Psi.

Nel 1919 la Conferenza di pace di Parigi deluse le aspettative degli interventisti, in quanto all’Italia venne concesso solo Trento, Trieste e l’Istria, più l’Alto Adige, ma non Fiume e la Dalmazia, che mosse D’Annunzio ad occupare Fiume e che fu utilizzata a vantaggio del nascente partito fascista, che si avviò alla conquista del potere, grazie anche alla crisi economica, alla svalutazione della lira, alla debolezza della classe dirigente liberale, alle ripetute crisi di governo, alle agitazioni di piazza e all’occupazione delle fabbriche durante il biennio rosso, nonché i timori dell’allora re d’Italia e della borghesia.

Nel 1918, a guerra finita, il poeta e musicista napoletano Giovanni Gaeta, noto con lo pseudonimo di E. A. Mario, scrisse la Leggenda del Piave che iniziava con: Il Piave mormorava, calmo e placido, al passaggio dei primi fanti il 24 maggio!

Una canzone che ancora oggi è ben presente nella memoria di molti italiani!

 

 ‘A prima uèrre munnjale

Év‘a uèrre d’i avete idjale,

idjale ka i ‘Taljane rennèvene

urgugghjuse d’èsse tal’è pperzine

u Pjave, k’u murmurjìje suje,

ve partecepaje, nvugghjann’i surdate

u nnemike a’ frundire a fremmà.

Ma ‘a uèrre, arresapute éje,

sckitte mòrte arrekéj’è i murte

accise d’è kòlpe d’arme da fuke

kuccetill’ usate assemègghjene

ka kum’a bbuttigghje ròtte jettate

vènene. ‘Na vóte kakkun’have skritte

ka dòrce éje murì  p’u pajése

pròbbete. Ma nd’a uèrre ninde  stace

de dòrce nd’a mòrte. Se móre kum’a

kacciune sènza nu bbune mutive.

Kuanne i ‘lefanne sciarrjèjene sèmbe

l’èrev’éje a ‘rrumanè ciambjate

è akkussì, dòpp‘a uèrre, succiudéje

a ndire pajìse k’arrumanene

ke nu ‘sèrcete de struppjate, de ggènde

k’i lakreme a l’ucchje è dde marjule.

È uèrrafundaje de gògge mò dì

vògghje de mètte nd’i kure ammòre

è nnò udje pekkè ‘a prjèzze ka Ddìje

ce have date sópe a stu munne

sckitte k’ammòre pód’èsse kambate!

 

 

La prima guerra mondiale

Era la guerra degli alti ideali,

ideali che gli Italiani rendevano

orgogliosi di essere tali e perfino

il Piave, col suo mormorio,

vi partecipò, invogliando i soldati

a fermare il nemico alla frontiera.

Ma la guerra, è risaputo,

porta solo morte e i morti

uccisi da colpi d’arma da fuoco

sembrano recipenti usati

che come bottiglie rotte buttate

vengono. Un tempo qualcuno ha scritto

che è dolce morire per la patria

propria. Ma nella guerra nulla c’è

di dolce nella morte. Si muore come

cani senza un buon motivo.

Quando gli elefanti combattono sempre

l’erba è a restare schiacciata,

e così, dopo la guerra, succede

a interi paesi che restano

con un esercito di storpi, di gente

a lutto e di ladri.

Ai guerrafondai di oggi adesso dire

voglio di riempire i cuori di amore

e non di odio perché la felicità che Dio

ci ha concesso su questa terra

solo con l’amore può essere vissuta!

 

 



 

 
 
 
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