pasqualezollaIl blog di Pasquale Zolla |
Messaggi di Giugno 2015
Post n°148 pubblicato il 29 Giugno 2015 da pasquale.zolla
Ancora oggi si associa la festa della Madonna delle Grazie a quella della Visitazione di Maria ad Elisabetta, il 31 maggio. Anticamente la festa si svolgeva il lunedì in albis, poi fu spostata al 2 luglio, e ancora oggi la si continua a festeggiare in tutte le località ove la Vergine delle Grazie viene venerata. La Madonna delle Grazie è così detta perché è Colei che ha portato al mondo la Grazia per eccellenza, Gesù, per cui la si può ben definire la Madre della Divina Grazia ed è anche Colei che intercede per noi presso Dio, che nulla a Lei nega. Maria è, infatti, una madre amorosa che ottiene tutto ciò che gli uomini necessitano per ottenere l’eterna salvezza. Anche Dante ha evidenziato, nel XXXIII Canto del Paradiso, la potente opera di intercessione che Maria opera tra l’uomo e Dio: Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disïanza vuol volar senz’ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fïate liberamente al dimandar precorre. Grazzjòne a’ Madònne d’i Grazzje Ȯ Celèste Tesurire de tutte i grazzje, ò Meserekurdjòse despenzatrice d’i grazzje devine, Mamme de Ddìje è Mmamma mìje, Tu k’haje recevute nu kòre ka se semòve a pjetà d’i umane sbendure, semuvete a pjetà d’a anema mìje è kkungideme ‘a grazzje d’a ‘mminze tuje bbundà. Dind’a tè, tane d’i pòvre pekkature, kunzulatrice d’i ‘fflitte, speranze de ki despére, ghìje repunéje òggnè mìje feduce è ssekure sònghe ka me utterraje da Ggesù ‘a grazzje p’u bbéne de l’alma mìje. È akkussì sìje! Preghiera alla Madonna delle Grazie O Celeste Tesoriera di tutte le grazie, o Misericordiosa dispensatrice delle grazie divine, Madre di Dio e Madre mia, Tu che hai ricevuto un cuore che si muove a pietà delle umane sventure, muoviti a pietà dell’anima mia e concedimi la grazia della tua immensa bontà. In te, rifugio dei poveri peccatori, consolatrice degli afflitti, speranza di chi dispera, io ripongo ogni mia fiducia e sicuro sono che mi otterrai da Gesù la grazia per il bene della mia anima. E così sia!
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Post n°147 pubblicato il 24 Giugno 2015 da pasquale.zolla
Ciò che ci ha lasciato La Seconda Repubblica Non so se con Renzi ci si trovi ancora nella seconda o siamo già nella terza Repubblica. Fatto sta che i risultati ottenuti dalla politica nella seconda Repubblica sono veramente deprimenti. E pensare che quando avevo una trentina d’anni i giovani fecero una rivolta generazionale, da me condivisa, contro il sistema delle persone anziane che detenevano il potere politico, considerati solo dei benpensanti. Erano giovani di destra e di sinistra che si trovarono dalla stessa parte della barricata e che facevano della componente ideologica della politica una demonizzazione; lottavano fianco a fianco per rovesciare il potere. Oggi, nel ricordare quegli avvenimenti, mi viene il dubbio che gli scontri di piazza, le occupazioni e le prese di posizione contro i gerontocrati non abbiamo poi portato a risultati entusiasmanti, anzi sono più che deludenti perché destra e sinistra, essendo completamente interscambiabili, hanno tolto ai partiti che li rappresentavano dei riferimenti ideali, una visione del mondo dove chi sbagliava pagava di persona. Oggi Destra e Sinistra, appoggiate entrambe al centro moderato, siedono sugli scranni parlamentari per mantenere il potere, selezionando, tra l’altro, il personale da eleggere tra cretini fedeli invece che tra brave persone indipendenti; gente che ha un alfabeto ridottissimo, un lessico imbarazzante e una fiducia in se stessi tanto grande quanto ingiustificata. Gente che pensa solo a mantenersi e a mantenere in futuro, tramite privilegi e vitalizi, non solo se stessi ma anche parenti, eredi ed aventi causa. Gente che racconta solo frottole allo scopo di sottacere i veri, reali problemi del Paese: mancanza di lavoro, giovani costretti ad espatriare per avere un futuro, debito pubblico che aumenta a dismisura, l’Europa che ci soffoca con l’austerità e si rifiuta di fare la propria parte nell’affrontare l’emergenza dei barconi carichi di africani che fuggono da guerre e fame, la scuola che vorrebbero agli ordini di dirigenti d’istituto che avrebbero il potere di vita e di morte sui docenti. Oggi vivere per gli italiani è diventato un verbo ostico per molti, costretti a dormire in macchina perché la giustizia, voluta dai politici, spesso toglie loro casa, lavoro e affetti, ma non riesce a debellare il malcostume e la disonestà che regna in tutti gli Enti gestiti dai politici, perché si riesce sempre a trovare un sotterfugio per salvaguardare i loro privilegi. (Roma, oggi, rappresenta il non plus ultra d’ogni male esistente nel Paese!) Oggi si sono talmente unite, Destra e Sinistra, che non hanno aperte bocca di fronte all’insensata proposta del premier Renzi sulla fusione di Cgil, Cisl e Uil sotto un’unica sigla. A questi signori politici vorrei ricordare la vicenda di Franestein che, mettendo insieme parti di più cadaveri, riuscì solo a creare un mostro. E voi, cari politici, col vostro fare, state creando un Paese di mostri, dove si arriva addirittura a invogliare a sparare sui profughi nordafricani che cercano salvezza da guerre fratricide! E Renzi, novello Napoleone, continua a blaterare che tutto ciò che fa è per il bene del Paese, ma non riesce a vedere i grandi errori che sta commettendo, anche perché non ne vuole sentire parlare di proposte serie e migliorative a ciò che propone. L’Italia va cambiata! Ma col sostegno e le proposte che vengono dal basso e cioè dal popolo!
Kurje puzzulènde
Kuann’u mure de Bberlìne kadìje
tuttekuand’i ‘taljane penzajene
ka i ‘duluggìje mòrte èvene,
sòpattutte mbuliteke, dekretanne
‘a fine d’a Ritte è dd’a Manghe ka,
ò’ cèndre, nd’i muderate, nuve cigghje
cerkajene. Kuillu krjature nate
da póke ke l’akkua lòrde venìje
jettate è ‘a vèstje ‘djòlòggeke,
lebberate d’a kangiòle, venìje
accise k’i ‘déje, i destenzjune
è kkuilli ‘djale ka libbre rennèvene,
kuilli sunne ka ce prezzervavene
juvene. Nu bbrave kandande ‘merekane
kandave ka ku suparrevà d’i vinde
d’u kaggnaminde darze abbesuggnave
tuste funnaminde. Mméce i nuve
akkucchjaminde puliteke krjate
hanne meljune de partetille ka
addevendate sònne ‘na skurciatóre
pe se putè sestemà. Mmakande de
prugramme, ma chjìne chjìne de kòske
è bbalekune affaristeke. Ròbbe
da kummarèlle d’u putrusine
a pezzetille fatte, chjacchjarune
k’è krestjane tutte da véve dèvene.
(È ddanne!) Sènzavete da preferì
partit’èvene, jang’ò russce ka fussere,
a ndò ce stèvene krestjane ka ce
mettèvene d’u lóre, pagavene de
perzòne è nen’addevendavene
vajasse de nessciune. Maggnavene
pure lóre, ma facèvene maggnà!
Gògge sckitte si s’arretòrn’a’ Ritte,
ò’ Cèndre muderate è a’ Manghe,
kurje puzzulènde, pe nen jettà ò’ vinde
i ‘mmaggene bbèlle de kuillu ‘jìre
ò scetarze d’u sóle, putarrime ‘n’ata vóte bannire svendulà da kunnevide
a ucchje arrapirte p’u Pajése megghjurà!
Cadaveri in putrefazione
Quando il muro di Berlino cadde
tutti gli italiani pensarono
che le ideologie erano morte,
soprattutto in politica, decretando
la fine della Destra e della Sinistra che,
al centro, tra i moderati, linfa nuova
cercarono. Quel bimbo nato
da poco con l’acqua sporca venne
buttato e la bestia ideologica,
liberata dalla gabbia, venne
ammazzata con le idee, le distinzioni
e quegli ideali che rendevano liberi,
quei sogni che ci preservavano
giovani. Un bravo cantante americano
cantava che col sopraggiungere dei venti
del cambiamento bisognava darsi
solide fondamenta. Invece le nuove
aggregazioni politiche creato
hanno miriadi di partitini che
sono diventati una scorciatoia
per potersi sistemare. Vuoti di
programmi, ma contenitori di cosche
e logge affaristiche. Roba
da comari del prezzemolo
tritato, ciarlatani
che alla gente tutto da bere davano.
(E danno!) Senz’altro preferibili
erano partiti, bianghi o rossi che fossero,
dove c’erano individui che ci
mettevano del loro, pagavano di
persona e non diventavano
servi di alcuno. Mangiavano
anche loro, ma facevano mangiare!
Oggi solo se si ritorna alla Destra,
al Centro moderato e alla Sinistra,
cadaveri in putrefazione, per non gettare via
le immagini belle di quel passato
con il risveglio dell’alba, potremmo di nuovo bandiere sventolare da condividere
ad occhi aperti per migliorare il Paese!
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Post n°146 pubblicato il 19 Giugno 2015 da pasquale.zolla
San Luigi Gonzaga Luigi fin da piccolo mostrò doti intellettive, ricche di sensibilità e forza, che guidarono le sue scelte verso grandi ideali. Nasce il 9 marzo 1568 da Ferrante Gonzaga e Marta Tana Santena. La madre, donna di cultura e di fede, lo educò alla preghiera e alla carità, mentre il padre gli regalò una piccola armatura che a cinque anni lo porterà a Casalmaggiore a fare l’ufficiale e a sparare il cannone. Tra il 1577/78 fu, insieme al padre e al fratello Rodolfo, a Bagni di Lucca, dove venne accolto alla corte di Francesco de’ Medici a Firenze e maturò le sue convinzioni verso la Madonna dove, davanti alla santissima Annunziata, a Lei si consacrò. Nel 1579 il padre, eletto principe del Sacro Romano Impero, fece rientrare i figli a Castiglione dove Luigi il 22 luglio 1580 ricevette la prima comunione dal cardinale Borromeo. Dal 1581 Luigi visse a Madrid e il 29 marzo 1583 tenne un discorso in latino davanti al re. Il 15 agosto di quello stesso anno Luigi si disse certo, davanti alla Madonna del Buon Consiglio nella chiesa del collegio della Compagnia di Gesù, che il Signore lo voleva gesuita. La madre era contenta, ma il padre si oppose, per cui Luigi, nel 1584, scappò di casa e il padre, di fronte a quell’evento, cedette e il giovane il 2 novembre 1585 firmò l’atto di rinuncia al marchesato. Nel novembre 1585 fu a Roma, dove venne ricevuto dal papa SistoV ed entrò nel noviziato di Sant’Andrea al Quirinale. Dopo un breve soggiorno a Napoli per ragioni di salute, fu trasferito al Collegio Romano per concludere gli studi di filosofia. Il 25 novembre 1587 pronunciò i primi voti religiosi. Nel 1588 ricevette gli ordini minori in San Giovanni in Laterano. Nel febbraio 1591 scoppiò a Roma un’epidemia di tifo petecchiale e Luigi fu tra i volontari. Venne preso da una grande febbre che lo avviò alla morte. Era il 21 giugno 1591. Di Lui possiamo dire che concepì la sua esistenza come un dono da spendere per gli altri, tanto da immolare la sua giovinezza in un servizio eroico di carità fraterna! Kare Salluvigge A Tè, sèmblece è kkumbedènde adurature d’i desiggne d’u kòre devine, ke feduce m’arrevulgéje p’auttenè u rjale d’a devine meserekòrdje ka me rènne libbre da tutt’i katéne d’u munne è nne ngéde è’ mujìne de facel’è ffaveze meragge de pjacére. Rinneme destemune d’a purèzze d’u kòre pe kunnevide ‘a stèssa tuje passjòne pe l’òme, arrekunusscènne nda ghisse, chjunghe ghisse sìje, ‘a presènze devine de Kriste. Ndreccedìje ke Ggesù è Mmarìje pekkè pòzze auttenè u rjale de kundemblà u mestére de Ddìje, mìja kunzulazzjòne, mìja speranne, lustre de tutte i nòtte è dde tuttekuande i pròve. Caro San Luigi A Te, umile e confidente adoratore dei disegni del cuore divino, con fiducia mi rivolgo per ottenere il dono della divina misericordia che mi renda libero da ogni mondana schiavitù e non ceda alle lusinghe di facili e fallaci miraggi edonistici. Rendimi testimone della purezza del cuore per condividere la tua stessa passione per l’uomo, riconoscendo in lui, chiunque egli sia, la presenza divina di Cristo. Intercedi presso Gesù e Maria perché possa ottenere il dono di contemplare il mistero di Dio, mia consolazione, mia speranza, luce di tutte le notti e di tutte le prove.
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Post n°145 pubblicato il 11 Giugno 2015 da pasquale.zolla
Antonio di Padova: il Santo dei poveri e dei diseredati Fernando de Bouillon nacque a Lisbona il 15 agosto 1195 e la madre lo considerò un protetto speciale della Madonna. Entrato in convento a dodici anni sentì la necessità di allontanarsi da Lisbona per entrare tra gli Agostiniani di Santa Croce di Coimbra, per seguire il Cristo in povertà, lasciando il paese natio e lo stesso nome Fernando, per scegliere Antonio, in onore dell’abate a cui era intitolato l’eremo (S. Antonio degli Olivi), in cui aveva conosciuto il nuovo ordine. Si dice che la sua vocazione fosse maturata nel gennaio 1220 ai funerali dei protomartiri francescani, martirizzati in Marocco nonostante il permesso di predicazione del sultano. Ma l’unica notizia certa è la scelta del nome Antonio d’Olivares e lo sfortunato tentativo di una missione, fallita a causa del mal di mare. Difatti dal porto di Ksar-e-Kebir Antonio chiese di imbarcarsi su di una caravella per la Spagna, ma il viaggio fu catastrofico perché all’infermità si aggiunse anche il naufragio, che lo portò sulle coste della Sicilia. Un francescano laico, Giovanni, ex soldato di Federico II, convinse i naufraghi che Dio stesso li aveva guidati in Italia perché partecipassero al Capitolo di Pentecoste, alla Porziuncola. Non si sa se in tale occasione Antonio incontrasse Francesco, ma è certo che in detto luogo ebbe la prima apparizione della Vergine col Bambino Gesù, a cui era particolarmente devoto. Padre Graziano, provinciale francescano di Montepaolo di Romagna, gli propose di seguirlo. E così fu! Nella primavera del 1222 sentendo discutere i confratelli dell’eresia catara, intervenne quasi senza accorgersene con tale foga che fu, per lui, la prima predica, che lo porterà ad essere predicatore itinerante a Rimini, dove converte Bonillo col miracolo della mula. Sempre a Rimini si ebbe anche il miracolo della predica ai pesci, in quanto predicando in riva al mare i pesci accorsero in gran numero e misero la testa fuori dall’acqua per ascoltarlo. A differenza di Francesco d’Assisi, egli non ebbe alcun bisogno di ritirarsi fisicamente dal mondo per entrare in contatto con Dio; la sua cella all’interno del monastero gli garantì l’intimità sufficiente e dopo una notte passata in contemplazione egli tornava sempre più sereno del solito ai suoi impegni comunitari. La sua povertà fu vissuta non come fine a se stessa, ma come strumento di soccorso per gli indigenti, per i quali venne istituito il cosìdetto pane di S. Antonio. Si distinse come predicatore itinerante in Italia e in Francia, con un’ottima preparazione teologica che lo mise in grado di spiegare agli umili i dogmi delle scritture. Si trovava in un convento provenzale quando gli fu recapitata una lettera di Francesco in cui veniva nominato Vescovo ed autorizzato a predicare teologia. La sera del 3 ottobre 1226, mentre predicava ad Arles, apparve nitida ai presenti l’immagine di San Francesco. Più tardi si verrà a sapere che in quel preciso momento Francesco era spirato. Nel 1227 venne eletto padre provinciale dell’Emilia e della Lombardia; nel 1229 fissò la sua sede a Padova, che diverrà famosa per la sua presenza. Qui vedrà di nuovo il Bambino Gesù e morirà nel 1231. Il conte di Camposampiero, Tiso, fu testimone dell’apparizione di Gesù ad Antonio, che conversava con lui in carne ed ossa. Quando Antonio si accorse di essere osservato, il Bambino scomparve ed Egli fu colto da un profondo turbamento, tanto che fece promettere al conte di non rivelare mai a nessuno ciò che aveva visto. Il conte, per accontentarlo, gli fece costruire una celletta su di un albero di noci, dove Antonio potè vivere in assoluto isolamento. Il 13 di giugno, sapendo di essere in punto di morte, chiese di essere trasportato nella chiesa di Santa Maria Mater Domini di Padova, ma durante il tragitto le sue condizioni peggiorarono e i confratelli tornarono indietro. Nella nebbia della calura estiva Antonio vide una donna piangente con in braccio un bambino completamente nudo, come morto. Antonio le chiese cosa fosse accaduto e lei gli rispose che fuggiva perché degli uomini cattivi la inseguivano per uccidere il bimbo. Per aiutarla Antonio prese in braccio il bimbo, che si svegliò e gli sorrise.Anche la donna gli sorrise, alzando il volto verso di lui. Il Santo subito si rese conto che era la Vergine Maria. Si dice che prima di morire Antonio sia tornato giovane e sano e trapassò a nuova vita cantando un inno mariano. Ciò fa comprendere a noi la sua mistica: bisogna accogliere i bambini non perché è peccato respingerli, ma perché essi sono la riproduzione continua e vivente del mistero chiamato incarnazione che, come tutti i dogmi, è impossibile capire a fondo e va, quindi, vissuto. Anche perché in ogni bambino si rispecchia il Cristo; ogni madre che allatta e si occupa della sua creatura partecipa alla beatitudine della Vergine. Sin da quando era in vita e subito dopo la morte fece innumerevoli miracoli, tanto che Gregorio IX lo canonizzò già nel 1232! Grazzjòne a Sandandònje de Paduve Ȯ kare Sandandònje de Paduve, Tu ka sì sale d’a tèrre è llustre d’u munne, faje ka u kambà mìje chjìne sìje d’òbbre bbòne p’annuncià Kriste tuttekuand’i jurne; arrape ‘a kapa mìje è u kòre mìje a’ kanusscènze d’i mestére de Ddìje è arrjaleme u kuragge de kuille ka p’a pace ubrèjene, ‘a lustrèzze d’i pure de kòre è ‘a jenerusetà d’i meserekurdjuse. A Tè me vóte p’a prutezzjòne tuje addummannà pe apputè aùttenè da Ddìje ‘a salute d’u kurje è dd’u spirde. Pemmè Tu sìje u kumbaggne fedéle ka me pòrte a Ddìje facènne d’u kòre mìje ‘na chjìse peccenènne, nu sanduàrje d’u kambà e dd’a ‘mmòre k’arrapì pòzze, nu jurne, i pòrte d’u Règgne d’i Cile a ndò putè arrepusà pessèmbe a Tè ‘vvecine!
Preghiera a S. Antonio di Padova O caro S. Antonio di Padova, Tu che sei sale della terra e luce del mondo, fa che la mia vita sia colma di opere buone per annunciare Cristo tutti i giorni; apri la mia mente e il mio cuore alla conoscenza dei misteri di Dio e donami l’ardore di coloro che operano per la pace, la limpidezza dei puri di cuore e la generosità dei misericordiosi. A Te mi rivolgo per chiedere la tua protezione per poter ottenere da Dio la salute del corpo e dello spirito. Sii per me l’amico fedele che mi guida a Dio facendo del mio cuore una piccola chiesa, un santuario della vita e dell’amore che possa aprire, un giorno, le porte del Regno dei Cieli dove poter riposare per sempre accanto a Te!
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Post n°144 pubblicato il 07 Giugno 2015 da pasquale.zolla
La solennità del Corpus Domini È una delle festività principali dell’anno liturgico della Chiesa Cattolica. Venne istituita l’8 settembre 1264 da Papa Urbano IV; nacque però in Belgio nel 1246 come festa della diocesi di Liegi. Il suo scopo era quello di celebrare la reale presenza di Cristo nell’Eucarestia. L’introduzione di questa festività nel calendario cristiano la si deve principalmente a suor Giuliana di Cornillon, una suora agostiniana vissuta nella prima metà del tredicesimo secolo. Da giovane avrebbe avuto una visione della Chiesa con le sembianze di una luna piena, ma con una macchia scura, ad indicare la mancanza di una festività. Nel 1208 ebbe un’altra visione: le sarebbe apparso Cristo stesso che le chiese di adoperarsi perché venisse istituita la festa del Santissimo Sacramento, per ravvivare la fede dei fedeli e per espiare i peccati commessi contro il Sacramento dell’Eucarestia. Furono l’iniziativa e le insistenti richieste della suora a far sì che, nel 1246, Roberto de Thourotte convocò un sinodo ed ordinò, a partire dall’anno successivo, la celebrazione della solennità del Corpus Domini. Si dovette aspettare, però, il 1264 perché la celebrazione venisse estesa a tutta la Chiesa universale, grazie anche ad un miracolo eucaristico avvenuto a Bolsena nel 1263. Un prete boemo si fermò a dir messa a Bolsena ed al momento dell’Eucarestia, nello spezzare l’ostia consacrata, fu pervaso dal dubbio se essa contenesse veramente il corpo di Cristo. A fugare i suoi dubbi, dall’ostia vennero fuori alcune gocce di sangue che macchiarono il bianco corporale di lino liturgico (oggi si trova conservato nel Duomo di Orvieto) e alcune pietre dell’altare, tuttora custodite in preziose teche presso la basilica di Santa Cristina. Venuto a conoscenza dell’accaduto Papa Urbano IV istituì ufficialmente la festa del Corpus Domini estendola dalla circoscrizione di Liegi a tutta la cristianità. Detta festività veniva celebrata il giovedì successivo alla solennità della Santissima Trinità, in quanto rievocava la liturgia della Messa in Cena Domini del giovedì santo. Nel 1977 la conferenza episcopale decise di spostare i festeggiamenti alla seconda domenica dopo Pentecoste. In occasione della solennità del Corpus Domini si porta in processione, racchiusa in un ostentorio, un’Ostia consacrata ed esposta alla pubblica adorazione: viene adorato Gesù vivo e vero, presente nel Santissimo Sacramento. È l’unica processione dell’anno liturgico ad essere di precetto, secondo il diritto canonico. In detto giorno la mia Città, Lucera, si veste a festa: i balconi vengono addobbati con lenzuola e coperte pregiate e negli angoli più suggestivi del percorso della processione vengono innalzati altarini con immagini di Gesù e colmi di variopinti fiori. Al passaggio del Santissimo Sacramento petali di fiori vengono buttati, tanto da rendere la strada ammantata di colori. È un modo per manifestare pubblicamente la fede del popolo Lucerino in questo Sacramento, in cui la Chiesa trova la sorgente del suo esistere e della sua comunione con Cristo, presente nell’Eucarestia in corpo, sangue, anima e divinità. ‘A preggessjòne d’u Sandissime Sagramènde ‘A preggessjòne p’i strate se ne và d’u pajése, a ndò pikkuele vutare sònne state agavezate, chjéne de fjure ke ‘a ‘mmaggene de Kriste, p’akkògghje u relekujarje ke u Sandissime Sagramènde purtate da menzeggnòre. Bbòmmine ke sscille fatte ke pènne de paper’a rrète ‘a preggessjòne vanne, p’arrappresendà langelicchje sóp’a tèrre sscennute; u tutt’akkumbaggnate d’a bbanne ka sòne ’na museke celestjale. Nda nu ciste ka a ‘na uandire assemegghjéje duj’angele pòrtene ‘na ssckanate de pane, nu manucchje de spike de rane è ‘na bbuttigghje de vine ka sònne u sanghe è u kurpe de Kriste nustre Seggnòre è dind’a òggnè kkóre trase ‘a ‘mmór’a ‘nzime a nu sinze de granne mestére. Tra ngiz’è ffrònne de fjure jettate d’è bbalekune a ffèste vestute, u pòpele s’addenucchjéj’ò passagge de Kriste nd’u Sandissime Sagramènde. La processione del Santissimo Sacramento
La processione va per le vie cittadine, dove piccoli altari sono stati alzati, ornati di fiori con l’immagine del Cristo, per accogliere il reliquiario con il Santissimo Sacramento portato dal vescovo. Bimbi con ali fatte con penne d’oca dietro alla processione vanno, per rappresentare gli angeli scesi sulla terra; il tutto accompagnato dalla banda che suona una musica celestiale. In un cesto che somiglia un vassoio due angeli portano una pagnotta di pane, un pugno di spighe di grano e una bottiglia di vino che sono il sangue e il corpo di Cristo nostro Signore e in ogni cuore entra l’amore insieme ad un senso arcano. Tra incensi e petali di fiori buttati dai balconi a festa vestiti, il popolo si prostra al passaggio di Cristo nel Santissimo Sacramento.
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Inviato da: cassetta2
il 14/02/2024 alle 18:49
Inviato da: pasquale.zolla
il 25/11/2023 alle 12:53
Inviato da: cassetta2
il 19/11/2023 alle 17:05
Inviato da: pasquale.zolla
il 17/10/2023 alle 18:41
Inviato da: amorino11
il 25/07/2023 alle 19:11