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RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - MARCELLO MOSCHEN

Post n°168 pubblicato il 21 Febbraio 2011 da raccontiitaliani

15-             LA VITA
                     

                       Passano i giorni lieti, tristi                       avvenimenti mai visti                       ti fanno sognare                       ed ancora a lungo vorresti errare.
                       Ricordi lontani ti fanno gioire                       e vorresti sentirne                       la dolce carezza                       e riviverne sempre l'ebbrezza.
                       Ma sei vecchio ormai e non puoi                       ora correre, ridere e correre ancora,                       ti resta soltanto una cosa infinita:                       la vita!
16-                 L' ORIZZONTE                       
                       La stretta strada di campagna                        che mi riportava alla realtà.              
                       Pensieroso, anzi assillato                       da problemi irrisolvibili                       e ingombranti andavo, mirando                       confuso l'orizzonte.                       Ma non lo scorgevo affatto, preso                       com'ero da un affanno ingrato:                       quello di pensare sempre te: amante,                       figlio, amico ( o che parola più comune )                        dovrei ancora usare per non turbare                       sempre la tua attenta suscettibilità.
                       Si! guardavo un filo viola                        che tagliava, anzi spezzava                       in due la terra al cielo,                       con la sua irrealtà.
                       E l'orizzonte non m'appariva                       come l'avevo sempre immaginato.                       Questo orizzonte era molto frastagliato.                       Sembrava proprio che l'avessi costruito                       te, pessimo tagliatore, con forbici                       assassine, intenta solo a modellare                       la tua futile e contorta vanità.                       
17-                  GRANDINE                                       
                          E quando piove, tu                          diventi grandine.                          E ogni grano che violento                          cade nel mio terreno asciutto,                          è più d'una ferita.
18- IL NUME PROTETTORE
Notte tempestosa di temibilebufera. Turba il vento, con mugugniriottosi, l'intima preghiera.Invocavo la pace cercando veritàe la ragione perduta tempo fa.Ma i santi non m'ascoltano piùessendo peccatore.Chi ho contrariato amando troppocon passione insana, quel grandeuomo che a me appariva un numeprotettore?Tacciono le divinità.Cessata è la bufera.La notte resta nera.
19- STELLE CADENTI
Precipitava velocemente un astrosolcando l'aria con sfacciata luce.Credulo del solito potere delle stellecadenti, espressi fiducioso un desiderio:
- Ti rivolevo ancora come una volta,  quando la terra e il cielo, insieme,  ci abbracciavamo formando sopra noi  unico guscio.-
Molto tempo è passato. Nulla s'è avverato!E quel mistero popolare che m'illuse senzache tu ritornassi, mi rende ancora sognatore,ma fermo a un precipizio, incapace di muoverealtri passi.
20-            DISPERAZIONE
Il sole, alto, trafiggeva il mare.Un gabbiano, sulla riva, attendevadi morire, esausto dai quotidiani voli dispersivi e senza fine.
Accomunato a lui provai la stessafiacca, e subito sentii afona la mortestrozzarmi duro con forzute braccia. 
                         
  21-             A chi non è capitatoda bambino ancoraalla scuola elementare, durante il dettato,o la bella scrittura: sbagliare!
Si prendeva la gommae cancellando si cercavadi correggere l'errore.
La carta, a furia di sfregaresulla sua superficie, si bucava.Cosi', di nuovo si ricominciava.
Da grande, nella vita è stato poilo stesso!Sugli sbagli cancellatialtri se ne sono accumulati
E, come un cancro,giorno per giornohanno mangiato l'animae la mia gioventù.
22-          E se non fosse amore? Pur sele palpitazioni erano violentepiù della voglia di cercare?No! il nostro è più che amore.E' un gabbiano che vola altocome l'aeroplano, spezzandole nuvole gravide di pioggiae trafiggendo come frecciail cielo screziato d' ametista.                            Atterra poi sulle pistedel cuore, lambito da una luceper farlo esplodere: vogliamatta di godersi il fruttoprelibato, con avidità.Respiriamo uniti, strettida un laccio che non creasofferenza, ma la remotaletizia che ha dato semprevoce ai poeti e ai cantoriche vivevano nella santità.
23-          INNO             
                   " Anima pura! "   ti dicevo calmoconvinto della vera affermazione.
" Dammi la tenerezza! "   esortavotremante, portando le tue mani alla mia testa che stava posata sul tuo cuore.
E tu, sospinto a forza dalla passioneche temevi sempre di rivelare, coi piedipuntati sotto ai miei, sollevasti il mio corpo per intero e come una tegolam' adagiasti su te, caldo e fremente.
Viso contro viso. Torace con torace.Perfetto sincronismo di tutti i movimentiChe legavano l'addome mio al tuo.
E ti rubai il respiro… Il fiato accumulato in quel momento.Tutto fu mio. Io, soltanto tuo.Il tempo fu fermato!………………….…non muore in me, l'ora di quella notteche ancora canta con vibrazione acutal'inno per te, che mi ha ridato vita.
24-              GIOCO
Passa l'amaro giorno della mia sconfittae dal tuo volto il gaudiodell'ultima conquista.
Ma, pure traditore resti sempre l'unico padrone,della mia mente immersanel più scabroso giocoche ha acceso la passione.
         25-              Ci siamo divorati: avideconchiglie in un tappetodi sale. Ora, restano gusciumidi, sovrapposti, nella morbidanotte che genera illusioni.
     Un gabbiano, in mezzo al mare,     solo, senza compagno, privo     di fratelli attende aiuto     dopo molteplici richiami.
- A chi racconterà le insidiosepassioni che gli struggonoil cuore, se nessuno è vicino? -
                          Torna! E con un lampo                          incendia ancora i sogni                          miei ed i pensieri tutti                          come Nerone, per gioco,                          bruciò l'antica Roma.                          
                         
         26-            L' INCANTATORE                       
                          Ieri, t'abbandonavi come un pulcino                          alla carezza lieve d'una mano;                          al gioco serio della vera magia                          che mi rendeva di te, l'incantatore.
                          Dopo, rigirando il tuo corpo caldo                           e bruciante su lenzuola bagnate                          di sudore, da tanta brace,                          tale a un serpente scivolasti via                          togliendomi la pace.
                          Ed io, incantatore, rimasi ancora solo                          pronto a morire della solita agonia.
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