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RIVISTA GIURIDICA ITALIANA ONLINE - RIASUNTO DIRITTO AMMINSTRATIVO - PARTE IX - DOTT. RAPHAEL MOSCHEN

Post n°11 pubblicato il 28 Marzo 2009 da rivistagiuridicaita
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IX. I vizi del provvedimento amministrativo

 

Un discorso a parte va fatto con riferimento ai vizi dell’atto amministrativo, vizi che possono andare dalla semplice irregolarità dell’atto, che in quanto tale è sempre sanabile, ad una vera e propria invalidità dell’atto medesimo che, nelle sue forme più gravi, porta ad escludere l’esistenza giuridica dell’atto. In tale caso il provvedimento è come se non fosse stato mai emanato dall’amministrazione. Si pensi, ad esempio, ad un provvedimento emanato da una autorità amministrativa diversa da quella cui il legislatore aveva attribuito il relativo potere.

La figura principale di invalidità del provvedimento amministrativo è rappresentata dalla illegittimità che si ha quando l’atto, pur essendo esistente da un punto di vista giuridico, presenta un vizio che lo rende difforme dalla fattispecie astratta prevista dal legislatore.

La presenza del vizio comporta l’annullabilità dell’atto da parte della stessa amministrazione che lo ha emanato (in sede di ricorso amministrativo o di autotutela) o da parte del giudice amministrativo.

I vizi in presenza dei quali può procedersi all’annullamento dell’atto amministrativo possono essere di due tipi: vizi di merito e vizi di legittimità.

Nel primo caso l’annullamento del provvedimento viene chiesto in quanto lo stesso non raggiunge nel modo più conveniente ed idoneo il risultato che la stessa amministrazione si proponeva.

Queste ipotesi però sono assai limitate e devono trovare il proprio fondamento in apposite previsioni legislative in quanto i vizi di merito attengono agli aspetti sostanziali della scelta operata dall’amministrazione, che viene così sindacata sotto il profilo della opportunità. Come ad esempio nell’ipotesi in cui si impugna un provvedimento del Sindaco - con il quale viene dichiarata l’inabitabilità di un appartamento seminterrato, e conseguentemente ne viene ordinato lo sgombero per ragioni igieniche - sulla base della considerazione secondo cui il provvedimento è fondato semplicemente su una relazione dell’ufficiale sanitario, relazione basata su accertamenti assolutamente erronei. In questo caso, quindi, al giudice viene chiesta una valutazione, in termini di opportunità e di convenienza, della scelta operata dall’amministrazione.

Nel secondo caso, invece, ai sensi dell’art. 26 del TU 1054 del 1924 sul Consiglio di Stato l’annullamento del provvedimento amministrativo può essere chiesto se il provvedimento risulta essere viziato per:

incompetenza - cioè se emanato da una autorità amministrativa che non è legittimata a farlo. Si pensi ad un provvedimento di competenza dell’autorità regionale che viene adottato da quella comunale (incompetenza assoluta). O ancora, al caso di un piano regolatore adottato non dal Consiglio comunale bensì dalla Giunta (incompetenza per materia), o di un provvedimento adottato dal Prefetto con riferimento ad una provincia diversa (incompetenza per territorio); o, infine, di un provvedimento di competenza del Ministro che invece viene adottato da un direttore generale dello stesso Ministero (incompetenza per valore o per grado).

violazione di legge - che ricorre nelle ipotesi in cui vi sia un effettivo contrasto tra il provvedimento ed una disposizione normativa, si pensi ad esempio alle ipotesi in cui il provvedimento amministrativo non sia affatto motivato in violazione dell’obbligo espressamente previsto nella legge 241 del 1990 (art. 3).

eccesso di potere.

Quest’ultima figura è frutto di una complessa elaborazione giurisprudenziale. Secondo lo schema originario, che in qualche modo ricalcava il detournement de pouvoir dell’ordinamento francese, il provvedimento era viziato da eccesso di potere tutte le volte in cui si riscontrava un uso del potere da parte dell’amministrazione per un fine diverso da quello cui era preordinato.

La figura dell’eccesso di potere si è modificata fino a ricomprendere al suo interno anche quelle ipotesi in cui l’amministrazione nell’emanare un provvedimento amministrativo, non ha tenuto in debito conto l’interesse pubblico alla cui cura era preordinata la sua azione. Si è in presenza del vizio dell’eccesso di potere anche in quei casi in cui non risulta esservi corrispondenza alcuna tra la scelta concretamente effettuata e le premesse giuridiche e di fatto poste a base della scelta dell’amministrazione. O anche, ad esempio, in quelle ipotesi in cui l’amministrazione abbia omesso di considerare altre possibili soluzioni al problema, soluzioni che avrebbero avuto magari una incidenza (negativa) minore nella sfera dei destinatari. E’ il caso di un provvedimento con cui è viene ordinata la chiusura delle discoteche sulla base della considerazione che l’esposizione per un certo numero di ore ad una pressione sonora così elevata riduceva il livello di attenzione nella guida. Questo provvedimento può essere impugnato e annullato per difetto di istruttoria se risulta che nella individuazione delle possibili scelte, l’amministrazione non ha neppure contemplato l’ipotesi di ordinare alle discoteche di ridurre le emissioni sonore.

Nel corso degli anni, la giurisprudenza ha individuato alcun accadimenti tipici dai quali è desumibile l’esistenza dell’eccesso di potere, ai quali si è fatto cenno prima, le cosiddette figure sintomatiche dell’eccesso di potere quali:

la manifesta illogicità del provvedimento - si è in presenza di questa figura, ad esempio, nel caso in cui sulla base degli elementi raccolti nel corso dell’istruttoria procedimentale l’apertura di uno stabilimento industriale in una determinata zona appare una scelta opportuna, invece, al termine del procedimento viene emanato un provvedimento negativo, cioè l’autorizzazione all’apertura dello stabilimento viene negata, contrariamente a quanto ci si aspettava in base all’istruttoria condotta dalla stessa amministrazione.

la contraddittorietà con precedenti provvedimenti dell’amministrazione;

la disparità di trattamento e l’ingiustizia manifesta che ricorre nell’ipotesi in cui nel corso di una procedura concorsuale, nella valutazione delle prove dei singoli candidati la commissione esaminatrice applica in maniera difforme uno stesso criterio di valutazione, o applica criteri diversi per i singoli candidati. Si faccia, ad esempio, il caso di un concorso strutturato su una prova scritta ed una prova orale. La commissione prima di iniziare la selezione stabilisce che saranno ammessi alla prova orale quei candidati che hanno risposto correttamente ad almeno quattro quesiti sui cinque proposti. Al termine della prova scritta, invece, si scopre che è stato ammesso alla fase successiva un candidato che ha risposto correttamente solo a tre quesiti, mentre gli altri candidati nella sua stessa situazione, cioè gli altri candidati che hanno risposto correttamente soltanto a tre quesiti, sono stati esclusi dal concorso. O ancora al caso in cui l’amministrazione comunale nega la concessione edilizia ad un soggetto proprietario di un terreno, mentre l’ha concessa ai proprietari di terreni confinanti che versavano nella medesima situazione.

L’elaborazione di queste figure da parte della giurisprudenza ha ampliato sensibilmente i confini dell’eccesso di potere tanto da garantire un controllo, prima precluso, della legalità sostanziale dell’azione dell’amministrazione sino a garantire, secondo le ricostruzioni dottrinali più recenti, un sindacato sulla ragionevolezza della scelta dell’amministrazione.

In altri termini, dunque, il giudice per tale via può andare a verificare se la scelta concretamente adottata dall’amministrazione possa o meno essere considerata consequenziale, sul piano logico, rispetto alle premesse (di diritto e di fatto) evidenziate nella situazione concreta.

 

 
 
 
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