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5 marzo 1992: in morte di Silvio Lorenzini di Laura Picchi e il caso lorenzini nel capitolo 7 scritto da Ciancarella
Post n°195 pubblicato il 26 Febbraio 2011 da laura561
5 marzo 1992: in morte di Silvio Lorenzini di laura picchi Dal capitolo 7 del Manoscritto Impossibile Pentirsi di Mario Ciancarella: (..) Lorenzini sara’ ritrovato ustionato ma ancora in vita ad alcune decine di metri dall’aeroplano (anche qui potrete valutare il comportamento della Commissione peritale che si e’ ben guardata dal definire correttamente la posizione al suolo del corpo di Silvio rispetto al punto di impatto finale del velivolo, quasi cio’ non costituisse un particolare di rilevante importanza ai fini della comprensione della dinamica dell’accaduto). Silvio morira’ trentatre giorni dopo l’incidente, anch’egli in circostanze strane, se non oscure, proprio quando sembrava aver superato una fase delicata del percorso medico di ristabilimento in salute.(..) (..) Parlammo a lungo con un membro della forestale che aveva svolto le operazioni di soccorso e subito apparve strana la condizione di Silvio Lorenzini trovato fuori e lontano dai rottami, con il corpo ustionato in larghissima parte ma con il volto ed il torace praticamente intatti anche se stravolti dal gonfiore per il calore delle fiamme.(..) (..) E’ una testimonianza molto delicata quella del Lorenzini che andiamo ad analizzare e che va letta con molta attenzione, perche’ e’ su di essa che si fonda la conclusione del Magistrato (in verita’ vedremo poi che non e’ cosi’. Il Magistrato non ha neppure riportato correttamente gli elementi emersi da questa deposizione). Quindi ingranditela il piu’ possibile per leggerla correttamente. Lorenzini parla di tre fuochi e non di due. Evidentemente la sua specificazione di quei tre fuochi e non due era in risposta a due fuochi che necessariamente devono essere stati citati nella “domanda del GIP”.
Ma e’ proprio la Commissione, nei suoi stessi allegati, che ha potuto accertare che i fuochi di sterpaglie presenti in zona fossero solo due. Dunque perche’ tre, secondo Lorenzini?
Forse se fosse stato ascoltato qualche psicopatologo si sarebbe potuto capire come spesso coloro che rimangono bruciati nei propri mezzi di locomozione ricordano un incendio esterno al proprio mezzo, e solo quando avranno liberato l’inconscio e avranno potuto rivivere il proprio incidente, saranno in grado di focalizzare che l’incendio ricordato era quello sviluppatosi in realta’ a bordo del proprio mezzo. Ecco dunque quel terzo focolaio di fuoco nel “ricordo” di Lorenzini che altrimenti sarebbe incomprensibile, perche’ i fuochi erano oggettivamente ed incontrovertibilmente solo due. Anche perche’, come risulta dalla relazione del Corpo forestale dello Stato, gia’ analizzata sopra, era stato lo stesso Lorenzini a relazionare i suoi interlocutori a terra sulle caratteristiche dei due fuochi in atto.
Ad un certo punto, a pagina due a meta’ della risposta di Silvio, il verbale viene chiuso dandosi “atto” che per le sue condizioni il Lorenzini” - soggetto a dosi massicce di antidolorifici ed ipnotici, ricordiamolo - non fosse in grado di partecipare attivamente, lucidamente ed efficacemente alla deposizione.
Ma improvvisamente Lorenzini deve aver detto delle parole e subito il Magistrato si e’ affrettato a verbalizzarle, facendo cancellare la chiusura del verbale.
“Il vento, ci porta giu’” avrebbe detto Sandro, in quelle parole del Lorenzini. “Ricordo che stavo parlando con forestale, via radio, quando mi sono trovato giu’”. “Sandro ha detto eh, eh”.
Come poteva aver detto Sandro “Il vento, ci porta giu’” se in quel giorno non c’era vento? Lorenzini tuttavia non stava mentendo, ma solo ricordando una diversa circostanza. Appena la settimana prima era stata organizzata una grande cena con Sandro ed i familiari di Lorenzini per festeggiare lo scampato pericolo di un possibile incidente. In una giornata molto peggiore di quella domenica, con forti raffiche di vento ed in un volo dentro le gole della lunigiana e Garfagnana, Sandro e Silvio si erano trovati in condizioni critiche e di alto rischio, ma con l’esperienza e la capacita’ professionale che possedeva Sandro aveva addomesticato il velivolo costringendolo ad assecondarne le manovre di uscita dalla fase critica. Ed e’ molto probabile che egli avesse potuto dire, in quella circostanza, quel “eh, eh”, che era il suo ghigno di soddisfazione quando domava situazioni di rischio.
Sarebbe stato sufficiente andare a vedere come in quel volo particolarmente a rischio, il vento gia’ al decollo toccasse punta di 15/20 KTS e si presentasse con raffiche improvvise e micidiali specie se unite alla ordinaria turbolenza delle vallate.
Ma c’e’ un altro particolare di assoluta rilevanza che ne’ la commissione, ne’ il Magistrato hanno inteso valutare. Silvio Lorenzini stava si’ parlando con un agente della forestale come abbiamo gia’ visto, ma l’incidente non e’ accaduto mentre i due parlavano bensi’ alcuni minuti dopo, perche’ nel frattempo Sandro e Silvio si erano diretti sugli osservatori al suolo che stavano bruciando sterpaglie per avvisarli di spegnere a mezzo del magafono. E la circostanza era stata confermata da alcuni escursionisti.
La circostanza si legge sia nella relazione della Divisione Provinciale del Corpo Forestale sia in quella di alcuni escursionisti al suolo che, secondo la stessa relazione, avrebbero dichiarato di non aver saputo comunque distinguere le parole che venivano dall’aereo. L’aereo e’ infatti precipitato tra le 15.05 (ora in cui il testimone oculare citato dal rapporto della forestale dichiara di aver registrato l’incidente) e le 15.07 (orario rilevabile dall’orologio rinvenuto dai Carabinieri tra i rottami, come risulta dal verbale che abbiamo gia’ analizzato poco prima).
Invitato “da qualcuno” ad avvisare, a mezzo del megafono a bordo, le persone a terra di spegnere i fuochi, Silvio Lorenzini chiude le comunicazioni intorno alle 15.00, precisa la relazione, confermando di recarsi sulla loro verticale per avvertirle di provvedere a spegnere. E deve averlo fatto perche’ cosi’ hanno riferito anche degli escursionisti (di cui purtroppo il funzionario relatore non ha ritenuto di prendere le generalita’, ne’ chi ha ricevuto quelle dichiarazioni aveva alcuna autorita’, credo, per ottenere le generalita’). Dunque quando il velivolo e’ precipitato e Lorenzini “si e’ trovato giu’” egli non stava piu’ parlando da almeno cinque minuti con nessun interlocutore a terra della forestale.
Ma la confusione di questi riferimenti e’ ben comprensibile in un soggetto fortemente ustionato, che ha subito una serie spaventosa di condizioni da choc appena 76 ore prima dell’interrogatorio, e che e’ soggetto ad un trattamento farmacologico di assoluta rilevanza.
Nella sua frettolosa ansia di trovare una ragione comoda all’incidente, invece, il Magistrato che pure aveva chiuso l’incidente probatorio appena prima, assume totalmente le affermazioni di Lorenzini e tralascia piuttosto di chiedere ai medici curanti e raccogliere nel fascicolo una precisa mappatura della estensione e collocazione “geografica” sul corpo di Silvio Lorenzini delle ustioni, e l’eventuale rilevamento delle tracce di un suo ipotetico trascinamento sul suolo. Una simile indagine avrebbe potuto rilevare come entrambi gli avambracci di Lorenzini risultassero ustionati fino quasi alle ossa, come lo fosse la schiena, e come invece il volto, pur alterato dal calore, ed il torace apparissero stranamente quasi intatti. Ben difficilmente sarebbero state trovate sulle ferite tracce di trascinamento. (..) (...) Il fratello di Silvio Lorenzini, intervenne alla fine della presentazione delle foto in serie di diapositive e ci racconto’ con grande amarezza di come fosse morto il fratello, il 5-3-1992 e cioe’ trentatre giorni dopo l’incidente. E di come si fosse convinto in quella serata che anche a lui “fosse stata chiusa la bocca” perche’, riacquistando progressivamente una piena salute, non potesse dire cosa era davvero successo a bordo.
E ci racconto’ di quei giorni in cui tutti ritenevano che ormai il pericolo di vita per Silvio fosse scampato, e come alcuni assistenti del primario dessero per certo che la fibra fortissima di Silvio lo avrebbe riportato alla piena salute. Un lunedi’ sarebbero iniziati i bagni necessari a liberarlo dai lembi di carne morta delle ustioni, e sarebbe stato necessario prevedere anche delle trasfusioni. Il fratello di Silvio, sapendosi compatibile e conoscendo una certa ritrosia del fratello a trasfusioni con sangue di terzi, si offri’ per la donazione. Ed il medico cui si era rivolto lo aveva rassicurato che non c’erano problemi, anzi. Ma al momento dell’intervento il primario fu categorico nell’escludere la possibilita’ di quella donazione del fratello. Tre ore dopo aver fatto la prima trasfusione con il sangue.dell’ospedale, pero’, Silvio’ sarebbe entrato in blocco renale e non avrebbe superato la crisi che cio’ determino’.
“Ora - ci disse (dopo averci dato soprattutto conferma della grande cena di ringraziamento per lo scampato pericolo corso nei giorni precedenti all’incidente per causa del vento) -, avverto che la sua morte potrebbe non essere stata una tragica fatalita’ come siamo stati indotti a pensare. E non so darmi pace per non aver chiesto la verifica di quel sangue trasfuso.” E ci lascio’, ancora piu’ mesto se possibile, per essere stato messo di fronte alla evidenza del cinismo del potere.(...)
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Inviato da: Grademiner
il 19/04/2024 alle 06:49
Inviato da: Utente
il 05/01/2023 alle 20:53
Inviato da: cassetta2
il 09/12/2022 alle 10:02
Inviato da: cassetta2
il 30/10/2022 alle 15:26
Inviato da: cassetta2
il 26/10/2022 alle 19:59