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Abolire i Promessi sposi?

Post n°419 pubblicato il 08 Aprile 2015 da meninasallospecchio

Ho letto da qualche parte che si sta ipotizzando di eliminare dai programmi scolastici la lettura dei Promessi sposi e vorrei dire la mia opinione in proposito. Ma prima di avventurarmi in una lunga e noiosa disquisizione (più noiosa del polpettone che vorrei risparmiare agli studenti), vi dico subito che sì, sono d'accordo, è ora di rottamare Manzoni.

Cominciamo con una domanda: quanti sono arrivati fino in fondo? Perché a scuola si leggevano i primi capitoli, vivaci , pieni di ironia e di deliziosi personaggi sagacemente tratteggiati. Poi si sbavava un po' sulla monaca (all'epoca ci accontentavamo di poco), e poi? Poi finiva la scuola, la prof diceva: finitelo voi nelle vacanze, e ciau bale, come si dice dalle mie parti. Io l'ho finito, neh, ma che due marroni! E tra l'altro sembra quasi che la scuola insegni perversamente a mollare le cose a metà. Come la Divina Commedia, di cui tutti conosciamo solo l'Inferno. Alla fine abbiamo rimasticato un po' di Paradiso, giusto perché ce l'ha raccontato Benigni, ma di Purgatorio ci ricordiamo solo il nostro, quello che abbiamo fatto per studiare.

Ora, io quando auspico la rottamazione del Manzoni, non è che lo faccio a cuor leggero, sono una che la scuola l'ha sempre presa molto sul serio. E a suo tempo, quando è toccato a me, difendevo le ragioni della lettura scolastica dei Promessi sposi. Che sono squisitamente didattiche e hanno poco a che vedere con la qualità dell'opera. Cioè, nella nostra scuola leggiamo la Divina Commedia perché è il capolavoro della letteratura italiana, ma non leggiamo i Promessi sposi per la stessa ragione. Se così fosse ci sarebbe molto da dire. Certo, è il miglior romanzo che sia stato scritto in Italia nell'800, ma non è che ci voglia molto.

Però la colpa non è di Manzoni. Diceva il mio prof al liceo: i limiti di Manzoni non sono limiti suoi, ma della cultura italiana. Sono molto d'accordo con questa opinione. Manzoni era un uomo intelligentissimo, estremamente colto e con una formazione cosmopolita. Non era lui il provinciale, era il mondo intorno a lui.

Il fatto è che in Italia non abbiamo quasi mai avuto fenomeni culturali nazional-popolari. E mi riferisco alla dicitura originale gramsciana, non al significato stravolto dall'intepretazione televisiva, che l'ha assimilata a quella che oggi chiamiamo cultura pop. In realtà la produzione artistica nazional-popolare corrisponde a quei momenti magici nella storia di un popolo, in cui c'è un tale afflato, un sentire collettivo così profondo e condiviso, che l'arte pare quasi si faccia da sola, tanta è l'immediatezza con la quale esprime il pensiero e i valori della società in cui è nata. Non è neppure importante la personalità dell'artista, lui è soltanto il mezzo attraverso il quale lo spirito del tempo si incarna nell'opera d'arte, a volte persino suo malgrado.

Già. Bisogna che ci sia un popolo per questo, una nazione, anche intesa in senso lato. E noi italiani siamo una somma di individui (anche nel bene che ne deriva), ma non un popolo. Se devo pensare a un'arte italiana nazional-popolare, in mezzo fra il romanico e il cinema neo-realista non mi viene in mente niente. Il nostro spettacolare Rinascimento è stato opera di tanti individui, artisti di genio spesso in collaborazione-contrapposizione fra loro, incoraggiati, pagati e ispirati da altri individui, signori o ecclesiastici variamente illuminati. Ma non è l'arte di un popolo, non come lo è stata il romanico. Vabbè, ne parlo un'altra volta, che se no mi perdo.

Certamente non c'era un popolo dietro a Manzoni, una società che lui potesse incarnare e raccontare. Non c'era la rivoluzione industriale, una società borghese piena di fermenti e contraddizioni, barlumi di scontro sociale, libero pensiero, suggestioni esotiche. Forse lui sarebbe stato capace di restituire una grande realtà in un grande romanzo. Non è colpa sua se non è diventato Defoe, Dickens, Balzac, Dostoevskij. L'Italia codina che gli è toccato raccontare era più piccola di lui.

 

(continua)

 
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