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Il mio primo acido libro. Questo blog ne è la continuazione

 

 

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Bulimia silente

Post n°9 pubblicato il 25 Gennaio 2012 da tagliatrentotto
 

Con l'appiattirsi della mia malattia, mi ero ripromessa di recarmi da uno specialista per quantificare i danni provocati da tanti anni di food dementia. Gli avrei chiesto di dirmi, guardandomi negli occhi e senza tanti giri di parole, se la mia postura osteoporotica e piangente andasse corretta con shots di vitamina D o preghiere. Gli avrei chiesto se il mio cuore per caso non si fosse fermato, dopo aver provato tante pene e tanti pranzi da re.
Il medico di famiglia mi prescrisse immediatamente il pacchetto esami per anoressiche. Il giorno del controllo, il mio cuore impavido lo vidi battere a video, evidentemente non ancora stroncato da sentimenti poco nobili e governi instabili. Batteva anche con un certo ritmo dance, scatenando la mia voglia di tornare a ballare. Provai un certo contentment che nonostante avesse dovuto sopportare lacerazioni e squartamenti in mille pezzetti, proseguisse puntuale verso altre emozioni forti. Il medico mi chiese perchè io alla mia età mi trovassi già lì. Forse non davo l'idea di una ragazza da heartbreak, una che per un cuore infranto si strappa i capelli e ingerisce cianuro. Forse sembravo ice. Probabilmente dopo una certa età, le nostre reazioni a tutte le occasioni distrutte, agli uomini in fuga e i cedimenti del decolleté, si tingono di un beato cinismo, tipico delle quarantenni che vanno verso il vintage con un'identità sorniona, e così ci manteniamo in perfetta salute. Mi sarebbe piaciuto essere tutto questo, una menefreghista col cuore di ghiaccio, ma spiegai che avevo sofferto di un lungo disturbo alimentare che pensavo mi avesse fatto perdere qualche battito qua e là. Una leggera aritmia dovuta a scossoni e percorsi da rollercoaster avrebbe solo confermato che mi piace vivere alla Iggy Pop (nella versione rotten). Il cardiologo invece mi mostrò che ero sana come se avessi avuto il beat di un ragioniere. Tutti quei favolosi anni da punk borghese che avevo condotto tra fatiscenti ostelli inglesi e la beauty room di Harrod's, quella vita da borchia silver su blouson di pelle malandato, e quei riots di botte e droghe che mi vedevano parte della London scene notturna, proprio non mi avevano toccato il cuore e non si erano presi neanche un battito in cambio di una fantastica aria da rebel. In fondo il cuore non è altro che un muscolo, palpandomi la tetta sinistra potevo auscultarlo in tutta la sua precisione. Tu lo puoi strapazzare con mille esistenze da strada, corna a iosa o inaspettate vincite al lotto, che lui torna sempre a posto, e prima o poi si assesta sul ritmo della monogamia e tranquillità di una bifamiliare color panna. Potevo dunque strapparmi il piercing dal naso e credere di aver vissuto da sportellista delle poste, con gran stabilità interiore e montagne di buste affrancate, oppure fingermi una ritch bitch, priva di quella rabbia sociale tipicamente working class che ti segna nel volto e nel fisico. Poco dopo notai che il medico scriveva qualcosa sul mio profilo clinico. Bulimia del Salento. Lessi meglio.

Bulimia silente.

Non feci domande e me ne andai. Una volta a casa cominciai ad interrogarmi sul significato di quelle due parole malamente accostate. Una bulimia per sua natura intrinseca può essere saliente, fetente, assordante. A volte salvagente o puzzolente. Per la maggior parte sconvolgente. Definirla silente è piuttosto inusuale poiché di solito fa parecchio baccano. Le bulimiche che noi conosciamo sono sempre chiassose, esagerate, doppiafaccia, e magari anche musiciste.
Mi domando come mai, il cardiologo, analizzando il mio cuore rinato, non avesse annotato Bulimia quasi uccisa, Bulimia che se ne va via, dandomi una speranza di vittoria. Mi domando perché non mi avesse conferito una madaglia a forma di Ringo. D'altronde, un cuore che batte all'impazzata lo fa solo quando ha sconfitto un grande mostro. Un cuore così non lo puoi fermare, neanche se dovesse morire un altro Michael Jackson. Un cuore che batte è libero. L'unica cosa che gli può far male sono le tasse e le suocere. E nonostante io pensi che gli specialisti di piccoli ospedali di provincia siano spesso farinosi ottusoni quando si parla di disturbi alimentari, non è sempre necessariamente così. Uno specialista è pur sempre un esperto nella sua materia. Cuori di bulimiche ne ha visti e contempalti tanti. Per giudicarti, prima scruta quel muscolo principe che per fortuna ora è come una bestia, ma poi studia tutti i muscoli accessori. I bicipitini in effetti sono diventati come liquirizie, i polpacci hanno perso il loro mordente, altre fascette sono un pò troppo in vista. Da quando in qua, se siamo veramente guarite, facciamo le adulte dentro a magliette 012?
Ed eccola qui la bulimia silente. Evidentemente la malattia sta solo dormendo dietro a parvenze di bocconi normali. Ma le prossime feste natalizie di cotechini e Bauli, per cui deboli ex-bulimiche piangono e raccontano di orribili tavole imbandite a torte salate e parenti, rischiano di darle una svegliata repentina. Ditemi chi di voi sa presenziare al cenone di Natale con un muso duro da lattuga e petto di pollo, e senza farsi catturare da porzioni triple. Dopo lo share di calorie disumane con i nonni, qualcuna di noi ingoierà tutti i Santa di cioccolato appesi all'albero alle quattro del mattino, dalla base fino alla Lapponia, e quelle lucette intermittenti che ci riverberano solo per metà dell'abbuffata, riveleranno ancora una volta la nostra metà oscura.
Forse davanti a me ho solo un catastrofico determinismo di guarigioni minchione e veglioni passati a leccare tacchini e Babbi Natale Lindt.

Nonostante la mala sorte, in genere tutti tendiamo naturalmente ad elevarci. Tutti vorremmo rientrare nella classe che sta sempre un gradino più in alto rispetto alla nostra. E' una legge che regola l'evoluzione della società o l'arrivismo dell'ultimo minuto. Così mi chiamo guarita come un decaduto Marquis of Berkshire ama definirsi pura royalty britannica, e spero che nessuno faccia troppe questioni. Mi atteggio a sopravvissuta dei disturbi alimentari come una escort si vende bene a parlamentare, però non sono mai certa di appartenere a questa categoria di diritto, come ne fanno parte le persone che conquistano a pieno una posizione. Quando il dubbio mi assale, assumo un'aria da donna sana e benpensante. Scaccio le occhiaie e i pensieri di arrosto, mi riprendo il mio incarnato e sotterro il passato.
Ora però che un medico ha messo a nudo la mia vera natura, non posso che dargliene atto e scusarmi con lui per averlo definito un pesce. Ecco, ho buttato giù due o tre appunti sul perché io (forse) soffro di una bulimia dormiente:

La paura del cibo è ancora la mia paura più grande, mentre l'agorafobia e il terrore di non possedere abbastanza gioielli, vengono ultimi.

Kinder Bueno non è mio amico.

Ci sono spesso questi grandi spazi vuoti nel mio stomaco che vorrei dare in locazione.

Prego sempre mia madre di non bombardarmi di pane alle olive ma lei se ne frega e mette quei sacchettoni marroni di michette a centro tavola.

Una bilancia io la posso alzare in aria, far roteare e schiantare a terra se l'ago mi mente.

Se mi vedete con un metro da sarta tra le mani è perché sono la solita zitella anoressica che misura la sporgenza delle chiappe.

Il potere suggestionante della poenta e costa qui in Veneto non è da sottovalutare.

W la Magrezza è ciò che mi scriverei in fronte.

Sono fiera della mia ridicola taglia trentotto che riempio a perfezione solo infilando filetti di silicone tra me e i pantaloni.

Ipnotica è la pizza brie e salamino.

E io devo pregare per non farmi ipnotizzare.

Si, quanto ci scassa le palle avere una malattia che dorme tranquilla a fianco a noi dopo che ci ha regalato notti insonni e una faccia da culo per tanti anni! E quanta paura abbiamo che in un giorno qualunque in cui il cervello ci implode di noia e di telenovelas, allunghiamo inavvertitamente il braccio verso il congelatore e l'isoletta Algida per alzare il tenore della nostra sciatta spampanata esistenza. Come ci farebbe infuriare se la nostra forza di volontà fosse davvero flaccida e bianca come ricotta. Si è vero, i miei occhi diventano liquorosi e melensi quando mi imbatto in una delle belle pasticcerie trevigiane. Attacco il naso alla vetrina, e quello è il miglior window shopping che ho fatto in vita mia. A tutti i cinici dei disturbi alimentari che credono che saremo in eterno animali non addomesticati a modeste cene in famiglia o a condividere la Fiesta con la sorella minore, se dovessero mai beccarmi su di un nero Profiterol, io dirò:


Levatevi di mezzo, pasti regolari, voglio assaporare di nuovo il caos.


E andrei tranquillamente dal medico a dire che aveva ragione, la bulimia è tornata dal Salento.



 
 
 
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