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Working girl no more

Post n°27 pubblicato il 31 Gennaio 2012 da tagliatrentotto
 
Foto di tagliatrentotto

Un disoccupato ha tutto il diritto di fare il morto. Morto quasi per davvero. Non ci sono sveglie a riportarlo nel mondo reale il lunedì mattina e non c'è la fragranza del caffè a dargli una botta di vita prima di timbrare il cartellino. Tutto tace almeno fino alle dieci, quando le segretarie invece vivono già da qualche ora. Il disoccupato in fondo è riposato. Si alza dal letto e si spalma in volto una cremina Shiseido. Meglio che in futuro siano pratici campioncini della farmacia di sotto, e anche tutto il resto dell'esistenza dovrà essere consumata in dosi mini. La lozione serve per correggere l'incarnato grigio topo, tipico di coloro che vivono di sostegni al reddito. Ma quale reddito? Forse una volta ce n'è stato, ma ora il disoccupato si è bruciato perfino il TFR ai saldi di Pinko su alcune gonne di ottima fattura che potranno fare anche da paralume, se c'è ancora la corrente elettrica.
Chi perde il lavoro non ha più niente per cui lottare. Non scende in strada con l'utilitaria ad affrontare il traffico di tangenziali impazzite per raggiungere l'ufficio. Non combatte per fare entrare una puntata di Beautiful nella sua pausa pranzo. Non è affatto un eroe della quotidianità, come amano descriversi le persone che lavorano e si fanno il mazzo, vere mattonelle della nostra società. Qualcuno giustamente può pensare che il nullafacente se ne sia andato altrove. Che se ne sia andato per sempre. Un disoccupato lo si lascia sparire in maniera silenziosa. Quando confida di essere stato licenziato, i conoscenti gli danno una patta sulla spalla e gli organizzano una festa. E così diventa gradevolmente invisibile. Se non lo incroci più alla fermata del bus o sul regionale delle 7.35, te ne fai rapidamente una ragione: gli avranno tagliato il contratto in banca. Ma non ammetterà mai di aver preso un calcio nel culo, dirà sempre a tutti di aver perduto il lavoro. Di averlo distrattamente dimenticato al bar. Di averlo messo in lavatrice per sbaglio. Ce l'aveva in tasca, assieme alle Vigorsol, ma ad un certo punto gli è caduto nel tombino mentre camminava per strada. Oppure se l'è giocato alle slots. L'ha perso punto e basta, e nessuno si è offerto di restituirglielo.
La nostra carriera si è dileguata per sempre. Ma non si tratta di una brutale defezione, quanto di una normale dipartita, del tutto fisiologica ad un mercato malato. E' una cancellazione dolce e alla gente va bene così. D'altronde i posti di lavoro sono contati, meglio se qualcuno accetta questa blanda transizione da alfa a beta adottando un furetto e ritagliando origami dalle 9 alle 5. Meglio se qualcuno si adagia su una deragliata vita da bohémien, coltivando piante sospette e sparando ai vicini. Si, questa è la morte lenta per mano del sistema capitalistico. Da cazzuti turnisti di fabbrica improvvisamente diventiamo tutti freelance senza palle, orgogliosi self-employed senza una tessera sindacale, quelli che ce l'hanno fatta col piccolo business online, lavorando col culo comodamente attaccato alla poltrona di casa. 
Il disoccupato si è rivolto allo stato. C'è sempre una qualche mutua che ci impedisce di impazzire e che ci permette ancora di fare code agli sportelli come le persone normali. Ma gli assegni statali si esauriranno presto. Ci mancherà l'aria. Ci mancherà uno zero al conto corrente. Faremo un ultimo tentativo di sbarcare il nostro cv alla Geox che ci sbatterà la porta in faccia, vile magazzino di scarpe con la para bianca! 
I fidanzati dei disoccupati li guardano con un misto di pena e tenerezza e si fanno quasi convincere a presentare quegli esempi di professionalità ai loro datori di lavoro. Poi però li guardano meglio e cambiano immediatamente idea, lasciandoli morire davanti alla tv del mattino, i telefilms anni Ottanta sono la morte più vintage.
Il disoccupato non fa più parte del mondo, intendo quello sano, impegnato e propositivo, fatto di ordini, fatture e tanta evasione. Al massimo fa parte di una band. E' improvvisamente caduto in una melma nera ricolma di bamboccioni e pidocchi fannulloni di cui il Veneto produttivo si dimentica in fretta. Ma un licenziamento fa figo, insomma, la working girl fino a Natale un lavoro ce l'aveva, e sente ancora i suoi skills che le corrono giù per la schiena e fremono per essere utilizzati in un'altra azienda. Presto si congeleranno anche loro in un'atrofia mentale prossima al rincoglionimento. Dalla bocca della working girl usciranno solo sillabe senza un valore aggiunto e stronzate dalla carriera breve.
Quando finiscono i soldi, finiscono anche i saldi e tutto il divertimento che deriva dall'avere tanto tempo libero. Che è il vuoto. Ore enormi. Calma isterica. Le stesse mutande per tre giorni di fila.
Il vacante ora si sente piccolo come una lumaca. Ma la lumaca almeno una casa la possiede, mentre lui tra un pò non possiederà neanche più quella. E' stato abbandonato dal suo lavoro, parenti e amici. Gli unici a cercarlo sono i call-center che per vivere contano su un numero massiccio di casalinghe e di individui che hanno perso il lavoro. Il teleselling non molla mai le sue prede per nessuna ragione al mondo. Trova sempre un depresso in casa disposto a correre al telefono pur di sentire una voce amica, anche se si è appena seduto sul water. Non sei veramente disoccupato se non vieni raggiunto da almeno una televendita di mobili al giorno. Non sei veramente licenziato se non salti come la pallina di un flipper da una compagnia telefonica ad un'altra. Ed è solo quando non hai un lavoro che ti accorgi di non avere neanche più una privacy. La working girl che ora non esiste più, una volta avrebbe risposto Ficcatevelo nel culo il vostro corso di informatica. Adesso le televendite sono le sue uniche amiche. Il centralino Infostrada un padre con la voce registrata. Rispondere a vanvera la sua sola occupazione.
 

 
 
 
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