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Talix

la pattumiera dei giorni usati

 

Afghanistan, the land of Islam (parte I)

Post n°55 pubblicato il 26 Gennaio 2014 da Talix76
Foto di Talix76

Afghanistan, the land of Islam (parte I)

 

E’ successo di nuovo, questa mattina, all’alba.

In uno dei suoi disordinati riaffiorare, la memoria  si e’ presentata con ricordi di viaggi passati che credevo ormai dimenticati.
E’ una strana sensazione: ti accorgi d’un tratto che pezzetti della tua vita scomparsi nel tempo sono ancora lì e riemergono con una precisione inaudita: ricordi il tono di un colore, ricordi l’oscurita’ di un’ombra, ricordi la singolarita’ del petalo di un fiore, la radice affiorante di un albero, l’ammaccatura di un’auto che passa e scompare per sempre all’orizzonte, il bordo di una strada, i contorni di una nuvola; persino l’insetto che ti ha ronzato intorno!
Una sbronza di immagini da stordirti il cuore mescolando appagamento e amarezza;
gia’, perche’ razionalmente ti accorgi che la leggerezza che l’aver dimenticato ha  elargito e’ stata solo illusione e l’esistenza ti si appesantisce nuovamente sotto il peso dei suoi ricordi.
La verginita’ di passato e’ svanita: a che e’ servito resettare  il tempo andato?
D’altro canto emotivamente non si puo’ non provare euforia nel riscoprirsi, come sfogliando un vecchio album di fotografie dell’infanzia.

 

Afghanistan 12 Agosto 2013




Non ci posso credere!

Fuori da ogni logica umana io e Paolo ci  incamminiamo solitari tra sentieri che costeggiano il fiume cercando cosa  neppure noi  lo sappiamo.
Sentiamo in lontananza della musica tribale; ci dirigiamo la.
Non abbiamo deciso dove andare, non ci siamo detti cosa cercare o cosa fare;

forse perche’ non volevamo esternare la nostra paura.
Semplicemente obbediamo a degli istinti primitivi che ci impongono di andare, da qualche parte, avanti.
Seduto davanti al pc, tutto questo adesso e’ cosi’ dannatamente folle.
Intimoriti come due bimbi, abbiamo aspettato invano la nostra guida che non e’ arrivata  mai.
Accanto a noi una caserma da cui entravano ed uscivano pick-up armati.

Loro li dentro, blindati, al sicuro e noi fuori, all’aperto.
Per terra, sotto i nostri piedi, bossoli di mitragliatore.
Alla fine ci siamo detti: “andiamo!”, e ci siamo incamminati.
Non sappiamo dove arriveremo, ma per arrivare qui e’ necessaria una premessa…..



Bartag Valley, Tajikistan , un giorno imprecisato prima del 12 Agosto 2013

 

“Questo orribile mondo non e’ privo di grazie,
non e’ senza mattini

Per cui valga la pena svegliarsi.”

La realtà esige - Wislawa Szymborska

 

E’ qui che sono felice, su una vecchia branda sfondata, nel mio sacco a pelo, sotto un albero di melo.
E sono cosi’ felice da sentirmi pacificato con il mondo intero senza una ragione.
L’alba si affaccia appena dietro le montagne rocciose - che una leggera brezza accarezza sui fianchi - ingiallendole;
uccelli si affaccendano nelle mattutine abluzioni, cantando.
una mela tonfa: apro gli occhi;
subito un’altra cade su di me.
Sorrido.
Non sento piu’ lo spazio e il tempo ma una sola dimensione interiore resa ancor piu’ remota dalla vaghezza del primo risveglio.
Le fronde del melo frusciano in alto una dolce melodia.
Rimango intontito in questo stato per un po’, solo, nel mondo, senza niente e senza nessuno con quel misto di eccitazione e angoscia che da  il sapersi soli e sperduti; nessuna coscienza, solo sentire: che estasi!

E’ proprio cosi’ che l’avevo immaginato.

Uno di quegli attimi terreni che sono pregati di durare.

 

Come ci sono arrivato?
Lentamente riprendo il contatto con la realta’.

Ah, la moto, eccola li appoggiata al melo.
E Paolo? E’ tornato indietro, a Khorog.

Chissa’ se ha trovato difficolta’.
In un villaggio senza generalita’, ospite di uno sconosciuto il cui nome ho annotato su un libro (che non posso ricercare avendone dimenticato il titolo  – un giorno, magari, riaffiorera’ anch’esso dall’oceano delle dimenticanze e non andra’ piu’ via, come quel doganiere albanese che aspettava, invano, una foto da me immemore del suo indirizzo e che ora, memoria beffarda, e’ riaffiorato: Elia, Tropojia): ma cosa mi ha portato fin qui?
Un ricordo ne richiama ricorsivamente un altro e voglio, ora che posso, preservarli per il futuro.


Pamir Highway (tre o quattro giorni prima)

Voglio cominciare a ricordare dal momento in cui abbandono la M41, la Pamir Highway, in direzione sud verso il Karghush Pass;
la strada cessa di essere asfaltata e diventa una pista sterrata a tratti rocciosa e a volte sabbiosa.
Arsura, aridita’, e’ a questo che il paesaggio inneggia.
Superato l’ultimo posto di controllo (una sentinella e un cane ) il Grande Pamir si palesa in tutta la sua maestosita’.



La sensazione di attesa e di aspettativa e’ alta.
So che tra poco, dopo un tornante o una salita, mi apparira’ l’Afghanistan, percorreremo insieme silenziosamente un lungo tratto di strada  per giorni interi.
Mi aspetto,  minuto dopo minuto, la sua apparizione che pero’  non avviene.
La moto sobbalza e scalcia sui sassi, sculetta e si affossa nella sabbia.
Un rigagnolo si affaccia ogni tanto sul sentiero per sparire alla curva successiva;
Non gli presto molta attenzione ma lui, silenzioso, si riaffaccia ingrandendosi sempre di piu’, comincia a creare solchi, scava gole via via piu’ profonde, acquista impeto.
Quando mi accorgo, tardi, che e’ gia’ un fiume adulto che mi scorta capisco che la genesi e’ qualcosa che puo’ essere solamente idealizzata: e’ il Pamir, materializzatosi dal nulla!



Sulle sue sponde , quando si allarga in piane stagnanti, pascolano silenziosi i cammelli mentre tuona e frastorna quando si insinua tra gole strette e profonde.
L’attenzione per la strada faticosa, le continue soste per godere di tanta bellezza paesaggistica e le conseguenti pause di riflessione introspettiva mi distolgono dalla realta’.
Finche’, dopo un tornante, si apre  in lontananza, a pochi chilometri, un muro di roccia scura e neve bianca di 7000 e piu’ metri a imporre uno stop forzato di contemplazione ed un brusco ritorno alla realta’: “e’ l’Hindu Kush!” – esclama Paolo!
”E se quello e’ l’Hidu Kush allora li, cosi’ vicino, c’e’ il Pakistan!” – penso.
”Ma allora queste montagne, questi sentieri accanto a me sono l’Afghanistan!”
Ci sono arrivato!
E’ emozionante.
Lo e’ per ragioni incomprensibili.

 

Flash-back (perche’ l’Afghanistan?)

Samarcanda ,Uzbekistan - novembre 2011
Dall’alto di uno dei minareti del Registan di Samarcanda, sul quale e’ possibile salire elargendo una piccola mancia al custode di turno dopo aver, a seguito del suo invito, gentilmente e ripetutamente rifiutato per abbassare il numero di banconote da scucire, guardando esattamente verso sud, si puo’ intravedere una lunga catena di  montagne innevate.
La mia fantasia paesaggistica, capace di scorgere  il Caucaso dal porto di Bari e addirittura gli Urali dalle colline dell’alta Murgia, non se lo fece ripetere due volte e in quel momento con scatto felino la risposta anticipo’ la domanda:” E’ Afghanistan!”.

“Ma dove e’?” .

Il lavorio della curiosita’, soprattutto se hai qualche giorno libero a disposizione, non ci penso’ due volte a insinuarsi nella  zucca tra i neuroni in stato gassoso liberamente erranti con moto browniano.
C’era di sicuro qualche vaga motivazione pregressa che rendeva quella terra affascinante ai miei occhi ma  il motivo scatenante, cio’ che diede fuoco alle polveri, il casus belli, insomma, avvenne in quel preciso istante: una semplice visione in lontananza dall’alto di un minareto!


Se poi percorsi o no centinaia di chilometri verso quelle montagne, varcandole e proseguendo verso l’ Afghanistan, saltando dal tempo in corsa e seguitando quindi verso la cittadina di confine di Termiz, poco importa se fu azione reale o solo immaginata.
E se, per la troppa paura che il suo nome suscitava, non riuscii neppure a fotografare il ponte dell’amicizia che le truppe sovietiche varcarono nel 1979 e neppure ad avvicinarmi al posto di frontiera, non merito certo di essere citato come pusillanime.
Il mio organismo doveva ancora ricodificare il sentimento della paura.

 

Tayebad, Iran - Dicembre 2012

Se mi sforzassi di trovare una giustificazione per la quale la cittadina di Tayebad debba essere meritevole di visita turistica da parte di un europeo, proprio non riuscirei ad indicarne una.
Non poteva certo definirsi una escursione imperniata sul senso della vista (vedere bellezze paesaggistiche), quindi voltai verso il senso dell’olfatto;
Mi ripetevo continuamente, per dare un senso a quella cazzata : “voglio sentire che aria tira alla frontiera afghana, voglio solo annusarne l’odore”.
Salii quindi su un autobus a Mashhad e scesi a Tayebad.
Affittai un taxi per recarmi a Islam Quala (la frontiera afghana).
L’autista si mostro’ alquanto preoccupato ascoltando la parola “Afghan border” ma l’occidentale denaro in un paesino che non ne vedeva uno chissa’ da quanto gli soffoco’ i timori sul nascere.
In meno di sette chilometri avrei finalmente soddisfatto quella mia stupida curiosita’  sentendomi come Robert Byron nella sua via per l’Oxiana;


Effettivamente

“.. e’ cominciata quella sensazione da fine del mondo, che avevo notato in precedenza nella pianura in cui la Persia e l’Afghanistan si toccano…”
solo che non c’era piu’ traccia di papaveri da oppio, lupini gialli e iris bianche ma solo un’anonima arida strada perfettamente rettilinea che convergeva all’orizzonte verso il nulla.

L’autista,che pur viveva a pochi chilometri da li’, stranamente si fermo’ piu’ volte a chiedere informazioni agli autisti dei tir schierati in una interminabile lunga linea retta finche’ , a pochi chilometri, una postazione militare di controllo mi obbligo’ a vuotare il sacco.
Non potevo fare altro, confessai: ero solo curioso di dare un’occhiata (ehm..un’annusata) alla frontiera afghana.
Mi ritirarono il passaporto e mi lasciarono proseguire (che strani questi iraniani, piu’ gentili del previsto!)
Le onde radio precedettero di poco il mio arrivo alla frontiera dove un altro doganiere mi aspettava per istruirmi sulle limitazioni della mia visita: non potevo oltrepassare una certa recinzione blu.

Passeggiai molto teso avanti e dietro per quell’angolo remoto del mondo sentendomi addosso gli occhi dei frontalieri.
Ma dopo  soli pochi minuti mi sentii amalgamato con tutta quella gente e cominciai a girare piu’ sereno e indisturbato.
Oltrepassai la recinzione blu, piu’ per un capriccio che per curiosita’;
c’erano parcheggiati molti autobus  in avanzato stato di degrado, sequestrati dalle autorita’ iraniane;


in un angolo decine di bus dell’ UNHCR sembravano risalire piu’ alle ondate  di profughi del conflitto sovietico che all’ultimo con gli americani.
Non potevo crederci: avevo vinto il mio timore, ero a pochi metri dall’Afghanistan!
Le ultime sinapsi sbiadite  rimandano a me sull’uscio della casa di un professore (mi aveva incontrato in una piccola moschea a Tayebad e mi aveva invitato al funerale di un amico e quindi a casa sua) mentre scherzo con sua moglie su un mio possibile ritorno;
”Magari un giorno torno in moto diretto in Afghanistan”, le dissi e – mi si e’ impressa benissimo nella memoria – la sua espressione gaudente subito si fece cupa e preoccupata e con gesticolare nervoso mi disse : “no no no no no Afghan!

Iran, ok.

Afghanistan, no no no no”.
Quel suo reverenziale timore per l’Afghanistan anziche’ spegnerla, accese in me una miccia…


Porto di Bar, Crna Gora (o forse era Dubrovnik, Croazia ?) – Aprile 2013


L’ultimo elettroshock neuronale che aumento’ la mia curiosita’ per la terra e le genti afghane credo di averlo ricevuto parlando con due motociclisti russi, di San Pietroburgo, che si recavano a Bari.
Uno dei due aveva lineamenti centro-asiatici e quando, parlando di possibili e futuri  viaggi, gli accennai al mio desiderio di andare in Afghanistan, il suo tono si fece serio e confesso’ di essere un veterano della guerra russo-afghana, sconsigliandomi fermamente di recarmici.
”believe me, don’t go, it’s not safe”.
E lo disse con tale enfasi da lasciarmi per un po’ senza parole.
Ma lasciate sedimentare nella mia zuppiera cranica, le sue parole operarono all’incontrario, stuzzicando ancor di piu’ la mia curiosita’:
”chissa perche’ aveva tanto paura”- mi dissi…


 
 
 

Россия 2011 viaggio senza spazio e senza tempo (e pure senza senso) Capitolo 17 FINALE

Post n°54 pubblicato il 08 Aprile 2013 da Talix76

Россия (Rassìa) 2011

viaggio senza spazio e senza tempo (e pure senza senso) Capitolo 17

FINALE

 

“Noi vogliamo, per quel fuoco che ci arde nel cervello, tuffarci nell'abisso, Inferno o Cielo, non importa. Giù nell'Ignoto per trovarvi del nuovo.”
(da Il viaggio) Charles Baudelaire

 

Le vicende avevano preso negli ultimi giorni un  crescendo Wagneriano;
pensavo di aver raggiunto il clou a Chisinau ma mi sbagliavo.

 

Chisinau  (Moldavia) – Ruse (Romania)

Stamattina ho mandato via tanti pensieri e ansie dalla testa; finalmente, come in un’equazione matematica ridotta ad una sola incognita, rimane una sola preoccupazione: raggiungere in tempo il porto di Igoumenitsa;

Leggendo alcuni libri di Alain de Botton mi era piaciuto molto il suo espediente di usare come compagno di viaggio un filosofo, uno scrittore o un artista in generale.

L'idea si confaceva molto alla mia abitudine, molto piu' grezza, di portarmi un paio di saggi da leggere;
questo non tanto per far compagnia a me quanto a quella voce fuoricampo che continuamente, interrottamente, mi confida le sue intuizioni scomparendo per minuti, ore o giorni senza una motivazione ben precisa;
voce che  dopo gli avvenimenti di ieri con X. e’ sparita, non so se perche’ soddisfatta o offesa, zittendo crucci e inquietudini.


Raggiungere Igoumenitsa: 1600 km con la moto che non parte se non a spinta, un chiodo  nella ruota e una crepa nella gomma;
indugio un attimo prima di lasciare Chisinau pensando di cercare un gommista per sistemare almeno la gomma,  ma poi ci ripenso e animato dal solito fottuto ottimismo decido di sfidare ancora una volta la sorte.
Lo spazio e’ un concetto relativo per la mente.
dopo aver raggiunto Kazan, in Tataristan, attraversare Moldavia, Romania, Bulgaria e Grecia per tornare a casa mi sembra quasi una passeggiata domenicale.

Mi succede al ritorno da ogni viaggio: il mio senso del limite spaziale si deforma e gli spazi mi stanno piu’ stretti.

Ma anche il tempo: tra l’essere li in Moldavia quel giorno e poi a Igoumenitsa il successivo ( e l’altro ancora per casa) c’era solo il breve istante di un pensiero: insomma, mi sentivo gia’ a casa.

Alla dogana moldava, per non spegnere la moto, chiedo all’ufficiale di lasciarla accesa, cosa che lo insospettisce non poco facendomi perdere piu’ tempo del dovuto  per i controlli.

Cosi le campagne moldave costellate da alberi da frutta lasciano il passo ai piatti campi rumeni.
Sfilano uno dietro l’altro i vari porti sul Mar Nero, l’aria umida e salmastra del “Delta Dunarei” lascia il posto a quella secca dell’entroterra.
Mi fermo ad acquistare un paio di cavi elettrici da un autoricambista per la strada: potranno sempre tornarmi comodo se rimango a terra.

Ripercorro a ritroso la strada fino a Slobozia, dopodiché imbocco l’autostrada fino a Bucarest  e una volta li devio a sud per Ruse e il ponte sul Danubio in ristrutturazione (ma sbaglio o sono gia’ passato di qua anni fa?)

Attraversare il Danubio e’ un gesto simbolico; butto tutto alle mie spalle e casa si fa piu’ vicina!

 

Quanti chilometri!
povero il mio propulsore!

Certe volte mi preoccupo di cose assolutamente senza senso;
mi immedesimo per esempio nel ruolo di un pistone che trascorre la sua esistenza salendo e scendendo dal Punto Morto Superore al Punto Morto Inferiore provandone profonda angoscia.

Come se osservassimo un condizionatore, vedendo il poveretto pompare continuamente calore durante l’inverno: ora dopo ora, giorno dopo giorno, ininterrottamente per mesi.

Fino a quando un bel giorno si ferma.

E subito riprende il suo interminabile ciclo all'incontrario, pompando freddo per l’estate;

e cosi' per sempre anno dopo anno;      

(e' quell'unico giorno di cambiamento l'unica novita’ della sua vita?
il condizionatore puo’dirsi felice solo in quel giorno?)

Certe altre osservo e studio il comportamento delle persone e mi viene spontaneo un parallelismo:

si svegliano la mattina, pranzano a mezzogiorno e vanno a letto la sera;
indossano i calzini corti in estate, quelli lunghi in inverno;
il piumino si avvicenda ciclicamente alla canottiera.

il ciclo e' sempre lo stesso anche a lungo termine: nascita, scuola, maturita’, casa, matrimonio, figli, pensione, funerale..

non molto dissimile da un pistone o un condizionatore;

senza ombra di dubbio non e’ nella routine che risiede la vita o si dovrebbe ammettere che pure un condizionatore e un pistone ne hanno una!


L'unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante. Quando manca questo senso – prigione, malattia, abitudine, stupidità, – si vorrebbe morire.”

Cesare Pavese

 

No, non e’ che sia scemo…piuttosto “diversamente intelligente”!
E’ che a volte sento la testa gravida di inafferrabili pensieri inorganici che si muovono indomabili
in un crescendo wagneriano..che stia per crearsi finalmente l’Ordine?

 

 

Ruse (Romania) - Fin dove la Sorte vuole (!)

In Bulgaria la strada si fa meno scorrevole, il traffico si dirada ma la media resta bassa a causa delle saltuarie pattuglie di poliziotti che pero’non mostrano interesse per me.

“Occhio ai poliziotti bulgari!” Mi aveva messo in guardia qualcuno.


All’apprestarsi dell’imbrunire il mio voltmetro segnava meno di 10,5V: la mia batteria era andata!
Ma perche’ queste escalations tutte insieme sempre sulla via del ritorno?
Troppo casuali per attribuirle al Caso!

Un dio? Ma allora deve essere un gran burlone! E dispettoso! Un bambino!
E se fossimo semplicemente dei suoi giocattoli?
Magari anche i vecchi Big Jim avevavo di questi dubbi  e  perplessita’!
Rimane il fatto che non potevo utilizzare i fari.

Il mio obiettivo per la giornata, non avendo leu bulgari, era raggiungere la Grecia prima di sera;

avrei anche potuto fermarmi al primo centro abitato, trovare una banca e prelevare denaro, ma per una mia strana e inspiegabile testardaggine  avevo deciso che dovevo arrivare in Grecia;

Sempre questo idiota senso di sfida a pervadermi;
E’ come quando devo fermarmi per pisciare: “no! Resisto, piu’ in la mi fermo” – e quando sono piu’ in la- “resisto ancora  un po’ ” – e alla fine non mi fermo mai!
Il senso della vita e’ proprio come il voler pisciare quando si e’ in moto!

 

Incontro inaspettato

All’ultimo crepuscolo mi fermai ad un distributore di carburante;
era ormai buio e mancavano pochi km al confine greco;

Venere , bassa all’orizzonte, mi aspettava con la sua splendida mise oltre il confine e la sua luce fendeva l’aria spessa e palpabile tipica delle serate estive;
avevo preso la decisione di proseguire ugualmente a fari spenti sfruttando il lampeggiare di un indicatore di direzione (mancavano meno di 20km alla frontiera e sapevo che avrebbe funzionato avendolo gia’ sperimentato in Albania) quando, alla cassa del distributore, una donna, sulla sessantina,  sentendo il mio italico accento si fermo’ per parlarmi.

Lei era una bulgara sposata con un napoletano che l’aspettava fuori in macchina;
insistette per farmelo incontrare nonostante le avessi spiegato la mia situazione e la fretta che avevo.
In pratica lei, prima badante e ora moglie, era in vacanza e aveva visto in me un intrattenimento per il marito che si annoiava lontano dalle abitudini italiane.
L’incontro fu per me fruttuoso: la signora, che abitava in un paesino a pochi chilometri, mi trovo’ una roulotte per la notte nel campeggio di un suo amico;
suo genero era inoltre proprietario di un negozio di autoricambi e nel giro di due telefonate avevo una batteria nuova per la mia moto mentre ancora rosicchiavo gli ossicini della mia cena.
E’ vero che noi sappiamo dare un senso agli avvenimenti solo dopo che questi sono avvenuti..ma cavolo, e’ tutto perfetto! E’ proprio quello che mi serviva.



Simeonovgrad (Bg) – Igoumenitsa (Gr)

Al mattino presto la moto non vuole ancora saperne di partire; da bravo pirla provo ad avviarla a spinta dimenticando l’interruttore di avviamento su “STOP”: mi si ingolfa!
per fortuna una squadra di ragazzi sulla via del lavoro depone pale e picconi e mi da una spinta: al secondo tentativo parto: e via!
Di nuovo con due ruote sotto al culo; e chi mi ferma piu’!

 In pochi chilometri sono in Grecia, poi solita routine: cerco di perdermi verso Salonicco, sosta benzina, altri chilometri macinati, sfioro le Meteore, poi Metsovo, 800 chilometri di “guida agli specchietti”  con l’acceleratore bloccato, altra sosta benzina finche’ l’Adriatico (ehm….Ionio da queste parti) fa capolino dietro ai monti:

e’ questo  il tratto di strada piu’ pregno emotivamente;
primo perche’ mi porta alla memoria le immagini iniziali  dello sbarco: l’alba dietro le colline greche, la nebbia bassa che si dirada, il calore dei primi raggi del sole sulla pelle.
La Grecia e’ stata la prima nazione estera che ho esplorato in moto, e quindi ogni ricordo in lei ne richiama subito un altro in maniera ricorsiva:
il martellio delle pietre all’alba nei villaggi zagori, i laghi di Prespa, la nebbia su Ioannina vista dall’alto della vecchia via Egnatia e cosi’ via a macchia d’olio finche’ un’oceano di immagini mi subissa.
E anche  perche’ molti dei miei  viaggi si sono conclusi percorrendo a ritroso la via Egnatia.

 

La strada in discesa , metafora perfetta per il termine di un viaggio, l’odore della salsedine che piano piano si diffonde sempre piu’ dentro il casco fino a pervadere i polmoni,  i colori dei monti intorno arsi dal sole e inghiottiti dall’azzurro del mare che scintilla all’orizzonte, l’asfalto che scorre  libero sotto le ruote:

Igoumenitsa!

Ce l’ho fatta!

 

Rassìa?

Rassìa…..ma perche’ proprio in Russia?

Mi riesce davvero difficile tirare le somme questa volta.
Forse perche’ e’ l’unica terra che sulla mappa  permette di volgere continuamente lo sguardo sempre piu’ a est;
spazi interminabili per andare, orizzonti sterminati che si susseguono collina dopo collina, etnia dopo etnia fino a ritrovarsi spaesati troppo lontano da ogni luogo familiare;
paesaggi dove la  malinconia corre all’infinito, le vacuita’ dominano sulle presenze, terra di rarefazioni e mancanze, assenze, spazi vuoti dove fuggire e perdersi, ponte verso le immensita’ dell’Asia, luogo ideale per quel mio delirante desiderio di ridurre tutto all’essenziale, anelito di quel sottilissimo piacere di abbandonare tutto, di non voler avere bisogno di nulla fuorche’ l’indispensabile, assenza di senso, assenza di spazio , allontanamento del tempo;
si, il posto ideale  dove amplificare quella sottilissima e incomprensibile gioia di rimuovere dalla propria vita  persone e cose..

 

Resettare continuamente la propria esistenza per ricominciarla differente provoca, nell’attimo stesso della sua decisione, un sottilissimo piacere imperscrutabile;
ma poi si finisce sempre per riprendere la stessa strada, commettere gli stessi errori e alla lunga quello che vuole essere espressione della massima liberta’ immaginabile (riscrivere la propria vita) si trasforma in aguzzino che ci vede  prigionieri condannati a convivere sempre con la stessa immutabile indole;
e l’atteso cambiamento diventa routine.
Rinnovarsi continuamente nella speranza di riscoprirsi diversi, sempre delusi dal ritrovarsi uguali.

 

Ma forse puo’ esistere un margine di liberta’ se si ipotizza che quello che noi siamo lo si deve non solo a noi, a chi ci sta intorno, al nostro vissuto, ma anche, e soprattutto, al paesaggio che ci circonda.
Cambiando anche il paesaggio intorno, forse davvero e’ possibile re-inventarsi la propria vita.
Ma esiste un nesso tra indole umana e  paesaggio?
Ripercorrendo l’etimologia dell’antica parola greca “Ethos” scopro con stupore due significati originari: da un lato “carattere”, “temperamento”, “indole”, dall’altro “luogo da vivere”, “stalla”, “tana”.

Insomma, l’indole di un uomo, per lo meno da un punto di vista della sua semantica, deve essere influenzata anche dal luogo dove vive e dubito che sara’ possibile cambiarla se non si e’ disposti a cambiare anche i propri luoghi.

Ecco la risposta: Rassìa forse anche per questo, perche’ luogo in perfetta sintonia con le mie aspirazioni secondo un labile ed effimero pensiero poco definibile.

 

Che poi non sono  luoghi quelli che in realta’ vado ricercando ma potrei definirli “pensieri”.
In fondo e’ solo un vano tentativo di dare  forma e  colore a luoghi chimerici, uno sforzo per imprimere su un’istantanea “le pareti della mente”, immagini che popolano i miei luoghi mentali;
insomma: sogni, fantasie!

Come quelli che si mettono in viaggio per vedere con i loro occhi una città desiderata e immaginano si possa godere, in una realtà, le delizie della fantasia. (1963)”

Marcel Proust

 

 

Ma quello che poi  ne rimane sono solo ricordi.

Di qui l’idea che i sogni e le fantasie non siano altro che  piccoli germogli di ricordi, evocazioni del passato allo stadio embrionale, ancor prima che possano formarsi;
nascono come aspettative, maturano in eventi e infine appassiscono come ricordi.
Si, mi piace questa visione sbarazzina e antitetica: sogni  e fantasie, che dovrebbero rappresentare il futuro, in realta’ sono il passato; e i ricordi, il futuro!

Fuga

La fuga dal reale,

ancora più lontano la fuga dal fantastico,

più lontano di tutto, la fuga da se stesso,

la fuga dalla fuga, l'esilio

senza acqua e parola, la perdita

volontaria di amore e memoria,

l'eco

che non corrisponde più all'appello, e questo che si fonde,

la mano che diviene enorme e che sparisce

sfigurata, tutti i gesti insomma impossibili,

se non inutili,

l'inutilità del canto, la purezza

del colore, né un braccio che si muova né un'unghia che cresca.

Non la morte tuttavia.

 

Ma la vita: captata nella sua forma irriducibile,

senza più ornamento o commento melodico,

vita a cui aspiriamo come pace nella stanchezza

(non la morte),

vita minima, essenziale; un inizio; un sonno;

meno che terra, senza calore; senza scienza né ironia;

quello che si possa desiderare di meno crudele: vita

in cui l'aria, non respirata, mi avvolga;

nessuno spreco di tessuti; loro assenza;

confusione tra mattino e sera, senza più dolore,

perché il tempo non si divide più in sezioni; il tempo

eliminato, domato.

Non ciò che è morto né l'eterno o il divino,

soltanto quello che è vivo, piccolo, silenzioso, indifferente

e solitario vivo.

Questo io cerco.

Carlos Drummond De Andrade

 

 

 

“The weight of dust exceeds the weight of settled objects” (R. Wyatt)
(il peso della polvere supera quello degli stessi oggetti)

Questa cosa pero’ comincia ad infastidirmi parecchio: il peso dei ricordi;
per quanto abbia deciso di non averne, preferendo le cose godute al momento per il piacere dell’attimo, questi si ostinano a popolare la mia testa; e mi piacciono!
o meglio: mi piacciono le emozioni che provocano.
Mi capita spesso di essere in un luogo senza provare particolari emozioni;
ma ecco che mesi dopo, quella scialba giornata, a causa di una incomprensibile fermentazione neuronale, acquista un aspetto del tutto nuovo.
E rivederne le immagini con la mente  provoca un’estasi speciale;
Forse e’ per questo che mi piace scriverne !

Scrivere e’un po’ come gettare cemento su una parete bianca: le lettere vi rimangono poi appiccicate come piastrelle a formare geometrie imprecise di labili ricordi.

 

E poi mi piace cercar di sputar fuori emozioni;
Non ci riesco quasi mai ma e’ bello provarci.

 

Perche’ scrivo queste note senza senso?

Me lo chiedo sempre.

Forse per trovarlo.
Un senso!
Per incorniciare il vuoto.
Eppure se lo faccio vuol dire che ne provo un piacere personale e  intimo, nonostante la sola idea che qualcuno le possa leggere mi provochi un enorme fastidio;
Ma forse sfidare quel fastidio e’ un modo insolente per dare un senso: ecco, questo sono io e non me ne vergogno affatto, anzi, ne vado fiero.

 

Arrivo

La nave disegno’ un lungo cerchio d’evoluzione smuovendo i fondali, poi finalmente attracco’ al molo.

Il suo grosso motore diesel smise di lamentarsi e si acquieto’.

Il portellone si schiuse come  una finestra che si apre al mattino per respirare aria nuova, come un giornale fresco di stampa prima di essere letto.

Una miriade di pensieri pensati  in altri idiomi, accumulati nelle settimane precedenti, all’istante evaporo’;
atomi di avvenimenti andarono dispersi;

Dopo anni parte di quegli atomi smarriti e’ stata recuperata  ricombinandosi in tracce che credevo dimenticate: questo e’ tutto quello che rimane.

 

 

La tua memoria, pasto di poesia,
la tua poesia, pasto dei volgari,
si vanno incastrando in una cosa rigida
che tu chiami: vita, e i suoi travagli.
(...)
E nulla resta, certo, di ciò che scrivi
e ti ha forzato all'esilio delle parole,
se non il piacere di scrivere.

Carlos Drummond  De Andrade

 

FINE

 
 
 

Россия (Rassìa) 2011 viaggio senza spazio e senza tempo (e pure senza senso)

Post n°52 pubblicato il 15 Febbraio 2013 da Talix76

Россия (Rassìa) 2011 viaggio senza spazio e senza tempo (e pure senza senso) Capitolo Senza Numero

 

Resa dei conti

 

“Ti avevo detto che ti chiamavo lunedì pomeriggio....
ma tu non sei raggiungibile....
il tuo cell. è sicuramente scarico!!
E adesso??
Con chi parlo io?
Così impari a fare il viaggiatore eremita....che non ha bisogno di
caricabatteria! Asociale che non sei altro!!
Chissà dove ti trovi in questo momento....
e io che già pregustavo una tranquilla telefonata con te....
Avevo già scelto lo scenario....
avrei usato la poltrona più comoda per rilassarmi davanti ad una grande
finestra.....
e tra i tuoi racconti di un altro avventuroso viaggio e le tue dolci
lusinghe.... mi sarei persa tra le nuvole bianchissime di questo cielo
azzurro...per poi ritrovarmi lì al tuo fianco....dovunque tu sia...
e dove mi piacerebbe essere ogni volta che parti.
(paesi musulmani e sporchi si intendono esclusi)
Vabbé la vena poetica è gia finita!!!
Proverò a chiamarti fino alle 17, dopo me ne vado al cinema.
Baci baci....”



Settembre 2011: credo che…….

Ottobre 2011:forse dovrei…….

Novembre 2011:…….

Dicembre 2011:se solo capissi…..

Gennaio 2012:non saprei……

Febbraio…Marzo..Aprile..

Maggio..Giugno…

Luglio… Agosto..non so

 

Niente, niente e ancora niente!

Non sono riuscito a trovare le parole da scriverti, nessun veleno da sputare…


Semplicemente non ti scrivero’ piu’.
E’ troppo tardi
Credo che sia l’unico modo per uscire da questa impasse!

E’ ora di trovare un senso alle cose.

Punto.

 

 

 

 

 

 

__________________________________________________
note incomplete SENZA SENSO,magma informe al quale mai (e mai piu) daro’ una forma, appunti sparsi

 

 

“Si direbbe che il quadro dei miei giorni come le regioni di montagna, si componga di materiali diversi agglomerati alla rinfusa.

Vi ravviso la mia natura, già di per se stessa composita, formata in parti eguali di cultura e d’istinto.

Affiorano qua e là i graniti dell’inevitabile;

dappertutto, le frane del caso.

Mi studio di ripercorrere la mia esistenza per ravvisarvi un piano, per individuare una vena di piombo o d’oro, il fluire d’un corso d’acqua sotterraneo, ma questo schema fittizio non è che un miraggio della memoria.

Di tanto in tanto, credo di riconoscere la fatalità in un incontro, in un presagio, in un determinato susseguirsi di avvenimenti, ma vi sono troppe vie che non conducono in nessun luogo, troppe cifre che a sommarle non danno nessun totale.

In questa difformità, in questo disordine, percepisco la presenza di un individuo, ma si direbbe che sia stata sempre la forza delle circostanze a tracciarne il profilo;

e le sue fattezze si confondono come quelle di un’immagine che si riflette nell’acqua.

Io non sono di quelli che dicono che le loro azioni non gli assomigliano, dato che esse costituiscono la sola misura dell’esser mio, il solo mezzo di cui dispongo per affidare me stesso alla memoria degli uomini, e persino alla mia;

dato che forse l’impossibilità di continuare a esprimersi e a modificarsi con nuove azioni costituisce la sola differenza tra l’esser morti e l’esser vivi.

Pure, tra me e queste azioni si apre uno iato indefinibile, e la prova ne è che sento senza posa il bisogno di soppesarle, di spiegarmele, di rendermene conto.

 Vi sono lavori di breve durata, senza dubbio trascurabili;

ma altre occupazioni, che si prolungarono tutta la vita, non hanno maggior significato.

 Per esempio, nel momento in cui scrivo, mi sembra a malapena essenziale d’esser stato imperatore.  [...]

da M. Yourcenar, Memorie di Adriano

 

 

Le aure via via incontrate […] col tempo formano tra loro strane costellazioni e le intreccia un filo invisibile; la biografia di un uomo.

Elèmire Zolla

(appendice alle varie persone incontrate)

 

Perché il veramente innamorato chiede la continuità, la vitalità (lifelongness) dei rapporti? Perché la vita è dolore e l'amore goduto è un anestetico, e chi vorrebbe svegliarsi a metà operazione?

Cesare Pavese


I grandi amanti saranno sempre infelici, perché per loro l'amore è grande e quindi esigono dalla bien-aimée la stessa intensità di pensieri ch'essi hanno per lei – altrimenti si sentono traditi.

Cesare pavese

 

Prendi un ragazzo e una ragazza e seguine per tutto il corso della loro vita gli spostamenti su di un’ipotetico schermo come due puntini rossi che si avvicinano, a volte si allontanano, senza un’apparente senso logico.
Che probabilita’ avranno di venire in contatto tra di loro?
Quel loro incontro sara’ determinante per il loro futuro?

Col senno di poi, avendo la certezza che i due verranno un giorno in contatto, ogni avvicinamento, ogni mancato incontro, ogni persona venuta in contatto con entrambi, anche a distanza di anni,assume un significato, come se un ordine fosse’ gia’ prestabilito.
Ecco cos’e’ l’amore: qualcosa  capace di mettere ordine al caos, di donare un senso all’apparente insensatezza delle cose.

 

 

Siccome le combinazioni diverse che ci uniscono a determinate persone non coincidono col periodo in cui le amiamo, ma sorpassandolo, possono prodursi prima che esso incominci e ripetersi dopo che è finito, così le prime apparizioni che fa nella nostra vita un essere destinato a piacerci più avanti, acquistano retrospettivamente ai nostri occhi il valore di un avvertimento, di un presagio. [...] Gl'interessi della nostra vita sono così molteplici, che non di rado, in una stessa circostanza, le basi di una felicità che ancora non esiste sono piantati accanto all'aggravarsi di un dispiacere di cui stiamo soffrendo. (II; 1990, p. 302)

Marcel Proust

 

legge sulle probabilità (vedi libro la passeggiata dell’ubriaco, primi capitoli: non e’ che “A succede perche c’e’ B” ma perche’ “B accade se c’e’ A” – al contrario, insomma

 

No, ci rinuncio!

Non riusciro’ mai a razionalizzare e spiegarmi quello che provo per te.

 

come doveva essere vuota la mia vita il giorno prima che tu  decidessi di riempirla;

 

La verita’ e’ che vorrei tanto scriverti qualcosa di bello, qualcosa per farti sentire speciale, ma va tutto cosi’ tremendamente e noiosamente bene che non c’e’ mordente
Ti amo? Credo di si!

 

Quando ti ho chiesto: “Perche mi ami?” tu mi hai risposto secca, nascondendoti gli occhi dietro la frangetta :”Perche mi ami!” ed allora ho capito che questo amore sarebbe durato in eterno autoalimentandosi e autosostenendosi da se: un loop perfetto!

Il mio corteggiamento aveva funzionato da primo motore immobile.

Se devi amarmi, per null'altro sia

se non che per amore. Mai non dire:

"L'amo per il sorriso, per lo sguardo,

la gentilezza del parlare, il modo

di pensare così conforme al mio,

che mi rese sereno un giorno". Queste

son tutte cose che posson mutare,

Amato, in sé o per te, un amore

così sorto potrebbe poi morire.

E non amarmi per pietà di lacrime

che bagnino il mio volto. Può scordare

il pianto chi ebbe a lungo il tuo conforto,

e perderti. Soltanto per amore

amami - e per sempre, per l'eternità.

Elizabeth Barrett Browning

In realta’ a volte non sono sicuro di amarti;

per questo vado alla ricerca di un confronto ma non riuscendo a trovare nessuna che mi susciti le stesse emozioni, gli stessi borbottii dello stomaco e gli stessi rigonfiamenti del cuore, allora provo a fare a pezzi l’amore: tenerezze di qui, sesso di la, compagnia gioiosa da quell’altra ecc.;
ma  non riesco  ancora a trovare una donna che riesca a darmi tutto quello che mi dai tu da sola.

E’ un’immagine impressami nella mente da qualche anno da quando, in auto sulla via del lavoro, decisi di infrangere in mille schegge quella sfera perfetta che rappresenta l’amore.

Per questo capisco che potrai trovare strano questo mio comportamento, ma la verita’ e’ solo questa: poiche ‘ credo di amarti molto, cosi’ tanto da dubitare che cio’ sia possibile, allora ho pensato di confrontare questo amore con altre persone;

 

 

Ti amo perche’ questo sentimento verso di te e’ istinto puro e nessuna ragionevolezza;

e ti amo perche’ tu sei estremamente razionale;
ma ti amo anche per quando riesci a buttare questa razionalita’ e soffocarmi con la tua passionalita’

ti amo perche’ sei lunatica, molto piu’ di me,

Amo i tuoi difetti, che non hai piu’, diventati ormai pregi per me: ma come si fa?

 

vorrei tanto  imparare da te quello che mi fa sentire cosi’ desiderato e mi ti fa amare cosi tanto, e se solo riuscissi a impiantarlo in qualunque ragazza volessi, io non avrei piu’ bisogno di te e sarei libero di ricrearmi tutto l’amore che voglio.

perche’ sono convinto che l'amore e' un sentimento simulabile e ricreabile

ma poi,una volta generatosi,si svincola e diventa qualcosa di completamente irrazionale ed autonomo (quando subentra la sua parte biologica)
insomma, una specie di colpo di stato organizzato a tavolino i cui effetti poi sfuggono di mano.

 

Piste di volo per l’amore, quando non provi sentimenti veri ma puoi provocarli biologicamente, credo che per molti e’ quello l’amore.

 

Certe volte mi chiedo perche’ parto per questi viaggi se il desiderio e’ sempre poi quello di tornare da Te.

Ma poi ci penso e credo che lo faccio proprio per desiderare di tornare da te!
La domanda e’ anche la risposta!

Forse mi piace partire, pur sapendo di voler ritornare da te, perche’ queste  temporanee assenze della tua presenza mi liberano dal tuo amore per qualche settimana,  riattivando certe parti di me sopite.

E allo stesso istante, quando ne ho bisogno, mi da la forza di andare avanti

 

Tu sei la mia linea di equilibrio tra quello che ero  e quello che sono

Permeato di te, non ti penso ne molto ne poco

ormai non posso piu’ dire di pensare sempre a te;

sono in uno stato piu’  avanzato: la mia mente e’ pregna di te;

 

Torrenti di dopamina che intersecano ruscelli di feniletilammina e confluiscono in fiumi di adrenalina riversandosi in mari di endorfine, oceani di testosterone..stasera, la vita mi appartiene;

mannaggia mannaggia..sempre Tu, mia estasi, mio spasimo!

si, lo so, sono tutte droghe per il cervello, ma almeno e’ la natura.

 

 Il tempo si sospende all’ombra di calde fiamme di candele danzanti nella penombra del nostro amore

le ombre delle candele profumate che danzano,le nostre ombre che fanno l’amore

 

 

E dopo, la ricomposizione.

I corpi riprendono i loro confini.

 

Queste gambe, ad esempio, sono le mie.

Le tue braccia ti riportano in te.

 

I cucchiai delle nostre dita, le labbra

riconoscono il loro possessore.

 

Le lenzuola sbadigliano, una porta

insensatamente sbatte

e nel cielo, cantilenando

un aereo scende.

 

Niente è cambiato, se non che

c’è stato un momento in cui

il lupo, il lupo mercante

che sta fuori dal sé

si è sdraiato sereno, e si è messo a dormire.

 

Maxine Kumin, Dopo l’amore

 

 

 

 

tutto e’ senza senso, e’ per questo che ti lascio: mi ci abituero’.

Come due eliche di dna che si avvitano tra di loro io e te ci incastriamo perfettamente

 

le voci si scambiavano i pensieri

 

I residui incombusti del nostro amore

Sei un buco nero che attrae e assorbe ogni cosa di me.

 

Tu mi apprezzi per i miei pregi ma soprattutto per i miei difetti

 

(Amore A-mors)

 

Partiti - per il Giudizio -
Un Possente - Pomeriggio -
Grandi Nubi - come Uscieri - s'inchinano -
La Creazione - sta a guardare -
La Carne - Arresa - Cancellata -
L'Incorporeo - è iniziato -
Due Mondi - come Spettatori - si disperdono -
E lasciano l'Anima - da sola -

Emily Dickinson

 

 

Eterna presenza

(di Pedro Salinas)

 

Non importa che non ti abbia,

non importa che non ti veda.

Prima ti abbracciavo,

prima ti guardavo,

ti cercavo tutta,

ti desideravo intera.

Oggi non chiedo più

né alle mani, né agli occhi,

le ultime prove.

Di starmi accanto

ti chiedevo prima,

sì, vicino a me, sì,

sì, però lì fuori.

E mi accontentavo

di sentire che le tue mani

mi davano le tue mani,

che ai miei occhi

assicuravano presenza.

Quello che ti chiedo adesso

è di più, molto di più,

che bacio o sguardo:

è che tu stia più vicina

a me, dentro.

Come il vento è invisibile, pur dando

la sua vita alla candela.

Come la luce è

quieta, fissa, immobile,

fungendo da centro

che non vacilla mai

al tremulo corpo

di fiamma che trema.

Come è la stella,

presente e sicura,

senza voce e senza tatto,

nel cuore aperto,

sereno, del lago.

Quello che ti chiedo

è solo che tu sia

anima della mia anima,

sangue del mio sangue

dentro le vene.

Che tu stia in me

come il cuore

mio che mai

vedrò, toccherò

e i cui battiti

non si stancano mai

di darmi la mia vita

fino a quando morirò.

Come lo scheletro,

il segreto profondo

del mio essere, che solo

mi vedrà la terra,

però che in vita

è quello che si incarica

di sostenere il mio peso,

di carne e di sogno,

di gioia e di dolore

misteriosamente

senza che ci siano occhi

che mai lo vedano.

Quello che ti chiedo

è che la corporea

passeggera assenza,

non sia per noi dimenticanza,

né fuga, né mancanza:

ma che sia per me

possessione totale

dell'anima lontana,

eterna presenza.

 
 
 

Россия (Rassìa) 2011 viaggio senza spazio e senza tempo (e pure senza senso) Capitolo 16

Post n°51 pubblicato il 12 Febbraio 2013 da Talix76

Россия (Rassìa) 2011

viaggio senza spazio e senza tempo (e pure senza senso) Capitolo 16

Chisinau parte seconda - epilogo (ripresa dal capitolo 2)
ho cancellato il complemento oggetto dei miei pensieri

 

Ho speso un'ora pensando un verso
che la penna non vuole scrivere.
Tuttavia esso è qui dentro
inquieto, vivo.
Esso è qui dentro
e non vuole uscire.
Ma la poesia di questo momento
inonda tutta la mia vita.

Carlos Drummond De Andrade

 

Mi compiaccio sempre quando mi riscopro un'altra persona differente dall’ultima che sono stato (o che ricordo di  essere stato);

quando  noto in me un cambiamento di opinioni inaspettato, di gusti, di abitudini;
rileggendo le mie ultime note, il cui unico scopo e’ fissare i ricordi  una volta per sempre (scrivere e’ cemento per i neuroni), ho avvertito un senso di disgusto per quello che avevo appena scritto.
”ma che cazzo sto scrivendo?” “E’ solo spazzatura…basta..mai piu’ ”.
E ho smesso.

 

Le parole, spesso, sono come delle gabbie che incatenano la realtà negandole ogni liberta’, fino ad arrivare ad affermare, per esempio, che l’unica azione permessa ad un fiore, essendo appunto gia’ fiorito, e’ sfiorire!
Bisogna sempre tener presente di questa contorta logica delle cose o meglio, bisogna saperla ignorare!

 

Sento spesso il bisogno di ruminare il passato e di rendere digeribile il presente con quel condimento

Friedrich Nietzsche

 

Ho deciso che terminero’questo breve diario  perche’ farlo vuol dire metabolizzare il passato, impacchettarlo,  archiviarlo e incasellarlo negli scaffali  del tempo e essere pronto per un nuovo cambiamento a venire.
Perche’ la vita non procede in linea retta come suggerisce Kundera  e neppure in circolo, ma a salti, a scalini segnati da lunghi periodi di quiescenza  intervallati da inattesi terremoti dell’animo che ne segnano il passaggio;
E’ troppo tempo che ristagno nello stesso  stadio, e proprio non la sopporto la vita inceppata come il solco di un trentatre’ giri  che si ripete sempre la stessa musica per sentirsi confortato da quella ripetitivita’ che e’ la causa stessa del suo problema.
L'idea di condurre sempre la stessa esistenza ruba nuove prospettive generando infelicita’.

La felicita’ non e’ infatti un bel lavoro, una bella casa, una rispettabile posizione sociale e tante  certezze ma e' semplicemente avere sempre tante e altre  possibilita’  e aspettative di vita , poter sperare sempre nel cambiamento, credere nel futuro.

Almeno questa e’ la mia Felicita’!
Provocarsi terremoti nell’animo e’ quindi cosa salutare!

Riprendo!

Dunque, faccio un balzo nel passato;
mi sveglio in un motel alle porte di Odessa.
Indugio un po’ nell’oltrepassare Odessa preso da una attenuata intenzione di tornare a visitare Alex e Zena ma il cielo blu estivo tutt’intorno, l’asfalto grigio e rovente che si srotola per terra,
il leggero senso di ansia nel cuore mi distraggono dal suddetto pensiero e quando lo ritrovo sono gia’ troppo lontano: questo ero quella mattina.

 

Se ci si accanisce contro una persona oltre il limite della decenza, si fara’  di quell’uomo  un concentrato  di coraggio pronto ad immolarsi per una causa;

anche la piu’ stupida.

Mi riferisco  alle difficolta’ sorte che la Sorte (ndr.) mi ha inviato nelle ultime ore.

 

La moto non vuole piu’ saperne di partire se non a spinta;

questo implica, prima di fermarmi in un posto, il gironzolarci un po’ attorno cercando una parte in discesa, quasi come un avvoltoio che volteggia su una carcassa  prima di posarsi.
(Secondo me e’ dovuto alla “scaldata” presa a Volgograd; la batteria non deve aver retto!)

 

Il chiodo nella gomma invece sembra essersi ben adattato: e chi lo tocca!

Lo squarcio d’altro canto sembra ingigantirsi: ma sara’ una mia fissazione!

Si,si..e’ solo una mia  fissazione.

 

Ma io, invece che ripiegare con sicurezza per Igoumenitsa, verso casa, testardamente insisto: devo andare a Chisinau!

Di rientro da un viaggio, se ti sei spinto un po’ piu’ in la del tuo ultimo limite, il mondo ti sembra  ancora piu’ piccolo.

 

Sono molto prudente negli ultimi chilometri in terra ucraina;

evito la via piu’ breve per Chisinau (che passa per Tiraspol, in Transnistria – ho gia’ dimostrato a me stesso di essere sufficientemente idiota da recarmici nel viaggio di andata) e mi dirigo piu’ a sud per evitare perdite di tempo, guidato piu’ dall’istinto che dalla mappa, finendo in uno di quegli spazi indefiniti dove non sei ancora fuori da una nazione ma neppure dentro la sua adiacente.

D’altro canto e’stato soddisfatto uno dei bisogni primari di un viaggio, ovvero la conoscenza di nuove e sconosciute  terre , il superamento di un limite, adesso la strada cessa di essere una fidanzata da scoprire e diventa una moglie,  un  ostacolo tra me e le mie fantasie, un nemico da evitare.

Alla dogana ucraina mi danno un tagliandino per farci non so bene che, ma cosa vuoi che importi a me…io devo andare da X.!

 

Finalmente  Chisinau.;

.

Quando sono sotto casa di  X.  le mando un sms:”sono sotto casa tua”

Ancor prima della risposta sento il suo delicato profumo di shampoo  che precede i suoi lisci capelli rossi che precedono a loro volta il suo sms di risposta e che contrastano per delicatezza con il fatiscente androne in cemento del suo palazzo dal quale e’ venuta fuori.

Quando arriva il suo sms  e’ ormai di troppo (l’sms).

Sappiamo entrambi molto bene perche’ sono li.
Sono sempre stato in dubbio se questa strana forma di conoscenza comportamentale sia qualcosa di oggettivo, reale, obiettivo e spassionato o solo frutto di impressioni personali;
lo dico chiaramente: quando sono stato da lei qualche settimana fa mi e’ parso di capire – o meglio intuire – che tra di noi ….che lei….cioe’ che io….insomma che potevo saltarle addosso.

Ebbene, in queste due settimane ho riflettuto a lungo:
sono giunto alla conclusione che deve esistere un tipo di conoscenza basato esclusivamente sull’intuizione, una sorta di comunicazione e apprendimento senza parole o gesti, forse dovuta alla biochimica o a inesplorati canali dell’umano comunicare (per esempio la teoria dei neuroni specchio potrebbe fornire una spiegazione)
Forse grazie soprattutto a questo viaggio, si e’ andata affermando in me l’accettazione di questa teoria.
Sono qui per dimostrarmelo.

O forse sono solo suggestioni personali, soggettive, tendenziose e irreali che pero’ cogliamo come oggettive e che ci spingono ad osare con risultati spesso imprevedibilmente positivi, confermando la falsa oggettivita’ di tali intuizioni!

 

“…Le ricerche collegano i neuroni specchio anche alla comprensione dei comportamenti che manifestano un'intenzione non ancora manifestata ma tesa a risultati futuri (previsione di un comportamento immediatamente a venire)… In altri termini essi possono fornire una base neurale per predire, in un altro individuo, le azioni susseguenti ad un comportamento dato e l'intenzione che ne sta all'origine…. La capacità di parti del cervello umano di attivarsi alla percezione delle emozioni altrui, espresse con moti del volto, gesti e suoni; la capacità di codificare istantaneamente questa percezione in termini "viscero-motori", rende ogni individuo in grado di agire in base a un meccanismo neurale per ottenere quella che gli scopritori chiamano "partecipazione empatica". Dunque un comportamento bio-sociale, ad un livello che precede la comunicazione linguistica, il quale caratterizza e soprattutto orienta le relazioni inter-individuali, che sono poi alla base dell'intero comportamento sociale…..”

(Dai neuroni specchio alla consonanza intenzionale - Meccanismi neurofisiologici dell’intersoggettività - Vittorio Gallese)

(http://www.unipr.it/arpa/mirror/pubs/pdffiles/Gallese/Gallese%20-%20Riv%20Psicoanalisi.pdf)

 

Lo sappiamo entrambi, dicevo, e i nostri comportamenti lo manifestano in tanti piccolissimi particolari eppure non ne parliamo mai direttamente: questa cosa l’ho sempre trovata molto buffa!.

E , se pur consapevole, non riesco a comportarmi diversamente!
Per questo sono convinto che andare subito a letto con una donna e’ il miglior rimedio:
si abbattono le inibizioni e  si interagisce in piena liberta’ e rilassatezza.



C'e poco da  vedere in citta’ perche' Chisinau  e' stata completamente distrutta durante la seconda  guerra mondiale (oltre i due terzi della citta’ furono rasi al suolo);
agli inizi del ’900 il 45% della popolazione di Chisinau era costituito da ebrei che fuggivano dalle sempre piu’ frequenti persecuzioni in Polonia e Russia, finche’, a causa  di due tristi pogrom tra il 1903 e il 1905, abbandonarono in massa la citta’ verso l’europa occidentale e gli Stati Uniti;
rimane pertanto una citta’ moderna di stampo sovietico senza una grande personalita’.


Facciamo lo stesso un giro tornando  a casa con uno di quei piccoli furgoncini stracarichi di gente che fanno servizio cittadino: e’ cosi zeppo che bisogna stringersi gli uni con gli altri come sardine;
la luce del tardo pomeriggio mitragliava i volti dei passeggeri ora  con bagliori amorfi di viali alberati ora con lampi geometrici di palazzoni post-sovietici;
in quell’estasi di chiaro-scuri estivi, sospinto involontariamente da brusche frenate, mi sono ritrovato  tra i rossi e soffici capelli di X,  respirandone il loro profumo;
in seguito ripetevo il gesto di mia iniziativa, senza la complicita’ della decelerazione meccanica, quasi a volerne respirare i piu’ intimi pensieri.
ancora una volta la luce dipingeva me come qualcuno che non conoscevo e mi sentii legittimato a desiderarla finche’ successive accelerazioni negative mi spinsero ad esplorare le  forme del suo corpo;
la sua silenziosa assenza di dissenso provocarono in me quel cambiamento di rotta, quell’abbandono di convenzioni e stravolgimento biochimico di cui sotto donandomi la certezza della conquista.

Non fu’  detta una parola, non uno sguardo eppure si e’ sorpassato un punto di confine dove le convenzioni  cessano di esistere e ogni ragionevolezza non e’ piu’ ragionevole;

si da retta solo alle pulsazioni arteriose, il cuore spicca il volo,

lo stomaco prende la cloche  e pilota …..
In quel preciso istante, sarei  potuto salire sulla moto e riprendere la via del ritorno con soddisfazione: una meta per la mente era stata raggiunta;
la montagna era stata scalata…rimaneva solo la discesa  a valle.

 

Si può provare simpatia per una persona. Ma per scatenare quella tristezza, quel sentimento d'irreparabile, quelle angosce che preparano l'amore, ci vuole — ed è forse questo, più che una persona, l'oggetto vero e proprio che la passione cerca ansiosamente di attingere — il rischio di una impossibilità. (II; 1990, p. 652)

Marcel Proust

 

In fondo, se ci penso bene, e potra’ sembrare strano, non e’ l’idea del sesso che mi attrae quanto quel soverchiare alcuni modi di fare, quel superamento di consuetudini, la curiosita’ di un nuovo modo di comportarsi, quell’intraprendere una nuova strada poco battuta e l’interesse di vedere dove portera’;

essere spinto a comportarmi in maniera differente dal solito e’ un piacere molto simile a quello che provo viaggiando;
anche il piacere di vedere il proprio organismo scombussolato in maniera naturale da ormoni e sostanze secrete in tali circostanze (le farfalle nello stomaco!)  ha il suo corrispettivo nei viaggi (per esempio l’adrenalina rilasciata in situazioni di paura, il posto di confine di un paese pericoloso, il percorrere una difficile e insidiosa strada sterrata di montagna);
insomma, se e’ vero  che la biochimica e’ alla base delle nostre emozioni, viaggiare e cercare l’intimita’ con l’altro sesso sono due ottime occasioni per “emozionarsi”!

 

Comunque, in genere, aveva sempre funzionato, dopo i travagli di un viaggio, cercare un luogo isolato e fuori dal mondo, una montagna, un deserto, un villaggio sperduto dove spengere quell’irrequietezza dell’animo in eccesso che il viaggio stesso non era stato capace di placare;

In un dolce far niente, immerso nel nulla piu’ assoluto, gli effetti stimolanti della noia si fanno piu’ evidenti permettendo alla mia curiosita’ di muoversi in liberta’.
Ma questa volta un posto simile non c’era stato;
mi era lecito percio’ “incuriosirmi” ad altro!

 

Venuta meno l'influenza anestetizzante dell'abitudine, mi mettevo a pensare, a sentire cose infinitamente tristi. (I, I; 1990, p. 9)

Marcel Proust

 

La natura ha fatto in modo da programmarci con alcune  necessita’;
eppure il mio oggi e’ la dimostrazione che non e’ sempre la necessita’ biologica a dettare certi comportamenti;
Curiosita’.

E’ solo per curiosita’.

Anche perche’ la nostra mente ha come attivita’ principale quello di attribuire un senso ad ogni cosa, inventarsi mete da raggiungere e ostacoli da superare: complicarsi l’esistenza, insomma!

 

La verita’ e’ che la desideravo solo per una curiosita’ di vedere me alle prese con  un corpo perfetto, per una egoistico mio piacere mentale, punto.

Un capriccio, insomma, o forse solo per il grillo di comportarmi come qualcuno diverso dal solito Me.

 

Perche’, in fondo,  il semplice sesso, privato di una forte componente emotiva o passionale, lascia insoddisfatti;
ma una qualsiasi curiosaggine da associare, come ad esempio cercare’ di capire e interpretare  la psiche femminile, puo’ essere  un buon incentivo e sostituto.

La “linearità dell’orgasmo”, per esempio, e’ indice di serenita’ psicologica;

sono sempre portato a pensare che in certi gesti primitivi si manifesti in maniera piu' evidente il subconscio e il carattere di una persona e per cio' tendo a osservare con maggior interesse particolarmente queste situazioni.

Non e’ che “capisco”; capire e’ un processo difficile e impegnativo; come accennavo prima “intuisco”;
lascio che le idee vengano da me.
Di X. mi aveva incuriosito la sua ascetica serenita’ che sembrava celare un animo scompigliato.

Ebbene, in base  alla succitata Teoria della linearità dell’orgasmo…X. e’ in effetti una donna complicata!

E poi la cena, la doccia, la mezzanotte, l’irrazionale tentativo di voler spiare nella psiche altrui, il davanzale sulla finestra, la notte calda e tutta  Chisinau che dorme dietro tante grigie finestre di cemento armato, affacciarsi sul balcone e pensare alla propria terra, infine la tenerezza del sonno.

 

 

 

 
 
 

Россия (Rassìa) viaggio senza spazio e senza tempo (e pure senza senso) Capitolo 15

Post n°50 pubblicato il 30 Maggio 2012 da Talix76

Россия (Rassìa)

viaggio senza spazio e senza tempo (e pure senza senso) Capitolo 15

 

Tempo di rientrare

L’idea del tempo deve essere legata alla biologia dell’uomo, perche’ da piccoli nessuno ci dice che vivremo almeno per ottanta anni eppure il futuro sembra immenso;
ma gia’ vent’anni dopo ci sembra che i giochi siano ormai fatti, che le danze siano gia’ chiuse, che  siamo in una corsia senza poter piu’ passare in quella accanto.
Eppure, in termini temporali non c’e’ poi tanta differenza tra avere dieci anni o averne trenta, mancano ancora  cinquanta anni ai fatidici ottanta.
Avendo l’essere umano il suo massimo sviluppo fin verso i venti anni, ecco dimostrata che la nostra percezione del tempo ha basi biologiche.
E quindi questa intuizione pura in realta’ e’ influenzata dalle nostre ghiandole endocrine che secernono ormoni in quantita’!


Il tempo avanza in maniera esponenziale, piu’ si va avanti e piu’ la sua velocita’ sembra aumentare.

D’altra parte anche i ricordi ci spingono a credere che questo sia vero;

tralasciando la memoria a breve termine, credo che ci siano piu’ ricordi del periodo dell’infanzia che di tutto il resto.


Ma e’ “Tempo” la parola giusta per  indicare questo concetto?
A volte penso di no.
Non mi riferisco a quello misurato dagli strumenti quanto a quello percepito, uno stato mentale.

Ma anche la fisica non viene in aiuto:
quello che si riteneva essere il Tempo Assoluto, in realta’ non esiste;
l’intervallo tra due eventi dipende dall’osservatore: lo afferma la teoria della relativita’!

In prossimita’ di un corpo  di massa elevata lo scorrere del tempo dovrebbe apparire piu’ lento.

Il paradosso dei gemelli e’ l’esempio lampante che anche i nostri orologi biologici hanno una personale misura del tempo che dipende da dove ci si trova e come ci si sta muovendo.


E se pur consapevole di entrare nel campo delle pure congetture, quando viaggio il tempo  scorre in maniera differente: lo avverto!
Non e’ poi in fondo cosi’ sbagliato lasciare lavorare il proprio cervello a ruota libera: e’ divertente!

 

“Un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro né passato esistono.
È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro.
Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro.
Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell'animo e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l'attesa”
Sant'Agostino - Confessioni

 

 

Tutto precipita

La mente umana e’ progettata per cercare lo schema ricorrente negli eventi;

Lo schema ricorrente nei miei viaggi  e’ che quando si raggiunge l’apoteosi si finisce sempre per inciampare, ovvero “ogni impero crolla sempre  al suo culmine”.


Mi avevano messo in guarda dai poliziotti dell’oblast di Roston on Don famosi in tutta la Federazione per essere i piu’ corrotti.
Seppur in forte ritardo, ma soddisfatto, proteggo il mio stato di felicita’ percorrendo gli ultimi chilometri in Russia dietro un furgone.

Entrato in Ucraina  speravo di percorrere  una fluida strada di 800 chilometri senza insidie godendo della silente compagnia del Mar Nero alla mia sinistra invece ho assistito al solito inaspettato accanimento della Sorte.


Tanto per cominciare una vistosa crepa nella gomma posteriore mi accompagnava come un ronzare sordo  mentre si ingigantiva metro dopo metro nella mia mente fino a  divenire una voragine che inghiotti’ il suo stesso pensiero.

 

Il primo inghippo ad un incrocio;

rallentai e prosegui a destra, mentre a sinistra c’era una pattuglia  del Gai (la polizia) che  mi agito’ la paletta;
da bravo motociclista, non ritenendo di aver compiuto (ancora) alcuna infrazione, mi fermai e tornai indietro ma mi contestarono di aver superato la linea tratteggiata, o qualcosa di similmente assurdo: ma io avevo fretta cazzo! Dovevo possedere X.!
Persi le staffe, tirai fuori il mio ambiguo tesserino con una sicurezza che  stupi’ anche me e rimisi in riga i pulotti, che mi lasciarono andare in fretta e furia con l’onore delle armi!

E VAI!


Benche’ intuii da subito la pericolosita’ della strada, cercando di viaggiare dietro tir o furgoni, incombetti in un altro episodio:
auto della polizia ferma a destra;
un agente compila un verbale;
a sinistra, sulla corsia opposta, un grasso agente appena mi vede mi intima l’alt ma io faccio lo gnorri  fingendo di osservare l’auto a destra: “ toh guarda una pattuglia!  Mi scusi tanto signor agente ma non l’avevo vista, ero troppo attento ad osservare la mia corsia”.

 

 

..e via lontano di li!
Intanto montava in me un senso di inquietudine;
la gomma squarciata, la fretta di arrivare a possedere X. (!), la moto che ogni tanto si spegneva e grevi nuvole cumuliformi all’orizzonte.
Non riuscii a superare l’ennesimo posto di blocco, ma capito l’andazzo, il mio tesserino mi aiuto’ anche questa volta;

peccato che la moto non ne volle piu’ sapere di ripartire e con le sghignazzate degli agenti che si prendevano gioco di me come sottofondo, trascinai la moto fino ad un distributore  poco distante dopo averli mandati, nel mio italico idioma, a fare in culo.
Smontai la moto pensando in un morsetto allentato della batteria  ma tutto era a posto e stranamente la moto riparti..mah!

Notai (ma feci in modo da non  fargli capire che l’avevo visto) anche un chiodo conficcato nella gomma posteriore, chiodo che e’ rimasto li per i successivi 10 mesi.

II sole cominciava a prosternarsi dinanzi alla notte e quel senso di agitazione in me aumento’.
Mi succede ogni volta che mi prefiggo un obiettivo, una meta, e non va via fintanto che non l’ho raggiunta.
Sentivo che arrivare  a Chisinau per la notte era la mia missione  e nessuno doveva fermarmi;

e’ per questo forse che ignorai del tutto l’alt di una pattuglia e proseguii.
”Tali’, ma che  cazzo hai  fatto?”
Non potevo credere al gesto appena compiuto.
In verita’ alla vista dell’alt mi era tornata subito alla mente una scena vista anni addietro in Montenegro, dove e’ risaputo l’accanimento dei poliziotti contro i turisti:
una furgoncino di una donna in vacanza ignorava l’alt di un poliziotto, quasi travolgendolo e questo, sbraitando, le gettava appresso la paletta.
Poi la raccolse e torno’ al suo lavoro come se nulla fosse accaduto.
Il cuore pulsava come un pazzo quando pochi minuti dopo sentii le sirene spiegate della pattuglia che mi rincorreva.

“Oddio!”
Ma il vero attore e’ colui che crede fortemente reale il proprio copione;
Cosi mi convinsi che ero davvero un esperto di diritto penale internazionale, membro di chissa’ quale agenzia governativa.

E cosi’ fu;
Con aria inspiegabilmente imperturbabile e serena , seguendo la filosofia che una parola e’ poca ma due son troppe, mi limitai a mostrare il tesserino .

E mi lasciarono andare.
M i    l a s c i a r o n o    a n d a r e !
Se penso che a volte mi aumentano i battiti cardiaci davanti ad una pattuglia di carabinieri, pur consapevole di essere in regola, mi viene da pensare;

Viaggiare de-contestualizza, permettendo di comportarci come normalmente non faremmo.

In altre parole fa venire fuori le parti nascoste di noi;

Poi quando si ha un’idea si riesce a portare a termine le proprie imprese e a fare di tutto;

e’ per questo che mi lamento spesso di non avere una bandiera da seguire, motivazioni, pur avendo le capacita’: nulla per cui valga la pena combattere.

E poi quando perdiamo le inibizioni agiamo seguendo i sentimenti.



Il chiodo nella gomma, la gomma che si squarcia, la moto che si spegne, i posti di blocco, l’inseguimento;
come in una favola un altro antieroe stava per fare opposizione al regolare fluire della mia storia;
una metropoli di nubi cariche di presagi, alte come grattacieli e scure come la morte, sostava all’orizzonte;
Il sole, quasi basso ad ovest, fendeva il cielo tra di noi mettendo in risalto i temporali in corso;
Io giocavo con la strada , sperando che ogni nuova curva mi portasse distante dal temporale;
e la strada mi lascio’ giocare per centinaia di chilometri, per poi prendere le redini del gioco e spedirmi dritto dritto nel cuore del temporale;
A nulla servi’ indossare l’antipioggia;
Il mio raffreddore, che mi portavo dietro da Mosca, ringrazio’…etciu’!

 

Ma quando si ha qualcosa da perdere si ha sempre paura, o meglio c’e’ sempre quel sottile ronzio impercettibile che potremmo definire come una sensazione di fastidio.
cosi’ quando fui nel cuore del temporale, e fui totalmente pregno della pioggia, insomma quando non potevo piu’ bagnarmi ma al massimo asciugarmi, allora attraversare i vari temporali estivi che si susseguivano trasformo’ quel fastidioso ronzio in un sottilissimo piacere.

 

Non riuscii a giungere a Chisinau quella sera;

non ci riuscii perche’ un altro complotto era in atto;
per qualche motivo, all’imbrunire, la batteria della moto sembro’ non ricevere carica sufficiente per ricaricarsi, quindi evitai per quanto possibile di  guidare con i fari accesi;
al primo motel dopo Odessa mi fermai .
Avevo tanto la sensazione di essere in Turchia, non so se per i ragni o per le sembianze del proprietario del motel.


In questa stato di sospensione spazio-temporale mi addormentai, con un giorno di ritardo sulla tabella di marcia, la moto che rischiava  di lasciarmi per terra, un chiodo come compagno, uno squarcio nella gomma,un traghetto da prendere e 1600km da percorrere in 36 ore.

E una donna da possedere.

Ma dovevo fare la cazzata di andare da X. !

 

 

 
 
 
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