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Messaggi di Dicembre 2011

Vogliono abolire l'articolo 18

Post n°539 pubblicato il 29 Dicembre 2011 da asu1000

L’ARTICOLO 18

UNO SPETTRO

CHE SI AGGIRA

di Francesco Casula

“Uno spettro si aggira per l’Europa, lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono alleate in una santa caccia spietata a questo spettro”. Parafrasando l’espressione del vecchio Marx e…si licet parare magna cum parvis,  direi che uno spettro si aggira nei palazzi del potere economico e politico: lo spettro dell’articolo 18. Tale fantasma appare ciclicamente: dieci anni fa fu evocato dal presidente della Confindustria D’Amato ma fu interrato da tre milioni di lavoratori in piazza. Oggi viene agitato da una santa alleanza fra padronato, governo e la gran parte dei Partiti, ben sostenuti dalla Grande stampa: per liquidarlo. In prima fila la ministra Fornero: dalla lingua bi/triforcuta. Alterna infatti il linguaggio lacrimoso alla durezza contro i diritti dei lavoratori e alla ritrattazione. D’accordo con  il premier Monti taglieggia infatti i salari e le pensioni con il blocco dei contratti e delle indicizzazioni, con Imu, Iva, accise, addizionali e balzelli di ogni genere, ma poi dichiara al Senato che bisognerebbe riuscire ad aumentare i salari perché sono bassi. Insomma: dopo il danno, la Ministra piangente, ci risparmi almeno la beffa. E soprattutto lasci perdere l’articolo 18. A meno che non si dimostri che le aziende non crescono per colpa sua. Sarà un compito arduo. La struttura industriale italiana è infatti composta prevalentemente da imprese sotto i 15 dipendenti (l’83,9%  non arriva a 10 addetti) cui non si applica l’art.18. E duncas? Perché non crescono, pur in assenza della supposta rigidità del detto articolo? E perché non ricordare che sui 532 mila licenziati nel triennio 2008-2010 solo 1500 sono tornati in azienda grazie alla norma ora a rischio? Secondo il senatore Pietro Ichino, proprio perché dell’articolo 18 usufruiscono meno della metà dei lavoratori dipendenti, occorrerebbe abolirlo in quanto sarebbe discriminatorio. Si tratta di una posizione per lo meno bizzarra: da un parlamentare del Pd era legittimo aspettarsi una proposta opposta: estendere un diritto di garanzie a chi ancora non ce l’ha, non toglierlo a chi ne gode. Anche perché l’articolo 18 è semplicemente un deterrente, un freno a chi vorrebbe licenziare per motivi politici non per giusta causa: sarebbero infatti licenziati, senza di esso, non mandrones e assenteisti, ma i lavoratori scomodi e combattivi.

Pubblicato su SARDEGNA  Quotidiano del 29-12-2011

 
 
 

Un nuovo libro di FRANCO CARLINI

Post n°538 pubblicato il 28 Dicembre 2011 da asu1000

La tradizione

dei “Contus”

campi danesi

di Francesco Casula

Franco Carlini ritorna nelle librerie con la pubblicazione di “Sa domu de s’orcu”, una raccolta di racconti tradizionali in lingua sarda, in gran parte frutto di una ricerca sul campo. Poeta e scrittore bilingue, Carlini ha alle spalle una vasta produzione poetica con le sillogi “Biddaloca” (1989), “Murupintu” (1991), “Sa luna inciusta” (2004) ma anche in prosa con i Racconti “S’omine chi bendiat su tempus” (2001), “Su conillu beffianu” (2004) e il romanzo “Basilisa”, Premio Deledda 2002 per la letteratura in lingua sarda. L’ultima sua opera “Sa domu de s’orcu” (Della Torre Editore), in lingua campidanese con la traduzione in italiano, contiene 30 Contus di gigantis e di cogas, di reis e di piccioccus assortaus; Contus casi berus e Contus spreviosus.

Secondo l’antropologo Giulio Angioni, autore di una pregevole prefazione, con questi Contus, Franco Carlini “ha voluto fare per la narrativa tradizionale della Sardegna, soprattutto meridionale, quello che hanno fatto, per esempio, Italo Calvino per l’Italia molto di recente, qualche secolo fa Perrault per la Francia, i Grimm per la Germania in epoca romantica, e magari prima ancora qualcuno delle parti della Persia per Le mille e una notte e prima ancora Fedro ed Esopo per Roma e Grecia antiche, e magari anche Omero, che è stato messo in questione appunto perché probabilmente anche lui ha messo per iscritto a modo suo racconti epici che altri già raccontavano, anzi cantavano a modo loro da secoli. Questi nomi famosi non li ho fatti a caso, ma anche per la ragione che tutti hanno lavorato sulla narrativa tradizionale popolare della loro gente più o meno allo stesso modo, cioè raccogliendo e rielaborando in proprio per iscritto il materiale raccolto dalla «voce del popolo», come si è detto spesso di loro, e quasi sempre facendo anche un’operazione di normalizzazione linguistica di un materiale dialettalmente variegato”.

Carlini infatti opera un felice tentativo di una sua personale koinè grafica e linguistica, attraverso un campidanese standard mediano, dunque senza particolarità locali ma che può essere ben compreso non solo dai campidanesi ma da tutti i sardi.

Si tratta di un libro – cito ancora Angioni – “consigliabile anche come strumento di insegnamento linguistico…non solo ai ragazzi, ma semmai ai ragazzi di ogni età e cultura, dai sette ai cent’anni e passa”.

Pubblicato su Sardegna quotidiano del 28.12-2011

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

La Fondazione Sardinia festeggia i suoi 20 anni

Post n°537 pubblicato il 19 Dicembre 2011 da asu1000

UNA FONDAZIONE

PER CONOSCERE

LA CULTURA SARDA

di Francesco Casula

La Fondazione Sardinia ha compiuto 20 anni: li ha festeggiati con un Convegno-studi tenuto al Palazzo Viceregio a Cagliari il 16 e 17 dicembre scorsi, in cui ha discusso su “Intellettuali nella Sardegna contemporanea – la responsabilità degli intellettuali nella Sardegna di oggi”, con personaggi del calibro della psichiatra Nereide Rudas, dei filosofi Remo Bodei e Placido Cherchi, dello storico Federico Francioni, del cantautore Piero Marras, del regista teatrale Piero Marcialis, di Don Mario Cugusi e di tanti altri..

Fondata il 16 gennaio 1991, con il compito precipuo di “attuare tutte le iniziative tendenti a incrementare la presa di coscienza e il diretto protagonismo dei Sardi verso obiettivi di autoconsapevolezza e protagonismo economico, sociale, politico e culturale”, è oggi presieduta da quel raffinato intellettuale che è Bachisio Bandinu. In questi 20 anni ha tenuto una serie sterminata di seminari di studio per giovani e non giovani, ha condotto ricerche mirate su alcuni settori della vita economi­ca, sociale e culturale della Sardegna, ha provveduto a diffondere i risultati della sue ricerche con manifestazioni pubbliche, pubblicazioni e presentazioni di libri.

Nata sull'onda dell'anniversario del Psd'az, e quindi fedele dall'inizio ai temi dell'identità e dell'indipendentismo sardo, ben presto si è aperta ai più diversi approcci: cattolici, non cattolici, liberali sino ai marxisti. Il tutto sempre seguendo un filo comune: “Dare un contributo alla conoscenza della Sardegna”, ha affermato Salvatore Cubeddu, direttore della Fondazione,  perché, precisa, “studiare la nostra Isola è studiare il mondo, e se non siamo noi a studiare la Sardegna non lo fa nessuno”.

Ma la Fondazione non si è limitata allo studio, a “interpretare il mondo” –direbbe Marx – ma ha operato per cercare di cambiarlo. Di qui la sua azione per la promozione e valorizzazione della Lingua e della cultura sarda, fra l’altro curando il monitoraggio fra  il '96 ed il 2000 dell'attuazione dei progetti ex-legge 26 presso le scuole e nei mass-media o organizzando le celebrazioni per Sa die de sa Sardigna nel 2008. O ancora il suo impegno per l’Assemblea Costituente, attraverso il Comitato nato qualche mese fa: molti fra gli 11 componenti sono soci della Fondazione Sardinia: dai già nominati Bandinu e Cubeddu a Giacomo Meloni segretario della Css.

Pubblicato su Sardegna quotidiano del 19-12-2011

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

Riparte da Alghero la campagna per la Lingua sarda

Post n°536 pubblicato il 17 Dicembre 2011 da asu1000

 

La campagna

invernale

per il Sardo

di Francesco Casula

Parte da Alghero la campagna invernale per la lingua sarda. A lanciarla sono i partecipanti alla Conferenza regionale annuale tenutasi nei giorni scorsi nella cittadina catalana: artisti, musicisti, poeti, scrittori, docenti, operatori degli Ufitzi de sa limba. In una lettera-documento con ben 16 punti, inviata all’Assessore della Cultura Milia, a Cappellacci, alla Lombardo, ai Presidenti delle Commissioni Cultura, Autonomia e Bilancio del Consiglio regionale,  sintetizzano le richieste più urgenti per una reale politica tesa  a insegnare,valorizzare, diffondere il Sardo. Ad iniziare dall’aumento degli  stanziamenti in modo tale che l’Assessorato alla cultura possa destinare al Sardo, per il 2012, almeno il 2% del suo budget e per il 2013 il 3%.

Per quanto attiene specificatamente alla scuola si propone che venga istituito un esame di lingua sarda nei corsi di laurea di tutte le facoltà e che sia introdotto l’insegnamento della musica, della danza e della poesia sarda in tutte le scuole. Si chiede inoltre che siano confermati gli impegni da parte delle istituzioni preposte alla formazione degli insegnanti, in particolare dall’Università di Sassari, affinché nei corsi di formazione finanziati dalla RAS, oltre che nei laboratori, le discipline che fanno parte del programma di formazione siano impartite per almeno il 50% delle ore in Sardo. Sempre a proposito della scuola, si sollecita la Direzione scolastica regionale, perché, in accordo con la Ras, dia urgentissime e precise indicazioni alle scuole sarde affinchè indichino nelle domande di iscrizione presentate dalle famiglie, ad inizio di anno scolastico, innanzitutto la scelta del Sardo accanto ad altre lingue possibili.

Di particolare interesse la proposta di una modifica costituzionale per introdurre la lingua sarda nello Statuto sardo come lingua nazionale dei Sardi, coufficiale con l’Italiano.

Vi sono poi richieste particolari ma di grande valore: l’adozione dell’onomastica in Sardo (nomi e cognomi), in modo ufficiale, anche con apposite campagne di promozione; l’estensione a tutta la Sardegna della cartellonistica di entrata/uscita con i macrotoponimi in sardo e nelle lingue minoritarie della Sardegna, almeno nei comuni; l’inclusione nella annunciata Scuola Digitale, a pieno titolo e in condizioni di parità con le altre lingue previste, della lingua sarda.

Pubblicato su Sardegna quotidiano il 17-12-2011

 

 

 

 

 
 
 

La recesione di Giancarlo Bruschi, , su UOMINI E DONNE DI SARDEGNA (Alfa editrice) di Francesco Casula

Post n°535 pubblicato il 16 Dicembre 2011 da asu1000

 

Recensione di UOMINI E DONNE DI SARDEGNA (Alfa Editrice)

di  Giancarlo Bruschi

Per meglio capire l’opera che viene presentata sono necessarie alcune brevi note sulla formazione culturale dell’autore. Francesco Casula asserisce di avere iniziato ad apprendere l’italiano a sei anni dopo avere usato sino a quell’età la lingua di Ollolai come lingua madre. Segnalare questo fatto mi sembra importante per verificare la possibilità di mantenere la piena padronanza della lingua  appresa dalla nascita, nella quale di solito si continua a pensare,e - a penare - e conseguire nel contempo la piena padronanza di una  seconda lingua, in questo caso l’italiano, con la facoltà di scegliere di volta in volta quella che si ritiene di usare, cosa che Francesco fa con grande consapevolezza e misura in ogni caso. Ho detto ciò perché probabilmente uno dei temi del dibattito sarà proprio quello della lingua. Secondo momento rilevante della formazione di Francesco Casula è la frequentazione della Scuola  dei Gesuiti, dopo le elementari, che ad una naturale disposizione  allo studio e alla riflessione ha aggiunto l’abitudine  del ragionamento, la disciplina formale, l’ordine espositivo, oltre che  l’autocontrollo in termini più generali. La laurea conseguita presso l’Università di Roma alla scuola dei migliori maestri dell’epoca ha completato la formazione. L’acquisizione di questi presupposti lo ha messo in condizione di proporre un testo pieno di suggerimenti e suggestioni, ma anche leggibile da chiunque voglia mettere l’impegno per entrare in terreni  oggi poco frequentati o voglia evitare  di alimentarsi di luoghi comuni. L’opera presenta 15 figure della storia e della cultura sarda  la cui rivisitazione può portare ad arricchire un patrimonio di conoscenze  che ci consentono di vedere meglio il nostro mondo, in particolare si tratta di Amsicora, Eleonora di Arborea, Sigismondo Arquer, Giommaria Angioy, Grazia Deledda, Antonio Gramsci, Marianna Bussalai, Montanaru, Antonio Simon Mossa, Emilio Lussu, Giuseppe Dessì, Grazia Dore, Francesco Masala,  Eliseo Spiga, Giovanni Lilliu.  La narrazione spazia su oltre 2200 anni e quindi nella lettura occorre sempre ricordarsi che spesso si ha a che fare con uomini e donne di tempi diversi e di culture lontanissime tra loro, per fare u esempio la nozione di Stato e di cittadino posseduta da Eleonora, nulla ha a che fare con quella che abbiamo noi.

Fatto ancora più interessante è che i testi  dedicati alle diverse personalità sono nati in sardo e quasi tutti pubblicati separatamente, e riuniti in questo unico volume, riproposti oggi in un ineccepibile italiano, ricchi di una parte antologica e di riferimenti a scritti che riconducono alla personalità presa in considerazione.

Mi sembra importante richiamare l’attenzione  sull’utilizzo della prosa scritta sarda, alla quale siamo meno abituati, per l’elaborazione di testi importanti e complessi. Bisogna anche sottolineare che spesso siamo più portati ad  ascoltare le storie, anziché conoscere la storia. Le storie portano spesso lontano dalla verità affascinano come un flauto magico e distolgono dalla realtà. Casula è riuscito a restare nella storia pur  mantenendo un tono di narrazione che non è né pedante né piattamente scolastico, ma trattiene l’attenzione del lettore anche su argomenti di una certa complessità. Attraverso queste figure proposte si fa nascere una proposta che potrebbe configurare quella di un uomo o di una donna da portare come modello anche per il futuro sviluppo della Sardegna. Nasce un’idea di sviluppo e di crescita dell’isola che supera i luoghi comuni troppo facilmente affermati dell’autonomia o dell’indipendenza della Sardegna, perché l’autore resta sempre con i piedi ben saldi per terra  e non si fa sfuggire  i limiti di un progetto di crescita che non può fondarsi sui desideri o peggio sui generici proclami politici, ma deve partire da una profonda meditazione sulla realtà e camminare su gambe ben allenate. In questa luce meriterebbe un approfondimento il forte richiamo alla costante resistenziale, attribuita ai sardi dal Prof.Lilliu, perché mi sembra che il concetto di costante resistenziale implichi una costante tensione ed un costante rigore politico e culturale che male  si accompagnano al bisogno  di aperture  e abbandoni di diffidenze - a priori- che il concetto di resistenza così fortemente immanente nei testi del Lilliu presuppone.

La brevità del tempo a disposizione non consente un esame più approfondito.

Tra i temi che emergono vi sono quello della lingua, con un percorso che va da Eleonora d’Arborea, a Sigismondo Arquer, passando da Grazia Deledda, Dessì, Lussu, Gramsci.

Il secondo tema è quello dell’organizzazione sociale, della riflessione sulla condizione umana, le prospettive per una migliore organizzazione sociale e politica, in particolare l’autonomia o l’auspicata indipendenza.

La consapevolezza delle necessità di non cadere nella retorica  porta l’autore a proporre una serie di figure apparentemente sconfitte.

Amsicora, Arquer,  Gramsci, Antonio Dore. Mi sembra importante soffermarsi su queste figure che consentono di avere una visone non localistica, ma ampiamente nazionale e nel contempo pienamente sarda, nel senso migliore, di personalità che hanno conservato in pieno la loro dignità e forza autentica di sardi pur operando in contesti  più vasti che ai loro tempi superavano i confini regionali, sia politici che culturali.

Amsicora, per quello che è possibile saperne dalle fonti storiche è un capo delle popolazioni sarde che erano entrate in contatto con la potenza cartaginese che occupava prevalentemente le coste sarde con importanti stanziamenti. Erano gli anni delle guerre tra Roma e Cartagine per il controllo del mediterraneo, era in atto una scontro mortale tra le due più importanti civiltà del mondo occidentale di quell’epoca. La figura di Amsicora si pone dunque come interlocutore tra le popolazioni autoctone della Sardegna e le due grandi potenze internazionali che si combattevano. In gioco è l’assoggettamento della Sardegna  al potere di Roma che in questo caso non tende a fare dei sardi degli alleati ma delle popolazioni totalmente sottomesse. Amsicora è quindi un capo locale sardo, come, lo si era allora, ma politicamente capace di stare ai massimi livelli della politica internazionale del tempo. Dopo la morte del figlio Iosto, che imprudentemente ha ingaggiato battaglia con i romani, Amsicora preferisce suicidarsi anziché cadere prigioniero. Sconfitto ma moralmente vincitore  é come tale ricordato. Queste guerre sono anche l’occasione per tenere presente  che la Sardegna con la sua posizione geografica finisce con essere coinvolta in tutta la storia geo- politica del mediterraneo; di ciò bisogna tenere conto per non cadere in una visione  familistica e localistica dello sviluppo della società sarda.

Per quanto riguarda Sigismondo Arquer si tratta di un suddito spagnolo, nato a Cagliari, uomo di grande rettitudine  morale e capacità professionale per gli studi seguiti a Pisa, dove apprende l’italiano, perfeziona il possesso del latino, lingua ai tempi internazionale e necessaria  per qualsiasi contatto internazionale, come oggi l’inglese. In particolare entra in contatto con il fermento culturale legato alla riforma luterana e quindi al Protestantesimo. Il mondo, dopo la scoperta dell’America sta uscendo dalla  visione ristretta del mediterraneo, per  aprirsi agli Oceani. Una dimensione troppo grande per  le beghe cagliaritane, che porteranno in carcere prima il padre e poi lui stesso con l’accusa di eresia. Erano i tempi in cui anche le regine potevano essere accusate di eresia e se non condannate, seriamente esautorate. Nel contesto della sua permanenza in Svizzera, sarà invitato redigere un testo riguardante la storia e la geografia della Sardegna, in latino, che per anni sarà il modello di tali opere; in Sardegna l’opera fu largamente copiata dal Fara, vescovo di Bosa e poi di Alghero, che ebbe poi modo di preoccuparsi per le fonti, provenienti da un eretico, utilizzate. L’accusa di eresia pur  formulata nel contesto di beghe locali, diventa un atto di tragica gravità, poiché la mostruosa organizzazione chiamata Inquisizione Spagnola una volta avviata  si auto alimenta. E Arquer per certi versi, eretico lo è davvero, essendo molto vicino al pensiero genericamente definito Luterano. L’unica via di salvezza sarebbe stata l’abiura totale, nonché l’indicazione di chi a sua conoscenza partecipasse delle stesse idee. Torturato, incarcerato per oltre 7 anni, non tradisce gli amici e non abiura. La fine è scontata, solo un colpo di alabarda  infertogli mentre conferma la sua innocenza lo sottrae alla tortura finale del fuoco. Casula spinge la sua apertura  ponendo un catalano, prima funzionario a Cagliari, poi per un certo tempo in Spagna, tra le figure di sardi meritevoli di essere ricordate; è il segno di una visione  ampia e culturalmente feconda dello sviluppo della Sardegna.

Antonio Gramsci, sardo nel senso migliore, per temperamento determinazione e serietà, è pure lui vittima prima di tutto della sua coerenza che non prevede abiure, sia nei confronti del fascismo, ma anche  della sua visione  del riscatto dell’Italia nell’ambito della poi fallita rivoluzione socialista. In questo contesto entra in contrasto con le tesi ufficiali genericamente riferibili a Mosca, e subisce in carcere l’isolamento da parte dei detenuti politici comunisti genericamente definibili stalinisti, ma non è neppure destinatario di seri tentativi di ottenerne la liberazione. La pubblicazione dei quaderni dal carcere è stata tortuosa, tormentata, quasi l’opera di un eretico. Anche in questo caso appare come vittima di una mostruosa religione laica, negatrice di ogni libertà individuale, in nome di un’astratta ragione di Stato.

Antonio Dore seguirà anche lui la strada dell’isolamento, sempre ad opera dello stesso gruppo opposto a Gramsci- Togliatti per la cronaca- che qualche decennio dopo decapitò di nuovo il gruppo dirigente del PCi sardo guidato allora da Renzo Laconi. Innumerevoli appaio gli spunti che d’improvviso emergono  nel contesto del libro. Sulla complessità del pensiero gramsciano , mi viene in mente  un colloquio con un famoso antifascista a suo tempo carcerato; noi giovani curiosi di conoscere dal vivo notizie sul personaggio Gramsci chiedevamo notizie, senza avere concrete risposte. Alla fine, preso coraggio, sbottò: Gli puzzavano i piedi. E quando ci lamentavamo, si toglieva le calze e le metteva in tasca.

Per quanto riguarda le figure femminili appaiono di particolare interesse  la Bussalai e le sorelle Dore. La prima profondamente impegnata nell’azione politica, legata al meglio della classe politica sarda antifascista, le seconde, donne di grande forza promotrici di attività dedicate all’educazione e quindi alla modificazione dall’interno della società della Sardegna centrale, legate al mondo culturale romano prima, fondatrice di un ordine religioso - Peppina-   e pedagogiste e scrittrici le seconde( Grazia e Raffaella). Assieme ad Antonio Pigliaru, ed altri giovani intellettuali, diedero origine ad un movimento legato alla rivista Ichnusa che per circa un decennio ha influenzato  il rinnovamento della scuola dell’obbligo, almeno nel nuorese e in certe zone del sassarese, portando anche un soffio di novità nella vita politica sarda. Negli stessi anni scriveva Albino Bernardini e nasceva il movimento di cooperazione educativa, del quale alcuni di noi hanno fatto parte.

Uno spazio a parte merita Dessì che con l’opera letteraria ha raccontato con autenticità e profondità il mondo arcaico della Sardegna della sua infanzia, cogliendone gli aspetti poetici ma anche quelli crudamente reali della  povertà e della morte, senza cadere mai nella retorica compiaciuta. L’uso della lingua, senza bisogno di pesanti inserimenti di termini sardi, riesce a  calarci con realismo poetico in quel mondo che era stato anche dell’infanzia di Gramsci e di Lussu.

 Lussu per un verso incarna le contraddizione del sardo volontario e combattente nella prima guerra mondiale, e antifascista poi, ma sempre punto di riferimento dei suoi ex compagni di trincea,  teorico di una moderna forma di organizzazione statale che con grande lucidità, prospetta per l’Italia del secondo dopoguerra, come un organico federalismo, con consapevolezza piena  degli obiettivi e delle difficoltà, senza cedere a sogni astratti di indipendenza di fantasia. Nella rigorosa ricostruzione dei fatti l’autore cita uno scontro tra Lussu e Gullo -allora importante dirigente del PCi-  che contrasta l’idea del federalismo, in coerenza con l’idea centralista  del PCI. L’avvocato Gullo, calabrese, confinato in Sardegna, per lungo tempo fu ospite della casa di mio nonno, e questa notazione mi rende più attuale il testo; questa paradossale condizione riservata a confinati politici, ricevuti nelle famiglie buone della città, che in  futuro avrebbero avuto ruoli importanti nella vita  politica italiana, ricordo ancora Pietro Mancini, meriterebbero una approfondita riflessione sui rapporti tra fascismo e antifascismo a Nuoro.

In questo senso, come ritorno finale alla realtà, non si può ignorare Francesco Masala, autore del testo “Quelli dalle labbra bianche”, spesso ingiustamente ignorato, ma anche  di dure e paradossali riflessioni  sulla effettiva consistenza  di certe vittorie di cui non sembra meritorio gloriarsi. Avere sconfitto i francesi, al momento della rivoluzione francese, è stata  una vittoria, o la restituzione ai Piemontesi e aggiungo io ai feudatari o proprietari sardi, il controllo dell’Isola? Come deve essere valutata la cacciata degli impiegati Piemontesi da Cagliari, mentre si invocava il Re? Concludendo pongo una domanda: è meglio una perenne recriminazione contro l’invasore  o padrone di turno o è meglio l’operoso e quotidiano  impegno delle sorelle Dore? Leggere per intero il libro, provocatorio e ricco di suggestioni, può servire a trovare risposte e nuove domande.

 

 

 

 

 
 
 
 
 

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Questo blog, bilingue ( in Sardo e in Italiano) a disposizione, in modo particolare, di tutti i Sardi - residenti o comunque nati in Sardegna - pubblicherà soprattutto articoli, interventi, saggi sui problemi dell'Identità, ad iniziare da quelli riguardanti la Lingua, la Storia, la Cultura sarda.

Ecco il primo saggio sull'Identità, pubblicato recentemente (in Sardegna, university press, antropologia, Editore CUEC/ISRE, Cagliari 2007) e su Lingua e cultura sarda nella storia e oggi (pubblicato nel volume Pro un'iscola prus sarda, Ed. CUEC, Cagliari 2004). Seguirà la versione in Italiano della Monografia su Gramsci (di prossima pubblicazione) mentre quella in lingua sarda è stata pubblicata dall'Alfa editrice di Quartu nel 2006 (a firma mia e di Matteo Porru).

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