Creato da braulink il 28/11/2005

Avasinis -UD- 2.5.45

Ragionando sul come e sui perché di una strage nazista

 

"Avasinis, un giorno per caso. La strage del 2 maggio 1945" - 2° parte

Post n°99 pubblicato il 05 Settembre 2010 da braulink
 
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(Seconda parte della tesi di Carolina Leone sulla strage di Avasinis)

 

 

 

La strage di Avasinis

 

"Scene di orrore e di morte avvengono ovunque. Si sentono urla, grida spasimanti, voci strazianti invocanti pietà. Là due giovani ragazze uccise dopo essersi da esse fatto servire il pranzo e dopo sevizie, vecchi freddati nella sedia accanto al focolare, mamme assassinate coi bambini in braccio, uomini fatti uscire di casa, derubati del portafoglio e poi freddati, persone raccolte in una casa o costrette in qualche andito falciate col mitra, pacifici vecchi che, non sapendo dare ragione di quanto avveniva, erano sulla via colpiti a morte, là una donna colpita e non ancora morta cui hanno tagliato il dito per prenderle l’anello, una quantità di persone sequestrate e chiuse quali ostaggio in due case di via Piloni, i vivi rintanati nelle cantine, nei fienili, tra le travi delle soffitte fino nei camini, i meno rimasti in casa a placare l’ira con l’offerta di ogni cosa pur di avere salva la vita".

Basterebbero queste parole per descrivere l’orrore e la malvagità che invase Avasinis il mattino del 2 maggio 1945. Quel giorno ebbe luogo un atto dolorosissimo verso una popolazione di innocenti, mentre in altri paesi del Friuli si festeggiava la liberazione dall’ invasore tedesco-cosacco. Ad Avasinis morirono 51 persone tra donne, vecchi e bambini per mano di un distaccamento di un battaglione delle SS. Il fatto storico si svolse alla fine dell’occupazione cosacca, iniziata nell’estate del 1944 per fronteggiare l’espansione delle forze partigiane e per aiutare l’esercito tedesco nel controllo del territorio. Nella primavera del 1945, quando le sorti della guerra stavano volgendo a favore degli alleati, i quali stavano avanzando dal sud Italia, si assiste alla progressiva ma inarrestabile ritirata dell’esercito tedesco e dei cosacchi, che per garantirsi vie di fughe rapide e sicure, spesso metteva in atto delle azioni punitive per far intendere alla Resistenza di non tentare alcun genere di opposizione Nella mattina del 1 maggio 1945 transitò una colonna tedesca cui si erano aggregate forze cosacche nelle vicinanze di Trasaghis, proveniente dallo spilimberghese, la quale, dopo aver subito

attacchi nella zona di Forgaria, uccise alcuni partigiani e ne fece altri prigionieri.

Nel primo pomeriggio una formazione, identificabile probabilmente con la brigata "Karstjager" della Waffen SS formata si da tedeschi ma anche da istriani, altoatesini e friulani, oltrepassò il ponte di Braulis e si stanziò a Trasaghis. Da subito le varie componenti della brigata SS si separarono: alcuni sul "Montisel" sopra Trasaghis, altri sul "Col del Sole" sopra Avasinis, effettuando delle perlustrazioni nelle vicinanze dell’abitato e circondando il paese. La notte tuttavia passò tranquilla. Nella mattinata del 2 maggio, dopo una scarica di mitra da parte dei partigiani verso una postazione nazista, i tedeschi diedero assalto al paese. Invano un gruppo di partigiani cercò di resistere ben presto furono costretti alla ritirata. Gli invasori sparsero in paese terrore assoluto uccidendo, violentando e distruggendo tutto ciò che li circondava. Furono 51 le vittime tra uomini, donne e bambini. "Il mattino del 2 maggio colpi di mortaio su Avasinis fecero capire che il nemico voleva sfondare ad ogni costo. I partigiani si ritirarono. Gli uomini fecero appena il tempo di fuggire in montagna. I soldati delle S.S. inferociti penetrarono nel paese inerme. Chi potrà dimenticare la strage orrenda che vi perpetrarono? Furono massacrati vecchi, bambini di pochi mesi, di pochi anni, ragazze robuste e fiorenti di giovinezza, giovani madri con il figlio in braccio. Violentarono in quella notte ragazze innocenti e gettarono poi i cadaveri delle vittime nei canali, li nascosero nelle strade. Tutto il paese fu orribilmente insanguinato. Terminata la carneficina si diedero a saccheggiare le case asportando quello che parve loro utile e prezioso. Al mattino del tre maggio se ne andarono. Le campane di Gemona ed Osoppo suonavano a festa per l’ingresso delle truppe alleate"

Dopo il ritiro delle truppe, il 3 maggio i partigiani organizzarono vari posti di blocco in tutta la zona, arrestando una trentina di nazisti sbandati. Questi, ritenuti responsabili della strage, furono condotti ad Avasinis, processati sommariamente e uccisi dalla popolazione e dai partigiani. Don Zossi annota nel suo diario: "Un animo terribilmente scosso, che non vedeva più ragione o virtù". I corpi delle vittime della strage furono sepolte in una fossa comune nelle vicinanze del cimitero e ogni anno vengono ricordate il 2 maggio con una messa e una processione assieme ai sopravvissuti di quella tremenda giornata di violenza inaudita.

 

(da: Mario Di Gianantonio, Calvario di povera gente, dattiloscritto 1945).

 
 
 

"Avasinis, un giorno per caso. La strage del 2 maggio 1945" - 1° parte

Post n°98 pubblicato il 04 Settembre 2010 da braulink
 
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Liceo linguistico "San Bernardino da Siena" – Tolmezzo

A.S.: 2009-2010

Ricerca per l’Esame di Stato conclusivo della scuola secondaria di secondo grado

 

UN GIORNO PER CASO

La strage di Avasinis del 2 maggio 1945

 

 

 

 

 

Carolina Leone

 

Indice

 

 

     

  1. Contesto storico a partire dal 8 settembre 1943 in Friuli
  2.  

     

  3. La strage di Avasinis
  4.  

     

  5. Le cause della strage di Avasinis
  6.  

     

  7. Intervista ad Attilio Costantini
  8.  

     

  9. Conclusione e considerazioni personali
  10.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Presentazione

 

Esta investigación cuenta los hechos ocurridos el 2 de mayo de 1945. Este trabajo ha sido bastante difícil porque no hay muchas noticias sobre el masacre. Esta escasa cantidad de fuentes escritas en particular, me ha llevado a buscar fuentes orales. Asì he encontrado a un sobreviviente a este masacre y he escuchado diréctamente su experiencia. Attilio Costantini es la llave de toda mi investigación. Èl, a través de su testimonio, ha descrito lo que había visto y escuchado durante la nazi-locura. Pienso haber recibido un regalo muy grande por parte de este señor mayor que aunque fuese fuerte su dolor en hacer el cuento, (durante la entrevista tuve momentos de conmoción) pudo hablar de los hechos tan horribles sucedidos en ese día. Èl piensa sería mejor olvidarlo todo, pero yo creo que olvidar el masacre de Avasinis no sea admisible. Es importante y necesario mantener memoria de ciertos acontecimientos tan graves para que jamás pueda pasar otra vez algo parecido.

 

 

Contesto storico a partire dall' 8 settembre 1943 in Friuli

 

Il 24 luglio 1943 il gran Consiglio del fascismo votò un ordine del giorno che avrebbe portato Mussolini alle dimissioni. Il giorno seguente Pietro Badoglio prese la guida del governo italiano. Il primo passo del nuovo capo del governo fu la firma dell’armistizio con gli anglo-americani, proclamato l’8 settembre 1943. Con questo atto l’Italia usciva ufficialmente dalla guerra. L’esercito tedesco reagì immediatamente e in poco tempo invase il territorio del nord-est d’Italia. Nel medesimo tempo nacque il fenomeno della Resistenza, un movimento di natura spontanea che radunava combattenti anti-fascisti e anti-nazisti di diversi orientamenti politici. In settembre si costituirono sulle Alpi e sull’Appennino centro-settentrionale i primi nuclei partigiani. Erano formati da ufficiali e soldati del disciolto esercito, da antifascisti e perseguitati politici, da giovani spinti dalla volontà di riscatto contro l’occupazione dell’ esercito tedesco. La situazione nella nostra regione presentava le sue particolarità. I tedeschi costituirono nelle province di Udine, Gorizia, Trieste, Fiume, Pola e Lubiana la zona di operazione del Litorale Adriatico (Adriatisches Kustenland) a capo della quale venne nominato un Commissario Supremo che aveva tutti i poteri militari, civili e giudiziari. Di fatto la sovranità italiana fu sospesa. Nella primavera del 1944 il movimento partigiano in Carnia e anche nella vallata del pordenonese, aveva raggiunto un importante sviluppo. Nel complesso potrà contare su nove brigate per un totale di sei mila uomini. Una continua azione di guerriglia da parte di queste formazioni costrinse l’esercito tedesco a rifugiarsi a Tolmezzo e nelle varie località della pedemontana. Alla fine dell’estate la Carnia e le tre Valli del Friuli Occidentale erano quasi interamente liberate. Questo territorio costituì la Zona Libera della Carnia e del Friuli. Essa aveva un’ estensione di 2.580 Kmq con una popolazione di 90.000 abitanti. I comuni interamente liberati furono 38 di cui 7 parzialmente. Questa situazione durò circa tre mesi fino a quando l’8 ottobre 1944 i tedeschi misero in atto l’operazione Waldlaufer per l’eliminazione della Zona Libera della Carnia. In poco tempo le formazioni partigiane si arresero e caddero sotto le massicce offensive tedesche e cosacche. L’arrivo dei Cosacchi in Friuli iniziò nell’ agosto 1944. Per la popolazione della montagna fu un vero martirio. Cacciata dalle case o costretta alla coabitazione con una quantità di gente di abitudini usi e costumi troppo diversa. Drammatica fu, ad esempio, l’espulsione totale degli abitanti dei comuni di Alesso, Bordano e Trasaghis. I cosacchi convinti di aver trovato nella Carnia e nel Friuli la "terra promessa", come era stato loro garantito dai tedeschi, vi si insediarono da conquistatori, la denominarono "Kosakenland in nord Italien" e portarono fra la gente, già terribilmente provata dalla guerra, scompiglio e terrore. Quando nell’Italia del nord alla fine del 1944 il movimento di insurrezione dilagò, i comandanti delle formazioni partigiane vietarono azioni belliche contro l’esercito invasore che batteva in ritirata per paura di rappresaglie contro i civili. Ma nonostante ciò, i tedeschi per paura che i confini verso la fuga venissero bloccati dalle forze partigiane, diedero alcune prove di forza: un esempio sono la strage di Avasinis del 2 maggio 1945 e le due giornate di Ovaro sempre del maggio del 1945. Il 5 maggio l’ultimo reparto tedesco in ritirata passò il confine italiano. Finalmente anche l’ultima zona italiana fu liberata.

 
 
 

Una tesina approfondisce le vicende del 2 maggio di Avasinis

Post n°97 pubblicato il 30 Agosto 2010 da braulink
 
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La strage di Avasinis in una tesi per la maturità 

 

Questo blog, da anni, ormai, offre materiali, spunti di riflessione e di disussione sui tanti perchè legati all'eccidio di Avasinis.  

 

Di quelle lontane vicende se n'è parlato  anche al Liceo linguistico "San Bernardino da Siena" di Tolmezzo dove la studentessa carnica del quinto anno Carolina Leone ha presentato una ricerca per l’Esame di Stato conclusivo della scuola secondaria di secondo grado per l'A.S. 2009-2010 intitolata "UN GIORNO PER CASO. La strage di Avasinis del 2 maggio 1945". La tesina è strutturata con una iniziale presentazione del contesto storico a partire dal 8 settembre 1943 in Friuli, per poi passare ad analizzare dettagliatamente le vicende della strage di Avasinis e approfondendone le varie tesi che cercano di spiegarne le cause. La parte centrale del lavoro espone il contenuto di una Intervista ad Attilio Costantini (giovane sfollato ad Avasinis, si trovò sul punto di finire davanti a un mitragliatore puntato, un attimo prima che arrivasse l'ordine di arrestare le uccisioni), per giungere infine alla conclusione con le considerazioni personali.

 Il testo della tesina  sarà diffuso nei prossimi giorni su questo sito.

 
 
 

Avasinis, se ne discute anche su un forum francese

Post n°96 pubblicato il 29 Luglio 2010 da braulink
 
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Sul forum francese dedicato a "Italie 1935 - 1945" (http://italie1935-45.forumactif.net/) è comparsa la testimonianza di un giovane di origini friulane (pseudonimo flibust) che si interroga sui fatti di Avasinis citando la testimonianza del padre, allora ragazzo.

 

Message  flibust le Ven 9 Avr - 23:33

Ce qui s'est passé à Avasinis est assez étrange. Originaire d'un village non loin de là j'ai interroge mon père qui était un jeune enfant à l'époque des faits. Il me raconte que c'était bien des Allemands qui avaient massacrés des villageois. A l'époque, il y avait des unités de cosaques aussi qui avaient brûlé au cour de l'hiver les villages de Forni au Nord. Des unités de partisans et de résistants italiens Garibaldi et Osoppo agissaient dans la région et plus bas encore vers la vallée après Gémona.
Il faut savoir que la région était le lieu de recrutement pour les Alpini battaglione Tolmezzo ou Gemona de la Julia. Sur les combats d'époque j'ai quelques livres locaux écrits par des historiens dans les années 1970-1980.
Il y a eu il y a quelques années des faits qui ont resurgis dans le journal Il Messagero Veneto sur des massacres et meurtres. Ainsi sur l'histoire d'un résistant qui aurait été abattu en fait par un de ses camarades pour non respect de l'idéologie ou jalousie je ne sais plus, car il était amoureux d'une résistante.

flibust
Soldato
Soldato

 
 
 

Ricordo di Domenico Molinaro "Ninchi"

Post n°95 pubblicato il 28 Luglio 2010 da braulink
 
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Domenico Molinaro, di Giobatta e Danelutti Maria, nasce a Forgaria il 3 novembre 1920, professione tornitore meccanico, residente a Cornino di Forgaria.

Affronta la guerra nei Balcani: "Ci avevano tirato su come ocs… andavamo cantando al fronte! ".

Ho fatto la Grecia. Eravamo di complemento, con la Divisione Acqui. Non sapevamo nulla di politica.

Vado militare con la divisione Acqui in Grecia e pensavo ogni tanto, ci riflettevo su.

Pensavamo di star più tranquilli, bisognava pensare a quello che dicevano i vecchi, i socialisti con le esperienze di lavoro in Prussia

Mi avevano tirato su con l'idea di andare all'attacco con la baionetta gridando Savoia… tornato a casa dovevo andare in Russia; ho fatto la Jugoslavia coi carri officina

Ogni tanto a casa ripensavo, ma ai giovani non interessava molto di fascismo e comunismo, si pensava più alle ragazze… poi ho capito che era necessario impegnarsi per la democrazia e per la libertà".

All'8 settembre 1943, è in reparto presso il V Rag. Autocentro, a Trieste.

Rientrato a casa, trova un'occupazione lavorativa a Camporosso, ma poi decide di aderire alla resistenza: " Un gruppetto di partigiani (Trevisan, Furore…) sono comparsi sulle montagne e hanno iniziato a prendere contatti con gli antifascisti locali. Lavoravo coi tedeschi a Camporosso ma avevo già deciso di andare coi partigiani. Con Dario a Trasaghis siamo stati fermati da Turiddu e gli abbiamo detto dell'intenzione che avevamo.. Siamo saliti in 4 da Cornino, nel Btg Matteotti: in uno stavolo dietro la Forcja sono comparsi Furore, Turiddu, Biella, la Gianna… Il primo giorno «vin gjavat il clap dal mûr tegnût cu la stangje» e abbiamo mangiato una polenta con loro, poi dal giorno dopo ci hanno messi di guardia."  Inizia così una intensa attività partigiana.

Formazione partigiana di appartenenza: Divisione Sud Arzino - Brigata Sozzi- Battaglione Santarosa, comandata da Adolfo Lanzardi

Grado ricoperto: Comandante di Battaglione, operativo dal 15.6.44 al 24.6.45

Zona di operazione: Pinzano, Forgaria

Nome di battaglia: Ninchi

Dei diversi rastrellamenti subiti (2 settembre 44, 2 novembre 44, 27 novembre 44) ricordava: "Stavamo spellando i vimini quando ci hanno avvisati che arrivavano i mucs. Avevo le armi sul tavolo che ho messo di corsa nella gerla, coprendola con degli scarti di vimini. Ho detto a mia nonna di venire su in montagna e io sono scappato. Dall’alto l’ho vista salire con le armi nella gerla, senza insospettire i cosacchi. Io osservavo, pronto a sparare se l’avessero fermata."

Tra le azioni partigiane si ricordano quelle del 9 maggio '44 a Cornino, del 20 luglio 1944 a Bordano ("Aspettavamo i mucs sulle colline prima dell’attacco a Bordano. Ci hanno portato la pastasciutta verso la mezzanotte, poi al mattino c’è stato l’attacco. Ero con Liberatore, che anche lui si era fatto esperienza sui fronti di guerra. Li abbiamo visti dietro il cimitero. La squadra di Lupino ha iniziato a far fuoco… Hanno risposto col mortaio, i colpi arrivavano fin nel lago.. Io e Tom siamo andati sulla cima del Brancot, da dove abbiamo visto Bordano in fiamme"), del 30 aprile 45 tra Casiacco e Cornino ("Gli ultimi giorni siamo andati ai Cuvii a prendere il mortaio, aveva 12 colpi. Li abbiamo sparati contro la colonna del capitano Niemann che stava ritirandosi "). Dopo la strage di Avasinis partecipa alle ricerche dei responsabili dispersi ("[Gli sbandati SS] Li hanno presi a Mont di Prat, stavano andando verso nord. Erano in borghese, alcuni ancora in divisa. Sono stati tenuti prigionieri una notte, legati. Erano in tredici, tutti in una stanza, con dei partigiani di guardia su delle sedie davanti. Poi sono stati consegnati a quelli del Btg Val del Lago; hanno messo un cartello a quello in testa e quello in coda con su scritto "siamo i criminali di Avasinis"")

 

Nel dopoguerra, oltre all'impegno lavorativo, è stato sempre attivo nell'Anpi, nella collaborazione alle manifestazioni commemorative, nel lavoro di promozione culturale nelle scuole e tra i giovani. E' stato insignito del titolo di cavaliere della Repubblica. Nel 2007 la sua testimonianza è stata filmata e inserita nel video di Giacinto Jussa "La memoria della Resistenza tra Arzino, Lago e Tagliamento" promosso dall'Auser. Si è spento il 14 luglio 2010. Ai funerali, tenutisi secondo il rito civile nel cimitero di Cornino il 16 luglio, alla presenza di numerose delegazioni dell'Anpi, l'orazione funebre per "Ninchi" è stata tenuta da Ivo Del Negro.

 

 

 
 
 

Addio ad Anita, un altro protagonista che ci ha lasciati

Post n°94 pubblicato il 21 Giugno 2010 da braulink
 
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Si celebreranno mercoledì prossimo, alle 10, con rito civile, i funerali di Anita Lenuzza, eroina delle resistenza osovana venuta a mancare negli ultimi mesi a Parigi, dove viveva. Le sue ceneri, arrivate ad Osoppo per volontà della stessa Lenuzza, saranno tumulate presso il cimitero della cittadina. Osoppo recupererà così una pagina importante della sua storia negli anni della Resistenza.
      Figlia di Umberto Lenuzza e Elisabetta Gentilini, Anita nacque il 7 agosto del 1922 e la sua vita fu fortemente contrassegnata dalla lotta all'antifascismo. Emigrante in Francia nel 1932 con tutta la famiglia, si trovò a rimpatriare nel 1941 a seguito dello spirito anti italiano causato dalla dichiarazione di guerra dell’Italia. Lavorò come domestica in Piemonte e in Lombardia.
      Successivamente, prese servizio all’hotel Croce di Malta a Udine ma, segnalata come appartenente alla Resistenza, venne arrestata dai militari tedeschi per essere inviata nei campi di concentramento. Tuttavia, il suo impegno nel lavoro spinse il titolare dell’albergo, influente persona ai tempi del regime, a farla liberare facendola sfuggire ad un terribile destino.
      La casa di famiglia, un tempo situata in via Barricate e in seguito crollata con il terremoto, fu punto logistico per il movimento: per questo, in quegli anni tumultuosi venne perquisita. A tal proposito, in paese si racconta che l'ufficiale tedesco incaricato della perquisizione, rimase così colpito dalla somiglianza che Bruna, sorella di Anita, aveva con la foto della figlia che il militare portava con sè, da donare una medaglia alla bambina: quella medaglia di "Notre Dame des Filles de Marie”. Bruna, oggi residente a San Biagio di Callalta (TV), la conserva ancora. La perquisizione fu interrotta e in questo modo le armi dei partigiani nascoste nella casa non furono scoperte. Anita in seguito lavorò ad Avasinis di Trasaghis per lavori stradali sotto il controllo della Tod tedesca, dove conobbe Marcel che divenne suo compagno di vita. Sempre ad Avasinis, il 2 maggio 1945 riuscì a salvarsi dall’eccidio, nascondendosi su un fienile, soffocando con un cuscino le grida di una signora nascosta con lei. Nei primi mesi del 1946 emigrò clandestinamente con Marcel in Francia attraverso il passo del Frejus coperto di neve: un viaggio terribile, alla fine del quale, attraverso la resistenza francese, si mise in contatto col ferroviere Andrè Petit e raggiunse Parigi utilizzando la carta d'identità della sorella Milena, vista la loro grande somiglianza. Con l’aiuto delle sorelle, riuscì a trovare un lavoro come portinaia in un condominio. In seguito nacque il figlio Daniel. Successivamente, lavorò come addetta al guardaroba e cuoca ma l’attività che maggiormente la coinvolse fu quella di tassista, che esercitò per più di venti anni a Parigi. Oltre a Bruna, anche la sorella Novella è ancora viva ma risiede in Canada. Al funerale di Anita parteciperanno i nipoti giunti dalla Francia e i rappresentanti dell'Anpi di Osoppo. Anita desiderava riposare in Friuli, nel suo paese che non ha mai dimenticato e dove spesso tornava a far visita.
(Il Gazzettino, Domenica 20 Giugno 2010)

 
 
 

Dibattito su Avasinis: "Una questione di date"

Post n°93 pubblicato il 14 Giugno 2010 da braulink
 
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Nei giorni scorsi mi è capitato di leggere, su una rivista pubblicata un paio di anni fa, un titolo che sottolinea che “Il 25 aprile da noi si festeggia il 26” perché è in questo giorno che il paese del Centro-Nord dell’Italia, a cui si riferisce l’articolo, è stato liberato dall’occupazione tedesca e non il 25 come tutto il resto dell’Italia, ma voglio esporre alcune realtà friulane. Il 1º maggio 1945 a Udine si combatteva ancora per le strade fra i partigiani e le truppe tedesche in rotta, che abbandonarono la città solo nel tardo pomeriggio di quel giorno, poco prima dell’arrivo dell’avanguardia di una colonna meccanizzata anglo-americana. Il 2 maggio, un battaglione di Ss che ripiegava verso la Germania passando per Avasinis, un ridente paese della pedemontana friulana, trucidò 51 civili, tra anziani, donne e bambini. Intanto i carristi neozelandesi della 2ª Divisione corazzata del generale Freyberg entrarono in Trieste alle 4 del pomeriggio del 2 maggio e solo allora i tedeschi deposero le armi ponendo fine ai combattimenti contro i partigiani e i soldati dell’esercito jugoslavo. Sempre in Friuli, la cittadina di Tolmezzo capoluogo della Carnia fu liberata il 6 maggio e intanto nella zona si registravano ancora numerose azioni di rappresaglia contro i civili da parte dei soldati tedeschi che lasciarono Tarvisio addirittura il 10 maggio (l’ammiraglio Doenitz, che succedette a Hitler come presidente del Reich il 30 aprile, aveva firmato la resa della Germania il 9 maggio). Proprio a Tarvisio era colpito a morte dai cosacchi in ritirata il giovane tenente Washington che solo pochi giorni prima aveva salutato gli udinesi dal portellone aperto della sua autoblindo che per prima entrava in città in testa alla colonna dei liberatori. Dunque ben quindici giorni dopo la data ufficiale del 25 aprile quassù si moriva ancora per la Liberazione che nel resto d’Italia era già arrivata.
Luciano Scarel,  Pradamano
da: Messaggero Veneto — 25 aprile 2010  

 
 
 

A 65 anni da QUEL 2 maggio

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Il ricordo delle vittime dell'ultimo eccidio nazifascista

Tanti di quelli che imbracciavano il fucile, quei giorni, ormai non ci sono più; i pochi rimasti, sotto il peso degli anni, fanno fatica a ricordare. Al tempo in cui volevano raccontare, avevano invece difficoltà a trovare orecchie attente: altri erano gli interessi, i sogni, i problemi dei potenziali ascoltatori, non certo la descrizione di colonne in ritirata, della paura per le rappresaglie, del crepitare delle mitragliatrici.

Certo, vi sono ancora tanti di quelli che, nel 1945, erano bambini o ragazzi, persone che hanno subito con un senso di particolare incomprensione le vicende della guerra, un "qualcosa" cui hanno dovuto soggiacere e di cui, probabilmente, hanno percepito solo qualche brandello, senza riuscire a comprendere il quadro complesso degli avvenimenti che andava dipanandosi.

Ecco dunque la complessità del definire compiutamente il senso di un anniversario, i 65 anni che separano dai fatti di Avasinis, uno degli ultimi, cruenti eccidi occorsi durante la seconda guerra mondiale in Friuli.

E' stato  allora un mesto pellegrinaggio quello che, per la sessantacinquesima volta,  ha condotto la gente di Avasinis a rendere omaggio alle vittime. Si tratta di un momento di incontro nato in occasione del primo anniversario, quando don Zossi, parroco dell'epoca (lo stesso che, ferito gravemente in canonica mentre cercava di difendere i suoi parrocchiani, lasciò un diario con una lucida ricostruzione del dramma di quelle vicende) raccogliendo la volontà dei superstiti, auspicò che il triste anniversario venisse ricordato costantemente. E tale mesto appuntamento si è ripetuto negli anni, anche quando, verso il 1999, le lapidi e le immagini fotografiche delle vittime sono state inglobate in un nuovo "monumento memoriale" a forma di croce capace di implorare - e sono ancora le parole di don Zossi a ribadirlo- "pace ed amore ai posteri tutti".

Il 65mo anniversario  è stato ricordato, a partire dalle 10.30 del 2 maggio, con la celebrazione di una messa a ricordo delle vittime, la deposizione di una corona d'alloro al monumento e gli interventi del sindaco di Trasaghis Augusto Picco e, in rappresentanza dell'Anpi provinciale, di Giulio Magrini, già consigliere regionale e figlio di quel "comandante Arturo" che perse la vita combattendo, nel 1944, alla testa di un drappello partigiano, nella Valle del But, in Carnia.

 

P. St.

 
 
 

Oggi, 65 anni fa: 6 maggio

Post n°91 pubblicato il 06 Maggio 2010 da braulink
 
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Domenica 6 maggio 1945

 

Ancora ore tumultuose ad Avasinis, con processi sommari ed esecuzioni:

 

11 delle SS giustiziati ad Avasinis perché riconosciuti autori dell’eccidio di Avasinis.

(La Scopa n. 2)

 

Alle ricerche ed alle perlustrazioni di fine guerra parteciparono anche partigiani richiamati da altre zone:

 

La missione era di perlustrare la zona alla ricerca di possibili tedeschi e fascisti e di controllare i punti strategici, come ponti, strade e gli accessi al Lago di Cavazzo. L’accampamento era, come in altri casi, all’interno delle scuole del piccolo borgo. Siamo rimasti quasi una ventina di giorni nella zona, controllando i paesi di Alesso, Peonis e Trasaghis e stabilendo un ottimo rapporto con la popolazione locale. Ho avuto modo di parlare con delle ragazze del posto. Alla fine di maggio l’operazione è considerata terminata

(L.I.)

Col sei maggio 1945 si chiude la ricostruzione, giorno per giorno, delle vicende di fine guerra nella zona di Trasaghis. I periodi successivi sarebbero stati dedicati al faticoso lavoro di risanamento delle dolorose ferite lasciate dal conflitto: nelle famiglie, nel tessuto sociale, nei paesi.

 

 
 
 

Oggi, 65 anni fa: 5 maggio

Post n°90 pubblicato il 05 Maggio 2010 da braulink
 
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Sabato 5 maggio 1945

Sepoltura delle vittime in una fossa comune

 

Nel giorno 5 maggio lì [nella fossa comune] vengono deposte tutte le salme in numero di cinquanta, che sono intanto benedette dal Vicario di Peonis, perché il Parroco ha dovuto andare all’ospedale di Gemona a farsi curare e poi non essendoci medici in zona si è fermato qualche giorno in famiglia ad Artegna.

(Zossi, Diario)

 

Tutti i corpi delle vittime sono stati portati nel cimitero: è stata fatta un' unica grande fossa, sul fondo è stato messo un ripiano fatto con le assi prelevate nel cantiere della Todt e tutti sono stati sepolti uno accanto all' altro...

(M. R.)

 

Appena saputo che i tedeschi se ne erano partiti, siamo scesi dalla montagna e abbiamo iniziato a darci da fare per raccogliere e seppellire le vittime, anche se la vista di tutti quei cadaveri ci aveva colpito e tolto il coraggio... I pochi uomini presenti hanno preso delle pale e hanno iniziato a scavare, per più di una giornata, una grande fossa al centro del cimitero vecchio. Era un lavoro lungo e difficile, perché i corpi da seppellire erano numerosi e anche perché cominciavano già ad odorare... (M. D.G.)

Nella stessa giornata un primo gruppo di soldati dispersi, già appartenenti a reparti repubblichini e tedeschi, catturati in diverse località, vennero portati sulla piazza del paese e, ritenuti colpevoli dell'eccidio, linciati:

 

Squadre del Distaccamento Osoppo e Val Lago rastrellano la zona di Alesso, Interneppo e Bordano. 10 delle SS vengono giustiziati dalla popolazione di Avasinis perché riconosciuti dai feriti quali autori dell’eccidio di Avasinis.

(La Scopa n. 2)

 

 

 

 

 

 
 
 

Oggi, 65 anni fa: 4 maggio

Post n°89 pubblicato il 04 Maggio 2010 da braulink
 
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Venerdì 4 maggio 1945

 

Mentre ad Avasinis si provvedeva al recupero delle salme degli uccisi, aveva luogo una dura vendetta contro i prigionieri cosacchi. Sulle montagne sopra Avasinis e Alesso trovarono la morte, nei primi giorni di maggio, complessivamente una ottantina di cosacchi che erano stati fatti prigionieri dai partigiani. Le esecuzioni (o quantomeno la maggior parte di esse) avvennero dopo il 2 maggio, e furono quindi frutto di una reazione istintiva alle dimensioni della strage compiuta in paese dai nazifascisti. Le vittime tra i cosacchi furono complessivamente una ottantina: 9 in "Prà di Stepa", 17 in "Mont di Cuar", 6 nel Melò, 13 in "Narusêt" e 33 in "Bosc Cjanâl" (il numero riportato si riferisce a quello delle salme recuperate nel dopoguerra).

 

 Alcune testimonianze al proposito:

I cosacchi catturati ad Avasinis li avevano tenuti prigionieri prima nelle scuole e poi li avevano fatti salire in montagna. Sono andati sù in fila indiana, con in testa il loro comandante, che aveva un cappello da borghese in testa e portava un bambino in una gerla. Li hanno tenuti per un po' negli stavoli del "Papa" e di "Costanza", in località "Prà da Stepa". Mentre ad Avasinis era poi in corso la strage li hanno portati in un' altra montagna, il "Bosc Cjanal", dove poi sono stati uccisi dai partigiani. (G.C.)

I cosacchi che erano ad Alesso non avevano fatto del male a nessuno, ma sono stati ammazzati in Amula. Ne avevamo fatti prigionieri 40 e portati nel Bosc Cjanâl (altri invece sono stati consegnati agli inglesi a Gemona).

Dopo la strage di Avasinis, alcuni partigiani sono saliti su in montagna e hanno ucciso i 40 prigionieri per vendicarsi, anche se loro non avevano nessuna colpa diretta. Sono stati uccisi in diversi posti: nel Bosc Cjanâl, in Armentaria, sulla Forcja… in tutto 50 o 60. (G.T.)

 
 
 

Oggi, 65 anni fa: 3 maggio

Post n°88 pubblicato il 03 Maggio 2010 da braulink
 
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Giovedì, 3 maggio 1945

 Dopo aver trascorso la notte in paese, tra violenze, stupri e furti, la squadra autrice del massacro se ne partì nella mattina del 3 maggio.

Don Zossi, che aveva trascorso la notte ferito in uno scantinato della canonica, scrisse nel suo diario:

Come Dio volle venne l'alba e si vide allora che quei soldati cominciavano a riorganizzarsi evidentemente lo doveva essere per andarsene, gli Alleati, potevano capitare da un momento all'altro, già da ieri erano ad Osoppo. C'è voluto però che venissero le 10,30 prima che partissero dopo precise venti quattro ore dacché erano venuti.

 I testimoni raccontano della partenza della colonna, del rientro in paese della popolazione, della dolorosa fase della ricerca dei corpi degli uccisi, alcuni dei quali erano stati trasportati lontano, nelle rogge all'esterno del paese:

Nella mattinata del 3 maggio i tedeschi hanno fatto partire in aria una raffica di mitra per dare il segno dell'adunata. Si sono riuniti e sono partiti. Prima di andarsene hanno lasciato un mitra, inservibile, senza caricatore, sull' uscio di una casa, "in ricordo per i partigiani", li ha sentiti a dire qualcuno. Era circa mezzogiorno quando sono partiti, in maniera ordinata: si sono ricongiunti con quelli che avevano messo i mortai sopra Trasaghis e si sono incamminati in direzione dei paesi di Interneppo e Cavazzo.

Scesi dalla montagna, abbiamo iniziato ad andare a cercare i morti. Mia madre credeva che li avessero portati al cimitero, e siamo andati a vedere lì. Io sono arrivato per primo ma, vedendo il cimitero chiuso, sono tornato indietro. Lungo una strada sterrata, mia madre ha visto delle orme di scarponi: è andata in quella direzione e ha iniziato a vedere lenzuola insanguinate e poi tutti i cadaveri. Abbiamo subito trovato mia sorella e l’abbiamo raccolta. Aveva le mani legate con una fascia di cotone. Una pallottola le aveva squarciato il petto. Le abbiamo sciolto le mani e ricomposta alla meglio. Sono arrivati i fratelli di Anna Di Gianantonio e abbiamo raccolto anche lei.

Siamo andati a vedere nella stanza dove le avevano uccise: c’erano macchie di sangue, pallottole di mitra e i suoi zoccoli. Poi abbiamo recuperato anche le altre vittime, portandole con un carretto.

(Giacomo Rodaro)

 

La stessa sera del 3 maggio, quando la popolazione stava preparandosi a vegliare i morti, si sparse la voce che i tedeschi stavano per assalire di nuovo il paese. Le case furono chiuse, i morti si dovettero lasciare soli e fu necessario fuggire di nuovo sui monti. Tutti sì allontanarono perché la strage non si ripetesse. Non è facile immaginare l'angoscia di quella notte con i morti rimasti in casa e il terrore nell'animo.Si trattava, invece, per fortuna, soltanto di un falso allarme verosimilmente suscitato dall'eco degli spari di mortai e di qualche mitragliera pesante in azione negli scontri, ai margini laterali del lago di Cavazzo, tra la colonna che aveva abbandonato Avasinis e le accorrenti forze partigiane.

(G.A. Colonnello,

 

Guerra di Liberazione in Friuli, 1965, pp. 276-279)

 
 
 

Oggi, 65 anni fa: 2 maggio

Post n°87 pubblicato il 02 Maggio 2010 da braulink
 
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Mercoledì, 2 maggio 1945

E' la giornata dell'eccidio di Avasinis, un episodio assai complesso, dalle molte sfaccettature. Se ne offre una sintetica ricostruzione attraverso le pagine redatte da Giulio Aldo Colonnello:

UN'ORA DI CARNEFICINA AD AVASINIS

La mattina del 2 maggio 1945 suonavano ormai le campane a festa dei campanili di Gemona, di Osoppo e degli altri paesi sulla sinistra del Tagliamento. Le popolazioni erano insorte nel tripudio della liberazione che poneva fine all'incubo e alle miserie della guerra. Ma lungo la strada pedemontana da Pinzano, a Cavazzo, a Tolmezzo transitavano ancora le truppe tedesche che avevano scelto, per la loro ritirata, quel percorso ritenuto più al sicuro dai mitragliamenti aerei, e dalle molestie dei partigiani. I piccoli paesi attraverso i quali passavano le colonne ordinate e in pieno assetto di guerra erano o sembravano deserti. Solo dai costoni delle montagne di Avasinis nel punto in cui la pedemontana muta versante, tra questo paese e Trasaghis, un gruppo di partigiani con una mitragliatrice pesante tentava di ostacolare e di molestare il passaggio delle truppe germaniche.

Non si conosce l'effetto dell'azione partigiana. La reazione del nemico, però, è stata immediata e violenta. Fatta tacere la mitragliatrice con alcuni colpi di mortaio, un reparto in ordine sparso prese d'assalto il paese. La popolazione era ormai abituata a questi episodi e, come le altre volte, gli uomini s'erano messi al sicuro in montagna e le donne, i vecchi e i bambini avevano continuato nelle loro faccende od erano usciti a curiosare sulle strade. S'erano sempre comportati così ogni volta che il paese era stato occupato dai tedeschi, dai cosacchi e dalle brigate nere e mai nulla di grave era accaduto. Gli uomini in montagna, le donne, i bambini e i vecchi a casa.molestia da parte dei partigiani. Il paese piombò allora in quello strano silenzio che segue sempre questi fatti di sangue. Pare che la natura stessa ne abbia orrore. Poi cominciarono i lamenti dei feriti, alcuni dei quali erano riusciti a trascinarsi fino nei loro letti ove morirono dissanguati. Ci fu chi tutta la notte agonizzò invocando aiuto, senza che nessuno potesse soccorrerlo ed accogliere le sue invocazioni e bagnare le sue labbra riarse.

Ma questa volta i soldati tedeschi parevano invasati da una bestiale follia omicida. Ogni casa venne rastrellata con le armi in pugno e tutte le persone buttate fuori, affiancate nei cortili e falciate a bruciapelo con le armi automatiche.

I vecchi che non potevano muoversi furono uccisi nelle cucine, vicino ai focolari; si disseminavano cadaveri nelle strade, sui ballatoi, nelle camere, nei granai, si ammucchiavano nei cortili, si accasciavano accanto alle fontane.

Quanti episodi strazianti. Una stessa pallottola uccise una madre, Lina Rodaro, e la figlia di due anni, Giuliana, che portava in braccio. Sullo stesso mucchio caddero Antonio, Margherita ed Eleonora Ridolfo: padre, madre e figlia. Non ebbero pietà i carnefici di ragazzi come Luigi Orlando e Maria Venturini di 12 anni, Giovanna Orlando di 7, Pia Peressini di 11, nè rispetto di fronte a vecchi cadenti come Giacomo Di Gianantonio di 79 anni, Venturino Venturini di 83, Domenica Ridolfo di 81, Giovanni Cucchiaro di 76 e Caterina Rabassi di 75.

La carneficina durò oltre un'ora. Poi l'ordine di un ufficiale trattenne quelle belve scatenate. Metà paese era stato rastrellato; oltre sessanta vittime erano cadute. L'azione di rastrellamento continuò fino all'ultima casa. Quando la voce dell'orrenda strage si diffuse, molti riuscirono a fuggire, altri si nascosero nei luoghi più impensati. Ma circa una quarantina di donne furono prese come ostaggi e rinchiuse nelle stalle e tenute sotto la minaccia di essere anch'esse uccise qualora si verificasse qualche azione.  

Fra i feriti c'era anche don Francesco Zossi, il parroco. Anch'egli era stato allineato nel cortile della canonica assieme alle donne e ai vecchi di alcune famiglie che aveva ospitato. Il tedesco prima di sparargli addosso gli fece sbottonare la talare e lo colpì da un passo appena di distanza. Don Zossi con un gesto istintivo si portò le mani davanti al volto e cadde. La pallottola gli colpì la sinistra e venne deviata. Ebbe l'accortezza d'imbrattarsi di sangue la testa e il volto e fingersi morto. Con lui caddero altre cinque o sei persone.

Dopo un po' di tempo il tedesco, sospettoso, ritornò sui suoi passi per accertarsi che tutti fossero morti. Con la scarpa ferrata percosse la testa di don Zossi poi se ne andò persuaso che tutto fosse finito. Ma don Zossi quando fu sicuro si alzò, si medicò la ferita, si lavò la faccia insanguinata. Il povero parroco, però, la ferita più profonda l'aveva nell'anima perché si sentiva impotente in quella tragica circostanza a soccorrere la sua gente che soffriva e moriva. Proprio lui, che a rischio della vita non aveva mai abbandonato il suo posto; che era riuscito a salvare il paese dai tedeschi e dai cosacchi; che, quando un ordine del nemico lo faceva responsabile dello sfratto di tutta la popolazione entro quattro ore, aveva invece consigliato la gente a non muoversi assumendosi una responsabilità terribile.  

Durante tutta la notte si sentirono nel silenzio le grida disperate dei feriti assieme a quelle di due giovani, Anna Rodaro e Anna Di Gianantonio, rispettivamente di 19 e 26 anni, prese anch'esse come ostaggi e seviziate e tormentate fino all'alba quando furono freddate con un colpo di pistola alla nuca.

 

(G.A. Colonnello, Guerra di Liberazione in Friuli, 1965, pp. 276-279)

 

 
 
 

Oggi, 65 anni fa: Primo maggio

Post n°86 pubblicato il 01 Maggio 2010 da braulink
 
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Martedì 1° maggio 1945

 

Il transito della colonna

 

Un episodio rilevante della ritirata fu costituito dal passaggio nei comuni di Trasaghis e Cavazzo di una imponente colonna di tedeschi e cosacchi nella mattinata del primo maggio. Questa si era costituita a Spilimbergo nel pomeriggio del 30 aprile raccogliendo soprattutto elementi delle guarnigioni tedesche della zona o, secondo altre ipotesi, era già transitata nel Sandanielese per poi deviare nello Spilimberghese cercando una via di transito più sicura. La colonna pernottò a Flagogna e poi all'alba, rimessasi in movimento, raggiunse Cornino, dove fu integrata da reparti caucasici là temporaneamente alloggiati.

Alle 7 del mattino la colonna (composta da circa 200 persone, con qualche carro cosacco) superò Peonis, osservata dall' alto da partigiani della Osoppo che preferirono non attaccarla per evitare ritorsioni contro il paese: "J varèssin podût frontâju, ma j vin det di no lâ a cerî disgraciis. Di pôc ch' u fasevin j varèssin lassât cualchi muart, j no vevin nancja tantis armis, e al sarès lât di miez il paîs" (Test. partigiano "Boconet").

Verso le 9, all'altezza del cimitero di Avasinis, i tedeschi uccisero un partigiano a cavallo, ERO, (Gino Bianchi di Gemona) intravisto nelle vicinanze. Timorosi per altri possibili incontri con forze partigiane, i tedeschi catturarono, lungo il tragitto tra Avasinis e Alesso, due civili, Vincenzo Ridolfo " Jacu Poc'" di Avasinis e Pietro Stefanutti "Stupìs" di Oncedis. I due vennero messi quali ostaggi, a mani legate, a marciare davanti alla colonna.

Durante la sosta al mulino, sulla strada tra Trasaghis ed Alesso, venne catturato anche un partigiano di Trasaghis, probabilmente Giovanni Collavizza, che avanzava con un fucile in mano in direzione di Avasinis. I tedeschi avrebbero voluto impiccarlo immediatamente sul posto, ma le preghiere delle persone presenti riuscirono a convincere i soldati a non attuare tale proposito. I tre uomini prigionieri vennero dunque messi, con le mani legate, in testa alla colonna che riprese la marcia.

La colonna si diresse verso Alesso, dove si aggregarono ad essa diversi cosacchi di quel presidio.

Il più grave fatto di sangue occorse a breve distanza: in seguito a un paio di colpi di fucile tirati dal colle sovrastante Alesso contro la colonna, che colpirono mortalmente un ufficiale tedesco, i tedeshi fecero ancora fuoco, in località "Da pît dai Paladìz" di Alesso, contro il patriota osovano FIUME (Provino Tomat), a cavallo nei prati immediatamente prospicienti alla strada e la giovane Maria Stefanutti "Titos" che era nei pressi. Ferirono gravemente anche un' altra ragazza, Felicita Rossi, a cui venne risparmiato il colpo di grazia. Raccontava la protagonista di quel grave episodio:"A colp a son comparîz i todescs. A vevin devant i prisonîrs: chel di Dalès, doi di Vasines e doi di Trasâghes. Il comandant, un graduât grant e gros, al à vedût Provino a cjaval e al à dite <Kaput partizanen>. Un soldât ch' al era cun lui al à subit sbarât a Provino, tiranlu jù di cjaval e copantlu. In chel moment a àn sbarât un colp di Cuel e a àn copât il graduât. I todescs alore a si son inrabeâz imò di plui e a àn sbarât a Marie ch' a ere cun me. Jò alore cun tun braz j cerivi di tegnîle dure, e cun chel atri j ài cjapât il fusîl, tegninlu strent. A mi àn sbarât tas gjambes, un colp a mi à cjapât di sbrìs tal cjâf...A mi àn butât jù pa strade, sot di une rostute. Mi sei tirade su benplanc e j ài cerût di slontanâmi. Duc' chei da colone, intant ch' j passavi, a mi davin paches e a volevin robâmi la manteline ch' j vevi intòr. A vevin un grant camion, lì ch' a vevin butât âtis lôrs muarz, e sun chel a àn cjamât ancje il cuarp dal todesc copât. Un altri todesc a mi à pacade cul mani di une bombe a man, obligantmi di lâ cun lôr. Cussì j sei lade fint a Somblâc, framiez dai Rùs ch' a erin deûr da colone. Lì j sei rivade a scjampâ fûr e a lâ a Mene, li ch' j eri sfolade".

 

 

("I tedeschi sono comparsi all' improvviso. Davanti alla colonna c' erano i prigionieri: uno di Alesso, due di Avasinis e due di Trasaghis. Il comandante, un graduato grande e grosso, ha visto arrivare Provino a cavallo e subito ha urlato <Kaput partizanen>. Un soldato che era con lui ha immediatamente sparato a Provino, tirandolo giù da cavallo e ammazzandolo. In quell' istante qualcuno ha esploso un colpo dall' alto della collina, uccidendo l' ufficiale. I tedeschi allora si sono inferociti e hanno sparato a Maria che mi stava a fianco. Io, allora, mentre con un braccio cercavo di sorreggerla, con l' altro ho afferrato il fucile,

stringendo forte la canna. Il colpo mi è così arrivato nelle gambe, un altro colpo mi è arrivato di striscio sulla testa... Mi hanno gettato per terra sulla strada, sotto di una piccola rosta. Mi sono poi sollevata lentamente ed ho cercato di allontanarmi. Tutti quelli della colonna, mentre passavo, mi colpivano e cercavano di strapparmi la mantellina che avevo addosso. Avevano un grande camion, dove avevano caricato altri loro caduti, e su quel camion hanno gettato anche il corpo del tedesco ucciso. Un altro tedesco mi ha colpita con l' impugnatura di una bomba a mano, obbligandomi a seguirli ancora. Così sono andata fino a Somplago, in mezzo ai Russi che costituivano la retroguardia della colonna. Lì sono riuscita a scappare via e ad andarmene a Mena, il paese dove mi trovavo sfollata")

Nei pressi di Somplago venne catturato e aggregato alla colonna un altro uomo di Alesso, Pietro Stefanutti "Petenel" che riuscì però a fuggire nel trambusto suscitato da alcuni colpi di fucile sparati addosso alla colonna dalle alture di Cesclans. I tedeschi catturarono allora due altri ostaggi, Giuseppe Stefanutti Pieresùt di Alesso, che percorreva la strada in bicicletta e un civile di Somplago, il commerciante Pio Candolini.

Nell' uscire dal paese, alla colonna si aggregarono numerosi cosacchi con i loro carri. Tra Mena e Somplago la colonna venne nuovamente fatta segno da alcuni colpi di fucile sparati dai partigiani sul colle di Cesclans: le grida degli ostaggi e di altri civili che assistevano alla scena servì ad allentare la tensione e ad impedire altri incidenti.

 

Sul bivio per Mena si avvicinò alla colonna un abitante di Mena, Giuseppe Barazzutti, che si rivolse ai nazisti con la richiesta di qualche informazione in tedesco. Vi erano nei pressi anche un partigiano armato e un altro uomo di Mena, Savino Barazzutti: quest' ultimo venne catturato e unito agli altri prigionieri .

Al bivio per Cesclans vi era un' altra postazione partigiana con la mitragliatrice, ma non vi furono scontri. Passando per Cavazzo, un tedesco riconobbe tra gli abitanti del paese un partigiano che, nei giorni precedenti, lo aveva disarmato a Cesclans. L' uomo, Odone Stroili (nome di battaglia TOBRUCK), venne catturato, portato fuori del paese e immediatamante fucilato. L' episodio viene ricordato sul Libro Storico della Parrocchia: "Alle ore 4 del pomeriggio passano gli ultimi della SS, prendono con loro Stroili Odone di Guido riconosciuto quale partigiano e quando sono in località Selvate, perla strada Cavazzo Tolmezzo, con alcuni colpi di mitra lo uccidono".

Michele Gortani, in una relazione dell' immediato dopoguerra, precisa che il giovane venne "freddato con una pistolettata alla nuca dopo essere stato costretto a trasportare sulle spalle, per lungo tratto, due pesanti cassette di munizioni". Anche il Colonnello conferma che "contro lo Stroili, ch' era stato costretto a trasportare per lungo tratto sulle spalle due pesanti cassette di munizioni, i carnefici infierirono anche dopo morto".

Senza altri incidenti, la colonna potè raggiungere Tolmezzo ove gli ostaggi furono imprigionati e liberati solo dopo qualche giorno.

I fatti vennero così riassunti dal foglio "La Scopa", organo del Btg. "Friuli" ove, oltre alla notizia non confermata dell'uccisione del comandante del presidio di Spilimbergo, si dà notizia dell'arrivo di truppe da oltre Tagliamento, avvisaglia della strage di Avasinis:

 

Martedì 1 Maggio 1945

 

Nelle prime ore del mattino una staffetta proveniente da Peonis annunciava il passaggio di una colonna tedesca proveniente da Spilimbergo. Tale colonna, giunta presso il cimitero di Avasinis, catturava due nostri patrioti. Ad Alesso venivano uccisi barbaramente il Patriota Fiume e una ragazza di 19 anni. Nella zona di Avasinis cadeva il Patriota Ero.

La colonna veniva attaccata dalle nostre squadre tra Avasinis e Alesso. Oltre Alesso veniva poi nuovamente attaccata.

Sulla forchia di Mena veniva ucciso il Capitano Neümann (Comandante del presidio di Spilimbergo); nel mentre reparti della SS in numero di 500, armatissimi e decisi a tutto riuscivano a infiltrarsi oltre Tagliamento proveniendo da Osoppo-Gemona. Il nostro schieramento sul ponte di Braulins doveva ripiegare su Avasinis. I reparti della SS giungevano così a Trasaghis "

 
 
 

Oggi, 65 anni fa: 30 aprile

Post n°85 pubblicato il 30 Aprile 2010 da braulink
 
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Lunedì 30 aprile 1945

Azioni del Btg. Friuli (integrato anche da garibaldini che avevano perso contatti con i reparti di appartenenza) vennero intraprese contro i cosacchi di Alesso, Trasaghis, Braulins e Bordano, sino a prevedere la liberazione di tutti i paesi dei Comuni di Trasaghis e di Bordano.

30 Aprile. viene intimata la resa al presidio di Alesso, Trasaghis e Braulins. Alesso veniva sgombrata dai reparti Cosacchi in fretta e furia. Venivano rastrellati 29 prigionieri e numerose armi individuali. Le Squadre del M.Covria e del Battaglione di Montagna irrompevano a Trasaghis catturando 22 prigionieri ed armi. Pure a Braulins vennero catturate armi e prigionieri.

I presidi cosacchi marciavano verso Bordano. Argo, Catone, Due, Fella e Remo piombavano in Somplago ove c'erano 2000. I cinque patrioti disarmavano tutti i cosacchi e fra l'ingente bottino catturato figura pure un cannoncino anticarro da 47/82. (..) Viene intanto predisposto lo schieramento del Tagliamento e minato il ponte di Braulins. L’intera zona compresa tra Avasinis, Alesso, Interneppo, Bordano e Braulins viene rastrellata. Vengono catturati altri 84 prigionieri. (…)

Alla fine della giornata il tricolore svetta ormai sui campanili di Trasaghis, Braulins, Alesso, Avasinis, Peonis, Oncedis, Interneppo, Bordano e Somplago.

I prigionieri cosacchi vengono concentrati in Avasinis

Nei paesi del Comune di Cavazzo azioni vennero intraprese da diverse formazioni partigiane, tra cui il neo costituito Btg "Val del lago":

RELAZIONE DI PAOLO E GERMOGLIO DEL 30 APRILE 1945 (Anpi ASR 029/88)

 

"Oggi lunedì 30 aprile sono sceso col battaglione ed ho preso d'assalto uno dopo l'altro tre paesi, Cesclans, Mena e Somplago.

I cosacchi vista la nostra irruenza non hanno tenuta molta resistenza. Abbiamo ucciso un solo cosacco, e ne abbiamo fatti prigionieri 3500.

Abbiamo catturato un trattore con rimorchio ed una lussuosa vettura di marca francese fuori serie, prendendo prigionieri i 32 tedeschi che trasportano dette macchine.

Inoltre abbiamo fatto bottino di un indeterminato numero di armi e cavalli. Nessuna perdita da parte nostra.

Domani si prosegue l' avanzata verso Cavazzo che a quanto pare non vuole cedere le armi.

Attendiamo vostre direttive.

Esultanti delle nostre vittorie vi porgiamo i nostri saluti garibaldini."

 
 
 

Oggi, 65 anni fa: 29 aprile

Post n°84 pubblicato il 29 Aprile 2010 da braulink
 
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Domenica 29 aprile ’45

Resa dei cosacchi di Avasinis

 

Sulla base degli accordi precedentemente stipulati, i partigiani entrano ad Avasinis e prendono in consegna i cosacchi del locale presidio:

Alle ore tre pomeridiane della domenica successiva avviene la consegna in mano ai patrioti.

"… Acre bramosia di sangue "

, in F. Cargnelutti, Preti patrioti, Agraf Udine 1965, p. 311)

 

Un testimone diretto racconta:

Stavamo giocando a carte quando si è saputo che i partigiani stavano scendendo dal Margedôr, vicino alla ancona, dalla parte di Valgele. Lì vicino, di fronte all’osteria del Libaron, c’era il comando cosacco. Di guardia stava un soldato col colbacco in testa ed il mitragliatore in mano. Sono arrivati dalla parte del cimitero, passati vicino alla chiesa e arrivati in Fontana. Da lì c’è una stradicciola che va in Vìgnars, da dove sono arrivati di fronte alle scuole.

(…) Sono scesi spavaldi, passando in mezzo a due ali di folla. Il cosacco di sentinella è entrato di corsa nel Dopolavoro, chiudendo la porta dietro di sé.

La sera stessa, o forse l’indomani, li hanno portati in montagna.

(Zuan Cucchiaro)

Le relazioni partigiane, pur esagerando l'entità delle azioni e delle perdite nemiche, confermano la dinamica dei fatti, con le azioni, in sequenza, ad Avasinis, Oncedis, Alesso e, gardualmente, anche agli altri paesi.

29 Aprile. Squadre di montagna scendevano nel paese di Avasinis. Tre Patrioti comandati da Friulano facevano irruzione nel locale comando cosacco, disarmando l'intero presidio e catturando 75 prigionieri, mitragliatrici, armi e munizioni.

Le prime pattuglie spintesi verso Oncedis catturavano 10 prigionieri con armi e cavalli. Una pattuglia con Athos, Due e Catone piombava sulla strada di Trasaghis e assaliva reparti cosacchi in marcia. Il nemico lasciava 7 morti e 12 prigionieri.

Nel tardo pomeriggio il Friulano con sei Patrioti entrava in Oncedis, disarma l'intero presidio catturando 15 prigionieri ed armi.

Viene immediatamente intimata la resa al presidio di Alesso (circa 2000 armati!). (..)

A sera "il tricolore sventola a Peonis, Avasinis ed Oncedis. Viene preparato l’attacco finale per tutta la zona restante". (La Scopa, 1945, 1)

 

 

 
 
 

Oggi, 65 anni fa: 28 aprile

Post n°83 pubblicato il 28 Aprile 2010 da braulink
 
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Sabato, 28 aprile 1945

E' la giornata in cui, a Gemona, alcune azioni partigiane, anche non coordinate tra di loro, e con la contrarietà degli inglesi della missione operante sulle montagne di Ledis, arrivano a prendere possesso della sede della Milizia e delle scuole dove sono accantonati centinaia di cosacchi sino, in serata, a issare il tricolore sul castello e sul palazzo comunale e a proclamare la raggiunta "Gemona liberata".

Nel comune di Trasaghis si hanno le prime azioni, con la liberazione di Peonis da parte del distaccamento "Monte Corno" del Battaglione Friuli:

28 Aprile. Squadre del Distaccamento "M. Corno" al comando di Tom liberano il paese di Peonis issando il tricolore sul campanile.

Disarmano il presidio locale cosacco, catturando 22 prigionieri con il loro armamento. (..)

("La Scopa" n. 1, 1945)

 
 
 

Oggi, 65 anni fa: 27 aprile

Post n°82 pubblicato il 27 Aprile 2010 da braulink
 
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27 aprile 45

Resa dei cosacchi di Avasinis

La guerra sta avviandosi verso la fine. Dopo il bombardamento di Alesso, i cosacchi di quel paese cominciano a raccogliere le proprie cose e a organizzarsi per la partenza: sono le ore in cui l'atamano Krassnov decide di avviare la ritirata verso l'Austria.

Ad Avasinis si giunge a un accordo tra cosacchi e partigiani, attraverso la mediazione del parroco don Zossi, del commissario prefettizio Rodaro e dell'interprete Augusta Venturini Kozlova: vi sarebbe stata la consegna nelle mani dei partigiani per la domenica successiva.

Don Zossi ricostruirà così l'episodio:

E’ il venerdì 27 aprile 1945. Cade una pioggerella fine fine. Un crocchio di uomini sta discorrendo sulla piazza delle vicende che si prevedono imminenti. Mi unisco a loro. Ma l’avvicinarsi del comandante del presidio russo comandante del presidio russo (un tenentino intelligente e buono: vera eccezione tra quegli uomini della steppa!) fa morire la conversazione.

Egli comprende e si ritira.

Più tardi mi fa chiamare.

Vuole conoscere gl’intendimenti della popolazione a loro riguardo e io l’assicuro della buona disposizione di tutti purché i suoi soldati dimostrino gli stessi sentimenti e, al momento opportuno, cedano le armi.

Si passa subito a discutere sulle modalità della resa: io propongo anche l’intervento del commissario prefettizio ed assieme a questi poi ci si accorda in tutto.

"… Acre bramosia di sangue "

, in F. Cargnelutti, Preti patrioti, Agraf Udine 1965, p. 310)

 
 
 

Oggi, 65 anni fa: 26 aprile

Post n°81 pubblicato il 26 Aprile 2010 da braulink
 
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26 aprile 1945

Bombardamento su Alesso

Un bombardamento alleato (come accaduto ad Osoppo nel mese di novembre del '44), questa volta sul paese di Alesso, seminò morte e distruzione tra i cosacchi: "Giovedi 26 aprile dalle gole delle montagne piombarono sopra il paese gli aerei anglo-americani e con bombe e spezzoni, che purtroppo distrussero parecchi abitati, danneggiandone altri, nel sangue seppellirono tanto obbrobrio" (Bollettino Parrocchiale di Alesso, 1945).

Si vide arrivare all'improvviso, dalle montagne a nord del paese, un gruppo di una quindicina di aeroplani che, a ondate successive, lasciarono cadere diverse bombe sulle abitazioni. L'azione venne compiuta - come è stato accertato dalle ricerche di Michele D'Aronco - da una squadriglia del 14th Fighter Group della Army Air Force (composta da 16 velivoli P-38j Lightning) decollata dalla base di Triolo (Foggia).

 

Andarono distrutte o gravemente danneggiate una ventina di abitazioni. I morti cosacchi, una settantina secondo alcune fonti, vennero sepolti in un piccolo cimitero ricavato in un terreno in località "da pît di Cuel", alle pendici del colle. Alcuni altri morti saranno rinvenuti poi tra le macerie, a guerra finita.

 

Scontro sul Tagliamento

 

Nello stesso 26 aprile 1945 un gruppo di partigiani osovani, partiti da "Pinade" di Osoppo per andare a recuperare il materiale di un aviolancio, mentre oltrepassava il Tagliamento all' altezza di Trasaghis, si imbatté in una pattuglia cosacca che sorvegliava il guado. Nella sparatoria che ne seguì rimasero uccisi GANGSTER (Benigno Del Cozzo di Braulins), LEO (Mario Copetti di Osoppo) e TITA (Giobatta Gubiani di Gemona); gli altri riuscirono a fuggire. Fu un episodio piuttosto rilevante, che suscitò larga impressione tra la gente: "Nel mese di aprile, un gruppo dei nostri aveva l’ordine di oltrepassare il Tagliamento tra Braulins e la centrale di Ospedaletto, dove c’era poca acqua. Loro invece hanno passato il Tagliamento all’altezza di Trasaghis. Una pattuglia di cosacchi a cavallo li ha intravisti e ha iniziato a sparare. Il comandante, Benigno Del Cozzo "Gangster", è riuscito ad arrivare alla rosta ed ha puntato il mitra: i russi hanno alzato le mani. "Gangster" si è trovato col mitra inceppato e così i russi hanno ammazzato lui, uno di Gemona e uno di Osoppo. Gli altri sono riusciti a scappare". (Furlan) I corpi dei tre partigiani rimasero nelle ghiaie del fiume, poiché i cosacchi ne proibirono il recupero e poterono essere seppelliti solo diverso tempo dopo, a guerra finita. Nel dopoguerra, alla memoria di Giovanni Battista Gubiani verrà concessa la medaglia d'argento al v.m. mentre a Benigno Del Cozzo e Mario Copetti sarà assegnata quella di bronzo.

 
 
 

Oggi, 65 anni fa: 25 aprile

Post n°80 pubblicato il 25 Aprile 2010 da braulink
 
Foto di braulink

25 aprile 1945

Il primo elemento da sottolineare è che, mentre nel resto d'Italia aveva luogo l'insurrezione partigiana, in Friuli il 25 aprile fu una giornata sostanzialmente come le tante altre che l'avevano preceduta, tra il peso dell'occupazione tedesca e cosacca e le timide, iniziali fasi della riorganizzazione partigiana:

"In Friuli e nella Venezia Giulia il 25 aprile fu una lunga giornata d’attesa. Mentre a Milano, con gli americani alle porte e Mussolini e gli ultimi fedelissimi in fuga verso Como, scattava per le forze della Resistenza l’ordine di insurrezione generale, in questa estrema parte d’Italia i tedeschi erano ancora ben saldi e decisi a resistere per coprirsi le vie della ritirata verso nord. (…) Gli ultimi di aprile furono giorni difficili per la Resistenza friulana. I contatti tra le formazioni per preparare l’azione conclusiva si erano intensificati fin dall’inizio del mese. Ma i contrasti tra i partigiani della Garibaldi, comunisti e alleati di Tito, e quelli della Osoppo, di area cattolico-liberale e contrari a collaborare con gli slavi, si erano acuiti dopo l’eccidio di Porzùs (7 febbraio) e del Bosco Romagno dove 19 osovani furono uccisi dai Gap di Giacca. E soltanto in extremis fu possibile formare un comando unico solo di facciata. Un duro colpo per la Resistenza era stata, inoltre, la feroce rappresaglia del 9 aprile quando i nazisti fucilarono in via Spalato 29 partigiani, tra i quali il valoroso comandante garibaldino Mario Modotti (Tribuno).I tedeschi avevano concentrato a Udine tutti i comandi: il presidio occupava la zona di piazzale Osoppo, trincerata e difesa da cannoncini anticarro e mitragliatrici pesanti, mentre in Giardin grande gli uffici del comando a palazzo Cantore erano protetti dai cavalli di frisia, come pure la palazzina della polizia segreta nella vicina via Cairoli. Un carro armato sbarrava l’imbocco di via Manin. Il centro motore dell’attività partigiana – poi anche sede del comando unificato – era invece a San Domenico, nella canonica di don Emilio De Roja, il coraggioso prete che ebbe un ruolo determinante in quelle giornate. Nella stessa zona, in via Martignacco 26, c’era il comando tattico dei garibaldini, mentre altri centri clandestini di smistamento armi e viveri erano nella fabbrica della birra Dormisch, nella Casa della madre e del bambino e nella clinica della Maternità in via Planis. Un servizio di informazioni era stato attivato dai partigiani nelle officine della Sfe di via Diaz.Giornate di attesa"… (MARIO BLASONI, Il 25 aprile 1945 nella nostra regione fu ancora di attesa, "Messaggero Veneto", 25 aprile 2003)  

 

Nei paesi della Valle del Lago perdurava da sette mesi l'occupazione cosacca, che aveva determinato l'insediamento e la coabitazione forzata ad Avasinis e imposto lo sfollamento delle famiglie di Braulins, Trasaghis ed Alesso. E proprio su Alesso (che ospitava il maggior numero di cosacchi, pare oltre settemila) stava per scattare un'azione da parte dell'aviazione americana….

 
 
 

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