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DOPO IL REICH

Post n°829 pubblicato il 05 Maggio 2007 da destraitaliana
 

immagineGiles MacDonogh ama la bella vita ed è un esperto di vini e gastronomia, ma in questo libro, inseguendo la sua altra passione, la storia della Germania, serve un piatto che mette alla prova gli stomachi più collaudati.
La sua lettura risulta essere particolarmente sgradevole per coloro che non paragonano favorevolmente la disastrosa occupazione dell’Iraq a quella post-bellica della Germania e dell’Austria.
MacDonogh afferma che i mesi che seguirono il maggio 1945 non portarono pace tra le fumanti rovine del Reich hitleriano ma sofferenze anche maggiori rispetto alle distruzioni belliche.

Le prime 200 pagine di questo libro coraggioso sono un resoconto quasi insopportabile di sofferenza umana che MacDonogh documenta con estremo equilibrio. La sua valutazione è che ben 3 milioni di tedeschi morirono inutilmente dopo la fine ufficiale delle ostilità.
Un milione di soldati svanirono prima che potessero far ritorno a quelle che erano state le loro case. La maggioranza di essi morì nei campi sovietici (dei 90.000 che si arresero a Stalingrado, solo 5.000 fecero ritorno), ma molte migliaia morirono come prigionieri degli anglo-americani.
Ammassati in recinti lungo il fiume Reno, senza ripari e pochissimo cibo, cadevano come mosche. Altri, un po’ più fortunati, sgobbarono come schiavi in un certo numero di Paesi alleati, spesso per anni.
Incredibilmente, alcuni tedeschi erano ancora tenuti prigionieri in Russia addirittura nel 1979.
I due milioni di civili tedeschi che morirono erano per lo più vecchi, donne e bambini, vittime di malattie, freddo, fame, suicidi e assassinii di massa.
A parte l’ormai noto stupro di ogni ragazza o donna che ebbe la sfortuna di trovarsi nelle zone di occupazione sovietica, forse l’episodio più sconcertante registrato da MacDonogh è lo sterminio di un quarto di milione di tedeschi dei Sudeti da parte dei loro vendicativi compatrioti cecoslovacchi.

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Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità penosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita. Bisogna che il poeta si prodichi con ardore, sfarzo e magnificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali. Non vi è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. Noi siamo sul patrimonio estremo dei secoli! poichè abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente. Noi vogliamo glorificare la guerra-sola igene del mondo-il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria. Noi canteremo le locomotive dall'ampio petto, il volo scivolante degli areoplani. E' dall'Italia che lanciamo questo manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il Futurismo.

 

 

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Luigi Ciavardini, ex militante dei Nuclei Armati Rivoluzionari, è stato dunque condannato a 30 anni di carcere dalla Corte d'Appello sezione minori del Tribunale di Bologna. Questa condanna risulta essere, senza mezzi termini, una dichiarazione di guerra preventiva a quella parte degli Italiani non allineata all'interno dei vecchi schemi di cui il Sistema rappresenta la sintesi. All'epoca dei fatti Luigi Ciavardini aveva soltanto 17 anni ed è accusato di avere trasportato fino alla stazione di Bologna l'esplosivo responsabile della morte di 85 persone e del ferimento di altre 200. Quella strage è tuttora il più grave atto sanguinario dell'Italia nata dalla resistenza. Un massacro spaventoso che ha chiuso un decennio di piccole e grandi sconvolgimenti politici e sociali. La strage di Bologna ha sepolto sotto una coltre di morte gli anni più caldi della storia d'Italia. Ma quella strage è servita, soprattutto, a mettere fuorigioco un'intera generazione di Camerati Rivoluzionari che negli Anni 70 ha imposto fieramente la propria presenza nelle piazze di tutto il Paese. Le indagini sono andate da subito in un'unica direzione, quella dell'eversione neofascista. Un intero ambiente è stato criminalizzato e fatto a pezzi dalla meschina paura dei mercanti del Sistema. Terza Posizione è stata smantellata in seguito a questa inchiesta, mentre la storia dei Nar ha avuto un tragico epilogo di sangue ed ergastoli. Si finge di credere a questa pista unicamente per togliere di mezzo lo spettro di una nuova Rivoluzione Nazionale che con il tempo stava prendendo terreno. Francesca Romana Mambro e Valerio 'Giusva' Fioravanti vennero indicati come gli esecutori materiale, tesi che neppure eccellenti nemici politici hanno tuttora il coraggio di sostenere. A Bologna non si è fatta Giustizia. A Bologna non si è cercata Giustizia.

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