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Beato il popolo che non ha bisogno di eroi

Post n°3 pubblicato il 24 Gennaio 2006 da armail

È da tanto che voglio scrivere queste righe, ogni volta almeno in cui penso alla situazione politica e a Berlusconi.

E’ inevitabile, si finisce sempre lì. Piaccia o meno, lo si approvi o lo si detesti, bisogna riconoscere che è un personaggio fuori dal comune.

Senza voler entrare nella stretta attualità politica, inquinata com’è da ambo le parti, dalla foga della campagna elettorale, si possono oggettivamente (per quanto ciò possa avere un senso, parlando comunque di interpretazioni e, quindi, di opinioni) delineare alcune riflessioni.

 Tanto per usare frasi-tormentone in voga all’epoca, la famosa “discesa in campo” di Berlusconi, è bene ricordarlo, è contemporanea della “gioiosa macchina da guerra” con cui l’ex partito comunista di Occhetto si apprestava alle prime elezioni dopo il crollo dei partiti tradizionali per Mani Pulite.

I vuoti in politica si colmano, si diceva, e Berlusconi l’ha fatto, proponendosi con buona sfacciataggine come uomo nuovo estraneo alla politica e ricompattando gli orfani del defunto pentapartito.

Politicamente una mossa audace e magistrale, recuperando in funzione anti-comunista tutto ciò che ne era escluso, dall’attuale Alleanza Nazionale alla Lega Lombarda. Un po’ quello che sta facendo ora Prodi: è innegabile che il punto d’unione comune all’eterogenea coalizione è in buona parte l’avversione a Berlusconi.

Questa mossa audace e magistrale è stata, secondo me, un acceleratore che ha permesso al centrodestra di ricompattarsi, ma solo dal punto di vista elettorale. E’ avvenuta così velocemente che è mancato il tempo per costruire una base solida e radicata, una sorta di gigante dai piedi d’argilla che protegge disperatamente il suo leader. Mancando Berlusconi nulla unisce Bossi a Casini o a Fini, così come, sul versante opposto, mancando il Nemico catalizzatore di tutte le avversioni (responsabile di tutto ciò che non funziona: manca solo la pioggia, ma presto ci si arriverà) non si capisce cosa possa unire Castagnetti a Boselli e Capezzone, senza parlare dei soliti Pecoraro Scanio, Di Pietro (sicuramente non uomo di sinistra) e Cossutta/Bertinotti.

Dal punto di vista strettamente politico, quindi, la “colpa” principale di Berlusconi è l’aver “distratto” la politica, richiamando l’attenzione sulla sua figura, nel momento in cui era necessario metabolizzare la furia moralizzatrice di Mani Pulite e la spinta maggioritaria promossa dal referendum.

L’immediato successo elettorale ha nei fatti impedito, accelerandolo troppo, il processo di formazione dei due schieramenti alternativi; in altre parole, la sua discesa in campo ha provocato una troppo rapida formazione dei due schieramenti, impedendo loro di formare unioni basate su punti in comune e non sul consenso/avversione verso l’uomo forte.

Per accorgersene, in fondo, basta rispondere alla domanda: augurandogli lunga vita, al ritiro dalla politica di Berlusconi cosa resterà del bipolarismo? Sicuramente in politica una soluzione si trova sempre, ma il rischio è che si siano persi anni preziosi per la formazione dell’alternanza e del bipolarismo, proprio quando questo stava nascendo sulla spinta dei referendum popolari in favore del maggioritario (e la nuova legge elettorale ne è in questo senso un’altra sciagura) e c’era la possibilità di costruire una coscienza virtuosa del meccanismo. La sensazione è che, avendo storicamente sperimentato il bipolarismo solo come contrapposizione di figure forti, nel dopo-Berlusconi gli italiani saranno tentati di cercarne sempre uno nuovo anziché seguire il più faticoso cammino verso soggetti il più possibile omogenei e alternativi.

Una piccola nota storica, infine. Da sempre, guardando ciò che è avvenuto in passato, il popolo ha cercato l’uomo forte, il salvatore della patria nei momenti difficili e di cambiamento, salvo poi stufarsene e, quasi sempre, rivoltarglisi contro: da Giulio Cesare in poi, arrivando a Craxi le stesse persone che pochissimo tempo prima l’osannavano si sono ritrovate davanti ad un hotel per tirargli monetine e augurargli il peggio possibile.

“Beato il popolo che non ha bisogno di eroi”, si diceva, ma anche beato chi resiste alla tentazione di ergersi a salvatore della patria; ciò a vantaggio della patria stessa, ma, soprattutto, per lui.

 
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