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Alleanza Nazionale - Circolo Territoriale di Treviso... dal 1999 una piccola Comunità militante s'informa

 

 

Ripensare il Centrodestra - prima parte

Post n°998 pubblicato il 07 Agosto 2006 da AnTreviso
 
Tag: 2006
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All’inizio degli anni novanta le scelte compiute a Fiuggi dalla destra italiana sono state determinanti per la costruzione di una credibile alternativa di governo alle sinistre. Oggi, agli inizi degli anni duemila, AN è chiamata a compiere scelte altrettanto determinanti per contrastare il disegno egemonico e restauratore del centrosinistra e per rendere possibile una nuova stagione di governo del centrodestra.

Ci sono alcuni punti fermi per AN e per la CdL. Da questi dobbiamo ripartire.

1) Alleanza Nazionale è diventata una forza fondamentale non solo della politica italiana, ma della democrazia italiana. Una forza non marginale né emarginabile. E' stata infatti determinante per la realizzazione della democrazia compiuta, per il consolidamento del bipolarismo e dell'alternanza di governo. AN deve ora definitivamente liberarsi tanto dalla sindrome dell'isolamento, quanto, simmetricamente, dalla tentazione dell'isolamento.

2) Il centrodestra italiano non è una parentesi della storia né un incidente di percorso. Il centrodestra, nel corso di questi anni, ha dato rappresentazione politica ad una maggioranza di italiani, ad una alleanza sociale e culturale che è fortemente presente e radicata nella società e che, dunque, non coincide e non si esaurisce con il quinquennio del governo Berlusconi.

3) Oggi, dopo l'esperienza di governo, dopo le elezioni politiche, le amministrative ed il referendum, si è chiusa una fase per il centrodestra ed occorre rimodulare le idee forza e il programma dell'alleanza, tra i partiti e nel rapporto tra coalizione e società italiana, per ritrovare motivazioni, entusiasmo, passione, capacità di mobilitazione di quell'alleanza sociale e culturale.

La Casa delle Libertà ha perso le elezioni ed il referendum, ma c'è "un popolo delle libertà" che ha finalmente e per la prima volta preso coscienza di sé. E ci sono forze politiche che hanno valori comuni, forza e alleanze reali, e che devono rinnovare se stesse in un rigeneratore "big bang" che faccia prendere forma ad una nuova speranza. La CdL come l'abbiamo conosciuta non c'è più e va ripensata; ma c'è metà Italia, la più dinamica e produttiva, la più vicina all'Europa, che sente d'essere un "popolo" e si colloca nel centro destra, senza più trattini e distinzioni.

4) Il soggetto unitario del centrodestra è sicuramente una risposta di grande valore strategico che AN intende perseguire. Ma è un punto di arrivo, non un punto di partenza. Non può tradursi nella mera sommatoria dell'esistente né ridursi ad un'operazione di ingegneria intellettuale, verticistica ed autoreferenziale, ma deve rappresentare l'esito di un processo politico, culturale e sociale, ampio e partecipato, oltre i partiti ed i confini della stessa Casa delle Libertà. Occorre,e da subito, prendere atto della realtà. La sconfitta elettorale c'è stata, anche se per una manciata di voti, ma si deve e si può superare lo sconfittismo perché vi sono le condizioni per ripartire.

AN intende ripensare se stessa, con ambizione certo, ma anche con speranza. E si aspetta che anche le altre forze della coalizione lo facciano per dare avvio a una nuova esperienza comune.

5) Alleanza Nazionale deve "predisporsi"al processo unitario e costruire, in tale ottica, una nuova fase del suo cammino. Per usare una immagine di sintesi, Alleanza Nazionale deve pensarsi, strutturarsi ed operare come "partito - polo"", peraltro in coerenza con la sua originaria e originale impostazione, quella cioè di rappresentare ed esprimere un'area vasta e plurale, di culture e sensibilità diverse cattoliche, liberali e nazionali.

6) Lo schematismo destra/centro, che appartiene più alla politologia che alla politica, più ai commentatori che agli elettori, è un limite da superare in termini di analisi e di proposta per non rimanere prigionieri di categorie che rischiano di alimentare sterili contrapposizioni e di frenare la nostra capacità espansiva.

7) Alleanza Nazionale ha il diritto - dovere di coltivare l''ambizione di diventare, stabilmente, la forza centrale dell'alleanza attraverso la politica, le idee, i valori, lo stile, i comportamenti. Insomma, il suo progetto politico-culturale.

8) C'è un elettorato che ci apprezza ma non ci vota, nel centrodestra e non solo, che si ferma sull'uscio di casa nostra e non entra, o perché lo respingiamo o perché non lo convinciamo ad entrare. E' un elettorato di centrodestra, e non solo. Milioni di donne, di uomini di giovani. Per conquistarli non dobbiamo spostarci verso il centro o altrove, ma compiere uno straordinario sforzo culturale politico e organizzativo per leggerne e capirne meglio attese, aspettative, speranze, interessi. Dobbiamo farlo guardando anche fuori dai confini nazionali, nell'ottica di un grande partito nazionale e popolare di ispirazione e respiro europeo. Il nuovo corso di AN (e del centrodestra) non deve partire dal nulla. Parte dal consenso di cui gode in metà del Paese e da un sistema di alleanze che governa ancora enti locali e regioni. Interpreta l'Italia più dinamica, moderna, volitiva. L'Italia delle speranze e non delle paure. L'Italia profonda e quindi consapevole. L'Italia delle radici e quindi del futuro.

L'Italia che ha fiducia e quindi scommette su se stessa.

L'analisi socioculturale del voto è la premessa per ripartire. Il 9 aprile ha votato per il centrodestra l'Italia più dinamica. Nel Nord e nel Sud, non solo nel Lombardo - Veneto e non solo in Sicilia.

La stessa AN è diventato un partito omogeneo sul territorio nazionale, capace di rappresentare al meglio anche quel Nord e quei ceti produttivi cui sembrava avesse difficoltà a parlare. Oggi AN ha maggiori consensi nel Veneto che in Calabria, in Friuli che in Campania, è diventata la seconda forza della CdL in tutto il Nord, superando persino la Lega.

Questa Italia produttiva, che non trova ascolto a sinistra e che non ha riferimenti nel governo, rappresenta un nuovo, diverso blocco sociale che vede insieme in una innovativa alleanza chi prima era contrapposto nella visione marxiana del conflitto di classe: imprenditori e operai, manager e artigiani, agricoltori, professionisti e commercianti.

Nel Nord Est è un'alleanza già maggioritaria che ha piena consapevolezza della sua forza di classe dirigente; in Sicilia essa emerge perché l'Isola non è Mezzogiorno e sbaglia chi la accomuna dal punto di vista storico culturale ed anche socioeconomico al Sud e alle altre regioni meridionali. La Sicilia è un'isola globale come il Nord Est, da sempre costretta a confrontarsi e a vivere con e in mezzo agli altri.

Nelle altri parti d'Italia il "blocco produttivo" è meno esteso ed ha bisogno di nuove alleanze con casalinghe, pensionati, giovani e certamente anche con chi lavora nella amministrazione pubblica, quel "civil servant" che crede nei valori dello Stato e che da sempre è riferimento della destra.

Questo blocco valoriale e sociale è maggioranza in tutto il Paese e non solo al Nord; va ricomposto e indirizzato in un nuovo grande progetto politico all'insegna dei valori del centrodestra. E'un impegno oneroso,ma possibile anche per la natura del centrosinistra. La sinistra riformista crede infatti di poter sostituire il lavoratore con il consumatore e trovare così una sua via alle liberalizzazioni e alle riforme, in contrasto con la vecchia e ancora attiva sinistra ideologica.

Oggi la sinistra è più forte nelle metropoli, come lo era ieri nelle aree operaie, perché riesce a coniugare anche il dinamismo di alcune amministrazioni locali, da sempre forza trainante nel suo schieramento, con i timori di ceti impiegatizi, in gran parte statali, borghesia impoverita dall'effetto dell'euro e della globalizzazione, nuovo sottoproletariato secondo la cultura marxiana. "Cipputi vota a destra?" Si è chiesta l'Unità. Nel Nord la maggioranza degli operai ha votato per la Cdl insieme a industriali piccoli e medi, commercianti, artigiani e professionisti, ma anche a casalinghe e pensionati. E' accaduto perché "Cipputi" come il "padroncino" sono innanzitutto cittadini, certamente consumatori ma non solo consumatori. Così come altrettanto certamente i cittadini sono lavoratori ma non solo lavoratori.

Non vivono solo nelle fabbriche, anzi vivono sempre meno nella fabbrica e nei ministeri. Anche quando aderiscono al sindacato non sempre ne seguono le eventuali indicazioni di voto perché in loro prevalgono altre motivazioni connesse a valori e/o a legittimi interessi.

Afferma Roberto Weber della Swg "I voti di operai e disoccupati si saldano a destra con il monolite del lavoro autonomo e dell'impresa. Nella sinistra sono ancora forti le opzioni legate al mondo del lavoro dipendente. Sono le opzioni del Novecento, che non si rivolgono ai produttori di reddito." A ben vedere, il problema della rappresentanza riguarda anche le associazioni produttive che sono in cerca di nuovi interlocutori. Parte di Confindustria è consapevole che il baratto che la sinistra le offre è iniquo e illusorio. Da una parte cuneo fiscale e liberalizzazioni selettive, dall'altra maggiore rigidità è più vincoli. Non a caso essa difende la legge Biagi e la legge Moratti, il codice ambientale e le infrastrutture, sollecita più energia e più coraggio nella strada dello sviluppo. La stessa concertazione come è concepita dal governo non è uno strumento per scegliere insieme, ma per rinviare le scelte. Con gli enti locali sulla Tav, con le parti sociali sulle riforme strutturali che incidono davvero sulla competitività e sullo sviluppo.

Troppi soggetti sono esclusi dalla concertazione. Tra le categorie produttive, artigiani, commercianti, agricoltori, gran parte dei piccoli e medi imprenditori, certamente professionisti e manager. E anche tra le forze sociali emerge la consapevolezza che si tratta di un tavolo monco in cui mancano le nuove forme dell'associazionismo, volontariato e terzo settore. Manca soprattutto il blocco sociale che esprime l'Italia più dinamica.

Esso non ha trovato espressione nel governo, nella sua composizione politica e geografica e non trova ascolto nei "tavoli"che si moltiplicano ai margini dell'Esecutivo.

La sinistra sembra incapace di capire che in questi anni l'Italia è cambiata, che le forme di rappresentanza degli interessi legittimi sono in evoluzione, sono molte e diverse.

La concertazione fra pochi fa emergere l'esclusione di molti. E non garantisce né la crescita né la pace sociale.

Il nuovo ceto medio italiano è più largo, esteso, complesso rispetto a dieci anni fa. Il ceto medio non è solo un blocco sociale, come il cittadino non è solo un consumatore. Il ceto medio è un'idea preevalente della società, l'espressione dei valor i della persona, della nazione.

La destra deve costruire anche in Italia una nuova alleanza sociale e morale, di interessi e di valori, come hanno fatto i leader conservatori nella "rivoluzione blu"degli anni Ottanta e i nuovi protagonisti del "conservatorismo compassionevole" contemporaneo.

Questa alleanza deve vedere insieme quelli che una volta venivano definiti "i portatori di meriti e di bisogni" e che oggi potremmo definire "i produttori di reddito e di valori", il blocco sociale e produttivo che ha bisogno di più Stato e meno lacci, più servizi e meno assistenza, con il blocco morale e valoriale delle famiglie e delle persone che vogliono riaffermare le proprie radici culturali e quindi la propria identità.  

Esso si esprime elettoralmente nel voto dei "produttori di reddito" - operai, piccoli e medi imprenditori, artigiani e professionisti e ovviamente anche agricoltori e commercianti - e nel voto di coloro che sono "produttori di valori"- come le casalinghe e pensionati, con la difesa strenua e la valorizzazione del nucleo familiare e dei suoi valori naturali.

Poi c'é la grande frontiera dei giovani, "produttori del futuro", sui quali AN e la Cdl sembrano aver perso capacità di rappresentanza anche perché non hanno dato di sé un'immagine culturale capace di "far sognare".

Questo deficit è tanto più evidente nelle aree metropolitane, dove il progetto del futuro deve prendere corpo nell'immaginario collettivo, in un diverso rapporto con chi fa cultura e quindi "produce idee". E' la questione che travagliava la destra conservatrice inglese e la destra conservatrice giapponese, percepite come "vecchie" prima delle svolte di Cameron e Koizumi. E' il problema incombente della destra italiana se non saprà recuperare e subito la capacità di parlare declinando al futuro i diritti civili e ambientali sulla qualità della vita, nel solco dei valori di sempre, e recuperando quel rapporto con i "produttori di idee" che gli anni di governo hanno esaurito invece di esaltare.

Si tratta di una grande sfida, forse la più difficile, certamente la più impegnativa. La destra ha colmato il divario con i ceti produttivi come dimostrano i risultati nel Nord. Oggi è in sintonia con le istanze sociali, con i "produttori di reddito" ma sempre meno capace di rappresentare emozioni e idee, di capire e interpretare i "produttori di idee".

Il cittadino non è solo un utente e un consumatore, come sembra essere nel nuovo paradigma di una sinistra che non ha radici; è soprattutto portatore di valori, non vive solo nel presente, ma è proiezione del passato e coscienza del futuro.

Non si può limitare a "consumare" secondo la logica del nuovo materialismo relativista, ma sente il bisogno di interagire con le nuove problematiche del suo tempo secondo coordinate che lo fanno persona, ieri come oggi e domani.

La persona e non solo il consumatore deve quindi esser e al centro dell'azione politica, la famiglia e non le occasionali convivenze, l'impresa e non solo la finanza.

In questo contesto, i diritti civili, la tutela dell'ambiente, le frontiere della scienza, lo sviluppo responsabile e partecipato, l'attenzione a chi resta indietro sono concetti che appartengono alla sfera della persona e quindi a quello della nuova destra. E' questo il nuovo ceto medio, l'Italia prevalente, radicata e proiettata nel futuro che deve diventare soggetto della nostra azione politica. E' questo il "country party", il partito degli italiani, di cui l'Italia ha bisogno e che dobbiamo costruire.

Ci possiamo riuscire, perché il centrosinistra è un'alleanza vecchia, un cartello elettorale allargato a trasformisti ed antagonisti che rappresenta la nuova formula della "triangolazione", che parte negli anni '70, tra cattolici di sinistra, "liberal-comunisti" e grande industria. Una alleanza che coltiva in molte delle sue componenti l'obiettivo di realizzare ancora una volta, seppure in uno scenario mutato, una democrazia bloccata, che risolve persino la dialettica maggioranza - opposizione all''interno dello stesso schieramento. Un disegno egemonico e totalizzante che rischia di trasformare la nostra democrazia in una democrazia oligarchica e di ridurre e rendere subalterne la politica e le grandi forze politiche, a destra come a sinistra. Non è un caso che le prime liberalizzazioni di Prodi colpiscano il lavoro autonomo, i professionisti, il popolo della partita Iva, secondo una visione manichea, per certi aspetti di classe, della società e del lavoro. Né è un caso che la manovra economica annunciata privilegi i grandi gruppi finanziari.

L'Italia ha bisogno di una grande alleanza nazionale, sociale e popolare, di un grande movimento per la democrazia diretta e partecipativa che restituisca alla politica la nobiltà del suo ruolo, per la difesa del bene comune e dell'interesse nazionale.

Per Alleanza Nazionale è quindi prioritario continuare a sostenere lo sforzo di crescita dimensionale, di internazionalizzazione, di flessibilità e di adattabilità del sistema produttivo nel sistema globale. A partire dal riconoscimento della soggettualità del distretto e della filiera introdotto con l'ultima finanziaria del governo di centrodestra. Questo significa avere grande attenzione per l'Italia del Nord-Est, per il Nord più in generale, che chiede che la politica non occupi ma si occupi della qualità della scuola e dell'università, del raccordo tra scuola e lavoro, della modernizzazione delle infrastrutture. Ma significa avere anche grande attenzione per quella parte del Mezzogiorno che chiede e pretende gli stessi impegni.

Nel Sud si è assistito negli ultimi anni ad un preoccupante arretramento sul terreno della qualità della politica e della cultura dello sviluppo, ad una sorta di deriva familistica, clientelare e assistenziale che ripropone la logica dello scambio e della intermediazione, con un sistema politico sempre più pervasivo, che occupa tutti gli spazi, che comprime l'autonomia e il pluralismo sociale, mortifica la dialettica tra istituzioni e società.

Alleanza Nazionale nel Mezzogiorno raccoglie ancora un consenso significativo. Pertanto, ha intenzione di essere sempre e meglio il punto di riferimento di giovani, donne, uomini, associazioni, imprese, cultura del Mezzogiorno che improntano la propria vita alla legalità come valore, al merito come unica misura delle capacità.

Un Mezzogiorno sommerso e positivo che, di fronte alle paure generate dal futuro, di fronte alla lotta al disagio e al bisogno, accetta la sfida della responsabilità e dello sviluppo auto propulsivo. Un Sud che reclama giustamente diritti perché non si tira indietro davanti ai propri doveri. L'Italia ha certamente bisogno di privatizzazioni e liberalizzazioni. Sul punto, mentre ancora riecheggia il monito del centrosinistra – la Costituzione non si tocca - verrebbe da dire: la Costituzione si rispetta e si applica. E la Costituzione delinea un modello di economia che contrasta la costituzione di oligopoli pubblici e privati e richiama ad una cultura della collaborazione e della partecipazione.

Una parte della Costituzione, questa, in cui ci riconosciamo profondamente perché esprime un antico retaggio di cultura mazziniana e cattolico nazionale. Alleanza Nazionale intende rilanciare con forza i temi della democrazia economica, della partecipazione e della sussidiarietà quali punti di convergenza tra cultura nazionale, cattolica e socialismo riformista.

Si tratta di questioni decisive sia in relazione agli assetti di potere economico e finanziario sia rispetto al grande dibattito, aperto in sede europea, sulla cultura cui improntare il ruolo del sindacato e le nuove relazioni industriali. A partire dall'Europa si sta facendo strada, infatti, un modello che supera la cultura antagonista e si orienta gradualmente, ma inesorabilmente, verso forme ispirate alla cultura della partecipazione e della responsabilità sociale.

In Italia un ampio fronte di forze sociali e sindacali si riconosce già nella cultura partecipativa. Vecchie e nuove esperienze di "bilateralità" vanno nel segno di un ruolo tra le parti collaborativo e propositivo e anticipano le nuove frontiere delle relazioni industriali. Dobbiamo saper allargare questo fronte.

La strategia per una nuova fase di Alleanza Nazionale non può non partire innanzitutto dalla constatazione (e valorizzazione) di quanto ha portato AN a divenire stabilmente un partito politico dotato di un consenso elettorale intorno al 12 per cento. Nel corso degli anni AN ha saputo affermare la propria immagine di partito responsabile, rassicurante, affidabile.

In questo senso AN si è imposta nell'immaginario popolare della Seconda Repubblica come il partito dotato di un forte senso dello Stato, di rispetto per le istituzioni, di percezione della distinzione tra interesse generale e interessi individuali o di partito.

Quando AN si affacciava, per la prima volta dopo Fiuggi, al governo del Paese, e cioè nella primavera del 2001 Ernesto Galli della Loggia così traduceva un sentimento diffuso in larga parte della popolazione e del ceto intellettuale: "Gli ex missini sanno cosa sono lo Stato e la storia italiana e possiedono una cultura della sfera pubblica". AN ha rappresentato per lungo tempo un elemento di positiva e tranquillizzante continuità fra "la storia d'Italia" e la II Repubblica in quanto partito affidabile e responsabile, con una salda coscienza nazionale e forte senso dello Stato.

AN deve quindi innanzitutto rilanciare e consolidare questo aspetto, comunicarlo e tradurlo in iniziative concrete sia rispetto alle dinamiche parlamentari, al confronto con l'Esecutivo, alla costruzione europea, sia nei comportamenti della sua classe dirigente.

E' necessario cancellare con fermezza, anche attraverso un "codice di comportamento" vincolante per tutti, quanto le illazioni recenti su comportamenti personali, amministrativi ed istituzionali hanno prodotto in negativo nella opinione dell'elettorato. E' necessario evitare che la difesa identitaria della "comunità" politica si traduca in una chiusura all'esterno.

Occorre essere fermi nella denuncia delle campagne di aggressione scandalistica, tanto più quanto esse si rivelano frutto di una strategia politica delegittimante, e nel contempo occorre essere severi con se stessi nelle norme comportamentali, in ogni atto pubblico e privato. E ciò a premessa e condizione di un rinnovato senso dello Stato che si fonda su una salda coscienza nazionale, appunto il "country party". La destra deve pertanto realizzare una opposizione intelligente, riformista e non distruttiva, intransigente e non preclusiva.

Una opposizione governante, com'è nella sua natura nazionale ed europea, che sappia da una parte contrastare l'azione dell'esecutivo soprattutto quando intende demolire l'impianto riformatore voluto dal centrodestra, e dall'altra proporre una sua agenda imprescindibile per il paese da attuare, nell'interesse comune, soprattutto nelle questioni strategiche quali formazione, ricerca, energia, infrastrutture, politiche e impegni internazionali.

Politiche per l'interesse nazionale, quindi non in contrapposizione pregiudiziale all'Esecutivo. Non dobbiamo fare distinzione fra "right and left" ma fra "right and wrong". Un esempio in questo senso viene proprio dalla battaglia dei "new tories" contro i tagli alla sanità pubblica fatti nell'ultima finanziaria dal governo laburista, senza per questo rinunciare alle proprie proposte di un maggiore coinvolgimento nel settore di operatori privati. Lo stesso può farsi in Italia quando si propongono tesi condivise sulla strada delle liberalizzazioni dei servizi, per esempio nelle utilities o nell'energia, o quando si prospettano linee di politica estera, quali quelle sull'Afghanistan, in continuità con i precedenti impegni internazionali. Distinguere significa scegliere, anche in tal senso "right and wrong".

Un secondo aspetto del nuovo corso riguarda la classe dirigente. Proprio la stagione che si apre può e deve essere quella del coinvolgimento e dell'apertura: la strada verso il III Congresso Nazionale deve portare ad un processo di ricambio nel partito ,attingendo a potenzialità inespresse di energie umane e culturali anche come strumento di promozione di una nuova immagine. Ciò significa una reale apertura a quanti rappresentano le energie più dinamiche e innovatrici della società italiana, le donne, i giovani e i ceti medi metropolitani, e a quella parte di ceto intellettuale che non ha paura di "contaminarsi"a destra, poco considerato nella fase di governo ma ancora disposto a dare il suo contributo per alzare il profilo qualitativo della proposta (e della presenza) politica della destra italiana.

Seconda parte con il numero di Agosto

 
 
 

Post N° 997

Post n°997 pubblicato il 01 Luglio 2006 da AnTreviso
 
Tag: 2006
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NEWSLETTER n. 125–  Giugno C.i.p. Anno VIII°

Direzione politica: Raffaele Garofalo – Coordinamento redazionale: Brando Casonato, Diego Casonato, Stefano Froio, Alessandra Galletti, Paolo Girardi, Alessio Guidolin, Guido Mina, Pierluigi Masia e Luca Piz­zolato

 
 
 

Ha vinto la sinistra del No!

Post n°996 pubblicato il 01 Luglio 2006 da AnTreviso
 
Tag: 2006
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La sinistra del no, la sinistra dell’immobilismo e della conservazione, la sinistra che vuole blindare l’Italia nei vecchi riti che le garantiscono il massimo delle rendite delle posizioni, ha vinto la sua battaglia e confermato la sua indiscutibile abilità nel demolire. La “sorpresa ”in cui sperava la Casa delle libertà non c ’è stata.

La scarsa o nulla mobilitazione dell’elettorato del centrodestra nel Sud e la partecipazione bulgara di quello dell’Unione nelle sue roccheforti (l’Emilia Romagna è prima per affluenza) hanno determinato un risultato secco: oltre il 60 per cento al No; Sì al 40.

E se qualcuno si illudeva che la bocciatura della riforma potesse essere –come l’Unione aveva promesso per tutta la campagna elettorale – l’apripista di un confronto serio per riforme condivise, ha dovuto disilludersi già ieri.

A seggi appena chiusi, Paolo Cento ha dato il via a una serie di dichiarazioni contro ogni ipotesi di revisione costituzionale in questa legislatura. Non è stata solo l ’ultrasinistra a parlare, ma anche autorevoli esponenti diessini. A cominciare da Vannino Chiti, ministro delle Riforme, che ha detto chiaro e tondo che adesso la priorità dell’Unione, quella indicata dal programma, è «l’innalzamento del quorum per approvare riforme costituzionali ». Insomma, Chiti chiede norme che rendano ancora più difficile l’iter di una eventuale proposta di rinnovamento, nascondendosi dietro l’esigenza di non consentire mai più modifiche a colpi di maggioranza.

Inutilmente Romano Prodi ha cercato, in serata, di riequilibrare la bilancia indicando proprio Chiti come l’incaricato di aprire “un tavolo ”con l ’opposizione. Il copione per il dopo-referendum era già scritto: l’Unione non potrà permettersi molto di più di vane chiacchiere se non vorrà scontrarsi con il “fuoco amico ”di una parte dei Ds e di quasi tutta l ’ultrasinistra.

Lo scenario del dopo-voto, insomma, per il momento non presenta le novità su cui si era fantasticato a lungo, a cominciare dal possibile distacco della Lega dalla Cdl per avviare “trattative separate ”con la maggioranza, e magari spezzare la logica dei blocchi anche su altri temi. «Si va avanti comunque », dice Umberto Bossi, cercando di incoraggiare i suoi con l’esempio della Scozia e del Galles, che solo dopo anni di tentativi a vuoto hanno raggiunto i loro obiettivi. Ma sul dialogo non si illude nessuno: dopo gli insulti di cui è stato bersagliato Calderoni, sarà ben difficile riconvertire l’asse dei rapporti tra il Carroccio e l’attuale maggioranza di governo.

Le reazioni di Alleanza nazionale tendono più ad analizzare il risultato che a condannarlo. C’è soddisfazione per la vittoria del Sì nell’area del lombardo-veneto, che conferma la tensione riformista dei ceti e delle zone geografiche dove c’è una mentalità da economia dinamica e si hanno più chiari i limiti dell’attuale ordinamento delle istituzioni. La destra invita soprattutto a riflettere sull’esito del voto per capirne la portata: «È presto per dire che è finita la stagione delle riforme in Parlamento, ma certo le motivazioni e i nodi con cui il centrosinistra ha fatto votare No sono motivo di preoccupazione ».

 (da Il Secolo d’Italia di martedì 27 giugno 2006)

 
 
 

La Marca vota Sì. In città vince il No!

Post n°995 pubblicato il 01 Luglio 2006 da AnTreviso
 
Tag: 2006

Quasi il 60 per cento di Sì (per la precisione, il 59,58), il 40,42 di No. La Marca ha votato per la riforma della Costituzione.Anche questa volta la provincia ha remato controcorrente rispetto al resto d'Italia, mantenendosi in linea con il Nord e in particolare il Nordest. E' stato il No, infatti, a superare il 60 per cento a livello nazionale.

Hanno votato validamente 400mila e 55 elettori, il 61,65 per cento degli aventi diritto. Quattro soltanto, su 95, i Comuni nel quale ha vinto il no: Treviso, Mogliano, Preganziol e Vittorio Veneto. Consueta valanga di voti per il Sì nella Pedemontana e nell'Opitergino-mottense. Il record a San Zenone, dove tre elettori su quattro hanno chiesto la devolution. Nessun intoppo negli scrutini, terminati in meno di tre ore.

(da il Gazzettino di Treviso di martedì 27 giugno 22006)

 
 
 

Selva analizza il flop di An

Post n°994 pubblicato il 01 Luglio 2006 da AnTreviso
 
Tag: 2006
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«Potrà sembrare paradossale che io sia molto contento dell'esito complessivo delle elezioni per l'Istituzione "Provincia di Treviso" visto che An, dopo l'eccellente risultato delle politiche del 9-10 aprile scorsi, ha fatto un flop nella città di Treviso, dove io stesso ero stato candidato pensando che diventassi un valore aggiunto come era avvenuto per la mia elezione a Senatore della Repubblica.

«La soddisfazione politica la ricavo dalla nascita della Casa delle Libertà a livello provinciale, un evento che io, come deputato di Treviso, avevo sempre auspicato dopo che Bossi lo aveva fatto a livello nazionale , e la Liga per il Veneto ottenendo, con Galan Presidente già tre volte, il mandato di governatore la Regione.

«La nascita della Cdl anche nella Marca Trevigiana è un buon auspicio per la futura elezione del Sindaco della città di Treviso.

«Perché questo avvenga, l'impegno maggiore nel territorio - parlo in modo particolare di Treviso, e dei più importanti capoluoghi di mandamento - spetta proprio ad Alleanza Nazionale se vuole essere una componente vitale ed efficace delle amministrazioni comunali e provinciale e un interlocutore delle categorie produttive, del ceto medio, dei giovani e non il retaggio di una memoria passata o la prosecuzione di una destra dove vecchi e giovani ritengono che Fiuggi sia stato un fatto meramente tattico, mentre è la strategia di Fini e di una destra plurale che ha fatto propri gli autentici valori del popolo veneto.

«Ci si deve chiedere subito perché le idee del partito di Fini trovano consenso, anche nella città di Treviso, nelle elezioni politiche, mentre non lo trovano in elezioni amministrative. An è un soggetto valutato positivamente quando si tratta di eleggere deputati, senatori e consiglieri regionali. Esiste in modo sparuto, quando si tratta di eleggere sindaci, assessori, consiglieri comunali. Nella Marca Trevigiana questo è dovuto in parte al fatto che la Lega ha voluto esercitare il monopolio specie su un elettorato di origine democristiana di destra cogliendone l'aspetto anticomunista, però interpretato come delega per un potere che non riconosce mediazioni, liberali e sociali, che sono proprie di una civiltà democratica impregnata di "personalismo cristiano", per dirlo con Mounier.

«An a Treviso non ha creato un partito a misura di quel suo elettorato che ha dato fino al 12-14 per cento di voti nelle elezioni di forte peso politico, e che probabilmente ha nutrito anche domenica la schiera degli astenuti perché non vedono andare fra i giovani, gli adulti e i vecchi, neppure i pochi consiglieri comunali e circoscrizionali, così come non li vedono avvicinare le associazioni parapolitiche e culturali che si occupano dei problemi della città riguardanti le scuole, il traffico, la cultura, gli anziani etc. ecc. La mia candidatura non è stata valutata efficace per conto di un partito di destra democratica che non ricerca il colloquio continuo, con la società civile, con le professioni con le categorie del ceto medio con l'associazionismo cattolico; il flop totale di Biagi unito alla sinistra poteva offrire spazi ad An, che sono andati alla Lega a Forza Italia, e all'Udc e meno male che ciò è avvenuto. Eppure è di qui che An deve cominciare perché anche nel test di domenica scorsa si è visto che fra i candidati di An il sindaco Piergiorgio Davì di Valdobbiadene e il vicesindaco Bordignon di Vedelago, sono stati giustamente apprezzati dalla loro gente proprio per quel ruolo di amministratori che svolgono nei loro comuni e che saranno capaci di ampliare ora nella istituzione Provincia.

«Il compito, arduo ma esaltante, che tocca nella città di Treviso, al commissario di An dr. Denis Farnea - lui stesso, del resto, vicesindaco di un comune della Pedemontana - è quello di formare gruppi di giovani trevigiani (anche di seconda e terza giovinezza!) per impiantare le idee e i progetti di una buona moderna amministrazione della Casa della libertà, in armonia con Fi, Udc e soprattutto con una Lega che oggi ha avuto in Luca Zaia e Leonardo Muraro i due maggiori esponenti del "nuovo corso" che investirà, mi auguro presto, anche il capoluogo della Marca».

(Senatore Gustavo Selva)

 
 
 

“Più canne per tutti”

Post n°993 pubblicato il 01 Luglio 2006 da AnTreviso
 
Tag: 2006
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 «Trovo imbarazzante che nella Giornata mondiale sulla lotta alla droga due ministri del governo Prodi parlino di tutto tranne che di lotta alla droga. Nessuno ha parlato di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti». Così il vice presidente della Camera, Giorgia Meloni, replica alle dichiarazioni rilasciate questa mattina dal ministro della Salute, Livia Turco di innalzare il quantitativo massimo di cannabis detenibile. «Nessuno in questo governo —aggiunge l'esponente di An— ha detto una parola su come si combatte la droga e questo messaggio è devastante nei confronti delle giovani generazioni». Si tratta, conclude Meloni, di «un messaggio permissivista che non si pone il problema di come combattere la cultura della droga».

(www.alleanzanazionale.it del 26 giugno 2006)
 
 
 

Non ci sono armadi della vergogna

Post n°992 pubblicato il 22 Giugno 2006 da AnTreviso
 
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Se la storia si ripete in farsa

«Gli ex-camerati di via Milano e il capogiro da sottogoverno», titolava ieri *Repubblica*. «Gli ex-cacciatori di fascisti e il capogiro da bobine», verrebbe voglia di controtitolare. Ma il desiderio di scherzare davvero non c’è davanti alle connotazioni che sta assumendo il Potenza-gate, partito come l’ennesimo caso di voyeurismo giudiziario e approdato a una vigorosa campagna di delegittimazione della destra italiana alla vigilia della scadenza forse più rilevante nella sua storia politica, cioè il referendum costituzionale di domenica prossima.
Non è solo una questione di giornali e d’interpretazioni più o meno faziose: l’inchiesta stessa, a tre giorni dal colpo di cannone dell’arresto di Vittorio Emanuele, si rivela confezionata su misura di un’operazione politica in grande stile. La selezione delle intercettazioni da allegare agli atti, tutte relative allo strettissimo entourage del presidente di An, e il privilegio dato ai capitoli con una chiave di lettura “morale”, sono evidentemente fatti apposta per colpire quello che in termini economici si chiamerebbe il core-business della destra di oggi: i valori e lo stile, il rispetto delle donne e la meritocrazia.
Non è la prima volta, e chi ha un percorso nel partito lo ricorda bene. Trentacinque anni fa, all’inizio degli anni ’70, fu utilizzato uno schema assai simile. All’epoca il “nocciolo” dell’affermazione missina e della trasformazione della Fiamma da movimento reducistico in grande forza popolare era il carisma di Giorgio Almirante e la sua capacità di attrazione per l’elettorato moderato e anticomunista nel Mezzogiorno. La magistratura di Milano scelse la strada dell’inchiesta per ricostituzione del partito fascista per demolire un successo che preoccupava l’arco costituzionale e ricondurre la destra nel recinto dei partitini senza speranze né ambizioni. Si operò senza riguardi, senza senso di responsabilità, con un cinismo assoluto. L'indagine, trasferita alla procura della Repubblica di Roma per competenza territoriale ed estesa dal luglio 1975 a tutto il gruppo dirigente missino del periodo 1969-72, non fu mai portata a termine, ma le sue conseguenze politiche si dispiegarono per decenni, fino a l’altro ieri.
Paolo Mieli, commentando il quarantennale del Msi, descrisse così quella fase: «Nel giro di due anni Almirante ottenne un imprevedibile successo e il reinserimento del suo partito nel grande gioco: nel dicembre del ’71 i voti missini furono nuovamente usati per l’elezione di un presidente della Repubblica, Giovanni Leone. Quello stesso anno il procuratore Luigi Bianchi d’Espinosa chiese l’incriminazione di Almirante per ricostituzione del partito fascista. Nacquero nuovamente comitati antifascisti a cui partecipavano rappresentanti di tutti i partiti democratici. Ma nacquero altresì da frange dei servizi d’ordine dei gruppi dell’ultrasinistra formazioni clandestine che sperimentavano la lotta armata con assalti a sedi e uomini del Msi».
Alle politiche del ’76 fu la disfatta. Intorno alla destra era stata fatta terra bruciata, e si raccolsero i risultati: il Msi scese dall’8,7 al 6,1, da 61 a 35 deputati, da 26 a 15 senatori. Racconta ancora Mieli: «Nel Msi è il momento della resa dei conti. De Marzio, Tedeschi, Nencioni, il segretario della Cisnal Roberti, Birindelli, Covelli, Plebe e molti altri mettono sotto accusa Almirante per i ritardi nella trasformazione del partito in Destra nazionale». Poi la scissione, e non c’è bisogno di dilungarsi sul resto.
L’elezione di Leone come la riforma della Costituzione? D’Espinosa come Woodcock?
Il paragone tra la storia di ieri, con i suoi risvolti tragici, e la chiave moralistico-boccaccesca delle indagini attuali può sembrare persino irriverente, soprattutto ai militanti “di lungo corso”, quelli che sicuramente sono rimasti più scossi dai risvolti dello scandalo e dai giudizi della stampa sui «capogiri da sottogoverno». Ma è appunto questa la forza del Potenza-gate e del suo circo mediatico: colpire il cuore della destra, i suoi quadri intermedi, diffondere sfiducia non solo nell’area vasta dell’elettorato ma anche e soprattutto nella “macchina” dei militanti, dei dirigenti e degli amministratori locali, che nell’ultima campagna elettorale si è dimostrata in tante aree più efficiente e attiva di ciò che si immaginava.
E allora, ricordando il passato, l’invito non può essere che quello di recuperare il senso delle proporzioni. Nel nuovo “armadio della vergogna” fabbricato dal gip Alberto Iannuzzi non ci sono più gli scheletri di golpe inesistenti, le divise della forestale o i berretti dei colonnelli greci, ma i lustrini della costumeria Rai e le ciglia finte di qualche aspirante soubrette. L’idea che possano intimidire e demoralizzare un mondo sopravvissuto a ben altro è francamente ridicola. Piuttosto, la macchina da guerra messa in moto a Potenza ci indigna e ci offre inquietanti spunti di riflessione sul quadro politico presente e futuro: ci sono giudici che pensano di provocare per via giudiziaria il “crollo delle destre” che le urne non hanno regalato? Ci sono aree della magistratura che stanno inviando messaggi in codice – della serie “guardate che possiamo fare” – al nuovo governo, inadempiente rispetto agli impegni presi sull’immediata demolizione della riforma della giustizia? Qual è la misura esatta del Potenza-gate, posto che non sembra limitata alle ambizioni mediatiche di un pm-acchiappavip?
Da un pezzo avevamo rinunciato alla dietrologia, un genere molto in voga a destra negli anni della persecuzione politica, ritenendola tramontata e politicamente irrilevante, ma forse toccherà riabilitarla: non ci sembra un portato incoraggiante dopo appena un mese di governo di quelli che dovevano trasformare l’Italia in un Paese normale.

Secolo d'Italia di martedì 20 giugno 2006

 
 
 

Il 25 e 26 giugno vota Sì

Post n°991 pubblicato il 15 Giugno 2006 da AnTreviso
 
Tag: 2006
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"Nasce a Treviso il primo comitato per il referendum confermativo, che si terrà il 25 giugno, della legge che nella scorsa legislatura ha modificato vari articoli della Costituzione. Nasce a Treviso e a fondarlo è stato il coordinamento provinciale di Alleanza nazionale ma, come ha detto ieri il commissario Denis Farnea, «va oltre il partito ed è aperto anche a chi non è di Alleanza nazionale ma crede nelle riforme fatte dal governo Berlusconi».

«Il nostro principale avversario sarà l'astensionismo - ha aggiunto il senatore Gustavo Selva -. La nostra azione si affianca a quella della Lega e di Forza Italia, mentre dovremo stare più attenti con l'Udc e farli riflettere sul valore di questo appuntamento».
Alberto Giorgetti, deputato e coordinatore regionale, ha posto l'accento anche sull'appuntamento elettorale più vicino, quello delle elezioni provinciali del 28 e 29 maggio: «Treviso e Venezia sono due province fondamentali per la svolta di Alleanza nazionale : dobbiamo portare An e tutta la Casa delle libertà stabilmente al governo della Provincia e poi anche del Comune capoluogo. Treviso è da sempre all'avanguardia sui temi delle riforme, del federalismo e dei rapporti fra cittadino e pubblica amministrazione, oltre che capofila del mondo delle imprese: per questo è importante la nostra riforma in senso federale che mette al centro l'interesse nazionale ».

«Il primo comitato per il referendum nato a Treviso - ha sottolineato l'onorevole Adolfo Urso - è un segnale per tutta la Casa delle libertà e per questo governo delle controriforme, che è nato contro il Nord e con un programma contro il Nord. Basti pensare che in tutto il Nordest e in Lombardia c'è un solo ministro».

Pierluigi Masia ha presentato anche il nuovo sito internet della federazione provinciale. L'indirizzo è www.an-treviso.it e il sito vuole essere «un veicolo delle iniziative politiche sul territorio e un punto di discussione per i vari circoli»."

Dal Gazettino del 22 maggio 2006

 
 
 

Post N° 990

Post n°990 pubblicato il 13 Giugno 2006 da AnTreviso
 
Tag: 2006
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NEWSLETTER n. 124 –  Maggio C.i.p. Anno VIII°

Direzione politica: Raffaele Garofalo – Coordinamento redazionale: Brando Casonato, Diego Casonato, Stefano Froio, Alessandra Galletti, Paolo Girardi, Alessio Guidolin, Guido Mina, Pierluigi Masia e Luca Pizzolato

 
 
 

Post N° 989

Post n°989 pubblicato il 13 Giugno 2006 da AnTreviso
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Il 25 e 26 giugno

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Post N° 988

Post n°988 pubblicato il 13 Giugno 2006 da AnTreviso
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Post N° 987

Post n°987 pubblicato il 13 Giugno 2006 da AnTreviso
 
Tag: 2006
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Plebiscito per Muraro, Casa delle libertà al 58%

Post n°986 pubblicato il 13 Giugno 2006 da AnTreviso
 
Tag: 2006
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Leonardo Muraro vince anche al di là delle previsioni dell'ultimo sondaggio della Lega, fatto la settimana scorsa, che lo accreditava di una percentuale fra il 53 e il 56 per cento; Lorenzo Biagi perde rispetto alle previsioni del centrosinistra, che lo volevano almeno al 35-36 per cento; Giorgio Panto guadagna rispetto alle Politiche di un mese e mezzo fa ma si assesta un paio di punti al di sotto delle sue aspettative. Agli altri cinque candidati rimangono, come si usa dire, percentuali da prefisso telefonico, ossia lo zero virgola qualcosa.

Al di là di tutti i commenti possibili, sta in questi numeri il riassunto di un'elezione che ha premiato il candidato di una Casa delle libertà che ha confermato il primato indiscusso nella Marca, così come era avvenuto il 9 e il 10 aprile (anche le percentuali sono state simili: allora le liste del centrodestra avevano sommato il 58,4 per cento, ieri il 58,3). Muraro è stato eletto al primo turno e ha primeggiato praticamente dappertutto, anche se - quasi un paradosso - ha perso per una ventina di voti proprio nella sua Mogliano. All'interno della sua coalizione Forza Italia è il primo partito (18,1 contro il 21,1 delle Provinciali del 2002 e il 25,2 delle Politiche di aprile) soltanto perché la Lega ha deciso di sdoppiarsi: la lista ufficiale ha preso il 15,6 e quella "di appoggio" di Zaia il 13,6: un risultato sorprendente quello del vicepresidente della Regione, che conferma tuttavia le più recenti analisi di molti politologi, secondo cui ormai sono i leader a contare più dei partiti. In calo invece, dopo l'exploit delle Politiche, sia Alleanza nazionale (dal 10,3 passa al 5,4 e conferma in pratica il risultato del 2002) sia l'Udc (dal 6,7 al 5,6, uno 0,3 per cento in più rispetto a quattro anni fa).

Quello che era considerato lo zoccolo duro del centrosinistra in provincia, ossia il 35 per cento, non è più così duro: Biagi passa di poco il 30 per cento e le sette liste che lo sostenevano si fermano sotto il 29. Nonostante la delusione che ieri si respirava in casa dell'Unione, resta una piccola soddisfazione: aver superato la percentuale che nel 2002 ottennero Bottacin e Sabiucciu, i due candidati del centrosinistra, che sommarono un 27,4 per cento. Ma è una consolazione da poco, se si pensa che un mese e mezzo fa i partiti di Romano Prodi portarono a casa quasi il 36 per cento. Un calo attribuibile quasi completamente all'Ulivo, sceso dal 23,6 per cento di aprile al 17,6 di ieri. Calano di qualche decimo di punto quasi tutti i partiti dell'Unione e possono sorridere soltanto Verdi e Comunisti italiani, che sfiorano il 5 per cento, quasi il doppio di quanto riuscirono a ottenere alle Politiche.

Giorgio Panto può guardare il bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno: mezzo vuoto se si considerano le Regionali dell'anno scorso, quando arrivò al 16 per cento, mezzo pieno se si guardano le Politiche di aprile, quando si fermò al 6.

 (da Il Gazzettino di Treviso del 30 maggio)

 
 
 

Farnea dopo il crollo: «Aria nuova, si riparte da zero»

Post n°985 pubblicato il 13 Giugno 2006 da AnTreviso
 
Tag: 2006
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Un calo rispetto al dieci e passa per cento delle Politiche se l'aspettava, ma quando lunedì sera ha visto quel 5,4 per cento non riusciva a crederci. Denis Farnea, commissario provinciale di Alleanza nazionale , ammette: «Pensavo a un calo, ma non a una flessione di queste proporzioni, davvero non me l'immaginavo». Ha pensato a che cosa poteva aver sbagliato? «Avevamo una lista competitiva, ma evidentemente il simbolo non è riuscito ad attrarre l'attenzione degli elettori. Si sono salvati soltanto gli amministratori, coloro che avevano già un contatto con il territorio (Davì, sindaco di Valdobbiadene, Bordignon, vicesindaco di Vedelago, e Mares, sindaco di Castelcucco, ndr). Però ha pesato anche la mancanza di Maurizio Castro, che doveva essere il deputato eletto nel nostro territorio: non è un caso che nella sua città, Vittorio Veneto, ci sia stato un risultato particolarmente basso. E ha pesato anche lo scarso entusiasmo nella base dovuto all'esclusione di Castro dalla Camera dei deputati».

Un arretramento del genere è un colpo difficile da assorbire, ma Farnea ha già pronte le contromisure. E si tratta di contromisure drastiche: «Questa catastrofe ha fatto sì che all'interno del partito non ci siano appetiti per poltrone e questo è un fatto positivo. Ma bisogna portare aria nuova: si riparte da zero, bisogna riorganizzare tutto. Dobbiamo cercare di strutturarci nel territorio, dobbiamo avere più contatti con il mondo produttivo, dobbiamo essere più presenti nella politica trevigiana».

Parole che potrebbero tradursi presto in fatti. Potremmo essere alla vigilia di una mezza rivoluzione in An: "l'aria nuova" di cui parla Farnea potrebbe cominciare con la sostituzione di alcuni coordinatori comunali, a partire da quelli di Treviso (Andrea De Checchi), di Montebelluna e di Conegliano.

Giuseppe Montuori, presidente del circolo di Vittorio Veneto ritiene «assolutamente improcrastinabile un pesante investimento politico da parte della Federazione provinciale e del suo commissario Denis Farnea, che peraltro non è responsabile del risultato elettorale non buono, verso le grandi città della provincia, che più pesano in termini di voti e immagine del partito. Pur con la massima stima verso coloro che hanno ottenuto un buon risultato, credo che non si possa definire più bravo degli altri chi ha beneficiato di posizioni precedentemente ottenute attraverso liste civiche e non con Alleanza nazionale ; anche perché questo significherebbe avallare la fine del partito, che in quanto tale vive del suo simbolo e di chi lo rappresenta».

 (da il Gazzettino di Treviso del 31 maggio 2006)

 
 
 

E’ iniziato l’assalto alla diligenza

Post n°984 pubblicato il 13 Giugno 2006 da AnTreviso
 
Tag: 2006
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Il nuovo governo Prodi si spartisce 98 poltrone e supera ogni record.

Sono 25 ministri, 63 sottosegretari e 9 viceministri. In tutto, Romano Prodi incluso, fanno 98 poltrone: è un record nella storia della Repubblica. L'assalto alla diligenza, degno di un film di John Ford, supera il primato di Giulio Andreotti, che nel '91 nominò per il suo esecutivo 66 sottosegretari. All'epoca infatti non esistevano i viceministri, che saranno 9 e verranno formalmente indicati nella prossima riunione del Cdm.

Il ministero con più rappresentanti del governo, tra viceministri e sottosegretari, è l'Economia con 7. Segue gli Esteri con 6. Ed è solo l'inizio. 

(www.alleanzanazionale.it del 18 maggio 2006)

 
 
 

Eliminato il Ministro degli Italiani all’Estero

Post n°983 pubblicato il 13 Giugno 2006 da AnTreviso
 
Tag: 2006
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«É un grave errore». Così il ministro per gli Italiani all'estero uscente, Mirko Tremaglia commenta l'eliminazione dal nuovo esecutivo Prodi del dicastero che lui ha guidato nella passata legislatura. «Tenuto conto che ora ci sono anche gli eletti alla Camera al Senato, la loro rappresentanza diventa non più un fatto di amore ma qualcosa di più —aggiunge l'esponente di An a cui si deve la legge per il voto dei nostri connazionali— ossia un fatto politico e di natura economica e culturale». «Il fatto che non sono più rappresentati, per gli italiani all'estero è una diminuzione —aggiunge amareggiato Tremaglia— e questo proprio adesso che si era attuato sul piano storico quanto da me sostenuto fino ad oggi. Questo è una fatto grave e provoca una pesante polemica e rimostranze da parte dei nostri connazionali che sono stati eletti». L'esponente di An è convinto che non bisognava abbandonare il lavoro da lui svolto nella passata legislatura. «In questo momento in cui si doveva sviluppare un attivismo dagli italiani all'estero eletti, non hanno più il ministro —conclude Tremaglia— Questo è fortemente negativo e mi auguro che, sotto la loro pressione, si ponga rimedio al problema nominando, anche se in ritardo, un ministro che, a mio avviso, deve essere cercato proprio tra gli italiani all'estero eletti».

(fonte ADNKRONOS del 17 maggio 2006)

 
 
 

In arrivo il decreto salva-clandestini

Post n°982 pubblicato il 13 Giugno 2006 da AnTreviso
 
Tag: 2006
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«Gli annunci sconsiderati ed irresponsabili di alcuni sedicenti esponenti del governo potranno alimentare, nei prossimi giorni, sbarchi in massa sulle coste italiane, soprattutto sulle isole minori della Sicilia». Lo afferma Maurizio Gasparri, che giudica questa eventualità «una conseguenza inevitabile dopo che si è parlato di una sanatoria in massa per centinaia di migliaia di clandestini e dopo che si afferma che non si faranno più espulsioni verso alcuni paesi africani». «Questo modo rozzo e irresponsabile di gestire la politica delle immigrazioni espone l'Italia a gravi pericoli, compreso quella dell'infiltrazione del terrorismo che, come ben sanno gli addetti ai lavori, si serve anche dell'immigrazione clandestina per facilitare i propri traffici e le proprie minacce», aggiunge l'esponente di An che chiede al ministro dell'Interno di «assumersi le proprie responsabilità e scendere in campo non soltanto con incontri diplomatici ma con azioni ed affermazioni chiare e precise. Noi —conclude Gasparri— diremo mille volte no alla sanatoria che viene annunciata dal governo e contrasteremo una politica irresponsabile che sta esponendo l'Italia ad una invasione di clandestini».

(redazione www.alleanzanazionale.it del 25 maggio 2006)

 
 
 

Vi aspettiamo

Post n°981 pubblicato il 09 Giugno 2006 da AnTreviso
 
Tag: 2006
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 LA MUSICA ALTERNATIVA TORNA A MONZA


Monza è storicamente sempre stata un laboratorio privilegiato per la Musica Alternativa. Non a caso l'Associazione culturale Lorien è proprio monzese… !
La storia inizia nel 1981 con il concerto di: Clessidra, Eldar e Nereo Zeper al Teatro Villoresi. Nel 1995, al teatro Manzoni, di fronte a oltre 600 persone, suonano gli Amici del Vento. Ma l'evento più famoso rimane il "Concerto del Ventennale" quando, di fronte a quasi mille persone, in un Teatro Manzoni gremito all'inverosimile, per ben 5 ore, si esibiscono la Compagnia dell'Anello e gli Amici del Vento in quello che rimane uno dei più bei concerti di Musica Alternativa mai registrati. La tradizione è continuata, poi, nel 1999, con i due concerti di Mancinelli - Mondo Dorico e Antica Tradizione - Armorea al Teatro San Carlo; mentre l'ultimo appuntamento è stato il concerto di 270bis, Hobbit e DDT al Teatro Villoresi, nel giugno 2002.
La grande Musica Alternativa torna ora a Monza, martedì 20 giugno, alle ore 21, presso la Casa del Volontariato (via Correggio 59) con lo spettacolo "Sole e acciaio": canzoni, video e pensieri ispirati all'opera di Yukio Mishima, presentato da Skoll e Fabio Constantinescu.
Vi aspettiamo!

Info: lorien@lorien.it

 
 
 

Post N° 980

Post n°980 pubblicato il 26 Maggio 2006 da AnTreviso
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IL 28 E 29 MAGGIO 2006

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ALLEANZA NAZIONALE

 
 
 

Post N° 979

Post n°979 pubblicato il 16 Maggio 2006 da AnTreviso
 
Tag: 2006
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NEWSLETTER n. 123 –  Aprile 2006 C.i.p. Anno VIII°

Direzione politica: Raffaele Garofalo – Coordinamento redazionale: Brando Casonato, Diego Casonato, Stefano Froio, Alessandra Galletti, Paolo Girardi, Alessio Guidolin, Guido Mina, Pierluigi Masia e Luca Pizzolato

 
 
 
 
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