Creato da: contastorie1961 il 11/03/2015
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Galdino (storia di un matto) Settimo Capitolo

Post n°9 pubblicato il 18 Marzo 2015 da contastorie1961

-Che stai facendo, dottore. Questa non è la strada che porta a casa mia!-

Dordoni fissò lo specchietto. I volti di Galdino e della direttrice apparivano del tutto simili, due icone cadaveriche sullo sfondo nero del sedile -Non potevi saperlo, ma sono state fatte delle modifiche alla viabilità- rispose senza troppa convinzione. Galdino gli premette la rivoltella alla base del collo -Non mi piace essere preso per il culo, dottore. Fermati immediatamente!- Per tutta risposta, il medico pigiò ancor più sull’acceleratore -Se non la portiamo in ospedale, morirà dissanguata, è questo che vuoi maledizione?- La canna della pistola, affondò ancor di più nella carne molle della gola -Ho detto di fermarti- ripeté Galdino in un sussurro. Dordoni esitò, quindi iniziò a rallentare. Raggiunto uno spiazzo, si fermò del tutto, le mani strette al volante.

-Su una cosa hai ragione, dottore. Se non la portiamo in ospedale rischia di morire- Galdino fissò Brigida con espressione mesta -Solo che io non ho tempo da perdere, e non posso andare all’ospedale- E prima che il medico potesse anche solo replicare, spalancò la portiera trascinando con se la donna -Non morirai, signora. Ti troveranno e ti presteranno tutte le cure. Ma io devo andare- La direttrice, stremata per il troppo sangue perso, sorrise guardandolo coi suoi occhi chiari-Buona fortuna, ragazzo- Turbato, Galdino tornò velocemente verso l’automobile. Questa volta, salì dalla parte del passeggero-Portami a casa, dottore, è l’ultima volta che te lo chiedo- Dordoni ebbe un fremito -No. Mi rifiuto di lasciarla morire come un cane. Trova la strada da solo se vuoi, io la porto all’ospedale- detto questo, lasciò il posto di guida.

-Fermati, dottore! Ti faccio saltare la testa se non mi riporti a casa immediatamente!- Ignorando la minaccia, il medico aiutò la direttrice a rialzarsi -La troveranno lo stesso! Pensi forse che quelli la abbiano ascoltato il mio avvertimento?- Dopo aver fatto stendere la donna sul sedile posteriore, Dordoni si rimise al volante -Non me ne importa nulla, andiamo all’ospedale e basta. Sparami pure se vuoi, ma non cambio idea-

***

Seduto al lato del passeggero, Vinci osservò gli alberi sfilare al loro fianco. La cazziata del sostituto procuratore, un giovane con la metà dei suoi anni, l’aveva indispettito oltre ogni limite. Ma non aveva potuto far altro che obbedire, cercando nel contempo di evitare le occhiate sarcastiche di Bardella. L’ispettore, concentrato nella guida, comandava la fila di tre automobili lanciate all’inseguimento. -Li raggiungeremo commissario, non dovrebbero essere lontani. Sempre che Galdino non abbia già commesso qualche pazzia- Un carro agricolo, sbucando da una stradina sterrata, si materializzò davanti a loro. Con una manovra abile quanto ardita, Bardella lo evitò per un soffio, per poi accelerare nuovamente.

-Non lo scopriremo mai se non rallenti, Bardella- voleva essere una battuta ma, le gocce di sudore sulla fronte, dicevano esattamente l’opposto -Credo di sapere dove si stanno dirigendo, non è necessario rischiare la vitaBardella rallentò sensibilmente, quindi si voltò fissandolo con attenzione -Davvero capo?- Incapace di celare una punta di soddisfazione, il commissario sorrise-Invece di giocare sempre con le armi, dovresti fermarti a riflettere ogni tanto-La frase andò a segno. L’ispettore s’incupì, ma rimase in silenzio in attesa del resto. Che non tardò ad arrivare -Pensaci, Bardella. Dove potrebbe andare una persona che, rinchiusa da più di vent’anni nel solito posto, si ritrova improvvisamente libera. Una persona che ha perso ogni punto di riferimento. Amici, parenti, tutti volatilizzati. Tranne uno- L’ispettore capì immediatamente, e il sorriso del commissario si allargò -La centrale mi aveva già dato l’indirizzo. La casa di Galdino è a qualche chilometro, puoi anche rallentare adesso-

***

Il dito preme sul grilletto. Un’altra piccola pressione, e della testa resterà solo un ammasso informe. Il volto ricoperto di sudore, Galdino ode appena i lamenti provenire da dietro -Non farlo. Non sei un assassino, non farlo- Il medico si volta. Fissa la canna della pistola a pochi centimetri dal suo viso, distoglie lo sguardo. L’automobile si muove lentamente, acquista sempre più velocità. Galdino abbassa l’arma e sospira -Fermati, fammi scendereDordoni non si fida, ma decide di assecondarlo. Sono di nuovo fermi. Galdino apre lo sportello e lascia l’abitacolo senza voltarsi. Allungandosi sul sedile, il medico lo richiude.

Inoltrandosi nella boscaglia, Galdino imprecò a denti stretti. Il dottore non gli aveva detto una bugia. Pur riconoscendo alcuni tratti, si rese conto che molte cose erano cambiate dall’ultima volta che aveva percorso quei luoghi. Avrebbe dovuto procedere attraverso i campi, col rischio di smarrirsi e perdere tempo prezioso. Ma non aveva altra scelta. Il dottore aveva di certo avvisato la polizia della sua decisione. Doveva arrivare prima di loro.

 
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Galdino (storia di un matto) Sesto Capitolo

Post n°8 pubblicato il 15 Marzo 2015 da contastorie1961

-Dobbiamo aspettarci il peggio, commissario. Se Galdino ha ucciso la guardia, temo che la situazione potrebbe degenerare da un momento all’altro- Nel pronunciare quelle parole, Dordoni si voltò verso l’edificio. Lo sguardo era teso, così come quello del commissario -Il sostituto procuratore sarà qua a momenti, sarà lui a decidere le mosse da prendere…- Una serie di colpi, in rapida successione, interruppe quella replica. Chinandosi al riparo dell’automobile, Vinci trascinò con se anche il medico. In contemporanea, l’ispettore Bardella impartì alcuni secchi ordini agli agenti appostati. Pur nella drammaticità della situazione, Dordoni non riuscì a celare un sorriso ironico-Ecco la risposta, commissario. E’ ancora convinto di ciò che ha appena detto? Mi lasci prendere l’automobile, se riesco a convincerlo, forse riusciremo a salvare la vita della direttrice-

***

Dopo aver esploso alcuni colpi a caso, Galdino tornò al capezzale della donna-Il tuo amico mi ha tradito, signora. Non ha preso la macchina e si è messo con quelli la!- Le lacrime iniziarono a scendere copiose, ma la mano che reggeva la pistola rimase ben ferma e puntata alla testa di Brigida. Nonostante il dolore, la direttrice riuscì a mettersi su un fianco -Ascolta Galdino, ti uccideranno come un cane se non ti arrendi. So che non sei un violento, e sei ancora in tempo per rimediare se lo vuoi. E poi, perché vuoi andare proprio in quel posto?- Galdino iniziò a misurare la stanza a grandi falcate, le braccia serrate lungo i fianchi. Dopo alcuni, lunghissimi istanti, si fermò -Ho ucciso Onofrio, signora. Gli ho piantato un coltello in un occhio, adesso non farà più del male a nessuno. E voglio tornare a casa mia, non in quel posto- Brigida s’irrigidì. La determinazione di quel uomo la stupì e spaventò al tempo stesso-E tu lo sapevi, signora. Eri a conoscenza del fatto che mi umiliava e maltrattava tutte le volte che poteva. Eppure non hai mai fatto nulla per impedirlo-

Quell’ultima frase, proferita con calma serafica, aumentò a dismisura il terrore che la donna stava già provando -Galdino…io…io…Non le diede il tempo di terminare. Afferrandola per le ascelle, la sollevò di peso trascinandola verso la finestra. Brigida urlò di dolore, ma lui sembrò non accorgersene nemmeno. Dopo aver aperto del tutto le ante, le conficcò la canna della pistola nella gola -Voglio subito il dottore qua davanti con la sua automobile!- urlò verso i poliziotti -Altrimenti la uccido, non sto scherzando-L’ispettore Bardella, meglio appostato degli altri, fissò il commissario in attesa di un ordine. Che non arrivò. Alzandosi lentamente, le braccia ben distese sopra la testa, Vinci avanzò di qualche passo -Va bene Galdino, ma resta calmo. Avrai ciò che hai chiesto, è una promessa- Dordoni, alzandosi a sua volta, lo seguì -Dottore, lei è conscio che…Il medico, con un gesto, lo interruppe -Lo so commissario- disse semplicemente.

Un minuto più tardi, la vecchia utilitaria si fermò dinanzi all’entrata. Facendosi scudo con la direttrice, Galdino apparve sulla soglia-Scendi e apri dietro, svelto!- urlò all’indirizzo di Dordoni. Obbediente, il medico fece quello che gli era stato ordinato -Bene. Adesso esci dal parcheggio e svolta a destra. Più avanti ti dirò la direzione da prendere- Pallido come un cencio, Dordoni ingranò la marcia e partì. Ma, passando davanti agli agenti, Galdino gli intimò di fermarsi. Abbassando appena il finestrino, si sporse quel tanto che bastava -Se mi accorgo che qualcuno mi sta seguendo, giuro che faccio una strage- sibilò all’indirizzo del commissario. Frustrato dalla piega che stava prendendo la situazione, l’ispettore Bardella diede una violenta manata al cofano della volante -Cazzo capo, non possiamo lasciarlo andare via così!- Dopo aver osservato l’utilitaria allontanarsi, Vinci si voltò nella sua direzione -Mi fido del dottore, Bardella. Probabilmente, se avessimo tenuto duro, saremmo anche riusciti a neutralizzarlo. Ma a quale prezzo?-

***

-Portami a casa, dottore. Sono sicuro che sai dove abito- Dordoni premette a fondo il piede sul freno, rallentando vistosamente l’andatura dell’automobile-Ne sei proprio certo, Galdino? Per quanto mi risulta, tuo padre è molto malato oltre che anziano. Non credo sarà felice di rivederti in questa situazione-Sporgendosi in avanti, Galdino gli sfiorò il lobo con le labbra -Ti sbagli, dottore. Sarà esattamente il contrario. E non potrebbe essere altrimenti visto che, dal giorno del mio ricovero, non ho mai ricevuto una sua visita. Non è forse vero, signora?- Attraverso lo specchietto, il medico lanciò un’occhiata verso la direttrice. Accasciata sul sedile, e sempre più sofferente, Brigida guardò prima uno e poi l’altro, quindi annuì impercettibilmente -E adesso accelera, dottore. Sono stanco delle chiacchiere- Riluttante, Dordoni riprese velocità. La rivelazione di Galdino l’aveva sconvolto. Nessun delitto, per quanto orrendo, poteva giustificare l’abbandono da parte di un genitore nei confronti del figlio.

 
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Galdino (storia di un matto) Quinto Capitolo

Post n°7 pubblicato il 14 Marzo 2015 da contastorie1961

Dordoni non riusciva a distogliere lo sguardo dalla direttrice. Sul pavimento, la pozza di sangue andava allargandosi rapidamente -Se non l’aiutiamo, morirà dissanguata ragazzo. E’ davvero questo che vuoi?- Galdino non rispose. La fronte imperlata di sudore, avanzò di qualche passo. Brigida, pallida da far paura, lo fissò con occhi lucidi. -Aiutami…ti prego- Galdino scosse il capo più volte, quindi afferrò il medico per un braccio strattonandolo con violenza -A lei penseranno gli altri, dottore. Noi dobbiamo andare in un posto, e abbiamo perso anche troppo tempo!- Irrigidendosi, Dordoni sembrò non aver nessuna intenzione di darsi per vinto -Per amor del cielo ragazzo…- Spazientito, Galdino lo inchiodò contro la parete, la canna della pistola premuta contro la gola -E finiscila di chiamarmi ragazzo! Non sono tuo figlio, cristo!- Spaventato da quell’ennesima esplosione di violenza, il medico si arrese -Va bene, farò quello che vuoi. Ma calmati, ti prego.-

Galdino allentò la presa -Hai l’automobile vero?- Dordoni annuì. Dalla tasca dei pantaloni, prese un mazzo di chiavi e gliele porse. Galdino scosse la testa-Non ho mai usato una macchina. Guiderai tu, ma prima devo sapere ancora una cosa- Chinandosi verso la direttrice, le chiese qualcosa che il medico non riuscì a comprendere. La risposta, dopo un attimo d’esitazione, fu un semplice cenno d’assenso da parte della donna -Adesso possiamo andare dottore- Dordoni non si mosse -Allora non ci siamo capiti!- sbraitò Galdino sempre più esasperato -Ho come l’impressione che non andremo da nessuna parte ragazzo. Non credo proprio che quelli ce lo permetteranno- Seguendo il suo sguardo, Galdino si avvicinò alla finestra. Il piazzale antistante l’entrata, semi deserto sino a pochi istanti prima, brulicava di automobili della polizia. Gli uomini, in tenuta antisommossa, si mossero rapidamente verso l’istituto. Furibondo, Galdino afferrò il medico per la giacca.

-E’ tutta colpa tua dottore. Mi hai fatto perdere tempo prezioso con le tue stronzate!Dordoni non fiatò. In quel momento, qualsiasi cosa avesse detto avrebbe potuto rivelarsi fatale. -Quindi ti tocca rimediare adesso- proseguì Galdino portandosi verso la direttrice -Adesso uscirai, e pretenderai di parlare con chi comanda. Voglio la tua automobile qua davanti entro cinque minuti. Trascorso questo tempo, non esiterò a far saltare le cervella alla signora- Il medico, avvertì un brivido percorrergli la spina dorsale. Galdino si trovava ormai allo sbando, e ciò lo rendeva ancor più pericoloso. Non avendo un piano ben preciso infatti, avrebbe dovuto affidarsi all’improvvisazione, peggio di così non sarebbe potuta andare -Farò ciò che mi chiedi ragazzo, ma ti prego di rimanere calmo-Galdino annuì soddisfatto e, sorridente, riportò la propria attenzione sulla donna, sempre più sofferente -Non devi temere nulla signora. Se il dottore si comporta bene, finirà tutto molto presto. Voglio solo andare dove tu sai bene, il resto non conta nulla-

Il commissario Vinci, responsabile dell’operazione, rimise il cellulare in tasca-Il sostituto procuratore sarà qua a momenti. Aspettiamo ancora qualche minuto- L’ispettore Bardella alzò la visiera dell’elmetto -Capo, sa meglio di me che la sorpresa è alla base di tutto. Non credo sia una buona idea attendere ancora- Infastidito da quell’osservazione, il commissario agitò un braccio in aria -Non sappiamo nulla di quello che sta accadendo la dentro, salvo quello che ci ha raccontato il sorvegliante al telefono. Potremmo benissimo peggiorare la situazione. Aspettiamo- Controvoglia, l’ispettore annuì e si diresse verso gli uomini in attesa.

Dordoni, dopo aver aperto la porta, portò le mani sopra la testa e si diresse verso il parcheggio. Immediatamente, gli uomini appostati, gli puntarono contro le armi -Sono il dottor Dordoni, ho una comunicazione da fare!- urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Qualche istante più tardi, al riparo di un’automobile, il commissario ascoltò attentamente ciò che il medico aveva da riferirgli -Impensabile!- scattò l’ispettore Bardella una volta che Dordoni ebbe terminato -Non possiamo cedere alle sue condizioni. Dovremmo fiaccarlo, lavorare sui nervi. E la direttrice poi? E’ ferita, ha bisogno d’aiuto!- Vinci lo guardò di traverso ma non replicò, rivolgendosi invece al medico -Lei cosa ne pensa dottore. In fondo conosce il soggetto, cosa suggerirebbe di fare?-Passandosi una mano sulla guancia, Dordoni fissò entrambi -Non mi sembra un assassino, anche se ignoro cosa sia accaduto con Onofrio, la guardia a cui ha sottratto la pistola. Ma, seppur spaventato, appare determinato a voler andare in un certo posto, e vuole anche me con lui. Quale sia, non ne ho idea, mi dispiace. Ma l’ispettore ha ragione. La direttrice sta perdendo molto sangue, va soccorsa immediatamente-

I due si scambiarono uno sguardo significativo, quindi fu il commissario a parlare -Galdino ha conficcato un coltello nell’occhio della guardia dottore, cosa dobbiamo aspettarci ancora?-


 
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Galdino (storia di un matto) Quarto Capitolo

Post n°6 pubblicato il 13 Marzo 2015 da contastorie1961

Galdino intimò a Dordoni di fermarsi davanti all’ufficio della direttrice -La signora è cattiva- esclamò d’un tratto con voce roca -Ha permesso a quel maiale di Onofrio di torturarmi per anni senza fare nulla- Come un bambino, si passò il dorso della mano sul naso, cercando goffamente d’asciugare una lacrima che, solitaria, gli solcò la guancia pallida e scavata -Ma potrebbe essermi utile. Apri la porta dottore-

Il medico esitò solo un istante, quindi fece ciò che gli era stato ordinato -Non c’è- mormorò dopo aver dato un’occhiata all’interno. Scostandolo con decisione, Galdino entrò a sua volta -Non esce quasi mai da qui, dove potrebbe essere andata?- disse con rabbia a stento trattenuta. Dordoni, inespressivo, si limitò ad allargare le braccia. In quello stesso momento, il telefono posto sulla scrivania iniziò a squillare. Con un balzo, Galdino afferrò il ricevitore e lo alzò senza rispondere -Direttrice? Sono Carmelo. Galdino ha assassinato Onofrio e si è impossessato della sua pistola! Ho già chiamato la polizia, saranno qua in pochi minuti e…- Galdino sbatté giù il ricevitore con violenza -Andiamo dottore, possiamo anche fare a meno di lei, svelto!-

****

Brigida, dopo essersi lavata le mani, si osservò allo specchio. La discussione avuta con Filippo l’aveva amareggiata e delusa. Con lui, non era mai nata quella complicità che avrebbe voluto, e solo la sua grande esperienza e professionalità aveva fatto si che non l’avesse ancora cacciato. Asciugandosi, si ripromise che l’indomani gli avrebbe parlato di nuovo. Aveva infatti intenzione di aumentare il numero delle guardie, ma l’avversità del medico a questo proposito la innervosiva e irritava. Lo voleva dalla sua parte, anche a costo di farne a meno. Uscendo dal bagno, notò con stupore che la porta del proprio ufficio era spalancata. Eppure era sicura di averla richiusa.

****

Dordoni, pur rendendosi conto del crescente nervosismo di Galdino, non si mosse di un millimetro -Ascoltami bene ragazzo. Non hai nessuna possibilità di farla franca. Ti braccheranno e finirai i tuoi giorni a marcire in una cella, se non peggio. Non so cosa sia accaduto con Onofrio, ma qualsiasi cosa tu abbia fatto avrai delle attenuanti, tutti conoscevano la sua crudeltà- Sapeva di correre un rischio, ma non avrebbe tralasciato nulla al fine di salvare la propria vita e quella dell’uomo che lo stava minacciando. Galdino lo fissò inclinando leggermente il capo, mentre un leggero tic gli fece vibrare il sopracciglio destro.

-Galdino!-

La voce li fece voltare all’unisono. Brigida, ritta sulla porta, osservò entrambi con stupore. Contemporaneamente, Galdino alzò il braccio puntandole contro la rivoltella -Dove ti eri cacciata signora? Aspettavamo solo te sai?- disse sfoderando un mezzo sorriso. In quel frangente, l’atteggiamento della direttrice cambiò radicalmente. Il cipiglio, deciso e severo nella maggior parte delle occasioni, lasciò il posto a un’espressione allarmata e impaurita. Il suo sguardo, in particolar modo, si soffermò sulla canna dell’arma rivolta verso di se -Non devi aver paura signora…- esclamò Galdino divertito -Non voglio mica ucciderti sai? Ormai non ci speravo più ma, adesso che sei tornata, verrai con me e il dottore in un posto- Incapace di spiaccicare anche la benché minima parola, Brigida voltò lentamente lo sguardo verso Dordoni che, impassibile, annuì appena con la testa.

-E’ molto importante che ci siate tutti. Vorrei portare anche Carmelo e Carlo ma poi, chi resterebbe qua? Onofrio no, lui…lui credo che non può più adesso- proseguì Galdino in tono mesto. La direttrice si portò entrambe le mani alla bocca -Cosa…cosa hai fatto Galdino- disse in una specie di rantolo -Io…io non volevo signora. Ma lui continuava…continuava…- Ora, le lacrime sul suo volto iniziarono a scendere copiose, la mano che reggeva la pistola tremò visibilmente. Dordoni ne approfittò subito. Lanciandosi in avanti, afferrò il polso di Galdino con entrambe le braccia. Colto di sorpresa, quest’ultimo vacillò sino ad andare a cozzare contro la scrivania. Ciononostante, la differenza d’età e di stazza ebbe la meglio. Con una spinta, Galdino ricacciò il medico all’indietro mentre la direttrice, cogliendo al volo l’occasione, si precipitò fuori dall’ufficio. Disinteressandosi del dottore, Galdino fece altrettanto -Fermati signora, non scappare…fermati!- urlò. La donna, sul momento, parve voler obbedire all’ordine. Ma, dopo un attimo d’esitazione, riprese a correre nuovamente.

Lo sparo rimbombò come un tuono nello spazio ristretto del corridoio. Colpita all’altezza della spalla, Brigida Marini si accasciò al suolo con un urlo di dolore. Dordoni, paralizzato sulla soglia dell’ufficio, si portò le mani al viso -Non mi hai voluto ascoltare stupida…- piagnucolò Galdino. La donna cercò di dire qualcosa, ma una fitta glielo impedì -Non posso portarti con me adesso, ma va bene lo stesso- proseguì Galdino -Non voglio essere solo quando lo affronterò, andiamo dottore-

 
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Galdino (storia di un matto) Terzo Capitolo

Post n°5 pubblicato il 13 Marzo 2015 da contastorie1961

Uscendo dal ufficio della direttrice, il dottor Dordoni reprimette a stento l’impulso di sbattere la porta. Brigida l’aveva trattato come un neolaureato al primo impiego, e la cosa lo mandava letteralmente in bestia. Che fosse una donna difficile, l’aveva intuito sin dal primo istante in cui aveva varcato la soglia dell’istituto. A tal proposito, gli tornarono alla mente le parole che Alfio, il suo defunto marito, gli aveva confidato in una delle rarissime occasioni in cui si era soffermato a parlare della consorte.

“Brigida sembra uscita di senno Filippo. Dopo i due falliti tentativi di fuga da parte di un paio di pazienti, appare sempre più decisa ad assumere delle guardie private”

E le guardie erano arrivate, così come l’infarto che aveva stroncato Alfio.

***

Avviandosi lungo il corridoio, prese la decisione di rassegnare le dimissioni, e l’avrebbe fatto l’indomani stesso. Gli anni iniziavano a pesare e Alfio, ovunque si trovasse, l’avrebbe di certo capito e perdonato. Prima di farlo però, avrebbe parlato con Galdino. Come direttore sanitario, l’aveva visitato un’unica volta, assegnandolo poi ad uno dei medici dell’istituto. I timori e le preoccupazioni di Brigida infatti, l’avevano lasciato perplesso oltre che dubbioso. Conosceva di vista il padre di Galdino, un anziano muratore in pensione. Giuseppe, nonostante lo scandalo e la vergogna, era sopravvissuto alla tragedia che aveva colpito la propria famiglia. Così come alla repentina scomparsa della moglie, che si ammalò e morì poco dopo la condanna del figlio.

Giunto al termine del corridoio, si preparò alla solita manfrina con le guardie, fiscali sino allo spasimo. A quell’ora, i pazienti si trovavano quasi tutti in mensa, e Galdino non avrebbe fatto eccezione.

***

Galdino non attese oltre. Compiendo un balzo in avanti, svoltò l’angolo con la pistola spianata.

E li si fermò.

Frenetico, il suo sguardo vagò tra la guardiola e il fondo del corridoio. Girati di spalle, i due sorveglianti non si erano ancora accorti della sua presenza. Non altrettanto si poté dire del direttore sanitario che, colto di sorpresa, si bloccò di colpo. Galdino si trovò nella condizione di dover decidere in pochi secondi. Puntando la pistola verso il medico, si mosse rapidamente nella sua direzione.

-Stai commettendo una sciocchezza- disse Dordoni alzando la voce e, contemporaneamente, le mani. Galdino non rispose subito ma, dopo averlo aggirato, gli appoggiò le labbra all’orecchio -Sono stanco dottore. Questa vita non m’interessa mica più sai? Ma, prima della fine, devo fare ciò che è giusto fare, e tu mi aiuterai dottore…- disse nel suo italiano incerto. Un trambusto, alle loro spalle, lo portò a premere con più forza la canna della pistola sulla tempia del medico.

Le due guardie, resesi conto di ciò che stava accadendo, si precipitarono fuori, le armi in pugno -Galdino, non fare cazzate. Lascia andare immediatamente il dottore e getta la pistola!- urlò uno dei due al suo indirizzo. Galdino sorrise. E si trattò di un sorriso talmente spaventoso che Carmelo, colui che aveva parlato, fece un passo indietro.

-Io non vi voglio uccidere ragazzi. Voi siete bravi, non come quel…quella carogna in mensa. Ma adesso non farà più del male a nessuno, adesso dorme-Dopo un istante di sconcerto, Carmelo scambiò un segno d’intesa con Carlo che, svelto, scomparve in direzione della mensa -Stai calmo Galdino. Qua nessuno vuole farti del male. Vorrei solo che lasciassi libero il dottore e poi ne parliamo va bene?- riprese con più cautela.

Galdino smise di sorridere -Non c’è niente da parlare. Io devo fare quello che le voci mi hanno detto di fare. Vai via Carmelo, raggiungi il tuo amico e lasciami in pace altrimenti…- alle parole, fece seguire una maggior pressione sulla tempia del medico. Dordoni, impietrito, evitò persino di respirare. Carmelo abbassò lentamente la pistola quindi, dopo un attimo d’esitazione, sparì dietro l’angolo.

-Bene, sembra che abbiano capito, non trovi dottore?-La pressione sulla tempia si allentò e Dordoni, finalmente, tirò un leggero sospiro di sollievo-Chiameranno la polizia Galdino. Tra poco l’istituto sarà circondato e non avrai via di scampo. Pensaci, sei ancora in tempo- Sorridendo, Galdino aprì la porta spingendolo in avanti.

-Ma noi ce ne andiamo prima dottore. Solo che manca ancora una persona con cui vorrei scambiare due paroline, e il suo ufficio non è molto lontano vero?-

Dordoni lo fissò con gli occhi spalancati.

-Non vorrai far del male a...-

Pungolandolo con la pistola, Galdino sbatté la porta alle sue spalle.

-Non sono affari tuoi dottore. Abbiamo perso sin troppo tempo, andiamo!-

 
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