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OGNI UOMO E' UN'ISOLA. NESSUN UOMO E' UN'ISOLA. (Mouscardin)
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Post n°401 pubblicato il 21 Settembre 2008 da Mouscardin
Silente geisha un filo d'erba sente soffio del vento. Nel primo volume "Sugli orienti del pensiero", l'autrice, l'illustre estetologa, Grazia Marchianò, descrive "la natura illuminata" e cita, nell'indicare i rapporti tra l'artista e l'oggetto da rappresentare, il pittore folle Van Gogh, il quale soffermava la sua attenzione sul filo d'erba, per giungere poi alla comprensione della vita e dell'universo intero, secondo l'insegnamento religioso - estetico del Giappone, che concepisce l'esistenza dell'uomo come parte della natura. Colpisce come un artista definito pazzo possa aver espresso un'idea talmente profonda, da inserirsi a pieno titolo nella larga messe di riflessioni filosofiche e dottrinarie, che caratterizzano la comprensione della speculazione intellettuale orientale. Erasmo aveva scritto un "elogio" di questa stravagante deriva della mente, la quale, attraverso "la dissennatezza", poteva giungere ad esiti di tutto riguardo, per l'intuizione della verità. Mi pare che il genio di Van Gogh testimoni appieno questo percorso. Ecco il brano illuminante del pittore, tratto da una lettera del 1888 diretta al fratello Theo: Studiando l'arte giapponese, si vede un uomo, indiscutibilmente saggio,filosofo e intelligente, che passa il suo tempo a far che? A studiare la distanza tra la terra e la luna? No. A studiare la politica di Bismarck? No. A studiare un unico filo d'erba. Ma quest'unico filo d'erba lo induce a disegnare tutte le piante, e poi le stagioni e le grandi vie del paesaggio e infine gli animali e poi la figura umana. Così passa la sua vita e la sua vita è troppo breve per arrivare a tutto. Ma insomma non è una vera religione quella che c'insegnano questi giapponesi così semplici e che vivono in mezzo alla natura come se fossero essi stessi dei fiori?
Post n°400 pubblicato il 20 Settembre 2008 da Mouscardin
La temperatura più bassa e l'umidità favoriscono gli starnuti e le piccole fastidiose influenze, mentre settembre si dilegua. Insomma il tempo è rotolante: non si fa tutto quello che si deve, perché le ore sono piccole e, sebbene si cerchi di privilegiare qualche attività più proficua, la giornata è divorata dalla notte. Che sta succedendo? Semplice. E' come scivolare, sulle rapide di una cascata sconosciuta, dentro una canoa: non si sa dove si arriva, né quando, né se ci sarà uno specchio d'acqua tranquillo ad attenderci e poter sostare in un po'di quiete, come l'animo, inconsapevolmente, anela, da sempre. Intanto, la vita scorre velocemente e si pensa, un po' ingenuamente, ergo sum.
Post n°399 pubblicato il 19 Settembre 2008 da Mouscardin
“L'amicizia” Non posso darti soluzioni per tutti i problemi della vita. Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori, però posso ascoltarli e dividerli con te. Non posso cambiare né il tuo passato né il tuo futuro. Però quando serve starò vicino a te. Non posso evitarti di precipitare, solamente posso offrirti la mia mano perché ti sostenga e non cada. La tua allegria, il tuo successo e il tuo trionfo non sono i miei. Però gioisco sinceramente quando ti vedo felice. Non giudico le decisioni che prendi nella vita. Mi limito ad appoggiarti a stimolarti e aiutarti se me lo chiedi. Non posso tracciare limiti dentro i quali devi muoverti, Però posso offrirti lo spazio necessario per crescere. Non posso evitare la tua sofferenza, quando qualche pena ti tocca il cuore, Però posso piangere con te e raccogliere i pezzi per rimetterlo a nuovo. Non posso dirti né cosa sei né cosa devi essere. Solamente posso volerti come sei ed essere tua amica. In questo giorno pensavo a qualcuno che mi fosse amico in quel momento sei apparso tu... Non sei né sopra né sotto né in mezzo non sei né in testa né alla fine della lista. Non sei ne il numero 1 né il numero finale e tanto meno ho la pretesa di essere il 1° il 2° o il 3° della tua lista. Basta che mi vuoi come amica. NON SONO GRAN COSA, PERO’ SONO TUTTO QUELLO CHE POSSO ESSERE . (Jorges Luis Borges) ***** Pur essendo un ammiratore di Borges, non conoscevo questo testo, scoperto grazie ad un blog di pregio, che mi suggerisce qualche considerazione malinconica. Quante volte siamo stati amici ed abbiamo avuto amicizie vere, seguendo i criteri indicati dal grande poeta argentino? Penso, e sono ottimista, molto poche. Virtuali o no, ha scarsa importanza, ma le relazioni amichevoli, poiché sono estremamente importanti, sono per ciò stesso rare, senza parlare di quelle fra uomo e donna, le quali, giocoforza, a causa del sesso, sono difficilissime da realizzarsi, benché non siano impossibili o inesistenti. Nel brano pubblicato si fa riferimento all'amica ed io vorrei avere delle amiche in senso stretto più di quante per mia fortuna ne abbia, atteso il profondo apprezzamento che nutro verso il genere femminile e le sue ineguagliabili qualità. In passato non mi è capitato spesso, ma, sono tuttora legato a donne conosciute casualmente e rivelatesi delle eccellenti persone, per carattere e sensibilità e ad ex compagne di studi, che stimo senza riserve e sulle quali, come suo dirsi, posso sempre contare. Un po' meno mi pare di poter dire di ex partner, con le quali mi sarebbe piaciuto intrattenere rapporti affettivi evoluti, al termine della vicenda sentimentale, che invece, forse inevitabilmente, tendevano a distaccarsi in maniera netta e ad allontanarsi definitivamente dalla mia vita. Oggi, alla lettura di Borges, temo che un tal genere di amicizia, post-amorosa, sia soltanto un'illusione. Il nobile sentimento che evoca non può confondersi con sotterranee continuate pretese di possesso dell'altro o con le mere convenienze sociali ovvero con l'opportunismo e la coltivazione d'interessi pratici, per i quali fa comodo mantenere un "amico", sfruttando la sua ingenua disponibilità, che priva la formale qualificazione di autentici contributi sostanziali, corrispondenti ad un’effettiva compartecipazione alla sua vita. E’probabile che sia inevitabile la dispersione di un patrimonio di sentimenti ed emozioni accumulato nelle tempo in circostanze diverse e pertanto sia assai problematica l’aspirazione a conservare intatta quella parte di affetto reciproco per costruire una valida e sincera amicizia. Lo spirito competitivo, il senso di rivalsa, l'amarezza per la fine di un amore o di qualcosa che gli assomigliava, sono ostacoli spesso insormontabili al conseguimento di un risultato positivo.
Post n°398 pubblicato il 13 Settembre 2008 da Mouscardin
Io ho, per temperamento, per istinto, il bisogno del superfluo. L’educazione del mio spirito mi trascina irresistibilmente verso l’acquisto dell cose belle. Io avrei potuto benissimo vivere in una casa modesta, sedere su seggiole di Vienna, mangiare in piatti comuni, camminare su un tappeto di fabbrica nazionale, prendere il tè in tazze da tre soldi. Invece, fatalmente, ho voluto divani, stoffe preziose, tappeti di Persia, piatti giapponesi, bronzi, avorii, ninnoli, tutte quelle cose inutili e belle che io amo con una passione profonda e rovinosa... Roma mi ha vinto! (Gabriele D’Annunzio) Sembra di tornare alla preistoria, a rileggere le parole del vate. Ai tempi suoi certamente il superfluo aveva un valore inestimabile. I pochi che potevano accedervi erano dei privilegiati e l'eleganza non era certamente discutibile. Criteri estetici ben definiti, ma anche in corso di elaborazione, accompagnati dal gusto della bellezza, dall'importanza della forma, dello stile erano traguardi ambiti, per chi, D'Annunzio, proveniva dalla provincia e da una classe sociale non agiata. Il poeta con la sua intelligenza, il talento e la forza fascinatrice della poesia e della letteratura, s'impose addirittura come maestro di vita , suscitatore del nuovo gusto aristocratico, afflitto sì dal decadentismo, ma pur sempre affascinante e suggestivo. Le sue cronache mondane sono ancora il documento di un'epoca, di cui volle e seppe farsi interprete e protagonista egemone. Quanto tempo è passato. Ormai il superfluo è alla portata di tutti, ma l'aristocraticismo e la suprema eleganza di un gesto od un abbigliamento, anche se spesso travolte dal dandysmo e dalla ridondanza liberty, con qualche punta di kitsch, sono definitivamente scomparsi dall'orizzonte della società contemporanea. La massificazione offre possibilità indiscriminate, ma uccide il buon gusto. Ma ricordiamo il pensiero del grande seduttore, personaggio di spicco nell'Italia fra le due guerre, e termine di paragone per misurare temporalmente il progressivo scivolamento verso la volgarità attuale. Après moi le deluge, sarebbe il caso di dire. Non ci credete? Guardate, tanto per fare un esempio, Franco Califano... il Califfo dei nostri giorni, ruspante e un po' coatto, con mille conquiste nel suo carniere di settantenne. Con tutta la simpatia per i polli di campagna, la differenza col pavone la riconoscerebbe chiunque.
Post n°397 pubblicato il 07 Settembre 2008 da Mouscardin
Nipponica 2008 -------------------------------------------------------------------------------- Tratti d'arte e di vita. Percorsi nell'arte giapponese laboratorio tenuto da Giovanni Peternolli 20 settembre 2008 ore 15-18 Kiyonaga e Utamaro: l'epoca classica dell'Ukiyo-e Le stampe dell'ukiyo-e sono espressione di una cultura giapponese apertamente edonista che attribuiva importanza ai piaceri materiali della vita (il cibo, il sesso, i divertimenti) e si contrapponeva all'ideologia della classe dominate basata su valori confuciani e buddhisti. Kiyonaga e Utamaro furono tra i principali esponenti di questo genere artistico tipicamente nipponico: ritrassero donne catturandone l'umore, la personalità, la femminilità con impareggiabile eleganza. Un laboratorio di interpretazione e lettura estetica che consentirà ai partecipanti di entrare nel cuore di un’opera d’arte e nel contesto culturale in cui si è prodotta leggendone tutte le sfumature e tutti i livelli di complessità. Il numero dei partecipanti ammessi è di massimo 10 persone ad incontro. E' necessaria la prenotazione. Quota di partecipazione: 30 euro. Info e prenotazioni: 051 381694- info@nipponica.it Centro Studi d'Arte Estremo Orientale, via Val d'Aposa, 5 - Bologna www.nipponica.it -------------------------------------------------------------------------------- organizzato da: Associazione Culturale Symballein www.symballein.it In ottemperanza della legge 675/96 e seguenti questo messaggio viene spedito in copia nascosta a tutti coloro che risultano averne fatta esplicita richiesta. Se il vostro indirizzo è stato incluso per errore, o non desiderate più ricevere queste informazioni, potete richiedere l'interruzione degli invii rispondendo "Cancella".I vostri dati sono conservati e trattati nel rispetto della legge. Il titolare dei dati può richiederne in qualsiasi momento la modifica o cancellazione come previsto dall'articolo 13. In caso di invii multipli ce ne scusiamo fin d'ora invitandovi a segnalarcelo immediatamente.
Post n°396 pubblicato il 02 Settembre 2008 da Mouscardin
Una volta era privilegio di pochi definirsi buddhisti. Una certa ritrosia condizionava la scelta di dichiararsi di una religione diversa dalla cattolica, anche tra le personalità di rango. Oggi c'è per fortuna maggiore libertà di culto e non culto. In compenso è aumentata la confusione.
Ma tant'é. Non bisognerebbe confondere la vita privata con quella pubblica, proprio per non dare adito ad equivoci, ambiguità, distorsioni. Ed invece spesso s'intersecano i due aspetti e si dà luogo ad un quadro non propriamente compiuto del soggetto, né dei risultati acquisiti dalla sua operosa attività, con il rischio di sminuirne il valore e l’immagine per rendere noti piccoli eventi, cronachette di scarso rilievo Ancora oggi, c'à chi interpreta il buddhismo come una raccolta di norme comportamentali, sostanzialmente svincolato da una visione religiosa e chi lo vive come ideale mistico.
Non penso, comunque, per chiunque segua, con intima convinzione, le regole del buddhismo, anche soltanto come insegnamento morale, sia senza ostacoli e difficoltà applicarne i precetti. La semplicità in questo campo non esiste.
Post n°395 pubblicato il 31 Agosto 2008 da Mouscardin
Tag: ananarchico, apoti, Columbia university, conservatore, cultura, Giuseppe Prezzolini, La Voce, Libertà, novecento ![]() Giuseppe Prezzolini, detto Prezzy, è stato un infaticabile organizzatore culturale ed un personaggio di spicco nella storia letteraria del novecento, soprattutto come fondatore di una delle più pregevoli riviste dell'epoca, "La Voce", sulla quale scrissero eminenti personaggi, scrittori ed artisti, che hanno lasciato un segno profondo nella vita del nostro paese. Prezzolini aveva il culto dell'indipendenza e pur essendo amico personale di Mussolini, e potendo trarre enormi vantaggi da questo legame, anche grazie al suo acume ed alla sua scintillante intelligenza, nonché al suo vasto patrimonio d'idee, preferì all'avvento del fascismo emigrare negli USA, dove insegnò, per moltissimi anni alla "Columbia University", letteratura italiana. Tornò in Italia nel dopoguerra, ma dopo un breve periodo di permanenza a Vietri sul mare, preferì stabilirsi in Svizzera, a Lugano, da dove continuò a collaborare a quotidiani e riviste. Si vantava di far parte della "società degli apoti", cioè di coloro che non la bevono e questo gli servì per non cadere nelle trappole della retorica e negl'inganni della politica e dei partiti, ma lo tenne fuori da qualsiasi pur meritato riconoscimento, anche economico, continuando a scrivere, per campare, ben oltre i cento anni. Fu un convinto conservatore, o meglio un anarco-conservatore, giustamente critico nei confronti del suo paese, di cui individuò, lucidamente ed inesorabilmente, vizi e difetti. Pur avendone pieno titolo rifiutò l'appellativo di "maestro". Il pittore ed incisore toscano Sigfrido Bartolini venne, un bel giorno, redarguito dallo stesso Prezzolini, perché gli si era rivolto deferentemente con quest'appellativo. Di diritto però apparteneva alla categoria degli "antitaliani", nel senso paradossale del termine, essendo un amante del suo paese, ma profondamente critico nei suoi confronti, proprio a causa di un radicato patriottismo. Dei suoi moltissimi libri, vogliamo ricordare oggi, "Il codice della vita italiana", che pur essendo stato scritto, per i tipi della "Voce", nel 1921, conserva una straordinaria attualità nel delineare il carattere degl'Italiani. Traiamo alcuni brani, da questo libretto prezioso, per poter riflettere sulle considerazioni dello scrittore, le quali, pur essendo amare, corrispondono alla verità del nostro popolo. Ecco alcune perle, da non dimenticare. E da rileggere di tanto in tanto. "L'Italia si divide in due parti; una europea che arriva all'incirca a Roma e una africana o balcanica che va da Roma in giù. L'Italia africana o balcanica è la colonia dell'Italia europea". "In Italia nulla è stabile fuorché il provvisorio". "In Italia l'uomo è sempre poligamo e la donna poliandra (quando può)". "In Italia non si può ottenere nulla per le vie legali, nemmeno le cose legali. Anche queste si hanno per via Illecita: favore, raccomandazione, pressione, ricatto, eccetera". "I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi". "Non bisogna confondere il furbo con l'intelligente. L'intelligente è spesso un fesso anche lui". "Colui che sa è un fesso. Colui che riesce senza sapere è un furbo". "Segni distintivi del furbo: pelliccia, automobile, teatro, restaurant, donne". "I fessi hanno dei princìpi, i furbi soltanto dei fini". ![]()
Post n°394 pubblicato il 30 Agosto 2008 da Mouscardin
E' un termine scarsamente utilizzato quando si parla di rapporti umani, ormai. Ci sono uomini e donne delicati, riferendosi ad una certa qualità d'animo. Ma se ne parla sommessamente, quasi ad indicare una parola compromettente o poco corretta. Naturalmente a tutti può capitare di essere, a volte, poco delicati, nei confronti dell'altro o degli altri. La dote, frutto dell'educazione, della sensibilità maturata nel tempo, ma anche di attitudine spontanea, ha poco a che fare con la cultura. Anzi spesso sono le persone definite colte ad esserne sprovviste, quando il senso di sé prevale su tutto il resto e si pensa di possedere la verità. Quando si commettono errori di valutazione e comportamento esse non se ne avvedono o non se ne danno conto, reputando che siano gli altri a doversi emendare. Se si è delicati si è scrupolosi e, prima o dopo, ci si accorge di aver sbagliato e si cerca di rimediare. Altrimenti, l'indelicatezza non si nota neppure.
Post n°393 pubblicato il 27 Agosto 2008 da Mouscardin
"A ventanni, giurai a me stesso di essere fedele alla mia giovinezza". "Gli uomini ? Più che alla vita, sono attaccati ai suoi bisogni !" (Drieu La Rochelle) *** Fin da piccolo mi accorsi di essere attratto da due tendenze o correnti filosofiche che parevano tra loro opposte o contrastanti: il pessimismo cosmico ed un allegro edonismo. Leggerezza e catastrofismo. Col crescere e maturare, compiendo finalmente gli studi superiori, mi avvidi che i due aspetti della mia personalità potevano convivere, anche perché non erano convinzioni nuove, rispetto alle speculazioni del pensiero più elevato che altri più appropriatamente avevano esercitato. Giordano Bruno affermava di sé: sono ilare nella tristezza e triste nell'ilarità. Quale sintesi migliore per un'anima complessa come la mia? Ad essa doveva presto aggiungersi, con il matrimonio ed un lavoro stabile, un terzo inquietante fattore di riflessione e d 'inquietudine: la monotonia. La conoscenza più incisiva di Schopenhauer, seguita alle prime letture liceali, mi aveva donato, infatti, una nuova consapevolezza. Il mio essere constatava la veridicità dell'intuizione del grande saggio, il quale paragonava l'esistenza ad un pendolo, in perenne oscillazione tra l'angoscia e la noia. Insomma era scomparsa, con l'età adulta, l'attitudine all'epicureismo e mi trovavo avviluppato nel bozzolo piccolo- borghese (che le circostanze, quasi inavvertitamente, avevano tessuto per me) del lavoro e della casa, della casa e del lavoro, in un universo chiuso, ormai, alla fantasia, all'immaginazione, alla creatività, alla libertà, alla poesia. Lo spirito d'avventura, tipico dell'adolescenza e della giovinezza, si addormentava nella spirale del tran-tran quotidiano del primum vivere, deinde philosophare, costruito paradossalmente, con una ferrea logica filosofica, grazie all'insegnamento di maestri ineccepibili, nell'inevitabile processo di acculturazione del mio spirito. Finché un giorno... Quasi per caso, lungo il tragitto che mi riconduceva tra le mura della mia sicura e tranquilla abitazione, m'imbattei in una compagnia di zingari. Questi, in un parco, ai margini della via, si esibivano, in quel momento, in spettacoli fantasmagorici, nei quali esprimevano le loro abilità ed il loro estro al suono trascinante di violini e chitarre, tamburi, fisarmoniche e clarini. E danzavano in continuazione in circoli sempre più ampi di persone, coinvolgendo anche i più tiepidi, tra gli spettatori, in un'assordante allegria. Una bella fanciulla dagli occhi di fuoco mi prese per mano e si fece accompagnare in una serie di balli divertenti e un po' malinconici ad un tempo, e quella musica mi riportò all'adolescenza ed ai suoi sogni dipinti d'azzurro come il cielo ed il mare, alla voglia di viaggiare per paesi e continenti, al desiderio di conoscere attraverso la gente e le persone, la natura ed i paesaggi, quale verità abita questo mondo, riuscendo a strappare finalmente il velo del mistero che sempre ci avvolge. E, tutto d'un tratto, capii quello che avevo abbandonato per diventare un uomo istruito, educato alla responsabilità, ai doveri individuali e sociali, un esemplare umano del tutto addomesticato:la preziosa essenza della vita. Fui abbagliato da quella illuminazione e , al termine della sarabanda, con gli echi della festa nelle orecchie, saltai sul carro dell'affascinante donna, che avevo stretto durante tutto il tempo, unendomi a quella meravigliosa carovana, diretta ad Arles.
Post n°392 pubblicato il 23 Agosto 2008 da Mouscardin
L'ex ambasciatore Sergio Romano, commendevole editorialista del "Corriere della Sera", autorevole saggista in materia di politica estera, si è presentato ad un pubblico dibattito, nel clima mondano di Cortina, con abbigliamento sportivo ed un tono talmente disinvolto, che è difficile riconoscerlo come il togato commentatore politico, avvolto diuturnamente nell'aplomb dell'ex diplomatico. La sorpresa aumenta, allorché egli comincia a dissertare dei tabù e riconosce ormai l'indiscutibile necessità di abbatterli. Sono tesi sovversive, cui non è aduso uno scrittore proclamatosi conservatore urbi et orbi, in plurime occasioni. Dichiarazioni che si accompagnano a modi significativi d'interpretazione del rivoluzionario concetto. Infatti, dinanzi alle telecamere puntate sul suo viso, in una breve pausa della propria esposizione, il Romano comincia a grattarsi platealmente l'orecchio sinistro, con l'indice ben teso dentro il padiglione auricolare. Fino a qualche tempo fa, avremmo giurato sulla sua incapacità costituzionale di azzardare un gesto del genere. Ma si sa. La società si evolve in continuazione e, quindi, anche i costumi degli ex ambasciatori mutano velocemente, eliminando anch'essi qualche tabù dal proprio comportamento. Mentre afferma, come corollario dell'idea precedente, che i tabù non possono rompersi tutti insieme, ma solo uno alla volta , appena terminata la frase, procede imperterrito nell'operazione di grattamento, con rapido passaggio dall'orecchio al naso. Eccolo infatti dirigere l' attenzione alla punta del suo aquilino, che viene catturata con forza dalla concomitante azione del pollice e dell'indice della stessa mano destra, per procedere a stropicciamenti e strizzature, fino ad acquietarsi, dopo interminabili minuti, in uno storcimento finale delle narici, miracolosamente indenni da perdite di sangue. Si rimane a bocca aperta di fronte alla spettacolarità della scena ed alle difficoltà, che perfino personalità temprate incontrano, nella vita quotidiana, nel non lieve compito di mettere in pratica princìpi elevati, come la dissoluzione contemporanea di più divieti.
Post n°391 pubblicato il 21 Agosto 2008 da sampiero_p
Ma tutti capiscono la differenza tra un dialogo in latino con Tito Livio, ancora possibile al tempo dello scrittore fiorentino e quello che a noi post-moderni è dato intraprendere pur con i mezzi tecnologici avanzati, messi a disposizione del progresso, come TV o Internet. Provate ad entrare in contatto con i mostri contemporanei del giornalismo o della letteratura o del mondo universitario, anche soltanto assistendo in diretta a "Cortina Incontra"e vi accorgerete subito che i dialoghi non sono più possibili. Prendete un qualsiasi guru contemporaneo e fatelo parlare con altri tre o quattro suoi colleghi, con l'inframmezzo di qualche giornalista à la page e l'incantesimo di quel nome, celebre e saggio, svanirà. Questi maestri, benché contemporanei, sono universalmente riconosciuti come formatori dell'opinione pubblica, lucidi interpreti del mondo e degli avvenimenti più importanti, ma a Cortina non sono più gli stessi. Sarà la diretta, il clima vacanziero, il bagno nella piccola folla convenuta sotto il tendone estivo stile meeting riminese, ma dalla parola scritta alla performance in pubblico, da giganti si trasformano in pigmei. E' una sorta di cartina di tornasole il dibattito organizzato su temi di grande importanza politica o culturale da Enrico Cisnetto. E il più delle volte, se non tutte, i grandi spiriti del nostro tempo si fanno catturare dalla vanagloria, dal narcisimo, dalla volontà di potenza nel senso più deteriore del termine, e si atteggiano e parlano come dei assisi nell'Olimpo. Ma il palco dove si siedono non è la sede divina, ci sono piccole poltrone, che al termine dello spettacolo vengono portate via in tutta fretta, lasciando vuoto il tavolato. Gli ospiti ne escono sminuiti, ridotti ad una materia troppo umana ed effimera, e le loro parole si perdono nel vuoto, tanto sono prevedibili e banali. La rassegna di luoghi comuni cui danno luogo, senza creare spazio ad un pensiero originale, ma solo ad autocitazioni e ad autoreferenzialità sfacciata, generano reazioni di ripulsa e noia, se non di commiserazione. E' come guardare dal buco della serratura le debolezze ed i difetti che la kermesse scatena impunemente, e la gente si rende conto di quanto piccoli siano questi spiritelli. Altro che Tito Livio. Solo fuochi fatui che fanno constatare la povertà intellettuale ed umana delle nostre classi dirigenti.
Post n°390 pubblicato il 14 Agosto 2008 da Mouscardin
Post n°389 pubblicato il 14 Agosto 2008 da Mouscardin
A "Cortina Incontri", in occasione della presentazione della "Deriva", Il giornalista Gian Antonio Stella esponeva il caso Tirrenia: la società di navigazione perde 73.000 euro a dipendente. Insomma, un altro disastro, come Alitalia. Se n'è parlato in passato, non è una novità. Il Presidente di dette linee di navigazione, Franco Pecorini, è alla guida del gruppo da 24 anni 24. E' passato indenne sotto la prima e la seconda repubblica, godendo del favore di tutti i governi di qualsiasi colore. Ora, mentre si tenta di eliminare il deficit pubblico, non si sa nulla delle cure che il Governo intende intraprendere nei confronti di un soggetto economico, divenuto con gli anni un potentato, che spende disinvoltamente il denaro dei contribuenti senz'aver mai, dico mai, garantito un servizio efficiente per gli utenti. Si domandava Stella e noi lo chiediamo, come cittadini, al Premier ed al Ministro Brunetta: come mai il Signor Presidente della "Tirrenia", responsabile o corresponsabile dello sfacelo della compagnia di navigazione, è stato riconfermato nella carica per ulteriori tre anni ?
Post n°388 pubblicato il 13 Agosto 2008 da Mouscardin
"La cornacchia libberale" Una cornacchia nera come un tizzo, nata e cresciuta drento 'na chiesola, siccome je pijo lo schiribbizzo de fa' la libberale e d'uscì sola, s'infarinò le penne e scappò via dar finestrino de la sacrestia. Ammalappena se trovò per aria coll'ale aperte in faccia a la natura, sentì quant'era bella e necessaria la vera libbertà senza tintura: l'intese così bene che je venne come un rimorso e se sgrullò le penne. Naturarmente, doppo la sgrullata, metà de la farina se n''agnede, ma la metà rimase appiccicata come una prova de la malafede. - Oh! - disse allora - mo' l'ho fatta bella! So' bianca e nera come un purcinella... - E se resti così farai furore: - je disse un Merlo - forse te diranno che sei l'ucello d'un conservatore, ma nun te crede che te faccia danno: la mezza tinta adesso va de moda puro fra l'animali senza coda. Oggi che la coscenza nazzionale s'adatta a le finzioni de la vita, oggi ch'er prete è mezzo libberale e er libberale è mezzo gesuita, se resti mezza bianca e mezza nera vedrai che t'assicuri la cariera. (Trilussa)
Post n°386 pubblicato il 07 Agosto 2008 da Mouscardin
Avevamo ammirato la presa di posizione di Sarkozy e la sua intenzione di non essere presente all'inaugurazione dei giochi olimpici. Poi, anche Lui è riuscito, con una giravolta, ad allinearsi e, tutti insieme, i paesi, cosidetti liberi dell'Occidente, saranno in mostra, in nome della fratellanza dello sport. Quale fratellanza e quale sport? Pura ipocrisia. I giochi sono un grosso affare economico e politico, checché ne dica il nostro comitato olimpico. Si pensa veramente che la Cina si sia attrezzata per le Olimpiadi di Pechino in omaggio allo sport o per affermare di fronte al mondo la propria immagine di superpotenza mondiale in ascesa? Andiamo. Ci vorrebbero meno sepolcri imbiancati e un po' più di coraggio nell'affrontare la verità, anche in ambito sportivo, dove un esame di coscienza serio ed approfondito proprio non guasterebbe, visti i casi atleti dopati, che anche da noi affiorano troppo frequentemente. Forse qualcuno dei leader, invitati all'inaugurazione, accennerà timidamente ad un ma e ad un se, a favore del martoriato Tibet, un piccolo accenno, come un minuetto, per non perdere la faccia di fronte al proprio paese, ma poi tutto finirà in una bolla di sapone. La Cina, comunque, avrà vinto e continuerà a dominare sui popoli oppressi oggi come ieri. Ci vuole ben altro che un dito alzato all'ultimo momento per cambiare la politica di una potenza imperiale. Ancora una volta sarà confermato l'antico detto, secondo cui C'èst l'argent qui fait la guerre. Se anche il Presidente della Repubblica francese, oltre a Bush, saranno sul palco, che cosa potevamo permetterci noi, che vediamo contraffatti i pomodorini di Pachino dai cinesi ? qualcuno dirà. Ed infatti. Tutti c'inchiniamo, per ossequio alla realpolitik, come d'altronde fecero tutti alle Olimpiadi svoltesi in Germania in pieno regime nazista. In fila perfetta. Pechino 2008 vale Berlino del 1936. Le coscienze dell'Occidente sono sopite, anzi sono in coma profondo. E' bastato osservare com' è stata commemorata la scomparsa di Solgenitsyn in America ed in Europa per rendersene conto. Un personaggio scomodo, che in maniera anche cruda ha saputo indicare i mali della nostra civiltà, in nome della tradizione religiosa dell'antica madre Russia, è solo una cattiva coscienza da tacitare in fretta. Quello scrittore era diventato pazzo, insinueranno i bravi democratici... Ma chi crede di essere questo vecchio paranoico, che osa - dopo esservisi rifugiato - criticare la nazione americana, ritenendola asservita all'economicismo, ponendola sullo stesso piano di assenza spirituale dell'antagonista sovietica, schiava del materialismo ateo? E volete che gli Stati, dove vige un regime di libertà, s'impegnino a lottare per il Dalai Lama ed il Tibet, colonizzato da oltre un cinquantennio, dove si consuma un genocidio quotidiano? Scherziamo? Protesti chi vuole e che la Storia faccia il suo corso.
Post n°385 pubblicato il 04 Agosto 2008 da Mouscardin
Tag: Giuseppe Garibaldi, Libia, mafia, piccioli, Raffaele Lombardo, recitare, secessione, separatismo, Sicilia I motivi sono stati esposti alla piccola folla di convenuti, davanti alla televisione ed hanno trovato l'approvazione del presidente del movimento autonomista Raffaele Lombardo, che avrebbe in mente la secessione dell'isola, dopo aver contribuito alla vittoria del centro-destra. Ora, per chi abbia avuto la ventura di conoscere un po' la Sicilia ed i siciliani, è noto che una delle qualità di quel popolo è la grande capacità di recitare. Lo diciamo, asetticamente, perché abbiamo un profondo legame affettivo con la terra di Sciascia, di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, oltre che di Pirandello ed apprezziamo molti siciliani onesti e patrioti, veri aristocratici, generosi e splendidi amici. Quella del primo cittadino del piccolo centro del messinese è una perfetta interpretazione, che forse porterà qualche quattrino in più nelle casse comunali visto il consenso del Governatore della Regione. Prendersela con lo Stato unitario e con Garibaldi in fondo non costa nulla, non comporta nessun rischio nell'italia sfilacciata di oggi, neppure una denuncia per danneggiamento e, magari consente di non tagliare spese inutili, come il Governo nazionale cerca di fare per rimediare, in qualche modo, al pauroso deficit di bilancio. Perché, vedete, molto spesso, dietro questi gesti clamorosi (si fa per dire) c'è un interesse economico, legato ai piccioli. Non abbiamo prove dirette, ma siccome l'aria che tira in Trinacria è quasi sempre quella, è molto probabile che la protesta si risolverà con l'allentamento del cordone della borsa. Ora, però quel meraviglia di più in questo teatro dei pupi, è l'atteggiamento di Raffaele Lombardo, il quale ha facile gioco, nascondendosi dietro due spesse lenti nere, a non far capire a noi che cosa vuole esattamente con il suo editto separatista, a margine dell'atto di vandalismo. Vuole ricongiungersi, per caso, all'America e alla grande mafia statunitense, come ai tempi del secondo dopoguerra o, magari, vorrebbe essere annesso alla Libia di Gheddafi? E' convinto veramente che con la separazione dall'Italia, ritornerà la Magna Grecia o magari Federico II? Che cosa si è messo in testa il Bossi del sud ? Che la sua isola può produrre ricchezza e posti di lavoro, togliendosi il giogo di Roma? Perchè non va avedere quanto denaro pubblico è stato dilapidato in Sicilia, grazie alle provvidenze statali e quanto guadagnano i dipendenti regionali, produttivi a giorni alterni, e poi vedrà che margini d'investimento rimangono per l'autonomia e lo sviluppo economico con le sole forze dell'isola. Insomma, ci dica che pesce è Raffaele lombardo: si tolga lenti affumicate, che ricordano troppo le caricature del padrino e ci guardi negli occhi e parli chiaro: è un tonno, uno squalo, una gallinella, un gigione o un delfino? Nel frattempo mediti sulla frase che Peppino Garibaldi pronunciò, affacciandosi davanti alla folla acclamante dei romani, ai tempi del triumvirato: Italiani siate seri!
Post n°384 pubblicato il 03 Agosto 2008 da Mouscardin
E Borghezio, dove lo mettiamo? L'Ansa di oggi dà notizia delle ultime affermazioni su Garibaldi da parte dell'eurodeputato Borghezio, piemontese, affiliato alla Lega Nord, distintosi in passato per alcune azioni esemplari come l'arresto illegale di un marocchino, trovato per caso sulla sua strada ed altre iniziative consimili, che lo hanno esposto un bel giorno ad alcune botte. altrettanto esemplari da parte di alcuni appartenenti ai centri sociali. Non so se abbiate presenre il personaggio, a metà strada tra l'esperto culinario Raspelli e un rinoceronte messo in libertà in qualche oasi africana naturalista. Sta di fatto che il Nostro non ha conseguito particolari meriti scientifici in campo storiografico, anche se da giovane ha militato nelle formazioni di estrema destra ispirate, non si sa bene perché, dal culto dei Celti. Ora, potrebbe darsi il caso che la sua competenza sulle antiche popolazioni del Nord Europa lo abbia condotto a pensare che Garibaldi sia tuttora, un nemico da abbattere, nostante la barba ed i capelli biondi dell'eroe dei due mondi, e che quindi valga la pena di tanto in tanto di elargire, con la grazia che gli è consueta, qualche veemente insulto... Dopo aver colto l'occasione di poterlo definire un tangentista in una trasmissione televisiva, senza mezzi termini dichiara ai giornali che Giuseppe Garibaldi politicamente era un co...... Sulla base di quali dati un giudizio simile sia scaturito dalla poliedrica mente del parlamentare non lo sappiamo, ma è certo che Garibaldi era ed è ricordato come un antipolitico. E comunque se era un tangentista dubitiamo che fosse un c...... in politica. Veda quindi di mettersi d'accordo con se stesso l'ingombrante eurodeputato, prima di dare spettacolo. Questa recrudescenza nei confronti di uno dei protagonisti più popolari del Risorgimento, oltre che fuor di luogo, considerati gli studi storici più accreditati sul valore indiscutibile del suo contributo all'unità nazionale, ci pare solo strumentale, una facile propaganda ed un esercizio inutile. Prima si diceva: guai a parlar male di Garibaldi ! Oggi siamo all'estremo opposto. Denigrarlo è come sparare sulla Croce Rossa ormai. E qualcuno, come Borghezio, ritiene magari di poterne trar vanto. Perché, chiediamo, non fa qualche sberleffo ai centri sociali? Ha paura di prenderle di nuovo? Un fatto comunque è certo. No saranno le ricolaggini pronunciate da un parlamentare di periferia a togliere Giuseppe Garibaldi dalla storia del nostro paese, nella quale è entrato e vi rimarrà a pieno titolo. Piuttosto: Borghezio dove lo mettiamo?
Post n°383 pubblicato il 29 Luglio 2008 da sampiero_p
Da ' Vita con Gio' ' di Giovannino Guareschi, pagg. 85-86: Il 22 luglio del 1968.Il giorno in cui Guareschi mancò, se ne accorsero per caso. Lui era inginocchiato alla sponda del letto, come se pregasse. Forse pregava veramente, prima di declinare il capo per sempre, ad insaputa di tutti. Lui che non credeva nelle vitamine, ma aveva una fede incrollabile in Dio, in un attimo se andò, svolazzando le ali come uno dei suoi angeli disegnati in punta di matita. Lasciava attonite alcune generazioni di lettori che, per miracolo, da dieci che erano, al tempo della nascita del fogliaccio, denominato "Candido", si moltiplicavano incessantemente, nonostante l'evoluzione del costumi. Certo, erano pur sempre una minoranza, attenta alle gesta di Don Camillo alle prese con i figli della contestazione e convinta che Giovannino l'avrebbe spuntata con i suoi articoli e pamplets perfino con Pasolini. Un film , "La rabbia", segnava l'ingresso del "baffo" nella contesa con i cinematografari impegnati nella lotta contro la tradizione. La mia infanzia intellettuale rammentava la fine del settimanale decretata dal commendator Rizzoli, a causa degl'infortuni giornalistici di un galantuomo-scrittore, gli anni di volontaria galera, e le ulteriori vicissitudini legate all'avvento del progressismo catto-comunista (con cui gli editori dovevano fare i conti). Guareschi non si fermò. Dopo il "suo" settimanale continuò a scrivere su un altro periodico, che lo accolse fraternamente, permettendogli di vivere un'altra stagione di libertà fino alla morte. "Il borghese" di Tedeschi gli assicurò, fino alla fine, il massimo spazio di espressione, consentendo ai suoi "aficionados" di leggerlo ancora con gli ultimi libri, che parevano scritti più per onorare i suoi impegni di gentiluomo con il pubblico, che per sopravvivere in un'atmosfera ormai irrespirabile. La sua perdita repentina ad un'età ancora tutto sommato giovane era un segno della sua stanchezza, di fronte al cumulo di macerie creato dal cosiddetto progresso. Dopo la scomparsa, autorevoli e ormai dimenticati commentatori si arrischiarono nell'impresa di dimostrare che i suoi volumi, tradotti anche in cinese, non valevano nulla: poco più che carta straccia prodotta da uno stravagante personaggio della bassa padana, che aveva avuto "fortuna" nel raccontare favole per adulti, ma di cui si sarebbe persa la traccia nel giro di qualche anno. Avevano la puzza sotto il naso i maestri del giornalismo nostrano, fatte salve le poche eccezioni, che preferirono far finta di nulla, di fronte alla canea insofferente dell'intellighenzia italica. Vittorio Gorresio chi lo ha in mente oggi? Eppure era un "columnist" della "Stampa", il giornale del capitalismo aperto al nuovo ed ai finanziamenti statali per la Fiat, che tuonava contro la produzione "pseudo-letteraria" di Giovannino, ritenendolo indegno di qualsiasi citazione colta. E poi tanti altri più o meno noti, da Jemolo ad Eco, etc.etc.etc. Ma, nel centenario della nascita, che si celebra quest'anno, il nostro autore ancora si fa apprezzare, al di là delle mode e dei gusti letterari, mentre gli altri, i denigratori, non si sa bene, al presente, che cosa possano rappresentare, se non un'epoca in disfacimento, che annega nel mare del nulla. Lui è stato un testimone del suo tempo, con i piedi ben piantati per terra, a difendere il suo piccolo grande, mondo, esempio magnifico della nostra civiltà contadina. Il suo umorismo e la sua fede incrollabile nei princìpi "eterni" sono un fiore all'occhiello della letteratura del novecento. Giovannino resta un "ingenuo" nel senso latino del termine. Forse l'ultimo "ingenuus"dei nostri scrittori.
Post n°382 pubblicato il 26 Luglio 2008 da sampiero_p
Tag: Cina, Estetica, Gao Xinjian, Giuseppe Conte, Il libro di un uomo solo, Letteratura, Nobel, Persecuzione, Politica 26 luglio Gao Xingjian ed i nodi della vitaIl premio nobel 2000 per la letteratura è stata una scoperta recente, grazie ad un'intervista curata da Giuseppe Conte sul Le parole di Gao Xingjian si succedevano con ritmo armonico ed i concetti si dipanavano con una logica compiuta ed irreprensibile. Il suo pensiero veniva esposto con un linguaggio piano e scorrevole ed era di una chiarezza esemplare. Le stesse qualità le riscontro nella lettura di un romanzo scritto dopo il conferimento del premio. Una prosa semplice in un'ottima traduzione induce a concentrarsi sulla storia autobiografica de Il libro di un uomo solo, sul quale incombe la persecuzione subita dal regime maoista, dipanandosi, per altri versi, tra storie d'amore, un elegante erotismo ed i molti interrogativi sull'esistenza. In genere gli accenni politici non sono gradevoli per chi cerca un significato estetico nella letteratura, l'arte svincolata dagl'ideologismi. Per troppo tempo abbiamo letto romanzi dove il tema ideologico prevaleva su tutto e conduceva a risultati modesti o inutili dal punto di vista strettamente letterario. Ma qui, si avverte l'angoscia del vivere sotto la pressione quotidiana in un clima inquisitorio, poliziesco, razzista con i tanti tranelli tesi, ad ogni pie' sospinto, per accertare la disciplina e l'obbedienza al partito e alla rivoluzione culturale: la persecuzione è diretta a sradicare l'uomo dalla propria famiglia, dai ricordi e le abitudini, le tradizioni antecendenti l'avvento del comunismo. Appare evidente, in questo caso, la trasfigurazione della lotta personale e politica contro il reazionario Gao nel dramma individuale e collettivo dell'oppressione e della sofferenza, nel rischio persistente della perdita della libertà e dello stesso dono della vita. Le figure femminili che accompagnano le peripezie del protagonista paiono lenire la sua tragedia soggettiva, accendendo lumi di speranza per il riscatto dalla schiavitù, per relazioni umane, libere da paure e condizionamenti, dove i sentimenti abbiano diritto di esistere pienamente e riacquistino la forza di rendere stabili i legami del cuore. Un crocevia di emozioni, un labirinto di memorie e dolori, grandi afflati ed aspettative per capire il mondo: un compito difficile, se non improbabile, animato da un desiderio indefinito di spiritualità, che induce l'autore ad affermare problematicamente:...Questa vita è come una rete che tu pensi, maglia dopo maglia, di sciogliere nodo dopo nodo, ma, di fatto, non fai altro che un unico groviglio di nodi, la vita, questo stupido ammasso, tu non hai proprio modo di scioglierlo.
Post n°381 pubblicato il 18 Luglio 2008 da sampiero_p
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Inviato da: Maria
il 11/03/2009 alle 21:55
Inviato da: Anonimo
il 08/11/2008 alle 17:33
Inviato da: L_irrequieto
il 05/11/2008 alle 17:00
Inviato da: Mouscardin
il 04/08/2008 alle 11:52
Inviato da: Anonimo
il 28/07/2008 alle 18:15