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OGNI UOMO E' UN'ISOLA. NESSUN UOMO E' UN'ISOLA. (Mouscardin)

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 LaKota

Post n°355 pubblicato il 22 Dicembre 2007 da sampiero_p
 
Foto di sampiero_p

Lakota  vuol dire creatura amichevole e designa il popolo,

altrimenti detto, un po' sprezzantemente, Sioux.

La spiritualità primitiva, ma perenne, ha espresso questo

canto dedicato ai bisonti, che pubblichiamo per celebrare

un'antica tribù:

"Ecco i bisonti, vi daranno cibo e vestiti.

Ma quando moriranno, quando non li vedrete più

sulla faccia della terra, allora sarà la fine

dell'uomo rosso

e il sole tramonterà per sempre."

 
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Indiani (Parte 2)

Post n°354 pubblicato il 22 Dicembre 2007 da sampiero_p

 Per noi indiani c'e' la pipa
la terra su cui sediamo e il cielo aperto.
Lo Spirito e' dappertutto.
A volte si mostra attraverso un animale,
un uccello o degli alberi o delle colline.
A volte parla da una pietra
o anche dall'acqua.
- CERVO ZOPPO, LAKOTA

 
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I pellerossa

Post n°353 pubblicato il 22 Dicembre 2007 da sampiero_p

 Ci fecero molte promesse,
più di quante ne possa ricordare,
ma ne mantennero solo una.
Promisero di prendere la nostra terra,
e la presero.
- NUVOLA ROSSA, LAKOTA -


 
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Indiani

Post n°352 pubblicato il 22 Dicembre 2007 da sampiero_p

 Il comportamento dell'uomo bianco
era diverso da quello Indiano:
egli disprezzava la terra
e quanto essa donava. Considerava
se stesso come una creatura elevata,
mentre le rimanenti creature occupavano
un posto inferiore.
I bisonti sono stati sterminati,
i castori uccisi sino all'estinzione e
le loro dighe
fatte saltare in aria con la dinamite,
gli uccelli vennero fatti tacere,
immense praterie coperte d'erba,
che riempivano l'aria
con il loro dolce profumo,
vennero arate.
Sorgenti, ruscelli, laghi
sono prosciugati e scomparsi.
Così l'uomo bianco ha finito
per diventare il simbolo dell'estinzione
di tutte le cose naturali.
Tra lui e gli animali
non c'e' alcun rapporto e loro
hanno imparato a fuggire
quando si avvicina, perché
non possono vivere
sullo stesso suolo.
- ORSO IN PIEDI, LAKOTA -

 
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I Sioux stracciano i trattati con gli Usa

Post n°351 pubblicato il 22 Dicembre 2007 da sampiero_p

 In principio
ognuno era destinato a vivere
per sempre
e tutto andava bene.
Non esisteva la morte.
- LAKOTA, SIOUX

 
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La sconfitta dei Sioux

Post n°349 pubblicato il 22 Dicembre 2007 da sampiero_p
 
Foto di sampiero_p

 I miei amici Hunkapi mi hanno segnalato la grave situazione del popolo Sioux, che - a furia di stenti e di emarginazione della propria cultura- ha recentemente dichiarato di voler rinunciare alla cittadinanza U.S.A. per riunirsi in uno Stato indipendente invocando la costituzione americana.

E’ grave dover constatare che queste nobili comunità di pellerossa siano ormai allo stremo delle forze e rischino l’estinzione.

Anche questa è una forma di genocidio, meno appariscente, ma sempre condannabile, al pari di quella dei tibetani e di altre minoranze etniche, che per diritto naturale avrebbero dovuto conservare i propri spazi, la propria autonomia, la propria identità.

In una nazione reputata civile baluardo delle libertà, nella quale anche il Dalai Lama ha trovato accoglienza amichevole e solidale, a dispetto delle relazioni diplomatiche con la Cina, è possibile che non si trovi un accordo per proteggere i legami con i nativi, parte integrante della storia di quel Paese?

La globalizzazione perpetra delitti esecrabili nei confronti di etnie indifese ed incapaci di sottomissione alla legge della mercificazione postindustriale, senza che si possa fare niente?

Io faccio quel che posso volentieri, dando una mano agli amici degl’Indiani d’America.

Fatelo anche voi.
 Nel segno di una tradizione di coraggio e lealtà, di attaccamento alla terra e alla natura e all’umanità.

Questa tribù, sparsa in varie regioni del Nordamerica, è una delle più valorose.

Si pensi solo al fatto che vincendo in battaglia, si limitava a toccare con la lancia l’avversario, lasciandolo in vita.

Ora, per un curioso destino, li lasciano morire sconfitti dalla barbarie dell’economicismo e dell’indifferenza.

Salviamo il popolo dei bisonti, la sua civiltà e con lui la poesia dell’avventura e della libertà.

 
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Qualcuno dica a Fazio...

Post n°348 pubblicato il 20 Dicembre 2007 da sampiero_p
 

Qualcuno dica a Fabio Fazio, l'acculturato conduttore di "Che tempo che fa", che la parola paracadute rimane invariata al plurale. E' sgrammaticato usare il termine paracaduti, come gli è capitato di fare di fronte, parlando con poco rispetto al Presidente Prodi, che rappresenta l'Italia all'estero.
Forse di fronte all'alta carica il presentatore di una delle rubriche più seguite di raitre ha avuto intenti patriottici, voleva dire parà caduti?
Sta di fatto che il contesto in cui il sostantivo è stato pronunciato non autorizza un'interpretazione di questo tipo. Infatti non si parlava di guerre, ma di argomenti più ordinari, legati al programma del centrosinistra in materia economica.
Non è stato un bell'esempio di corretto uso della lingua italiana, da trasmettere ai telespettari giovani e meno giovani già afflitti da analfabetismo di andata e di ritorno.
Non è l'unico a sbagliare il Fazio. Un'altra stramberia è uscita dalla bocca del direttore del Tg1 e lo stesso Berlusconi i primi giorni dopo esser salito sul predellino parlava apertamente dei gazebi, anch'esso s.m.i sostantivo maschile invariabile).
Il cavaliere peraltro si è subito ripreso ed ha pronuciato correttamente il termine dopo quello sbaglio.
Speriamo che Fabio faccia pubblica ammenda nelle prossime puntate e corregga anch'egli l'errore.
Errare humanum est, ma perseverare...
Come contribuenti abbiamo o no il diritto di pretendere che la TV sia maestra della lingua o dobbiamo rinunciare anche a questo?

 
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Crisi del liberismo

Post n°347 pubblicato il 16 Dicembre 2007 da sampiero_p
 

A44byk5cai9sw5ecahyblvxcamhnjo1canv Sulla "Stampa" di oggi, Barbara Spinelli scrive un polemico articolo contro il liberismo, identificandolo, sulla scorta di citazioni illustri, con la politica delle multinazionali o delle lobby  economiche, sia in Europa che in America.

Ne deriva una definizione sorprendente: il libero mercato non è affatto libero, ma è solo di alcuni potentati capitalistici, che dirigono la politica dei vari stati.

Curiosamente, sul "Domenicale" della settimana scorsa s'indicava la necessita di superare una concezione semplicemente economica dei rapporti sociali, auspicando una cultura del donare come superamento dell'egoismo dei singoli e della società.

A quanto pare il tema è di stretta attualità se due organi di stampa, a destra e a sinistra, affrontano un tema complesso e delicato come questo: è la condanna senz'appello dell'homo oeconomicus.

Chi avrà ragione? 

Si può considerare come un reperto preistorico una dottrina che ha avuto per decenni fortuna e sostenitori a vario livello, politico e sociale, nell'occidente progredito? E che alternativa è possibile?

Carlo Pelanda, docente universitario d'economia negli Usa, suggeriva, come risposta ai mali dell'inflazione e delle discrasie dei sistemi capitalistici, la via riequilibratice dell'economia sociale di mercato (ovvero il liberismo sociale).

Lo stesso Prof. Giulio Tremonti si è dichiarato contrario alla globalizzazione ed al mercatismo nell'ultimo libro intitolato "Rischi fatali".

Ma come si realizza, specialmente in Italia, dove la spesa pubblica è una voragine e gl'interventi statali sono tutti fallimentari?

Forse una politica dell'impresa aperta alla partecipazione allargata ai ceti subordinati costituirebbe una terza via tra capitalismo ed assistenzialismo statale.

Ma come applicarla, senza ricadere nella burocrazie e nello statalismo?

Sta di fatto che il problema esiste ed occorrerebbe risolverlo con strumenti moderni ed adeguati, al di fuori di dogmi, pregiudizi ideologici e tabù.

 
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Non s'inganni il Dalai Lama

Post n°346 pubblicato il 14 Dicembre 2007 da Mouscardin
 

Che bello vedere Bertinotti che riceve il Dalai Lama!

Sembra di assistere ad una scena memorabile.

L'ex maoista, Presidente della Camera, sfodera sorrisi accattivanti, ma con un occhio particolarmente trasversale, intervistato dal grandioso tg3, che definisce "vivace" "il vecchietto" a capo del Tibet in esilio, ci tiene a precisare che Sua Santità non vuole la separazione dalla Cina, ma solo l'autonomia del suo Stato, il quale - non dimentichiamolo - fu invaso dalla stessa Cina nel 1953, colonizzato, in tutti questi decenni, dal regime comunista cinese, che aveva ed ha un solo scopo: la sua distruzione.

E' soddisfatto Fausto.Come a dire: "in fondo non vuole ribellarsi, ma dialogare. E' dialogo è sempre la cosa migliore".

Siamo tutti in pace...

 Comodo ragionamento, quando si ha a che fare col gatto che gioca col topo. Ma questo non si dice.

Sarebbe scorretto nei confronti di un grande impero con cui facciamo affari, nonostante la vituperata globalizzazione e i danni all'ambiente, che il colosso giallo infligge al resto del mondo.Provate a chiedere all'elegante rifondarolo comunista se è capace di proporre di boicottare le olimpiadi per protesta e per segnalare la forte necessità di garantire un'autonomia effettiva del Tibet, proteggendo la cultura e la religione di quel paese, a cui perfino s'impone per decreto del governo cinese il prossimo Dalai Lama.

Figurarsi.

Da noi si gioca a biliardo davanti all'orrore della persecuzione sistematica al subdolo o manifesto genocidio dei buddisti.Facciamo qualche gesto rispettando il fair play fasullo della politica politicante, per apparire liberali di fronte ad un'opinione pubblica distratta, in cerca di una via per sopravvivere alla casta.

E, dopo la carambola, continuiamo a fare affari sporchi con la Cina. E' pur sempre cosa rossa, no? 

 
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Complimenti ad Albertazzi

Post n°345 pubblicato il 13 Dicembre 2007 da Mouscardin
 
Foto di sampiero_p

Ad ottantaquattro anni, pimpante come un giovanotto, il grande Giorgio è convolato a giuste nozze dopo un'assortita convivenza con l'affascinante, quarantottenne e nobildonna, maremmana Pia de' Tolomei.

Matrimonio civile, come si conviene ad un rigoroso pagano, innamorato dell'imperatore  Adriano e della paganità.

Rammento che disse, a proposito della libertà pura ed assoluta, che questa si realizzò per un brevissimo tempo, nel momento del passaggio dall'antica religione politeista a quella cristiana.

Periodo limitato in cui l'uomo dell'età classica rimase senza divinità, pur essendo parte integrante del mondo e della natura. 

Un personaggio unico ed inimitabile con un patrimonio culturale notevole, come ben pochi attori possono vantare.

Testi ed autori non solo interpretati, ma interiormente conquistati con l'intelletto e la capacità critica.

Un uomo controverso che ha saputo crescere, nonostante il successo.

Lo ricordo un po' manierato all'epoca della Proclemer e, pian piano librarsi, da solo, con una sempre maggiore distacco dalle figure stereotipate del palcoscenico, fino a giungere ad un teatro che è vita, vera e vissuta.

Della moglie si sa poco, ma a vederla raggiante e devota, scendere da un cavallo bianco, mentre si reca al Campidoglio, e manifestare tenerezza ed amore al suo uomo un po' bambino, pare proprio la persona giusta per accompagnarlo ancora nella gioia e nella curiosità dell'esistenza.

Assolutamente non conformista, ci pare questa donna avvolgente e dolce. Proprio come l'Albertazzi che privilegia i sentimenti puri ed eterni alle piccole banalità delle ideologie.

E’ questo un altro suo merito, cui dobbiamo render grazie, nel paese delle rivalità e delle contese per i motivi più insulsi e miserabili.

Complimenti a lui ed alla sua donna. Una coppia splendida.

 
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Un appello per il maggioritario

Post n°344 pubblicato il 07 Dicembre 2007 da sampiero_p
 
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Stamattina il rispettabilissimo On. Bruno Tabacci torna a parlare del proporzionale alla tedesca con sbarramento del 5% come il modello a cui riferirsi per salvaguardare le "quattro o cinque culture" presenti nel paese.


Non so se si tratti di una vocazione dell'intero polo liberaldemocratico di cui parla Ricolfi e del quale dovrebbe far parte lo stesso Tabacci.


E' certo però che la dichiarazione va contro l'appello (pubblicato dal Sole 24 h ) al maggioritario sottoscritto da diversi studiosi e uomini di cultura, che ben possono ascriversi all'area moderata, menzionata da formiche.net.


Ne ha fatto cenno anche oggi il curatore del mensile, Paolo Messa, a "Prima pagina" in onda su Raitre.


Sarebbe utile sapere se il nuovo movimento, ipotizzato dal sociologo sulla "Stampa", abbia fatto una scelta di campo essenziale per la modernizzazione del paese e la vittoria sulla partitocrazia, come quella che assicura un effettivo cambiamento dei metodi della prima e della seconda repubblica e un'autentica libertà dei cittadini nella scelta del governo, senza deleghe truffaldine al parlamento eletto. 



 E' altresi interessante conoscere, a questo punto, se "il riso da cuocere"di cui parla la rivista a proposito della necessità di arrivare, per il bene comune, ad un "centro di gravità permanente" liberale e democratico,  debba essere confezionato in salsa maggioritaria o proporzionale.








 

 
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Un altro polo moderato?

Post n°343 pubblicato il 06 Dicembre 2007 da sampiero_p
 
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La pregevole rivista Formiche.net, si riallaccia ad un'articolo di Luca Ricolfi  sulla Stampa, e vede positivamente la possibilità della nascita di un altro movimento di carattere liberaldemocratico, che riunisca esponenti di rilievo come Capezzone, La Malfa, Tabacci, Montezemolo, Draghi, etc., che eviti l'obbligo di rifarsi a due soli forni...

Se continuasse l'ambivalenza, che contraddistingue l'attuale fase di costituzione del Popolo della libertà, col ritorno al proporzialismo della prima repubblica e, soprattutto, la mancata indicazione di un programma persuasivo, efficace e coinvolgente, per le aspettative dell'area moderata, l'ipotesi di un terzo soggetto politico, non è per nulla priva di significato, per intravedere altre prospettive, al di là delle miopi lotte da pollaio, a cui una parte del centro-destra sta riducendo il progetto iniziale di un'autentica rivoluzione culturale.   

Con qualche dubbio sulla discesa in campo della Fiat..., sarebbe utile un'aggregazione di forze politiche riformiste e liberaldemocratiche, che lavorasse seriamente al rinnovamento delle istituzioni e alla modernizzazione del paese.

Fra gli altri, mi viene in mente il rilevante contributo d'idee di un pensatore ancora attuale, come Bertrand de Jouvenel, un patrimonio ideale che potrebbe servire ad unificare partiti e movimenti, raggruppando personaggi pubblici ed esponenti della società civile, tuttora credibili sul piano intellettuale e della politica non politicante.

Ad esempio, perché non richiamare ad un impegno istituzionale più attivo lo stesso Mario Segni?

Per evitare il ritorno al passato ed il pericolo di un neoconsociativismo, i tentativi di realizzare un altro "polo moderato" vanno comunque incoraggiati, purché trovino radicamento tra la gente e non siano operazioni di vertice, tenendo conto delle ragioni della cosiddetta "antipolitica", della libertà dai "poteri forti" e di una seria volontà di superamento della "partitocrazia".



 




 

 
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Nuovi rapporti

Post n°342 pubblicato il 06 Dicembre 2007 da sampiero_p
 
Foto di sampiero_p


Renato Mannheimer ha presentato le sue proiezioni sulle percentuali di voti che i vari partiti potrebbero raccogliere in caso di elezioni nell’ipotesi di una riforma o col proporzionale tedesco o con quello spagnolo.


Certamente i risultati proposti al pubblico sono tutti da verificare. Ma se con buona approssimazione i partiti di centro-destra si presentassero disuniti, Il nuovo movimento di Berlusconi difficilmente raggiungerebbe da solo il quorum per governare, mentre il Partito Democratico sarebbe quello di maggioranza relativa intorno al 46%.


 


Che cosa si può dedurre per il futuro dei moderati? Che occorre instaurare nuove alleanze con i vecchi partiti della Casa della Libertà, Lega esclusa, per competere con possibilità di successo con il centro-sinistra.


 


Il cavaliere farebbe bene a riallacciare i rapporti con gli ex alleati e dar vita al popolo della libertà senza ulteriori indugi.


 


Molti devoti sostenitori della svolta del predellino, ritengono di potercela fare da soli confidando nell’accordo tra Silvio e Walter, magari nella prospettiva di una grande coalizione. E guardano con dispetto ad una ricucitura con Casini e Fini, magari facendo qualche passo indietro rispetto ad una rifondazione popolare di Forza Italia, che peraltro non può procedere al suo scioglimento, ma semplicemente confluire nel nuovo contenitore politico come dovrebbero fare AN e UdC.


 


Solo con la riunificazione del centro-destra ed una compatta mobilitazione elettorale il leader dell’opposizione può vincere la battaglia, sfruttando anche le opportunità referendarie.


 


La maggioranza degli elettori di quest’area non vuole liti da cortile.


Quando dico che non ci vogliono "liti da cortile", intendo riferirmi al superamento delle contese meramente personalistiche, che non tengono conto della reale volontà dei moderati. E' un lusso che non ci si può permettere, se si vuol superare l'attuale impasse, evitando il ritorno alla prima repubblica.Vi pare che ci siano senza pecche tra i capi dei partiti della vecchia CdL?


 


C’è qualcuno che ritiene veramente che il cavaliere non abbia commesso qualche imprudenza nello "strappo", disorientando in parte, anche, i propri elettori e snobbando collaboratori di riguardo come, Ferdinando Adornato? Il laboratorio creato con la fondazione liberal merita diessere trascurato, dopo anni di sapiente tessitura culturale, per elaborare un programma comune a tutte le componenti del centro-destra?


Senza idee e programmi di ampio respiro non si mantiene il consenso. Gli umori della folla vanno incanalati e corroborati da valori e progetti di livello elevato. Se il popolo della libertà vuole consolidare ed aumentare la propria presenza nella società e al governo deve rappresentare un’alternativa credibile ed efficace coinvolgente nei confronti della sinistra. Altrimenti sarà una copia riverniciata di Forza Italia, con gli stessi difetti partitocratrici.


 


E poi non vi sembra che un programma condiviso e l‘esposizione di princìpi chiari ed iniziative da assumere nei prossimi mesi sia il modo migliore per fare i conti con i vecchi alleati, sconfiggendo gli alibi dei possibili nuovi partner.


 


Io penso che, per vincere le battaglie, ci sia necessità di una strategia e non solo di una tattica e finora il cavaliere ha fatto solo mosse tattiche.


Il disegno strategico, per la concreta costruzione del "nuovo progetto politico", a mio avviso, non è ancora chiaroed ho l'impressione che, all'interno del neonato movimento, crescerà l'incertezza, se non si terrà conto delle percentuali di voto da raccogliere, con l'apporto degli altri partiti dell’ex Casa della Libertà, per ottenere la maggioranza alle elezioni.


I sondaggi sulle tendenze dell'elettorato, svolti da Mannheimer, reclamano, a tal fine una confluenza di AN e UdC, nel Popolo della libertà, per conquistare la vittoria.


 

 
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Un guru moderno ed improbabile

Post n°341 pubblicato il 04 Dicembre 2007 da sampiero_p
 


Siamo troppo scettici per credere che la psicanalisi e la sociologia possano sostituire la filosofia e la religione antiche.

Ora, se c'è una credulità popolare, alquanto semplicistica e pericolosa per la salute mentale e fisica dei contemporanei,  da contrastare con intelligenza e buon senso, ricorrendo magari al proprio innato spirito di sopravvivenza, è quella indotta non solo da imbonitori, maghi e fattucchiere, facilmente ricoscibile nel tragico marasma quotidiano e nella confusione delle lingue  mass-mediatiche,  ma, soprattutto, quella più perniciosa e sottile prodotta  dai  moderni guru, tanto supponenti quanto improbabili.

Ci riferiamo agli autorefenziali giornalisti - scrittori, pensatori, psicoterapeuti, epistemologi, scientisti e tuttologi progressivi, nati e cresciuti all'ombra  di Freud e Darwin, troppo esperti  nell'arte di  affastellare concetti ed idee,  raccattati alla bell' e meglio tra i cascami  dell'illuminismo e del positivismo, censori inflessibili di quanto non sia riconducibile alla  modernità e ai  dogmi evoluzionisti,  pavloviani coatti e totalizzanti.

Tra questi nuovi e un po' grotteschi sacerdoti del vacuo e dell'effimero, imbrigliati negli schemi fragili e traballanti del freudismo, elaborati ad uso e consumo del pensiero debole e della società di massa,  si distingue un maitre à penser un po' buffo e un po' preoccupante, che dottoreggia dalle colonne delle riviste femminili, alla radio e alla televisione, come  punto di riferimento degl'incolti di ogni razza, desiderosi di abbeverarsi alla fonte della verità rivelata  e  che risponde al nome di Umberto Galimberti, docente di non so più quale disciplina avanzata ed inconcludente (parlare di filosofia tra i contemporanei, è francamente esagerato!) presso qualche facoltà inutile della nostra inutile Università.

Costui imperversa ormai senza controllo dagli schermi della TV generalista, per impartire i propri saggi ed indecifrabili insegnamenti a chiunque sia disposto a contrabbandare per felice intuizione una banalità ben confezionata.

L'ultima trovata è saltata fuori a proposito degl'infanticidi, sempre più frequenti tra le madri del nostro tempo, sembra più di quanto non fosse in passato.

Queste donne sventurate, ricoverate spesso, a scontare le proprie nefandezze, presso i vecchi manicomi criminali o case di cura rieducatrici devono essere riconsiderate nella loro deviata personalità e definite ormai del tutto normali.
Non solo perché, come pure si sta affermando nell'analisi del fenomeno, gli assassinii di bimbi stanno diventando tanto frequenti, da far temere che siano un problema, non tanto individuale, quanto sociale. Ma, specialmente sulla scorta di un criterio neoscientista esposto con pacatezza e convinzione dal neofilosofo Galimberti: la doppia soggettività degli esseri umani, in particolare di natura femminile.

 Le donne infatti hanno, da una parte, l'istinto materno e, dall'altra, un istinto funzionale alla specie d'appartenenza, lati opposti che compongono, in egual misura, la loro personalità.

In ragione di tale ambivalenza, non c'è da stupirsi se, accanto all'amore per i figli, si colloca la volontà omicida di disfarsi della prole.
Non c'è né da stupirsi, né da pensare più ad un'anomalia della psiche. Tanto da dover evitare di parlare di raptus a proposito delle uccisioni dei neonati o no.
Il raptus non esiste! Sentenzia l'Umberto.

 E allora? Qual  è la spiegazione dei delitti commessi dalle madri?

 Non è la depressione, ma la condizione  sociale e familiare, in cui la donna si trova a vivere e alla quale, ovviamente, non è estranea una componente di tipo maschilista, dovuta cioè alla trascuratezza, all'insensibilità, al menefreghismo dei mariti.

Una volta si pensava che una moglie trascurata potesse incarnarsi in madame Bovary
e  avesse il diritto, nell'evolversi dei costumi,  di farsi qualche amante, ma oggi  può fare di più, mettendo a nudo  il secondo aspetto di se stessa:  strangolando, affogando, soffocando o colpendo alla testa il frutto del proprio seno, senza colpa o quasi...

Permetteteci di non credere ad una parola del Professore e di ritenere aria fritta quello che la sua facondia gli fa dire, mietendo consensi tra il pubblico meno avvertito e più abbiente (quello per interci afflitto da complessi d'inferiorità di fronte al nuovo che avanza e quindi più disposto a bersi le scoperte del libero ed indisciplinato pensiero).

Preferiamo riferirci al dramma antico di Medea, e alla medicina ufficiale, con tutte le riserve del caso, piuttosto che ai complessi di Edipo e alle elucubrazioni pseudo-biologiche degli intellettuali
da rotocalco.
Certamente le nevrosi aumentano con il progredire della civilizzazione e l'aggressività è un dato acquisto dall'etologia, ma ciò non significa che qualsiasi interpretazione riduttiva e quantistica della natura, possa avere spazio, per creare infondati giustificazionismi ed alibi fasulli e criminogeni sulla scorta di un sessantottismo elevato ad ordine morale.
 
 Abbiamo troppo rispetto per la figura femminile e per  l'immagine materna, per ridurre tutto ad una categoria  sociologica, che tende ad attribuire  ad un ente astratto, come la società (immaginata e non concreta),  gli errori  ed i delitti di mamme, in molti casi, moralmente non educate e culturalmente  impreparate, al proprio compito complesso e delicato, il più delle volte affrontato superficialmente, secondo i dettami di modelli legati al finto benessere e alla facile edulcorata esistenza dei reality.

Per non essere dei cattivi maestri, i nostri moderni ed improbabili guru farebbero bene, pertanto, a studiare di più le cause di certi tristi avvenimenti e ad approfondire meglio la realtà, al di fuori di  schematismi ideologici e di sintesi affrettate tra discipline diverse ed inconciliabili.

Una malattia è una malattia, un delitto è un delitto.









 
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Verso una teologia laicista?

Post n°340 pubblicato il 26 Novembre 2007 da sampiero_p
 
Foto di sampiero_p

Nonostante la scrittura lineare e brillante, non è una lettura facile quella dell'ultimo libro del Prof. Vito Mancuso, docente di Teologia moderna, presso la facoltà di Filosofia dell'Università S. Raffaele di Milano, significativamente intitolato "L'anima e il suo destino".

 

 Non lo è soprattutto per chi, abituato a letture erratiche, più che a studi sistematici, com'è per la maggior parte dei laici, decida di approfondire tematiche complesse sull'aldilà, esposte da un cattolico praticante con vocazione da eresiarca. L'autore, per evitare che l'obbedienza al principio d'autorità conduca allo scetticismo o, peggio, all'ateismo, non ha timore di nascondere la volontà di contrastare regole secolari e consacrate, sostenuto dalla convinzione incontrovertibile di ricercare la verità con la più chiara onestà d'intenti, al servizio di una visione laica della religione, fondata sulle ragioni di una fede in stretta relazione con la speculazione filosofica e scientifica.

 

 Una preoccupazione teologica non distante, peraltro, dalle ambizioni della Pontificia Opera delle Scienze, che ha recentemente ribadito con la voce del suo cancelliere, Monsignor Marcelo Sanchez Sorondo, proprio la necessità di una comprensione organica dei vari livelli di conoscenza umana.

 

 Si tratta per tutti, studiosi togati o no, di un compito improbo ed affascinante, che il Prof. Mancuso ha condotto con lucida consapevolezza, visitando a fondo fisica, biologia, astronomia, pensiero greco ed orientale, da Simon Weil al Dalai Lama, analizzando testi antichi e risultati recenti delle varie branche del sapere, senza titubanze, né reverenze per dogmi basilari, convalidate tesi dottrinarie, monolitici pilastri del cattolicesimo come S.Agostino e S.Paolo.

 

 L'impressione che si ricava dalla lettura del corposo e suggestivo saggio è, da un lato, una serie di teoremi interessanti e confortevoli per lo spirito, la sensazione di poter pervenire ad una concentrazione della natura verso l'alto, nella direzione dell'ordine e del logos, con il superamento degli aspetti apocalittici ed orrifici della tradizione catechistica, verso l'lluminazione e la serenità, fino alla compenetrazione con Dio.

 

 D'altro canto, sono evidenti le incancellabili influenze di Pierre Teilhard de Chardin ed il suo rischioso immanentismo, che lasciano irrisolte, per l'osservatore comune, almeno due questioni fondamentali: il problema del male nel mondo e il rapporto tra Dio e l'uomo.

 

 Nonostante i postulati evoluzionisti ed una concezione ottimistica dell'esistenza, che richiama l'apparentemente solido principio hegeliano della "razionalità di tutto il reale", è difficile credere che la radice malefica presente nell'universo, con catastrofi, malattie, guerre, odi, fanatismi e la finitudine e debolezza dell'esistenza possano vincersi con l'amore e l'ascesa alla perfezione.

 

Notevole, nello scorrere delle pagine, è l'ansia pacificatrice e l'esigenza insopprimibile d'individuare la giustizia ed il bene nell’essere, con affascinanti richiami all'imperativo categorico di Kant.

 

 Ma, l'anelito all'armonia e alla sintesi tra l'essere e il divino, seguono un via arditamente anti-tradizionale: lo scrittore procede, infatti, con imprudenza e temerarietà, a colpi di machete, tagliando di netto la figura paradigmatica di Gesù, il suo intervento carismatico nella storia dell'umanità e l’antico concetto del Dio personale, riducendolo a pura idea.

 

 Pur essendo positivamente colpiti sia dall'esposizione dei punti di contatto delle varie religioni (sulla traccia ideale delle pregevoli opere dello storico Mircea Eliade e del pensatore sincretista Elémire Zolla), sia dai riferimenti a scienziati illustri come Capra, Margulis, Kauffman, Rizzolatti, che contrastano efficacemente la sicumera delle tesi atee dei vari Odifreddi, Hack, Montalcini etc., si rimane dubbiosi e perplessi di fronte alle conclusioni del saggio.

 

Definire, una volta per tutte, il problema dell'aldilà, attorno al quale l'uomo continua ad affannarsi da tempo immemorabile, rimane uno scopo da raggiungere, per quanti non abbiano il dono della fede.

 

Chi non è aduso al linguaggio complesso degli studi teologici si sente attratto dalla logica dell'argomentare, dall'efficacia della comunicazione e dalla sofferta passione del libro, ma l'annientamento di alcuni capisaldi del catechismo e dell'elaborazione dottrinale della Chiesa appare, paradossalmente, troppo semplicistica.

 

 Lo sforzo compiuto con la stesura di quest’opera non è comunque senza conseguenze di rilievo per gl'intelletti agnostici. Il suo pregio maggiore è quello di stimolare la curiosità e l'apertura alla conoscenza. Non è poco, in tempi di neopositivismo e sistematica tendenza all'abbattimento del Sacro nelle sue varie forme.

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Vito Mancuso, L'anima e il suo destino, Raffaello Cortina editore, 2007, euro 19,80

 
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Il cavaliere e la gente

Post n°339 pubblicato il 23 Novembre 2007 da sampiero_p

Intervistato ad "Otto e mezzo", il leader del partito della libertà crediamo abbia tranquillizzato i suoi sostenitori su buona parte degl 'interrogativi sorti all'indomani dell'annuncio di perseguire l'accordo per una legge elettorale proporzionale, insinuando alcuni dubbi sulla validità della scelta, anche tra chi aveva accolto entusiasticamente la nascita del nuovo movimento come strumento adatto per trarsi fuori dalla palude partitocratica.

Il cavaliere ha ribadito il concetto fondamentale del bipartitismo come pilastro del nuovo sistema da costruire con una nuova legge elettorale, ma non ha precisato in quali termini eviterà il formarsi di compagini di modeste dimensioni, destinate a condizionare il parlamento nella formazione e nella vita dei governi.

Non credo sfugga alla sua intelligenza politica che i patti elettorali tra i partitini possano superare con relativa facilità le piccole soglie intorno al quattro, cinque per cento e, quindi, rientrare in gioco con gli stessi rischi del sistema attuale.

Né pare una svolta significativa quella di delegare alle manovre parlamentari la scelta del premier e le sue allenze, utilizzando un po' troppo discrezionalmente la delega ricevuta dai cittadini, i quali desiderano soprattutto votare un programma ed un presidente del consiglio, per un periodo abbastanza lungo, tale da coprire la durata di una legislatura.

Che senso ha votare, per poi vedere manipolare la propria scelta con accordi che non tengono conto degl'indirizzi assunti, sui grandi temi della politica interna, estera, economico-finanziaria, dai partiti con i propri elettori?

Come si potrebbero realizzare le aspirazioni dei liberali, dirette a restituire allo Stato le funzioni fondamentali, limitandone l'interventismo, con quelle dei sostenitori dell'allargamento della protezione statale?

La motivazione principale del consenso al gesto di Berlusconi consiste proprio nell'aspettativa che l'Italia divenga una democrazia avanzata e non rimanga un paese di sudditi, come le manifestazioni dell'antipolitica hanno prepotentemente messo in luce.


Le dichiarazioni di piazza S.Babila sono state accolte come l'espressione di una rivolta del popolo moderato contro le aberrazioni del sistema partitocratico e contro le caste, nella speranza che l'unico leader non professionista della politica faccia proprie le istanze della gente comune, per un cambiamento serio, effettivo delle istituzioni, senza dimenticare le differenze esistenti tra una nazione e l'altra in Europa e fuori.

Una veste costituzionale adatta ad un popolo non lo è per un altro. Gl'italiani non sono i tedeschi.

La vocazione al trasformismo è una tabe antica, i particolarismi, i personalismi della classe politica sono sotto gli occhi di tutti.

La distinzione e la dialettica tra governo ed opposizione, essenziali per il sistema democratico verrebbero immediatamente compromesse da una "grande coalizione", che mentre costituisce in Germania un'eccezione, in Italia si presenta come versione aggiornata del "compromesso storico", esempio certamente non edificante nella nostra storia parlamentare.

Non per nulla tra i più convinti fautori della legge elettorale alla tedesca c'è niente meno che Fausto Bertinotti...

Qualche giorno fa Daniele Bellasio, vice-direttore del "Foglio", si augurava sullo stesso quotidiano che Silvio raccontasse una bugia nel rendersi disponibile al proporzionalismo.


Che la sua sia una tattica, ce lo auguriamo anche noi, nell'interesse della gente che rappresenta, la quale siamo certi vorrebbe percorrere la strada maestra e senz'ambiguità del referendum elettorale.

 
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I moderati e l'inciucio

Post n°338 pubblicato il 21 Novembre 2007 da sampiero_p
 
Foto di sampiero_p

Credo sia importante che chi ha firmato nei gazebo, pensando di creare un partito liberale popolare, contro la partitocrazia, per assicurare la governabilità del paese, con una seria riforma delle istituzioni, non venga "corbellato".

Il consenso ottenuto tra l gente deve servire a rappresentare la società civile, non  per fare accordi di vertice ed "inciuci" con il PD.

Paolo Guzzanti è convinto del contario ed ha cercato di spiegarlo ieri sul "Giornale" e alla BBC, con risultati modesti e  senza persuadere nessuno, alla luce dei nuovi propositi proporzionalisti del cavaliere.

La stessa sussistenza di "Forza Italia", incapace di sciogliersi, come annunciato dal povero Bondi, tutto proteso ad autoconvincersi della necessità di abbandonare il bipolarismo, tanto amato in passato,
sta a testimoniare la confusione che si sta creando
tra gli stessi sostenitori di Berlusconi, il quale, coerentemente con le proprie impostazioni originarie, dovrebbe appoggiare il referendum, se proprio vuole
seguire gl'intendimenti del suo elettorato.
 
II prossimi giorni diranno se non è un gioco "consociativo" e se veramente si vuol  fare la "rivoluzione culturale" tanto attesa dalla maggioranza dei moderati e non un ennesimo "pastiche" del potere per
il potere
.  

 
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Consociativismo?

Post n°337 pubblicato il 21 Novembre 2007 da sampiero_p
 
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Ad "otto e mezzo" ho intuito che la stagione politica appena aperta  ha tutti i  rischi del consociativismo, tanto deprecato fino a pochi giorni fa, e ribattezzato oggi "grande coalizione".


Vedere che un paladino del maggioritario e del bipolarismo autentico come Giuliano Ferrara si converte, dalla sera alla mattina, al proporzionalismo, aprendo anche alla possibilità di  un futuro accordo tra "partito popolare della libertà" e "partito democratico" con la benedizione di Cacciari e di Buttiglione, mi fa dubitare dell'effettività del cambiamento prospettato con la nascita del nuovo movimento.


Se la rivoluzione del cavaliere ha come probabile sbocco l'accordo con Veltroni, per dar vita ad un governo comune post-elettorale, in virtù della legge proporzionale pura (con piccola percentuale di sbarramento, che lascia in vita i piccoli partiti) , c'è da dire che le aspettative dei moderati saranno ben presto mortificate.


Mi auguro di no.

 
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Una nuova stagione tra tattica e strategia

Post n°336 pubblicato il 20 Novembre 2007 da sampiero_p
 
Foto di sampiero_p

Spero che l'apertura al proporzionale, da parte del Cavaliere, sia solo tattica.

Vedere oggi tre commenti enfatici (uno da sinistra e due dal centro-destra), sull'iniziativa di Berlusconi sul "Giornale",non è molto tranquillizzante per chi auspica  riforme importanti del sistema.

Preoccupano le opinioni di Mauro Mazza, che tende a considerare utile l'ipotesi di una "grande coalizione", dimenticando che si tratta pur sempre di un compromesso, che in Italia penalizzerebbe la chiarezza politica, indispensabile per risalire la china e rinnovarsi.


E sono altresì inquietanti i richiami di Cirino Pomicino al centrismo vecchio stampo (in pratica, egli sembra dire" va bene l'elezione ed il consenso che nascono dal basso, ma attenti poi a far nascere il governo, in parlamento, con i soliti meccanismi degli accordi -pateracchio"  ).

Entrambe, sono voci nostalgiche della prima repubblica.

Adesso, assisteremo verosimilmente alla rincorsa alla nuova diligenza, per impadronirsene a proprio uso e consumo.

Sarebbe malinconico constatare che ancora una volta non cambia nulla.

Mi auguro quindi che la strategia di fondo del nuovo partito punti al maggioritario, disegnato dal referendum e che il contatto con la società civile rimanga una costante nel governo futuro del paese.

Non mi piacerebbe assistere ancora agli esibizionismi di parlamentari o ministri, che, al grido di "jamme, jamme, jamme 'n goppa ja", si presentano allo stadio per assistere gratis alla partita del cuore, con qualche centinaio di amici-elettori da gratificare la domenica pomeriggio, com'è accaduto in passato...

Condivido invece l'auspicio di Egidio Sterpa, il quale, sullo stesso quotidiano, scrive che "la nuova stagione politica ha bisogno di iniziative innovative ed intelligenti ", "di schierare una classe dirigente che sappia coniugare serietà e preparazione, capacità politica e cultura",  e di arrivare "alla prossima vittoria per meriti, per stima che viene dal basso, per volontà di un'Italia stanca e disperata, che non perdonerà più a nessuno leggerezza ed improvvisazione".

 
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FINALMENTE CAVALIERE!

Post n°335 pubblicato il 19 Novembre 2007 da Mouscardin
 
Tag: attese
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Ci siamo lamentati per parecchio tempo del solito mugugno da parte dell'opposizione al centrosinistra,  atteggiamento inefficace per cambiare le cose, perché, nell’attuale situazione politica, con le solite facce, i vecchi intrallazzi, le manovre di corridoio, si sarebbero spente anche le energie della CdL, adagiata sui consueti slogan, al di là di qualche iniziativa simbolicamente efficace ma incapace di conseguire risultati concreti, per dare speranza e coraggio ai cittadini, arcistufi di essere corbellati da una classe politica, a tutto propensa, meno che ad autoriformarsi.

La nomenklatura, evidentemente convinta  di poterla dare a  bere ancora al popolo bue,   predispone i pannicelli caldi  di una scimmiottatura della legge elettorale tedesca, per restare tal quale, nel più puro ed arrogante stile gattopardesco, al proprio posto, cercando larghe intese in parlamento, ma soprattutto nel transatlantico e nelle segreterie dei partiti.

Ebbene no. Così non va e finalmente una voce potente si è levata per contrastare l'ennesimo pastiche diretto a ricreare le infauste convergenze parallele della prima repubblica.

Il Cavaliere ha ritrovato la propria memoria e le proprie origini e, grazie al successo emblematico della raccolta di firme,  ha  avuto la forza di attraversare il guado dell’acqua stagnante dove allignano i vetero - parlamentari , che all'interno del centrodestra come nella  maggioranza sono persuasi di poter campare con nuovi accordi di vertice,  accettando i miseri giochi di potere dei traffichini di professione,  al solo scopo di  durare,  incollati alle poltrone quanto  più a lungo possibile,  agognando, magari,  di raggiungere la lauta ed immeritata pensione.  

Una mossa intelligente ed eclatante, quella di Silvio Berlusconi, ma, soprattutto, aderente alla volontà popolare, trasversale alle varie forze politiche, comprese quelle di una sinistra pentita di aver favorito il pateracchio tra centrosinistra e radicali comunisti.

Era l’idea che gl’italiani si aspettavano da tempo, per il rinnovamento della politica, oramai ridotta ai minimi termini, tra scandali e scricchiolii delle istituzioni, svillaneggiata a destra e a manca, ma priva di una voce autorevole che interpretasse i desideri e le volontà, le proteste e le delusioni, i malumori e la collera, l’aspirazione ai valori, il recupero della dignità della nazione, presente in larghissimi strati della società civile.

Il Capo di Forza Italia ha voluto temporeggiare, tentare soluzioni più morbide, ed infine ha  vinto l’indecisione e  l’insicurezza di chi si pone contro la partitocrazia, senz’attendere più i comodi degli alleati, incantati dalle sirene dei compromessi con il governo, fosse pure col pretesto della riforma delle elezioni, che servirebbe solo, probabilmente, a scambiarsi, sotto banco,  favori poco edificanti, alla faccia della democrazia vera e degli autentici interessi degli elettori.

A chi volete che importi la sofferenza sempre più acuta e diffusa della gente comune, delle classi deboli e del ceto medio, soffocato dalle innumerevoli tasse ingiuste, dai mille ritardi della burocrazia grande e piccola, dagli abusi quotidiani dei satrapi del centro e della periferia, incapaci ed odiosi, sperperatori del denaro pubblico e certi dell’impunità?

Basta leggere “Sprecopoli” di Cervi e Porro e “Impuniti” di Caporale, che seguono di poco la “Casta” di Rizzo e Stella, per andare ancora più fondo nell’esame impietoso di un tessuto sociale dilaniato dalla corruzione, dal disimpegno pubblico, dall’omertà di stato e regioni, dalla mancanza  assoluta di senso civico e spirito comunitario, per capire quali guasti sono stati arrecati all’economia del paese e alle sue istituzioni, in oltre trentanni di dittatura dei partiti e a quale livello di degrado è giunta la vita pubblica, col vilipendio sistematico dei sacrifici e della fatica di milioni di cittadini, che hanno continuato a credere ed a sperare in un domani migliore per sé ed i propri figli, nonostante il continuo sperpero di risorse e l’abbassamento della soglia di libertà.

Era ora che l’unico politico non professionista, superando le consorterie di partito,  riportasse l’attenzione sull’indispensabilità di una reazione popolare al malgoverno e all’osceno spettacolo dei nuovi feudatari, che hanno occupato il potere contro i più elementari princìpi di uno Stato ordinato e giusto.

Cavaliere, vada avanti col suo nuovo movimento liberale e popolare. Ai sette milioni di firme raccolte finora,  si aggiungeranno altri  solidi e convinti consensi per ridare vita a questa povera Italia, che non merita di finire nella pattumiera della storia e di veder morire nella volgarità e nell’indifferenza la propria civile esistenza nel mondo occidentale.      

 

 

 

 
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