Creato da fedelecarlo il 27/11/2007

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Sciantose e cafè chantant

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Il Café Chantant, oggi noto come cabaret, nacque a Parigi: il primo cabaret europeo fu lo Chat Noir, creato nel 1881 dal pittore Rodolphe Salis nel quartiere bohemien di Montmartre. Parigi divenne il centro europeo della belle-époque, ma i locali adibiti a Caffè Concerto si diffusero anche in altre nazioni.
Il Caffè si trasformò da bar a luogo di spettacolo nella seconda metà del XIX secolo, ed a Parigi il Café Chantant raggiunse il suo massimo splendore in locali quali Le Moulin Rouge, Le Chat Noir e Les Folies Bergères. Divi come la cantante Thérésa vi cantavano le loro canzoni comiche accompagnandole con una gestualità fuori dalle righe. Negli anni ottanta del XIX secolo il café-concert viene allestito all'interno di grandi sale sempre più raffinate perfino durante la stagione estiva e, le rappresentazioni, si trasformano in veri a propri spettacoli di varietà, nel corso dei quali era anche possibile assistere ai primi spettacoli di varietà con scene "discinte".
A Napoli, a partire dall'inizio secolo, era usanza recarsi al cafè chantant, commistione d'intrattenimento con degustazioni, durante le quali si potevano ammirare le performance delle "sciantose" (prima, su tutte, resterà Maria Sarti alias Ninì Tirabusciò, casuale inventrice della famosa "mossa") e dei fantasisti (ai quali si aggiunse, al debutto, un giovanissimo Totò).
Napoli tuttavia vanta una sua autonoma invenzione del caffè concerto e di un numero che darà a sua volta origine ad un particolare genere di spettacolo: lo spogliarello. Fu così che nel 1875 Luigi Stellato in collaborazione col musicista Francesco Melber, nella rielaborazione di un motivo popolare creò ' A cammesella, divertente duetto tra sposini, con il marito che tende a eliminare a uno a uno i numerosi schermi dietro i quali la moda del tempo nascondeva le grazie della sposa, e quest'ultima che, di volta in volta, si schermisce e cede.

Napoli al tempo delle sciantose
- di Pietro Gargano

Amori folli, passioni travolgenti, colpi di pistola e tragedie, patrimoni in fumo e suicidi. Venivano considerate donne di lussuria. La vita tumultuosa e la fine drammatica di Blanche De Mercy, uccisa per gelosia nella stanza di una pensione a Posillipo.
Gabrielle Bressard si tolse la vita davanti alla porta dell'amante, Edoardo Scarfoglio, fondatore de "Il Mattino". Accusa di concubinaggio per Marianna Monti: finì in convento per evitare il carcere. Vedette straniere, parigine autentiche e "stelle" indigene col nome esotico. Amelia Faraone sposò un mister muscolo dell'epoca: una sua raccomandazione valeva per un posto di lavoro.
Così andava la vita. Il binomio donna-canzone è stato sempre avvolto nei fumi del peccato. Figuriamoci quando spuntarono le sciantose. La Belle Epoque cominciò alla fine dell'Ottocento e bagnò Napoli. Si moltiplicarono i café-chantant, il più bello era il Salone Margherita. La romana Maria Campi aveva già inventato la "mossa", con largo fremito d'anca. Luigi Stellato aveva già inventato lo spogliarello, diventato canzone in "Lievate 'a cammesella". Ma quando arrivarono le "francesi", quasi tutte nate a Napoli e dintorni, fu un'altra cosa.
Le chiamavano sciantose da "chanteuses". Napoli, appena sventrata dopo il colera nell'illusione di risanarla, viveva una stagione di divertimenti nei locali dirimpettai dei vicoli della miseria nera. Le vedette si immersero in un mondo bugiardo e lo vissero con ingenuo ardore, più che con malia. A volte precipitarono nella tragedia.
Le Folies Bergére mandarono a Napoli una parigina autentica, Armand'Ary. Quando intonò il motivo di Mario Costa, "Songo frangesa e vengo da Parigi", fu il delirio. Le dedicarono una canzone e un profumo. La sua parabola calò allo spuntare di Blanche Lescaut, all'anagrafe Emma Sorel, italianissima. Le altre. Ester Bijou si chiamava Giovanna Santagata, veniva da Capua. Ninì Bijou era Anna Baldi, napoletana come Anita Chevry (al secolo Pescrilli) e Carmen Marini. Da Salerno veniva Ester Clary (Palumbo). Gina Chamery era nata a Milano con il nome di Luigia Pizzoni Negri; fu adottata da Napoli. Verace vesuviana, invece, Olimpia d'Avigny.  Vienna De Ruà era toscana.

Primo e massimo cafè-chantant italiano fu il Salone Margherita
Nacque su idea dei fratelli Marino di Napoli, che decisero di importare il modello dei Cafè-chantant francesi in Italia. Venne inaugurato il 15 novembre 1890 nella galleria Umberto I alla presenza della créme cittadina: principesse, contesse, uomini politici e giornalisti come Matilde Serao. Simbolo della Belle Époque italiana, ricalcò totalmente il modello transalpino, persino nella lingua utilizzata: i camerieri in livrea e gli spettatori parlavano in francese, i cartelloni, menù e contratti degli artisti scritti nel medesimo idioma. Gli artisti, poi, fintamente d'oltralpe, ricalcavano i nomi d'arte in onore ai divi e alle vedettes parigine. Importanti e famosi artisti che esordirono o frequentarono le assi del Salone furono Anna Fougez, Lina Cavalieri, Lydia Johnson,Leopoldo Fregoli, Ettore Petrolini, Raffaele Viviani. Tra le star internazionali non mancarono la Bella Otero
e Cléo de Merode.

 
 
 
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