Creato da pacatissima il 31/10/2010

Affreschi Yin

racconti

 

 

UNA DOMANDA APPROPRIATA

Post n°105 pubblicato il 11 Giugno 2012 da pacatissima
Foto di pacatissima

 

“ Sto ricamando una stoffa su cui sdraiarmi. Una, tipo tappeto volante o galleggiante e da lì osservo, mi bagno e mi avvolgo. La stoffa no, lei non serve ad avvolgermi, ma a sostenermi. E la faccio comoda. Resistente a mia insaputa. Per lasciarmi andare e godere.

Ampia. Per ospitare.

Come un uccello porto fili nuovi, a volte ruvidi

Poi li assesto ben bene.

Tralascio di guardare cosa ne viene fuori.

Cerco solo di sentirla.

E nuove mani il passato mi offre.

I rifugi si aprono

La tartaruga si affaccia

Il mondo lascia una scia di sorrisi

a tutto quello che cresce in amore.

Ed io guardo, assaporo

mi introduco, vivo senza essere frettolosa, raggiungo.

 Certamente e non per caso.”

 

Le Anziane sapevano  che tutto avrebbe preso una disposizione e l’avrebbero guidata. Così gli ingredienti si  sarebbero attratti per una specie di magnetismo inconscio o soprannaturale.

“Butta dentro tutto ciò che avviene, piccola. Sarà poi il tuo spirito ad individuare il significato  e le parole da restituire” -  la incoraggiava Paolina dalla sua mole arcaica, sorridendo col ventre oltre che con la bocca priva di  denti.

“ Puoi per ora, solo ascoltare affidandoti .Non ti crucciare se avverti  un senso superficiale. Scoprirai cosa ci cela sotto.”

 E Lei restava in attesa. Di  una domanda appropriata. Per  poter aprire e guardare.

 

 
 
 

La Rete

Post n°104 pubblicato il 01 Maggio 2012 da pacatissima
Foto di pacatissima

Centro di Igiene Mentale...

... Vorrei raccontarle dopo tutto questo tempo cosa ho fatto.

Non ho più scritto, non per il nuovo, non mi lascia un minuto di tregua e da quella grande avida che sono, saprà bene che mi lascio fare. E' la mia ricerca che si è dissolta, quella che mi ha permesso di trovare un senso scornandomi. L’ho giudicata mediocre e resta tale se non le racconto tutto.

Da un po’ di tempo avverto la necessità/nostalgia di riassaggiare il malessere. Forse perché mi sembra di aver trovato un nuovo modo per eluderlo e perciò devo verificare.

Non è la prima volta che mi accade.

Prima e dopo è piacevole, rientrarci è il groviglio, ma forse anche il prezzo per poter osservare.

E’ da un po’ di tempo che mi sono fissata. Per qualcos’altro. Ovviamente uso le mie interpretazioni e cerco un varco per andare in quell’oscuro fondo verso il profondo. Cerco di capire con i miei strumenti e mi sono impegnata nel sperimentarne altri. Nel modo che mi contraddistingue: l’ossessione.

 Un po’ a dire il vero, irretita.

 Irretire: attrarre, spesso con l’inganno all’interno di una situazione contrassegnata dalla perdita di libertà di movimento o da uno stato di soggezione morale o psicologica.

Irretimento: imprigionamento, per lo più nell’ambito di una soggezione di ordine psicologico o affettivo.

L’altra notte ho sognato di guidare una biga/trattore. Dietro mio padre e una donna. Mi trovo di fronte ad una discesa di terra che ha una forte pendenza. Non un minuto di timore o incertezza nel percorrerla. Solo un attimo di precauzione razionale nel farlo. Decisione nell’affrontarla. So che i freni meccanici non mi saranno d’aiuto, ma il mio corpo si.

Introduco i miei piedi nella terra per frenare e sbilancio il mio corpo all’indietro per padroneggiare il percorso. In fondo si apre una distesa dove ci sono cavalli bianchi distesi. Uno è morto.

Una mano femminile gli copre il volto e lo toglie di mezzo. Gli altri si alzano. Io ne prendo uno e con una corda lo conduco. Lui si infila in un orto attraverso una rete e mangia ciò che è piantato. Non voglio che mangi cibo altrui e vedo comunque che riesco facilmente a districare la corda dalla rete per farlo tornare dalla mia parte. La rete è fitta, ma guardando bene, ha un varco lineare attraverso cui la corda scorre senza difficoltà.

Francesco mi ha detto: “ Ognuno sceglie il modo migliore per farsi male.”

Ma non si tratta probabilmente solo di questo. Voglio scoprire un dolore che mi ha irretita. Nel passato è stato mio padre, anche se dentro mi sono sempre ribellata. Ho bisogno di sviscerare. Ci sarebbe altro da dire, ma mi fermo qui per ora.

Questo è quello che sale e glielo affido. Scendo nel dolore e creo. Di nuovo.

 
 
 

VERTIGO

Post n°103 pubblicato il 25 Aprile 2012 da pacatissima
Foto di pacatissima

 

Tu, Maestro che perversamente mi nutri l’anima

 che ami l’oscuro con la devozione e la fedeltà di un Santo. Posseduto dal genio del mondo infero

quanto lo è un poeta che si arrende al sonetto d’Amore.

Calata in te,

 nei bassifondi dell’eros

 nella feccia del comportamento umano

 tocco, assaggio, fiuto

l’atmosfera di quest’angolo di anima.

So che se volgo la testa disgustata

 perdo una parte di questo mistero

 e so anche che qualsiasi attrito

può essere esattamente ciò di cui ho bisogno

per approfondire la conoscenza.

Ma fortunatamente tu non permetti

che io giri la testa.

E mi accompagni nello scoprire i tetri piaceri dell’anima.

In quest’arena  si mostrano ai miei occhi

eventi inconsueti.

E’una sfida  entrarci. Non ne so nulla.

Neanche se  saprò rinunciare a questa vertigine.

 Sola con me stessa, priva di ancore .

E in tal modo responsabile al massimo.

 

 
 
 

PALPEBRE

Post n°102 pubblicato il 18 Aprile 2012 da pacatissima
Foto di pacatissima

 

 Quando i ricordi sono stati sistemati nel giusto posto, restano lì solo per baluginare iridescenze.

Sono chiusa nei ricordi. E’ così piacevole e rilassante ricordare, stabilire trame  usando  nuove percezioni, nel silenzio assoluto per poterlo fare.

Altrimenti le orecchie si drizzano e, malgrado ciò che scelgo, introiettano altro.

Il pensiero purificatore

Alias

L’Angelo Sterminatore si mette in moto non appena superata  la soglia.

Ci sono cose così silenziose che non si possono ascoltare altrimenti. E garantisco che è un piacere entrare in contatto con loro, sentire persino i visceri che risuonano. Cantici e armonizzazioni fra l’utero e le ovaie. Un tempo ho avvertito lì il contatto fisico e non è che oggi, dopo 30 anni, si sia spostato di molto. Si è solo fatto più presente. Ripetutamente presente e spesso, nel senso di spessore.

Gli occhi guardano in basso quando avviene, ma non è lo sguardo ad essere in questione. Più che altro sono le palpebre che si abbassano fino a lasciar passare quella quantità di luce necessaria a mantenere un contatto anche visivo e a non lasciar perdere del tutto il mondo esterno.

Riposano le palpebre. E con esse la fronte si spiana. E quando  si rialzano lo fanno per poco, lentamente, cariche dei tesori che hanno intravisto, mentre l’iride manda bagliori di luce nuova, tagli incisi da un’ombra che educa.  

 

 
 
 

IL SETTE

Post n°101 pubblicato il 11 Aprile 2012 da pacatissima
Foto di pacatissima

 

Ormai mi lascia solo appunti.

Vedo che fa progressi.

 Non vuole le mie parole, solo che legga le sue.

Non mi ha neanche guardato, né tantomeno salutato.

Ha deposto un foglio sulla mia scrivania, fra il fermacarte e la foto dei miei figli.

Aveva fissato un appuntamento. Il tempo di consegnarlo ed è andata via.

Vuole che rifletta da solo e per un’ora sul suo sogno.

 

*Non so come sono arrivata ad una donna chiara. Ci sono  molte persone attorno a lei. E’ distesa su un lettino con un capannello di gente intorno. E’ morta. Ognuno sta facendo qualcosa. Io le roteo un piede e ad ogni giro vedo che un sussulto le anima il volto. Vorrei avvisare che non è morta, ma il verificarlo prima da sola mi porta, nonostante la paura di vederla risvegliata, a continuare  il “Giro del Piede”.

Si sveglia. Lascio agli altri l’incombenza di sostenerla. Scappo. Ho paura, ma intravedo che  piange. Dicono che abbia vissuto settanta anni e che è morta da sette. Ma lei è giovanissima. Trentenne per l’appunto. Il tipo di sonno che ha avuto, sottraendola alla vita, non l’ha fatta invecchiare.

Fuggo. Avverto una gran paura. Non voglio assistere alla tragedia del risveglio dopo un così lungo sonno, dopo essere stata considerata effettivamente morta, aver comunque attraversato la morte e provenire da lì. Dover iniziare senza punti fissi, cardini, sentirli lontanissimi, scomparsi anche loro, dimenticati da tutti e persino dall’interessata. Gli altri la soccorrono. Soccorrono il suo pianto e la aiuteranno a venirne fuori. Ho paura del pianto che, nonostante il soccorso, non trova consolazione perché ha bisogno di creare la propria storia.*

 

La Paziente ha vissuto senza crearsi una storia personale...deve iniziare. Ora ha provveduto. Questo incontro risale al 1996.

 

 
 
 

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