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Post n°129 pubblicato il 27 Novembre 2006 da alfasica
SANTO IL CLOCHARD Finirei per stare qui ore se non mi decido ad afferrarle uno di quei gomiti appuntiti, muove passi piccoli veloci e si destreggia tra i tavoli senza vedere alcunchè. A me appare quasi bella ma non sono certo dei suoi lineamenti che sono così deboli da non capirsi, ciò che mi fissa a lei è piuttosto un’espressione; la sua immagine sembra contraddistinta da un accento di indifferenza che mi fa pensare a una specie di disgregamento dell’anima, forse è per questo che pare permeabile ad ogni contatto. Dico permeabile perché l’intero suo corpo è come una ferita attraversata dalle cose e l’indifferenza è in lei una forza che rimane come un profondo respiro. Quando passa vicino al mio tavolo le tocco la veste e non la fermo, se ne accorge ma senza curarsi di quel piccolo strappo scivola oltre il mio tavolo. La reazione che desideravo era proprio questa, che lei sapesse di me pur continuando a non notarmi. Giaccio sul piano apparecchiato senza aver avuto alcuna vera esistenza, capita a molti uomini di nascere senza uno scopo preciso, io ho avuto la fortuna di essermene accorto per tempo. Avevo da anni quel sentore che ad alcuni di voi come a me è stato dato di avvertire. E' l’emanazione del senso di inutilità che da tutte le cose circostanti arriva alle proprie azioni come un fumo alle narici, l’impotenza davanti alla consapevolezza che nulla in questo modo è possibile concludere ti cambia per sempre. Ho faticato a farmene una ragione, poi ho vagato senza meta. Ora mi piace vivere come se su questa terra esistessi solo o come dire se su questa terra fossi assorbito dalla moltitudine, una dispersione che annulla il senso di tutte le cose e che mi rende finalmente libero dall' infausto destino. Probabilmente non tutti capirete di ciò che sto parlando, per questo con voi non ho intenzione di insistere oltre. Vi dico solo che vedendo quella piccola cameriera ho avuto per la prima volta l’impressione di riconoscere come un qualcosa che mi appartiene, ma quel braccio non l’ho mai afferrato. Mi fermò una forma di timore, per persone come me farsi notare può diventare una leggerezza imperdonabile e per annullare in lei ogni forma di mio ricordo, che lascerebbe un segno indelebile della mia stupida esistenza, ho deciso di ucciderla alla chiusura. Sì, forse è bella ora che torna indietro con l’aria stanca, ha la pelle sottile e capelli fini raccolti con cura; noto che quando chiamata accorre immediatamente e si appunta gli ordini su un blocchetto scuro, distribuisce automaticamente i bicchieri senza più sentire il bisogno di guardare il viso di quei clienti. La osservo ed è piacevole ma ho già deciso di non ordinare nulla proprio per non subire da lei una negazione simile, i suoi modi paiono tanto severi da tramutarsi in colpa se assecondati e io di colpe non ne sento certo l’esigenza. Per il momento lascio che la sua immagine scorra rigida tra gli argini della stanza e la sala intera è come se procedesse al suo passo. |
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