Creato da alfasica il 21/11/2005

UNDATED BAR

racconti isterici, criminali e patologiche storie

 

ALFASIA 011  (fogli d'amanite)

Post n°22 pubblicato il 01 Dicembre 2005 da alfasica
Foto di alfasica

INSETTI

Attanaglia il forcipe morbida testa rossa

scuotendo ossa sconquassa.

Lei trapassata.

Un nodo di carne

malloppo sodo,

lava alla fonte

da gettare nel cratere.

Lei felice,

il pidocchio delle erbe tra le braccia

è suo.

Tropismo inevitabile.

Nato pronto a infestare

ruderi ctonici.

Unghiette di lama a scostare la pelle,

ritornarle dentro;

un bozzolo.

-Lui, ministero della procreazione-

Lei piegata,

con la gobba sulla schiena,

un alveare brulicante.

Lei polline.

 -esige gonadi fresche-

Lei miele.

-esige nuove lingue-

Albero nero senza pelle

pulsa a ignezione.

Lei petrolio.

-esige forza eterna-

Lei città,

con dita di grattaceli

chiude il pugno addormentata.

 

 
 
 

ALFASIA 010-  (fogli d'amanite)

Post n°21 pubblicato il 28 Novembre 2005 da alfasica
Foto di alfasica

ROTTA COME UNA BAMBOLA ROTTA

Mi circoscrivo

introflettendo monetine,

tintinnante

metto a dormire i dentini,

rimbocco le gengive

e aspetto.

Il Re non mi guarda,

parla al suo specchio,

ripudia:

Ghigliottina!

Mandatela a morte!

Alle guardie di stoffa gonfiate dal vento.

- Perché proprio io? No. Io no!-

Sulla finestra una bambina

è rimasta come una bambola

rotta, appesa

come un fuco.

Poi dice: perchè sei sola.

Il vociare di genti è lontano,

rrrresterai sola.

Campanelle di timpani nel mio orecchio.

Sola!

  come un guscio di tartaruga.

Sola!

  come una scodella.

Sola come una bambola sola.

Sola come un’ora dentro un dondolo accordato,

la gamba suona la gamba,

il braccio suona il braccio,

la testa

un piede.

Sola mi vanto di fare conferenze,

i miei contatti: internazionali,

tutti morti.

Attiva di deliquio

pneumatica mi sollazzo,

lubrico colloquio.

Sola corro a stento

dietro al  tagliaerba

impazzito, inciampo.

Stanca.

Le guardie pronte

potenti sopra a tutto

mi raggiungono.

 
 
 

LA VOCE DI MILAN KUNDERA

Post n°20 pubblicato il 28 Novembre 2005 da alfasica

"Non mi era rimasto che il tempo. E quello in compenso, lo conobbi intimamente come mai prima. Non era più il tempo con cui ero stato in rapporto una volta, un tempo metamorfosato in lavoro, in amore, in ogni sforzo possibile, un tempo che accettavo senza accorgermene perchè anch'esso era discreto e si nascondeva con delicatezza dietro le mie attività. Ora il tempo era venuto da me denudato, per quello che era, nel suo aspetto originario e autentico, e mi aveva costretto a chiamarlo col suo vero nome (perchè adesso non vivevo che il puro tempo, il puro tempo vuoto), mi aveva costretto a non dimenticarlo neanche un istante, a pensarci continuamente e sentirne incessantemente il peso. Di una musica noi sentiamo la melodia, dimenticando che questo è solo uno degli aspetti del tempo; quando l'orchestra tace sentiamo il tempo; il tempo come tale. Io vivevo in una pausa."

Milan Kundera, Lo Scherzo

                                                

 
 
 

ALFASIA 009- (fogli d'amanite) 

Post n°19 pubblicato il 28 Novembre 2005 da alfasica
Foto di alfasica

Palombari impigriti dal monotono palificare eiaculano metodici sulla sensuosa impalcatura, la spalancano di movimento palpebrale.

Rullio di granate!

Vermiglio truciolato!

Vita al monotono palificare!

In un criket di macabra variazione la raggiungono la sospirata penetrazione. 

Assaliti da lumacosi sentori,

sulle mura da merli accerchiati,

piove vischioso sui palombari liberati.

 
 
 

ALFASIA 007-  (fogli d'amanite) 

Post n°14 pubblicato il 27 Novembre 2005 da alfasica
Foto di alfasica

OGNI TANTO E PERVERSO

Con la mano sulla seta

Ascolto voci piccole

Mordere le caviglie,

Obelischi senza peso

Iniettati e retti.

Il quadretto fluisce insensato alle orecchie,

Senza colore una crisalide

Filante fonde, bronzo tra le coperte;

Svuota riempe respirando trame di lenzuola bianche.

Senza forma,

Miserabili misure e senso.

Ingoio nodi di cotone, nodi e nodi

Creando li rimetto

Sfilando in ore, ore cucendo

Le unghie d’ago strappo

Con i denti giorni e mattine rompendo,

Notti aggiustando.

Dal cielo freddo cado.

Dimentico fogli blu

Sbucciati a terra, acidi ho i capelli,

Nylon in un giro avvolto

Il corpo ucciso,

Dall’accidia

Ogni tanto e perverso

Bisogno di umanità.

 

 
 
 

AIKU FLUIDO

Post n°13 pubblicato il 27 Novembre 2005 da alfasica

Dai crampi di passione urlanti di mistero

d’oro liquido stillando sull’impuro pelo

il fiordo fluido sopra la mia coscia.

 
 
 

ALFASIA 006- (fogli d'amanite) 

Post n°11 pubblicato il 26 Novembre 2005 da alfasica
Foto di alfasica

SEPOLTA VIVA

Innalza d’etere

plasmoso l’onda,

ronzante come Bhudda,

felice come uno sciame.

Scalando l’opale scuote

aghiformi giunture cadute sull’erba.

Nel culto del possesso

i gomiti mettono radici,

anche pietre,

io

terra.

Sepolta viva,

mangiando il faggio,

un tarlo che cuce.

Tu letargo,

nei bulbi oculari il bottino,

uva passa

per navigare il nettare

chiglia anestetizzata sulla cera,

in un nodo di lava,

densa come il sole

accesa dormo.

 

 
 
 

ALFASIA 005  (da Psicodramma)

Post n°9 pubblicato il 26 Novembre 2005 da alfasica
Foto di alfasica

Foreste di impiccati in biancovestito che a cercar di funghi è pervertito e la sua madre che a pulir d’aspirapolvere era impegnata non si accorse che nel letto il figlio è dipartito e già il bluastro e freddo era venuto, che tutti i corpi celere ad andare rimangon sempre giovani all’altare e sempre rimaner giusti non si può che Dio taglia le teste appena può!

 
 
 

sull'anima

Post n°8 pubblicato il 25 Novembre 2005 da alfasica

Si guardò a lungo cercandosi nel pesante specchio a muro, frugava malinconico la sua immagine senza vita. L’altro era lì, ma non lo vedeva. Con uno scatto di volontà si distolse dai propri occhi opachi, si pulì con il succo di limone la lunga barba e la cosparse di olio e balsamo. Marta aveva preparato la solita toilette del mattino sulla madia tarlata. Si infilò la tunica di lino bianca, cercò di aggiustarsi le unghie, le ribelli sopracciglia. Fuori il cielo era limpido e grigio. Uscì dal corridoio per i giardino come sempre, passato l’ultimo arco si apriva il giardino interno e l’aria arrivava umida e fredda. Le mura di  pietra fermavano il tappeto d’erba in un quadrato di solitudine, erano al di là le strade e i suoi rumori. Vicino alla panchina muschiosa lo aspettavano i suoi libri e i quaderni scientifici. Si sedette stanco. Riusciva ancora a vedere le sue mani lisce ed elastiche, prive delle cavità del tempo. Ora tremavano come carta di riso e larghe macchie melanitiche si increspavano nella sua pelle. Abbassò lo sguardo e guardò il prato che cambiava il suo colore alla luce, lo alzò al cielo e vide la nuvola, incurante fermava dei raggi che come corrieri cercavano la fine del loro percorso. Pensò alla pioggia violenta di luce, in discesa veloce sulla terra; come entrava quella luce a rendere il suo giardino perfetto! Marta lo curava tutti i giorni, toglieva le erbacce e i parassiti e gli dava l’acqua che serviva. Prese un quaderno e guardò il disegno di una stella Supernova. Era un’immagine familiare, di quelle che si conoscono anche prima di aver visto. ‘La mia supernova… era una stella già morta quando la vidi nascere ’. Guardò il roseto e un sorriso piegò l’angolo delle sue labbra. Era un cenno che ricordava alle rose un vecchio patto fatto loro, il vecchio lo rinnovava tutti i giorni da quando gli era stato confidato il loro segreto. I petali rossi si scaldarono e il maestro potè tornare al suo quaderno. Immaginò la vita di quella stella che ancora orbitava alla velocità della luce e le sue immagini sottili che si rincorrevano vibrando in quel viaggio. Piegò una carta, la ritagliò e aprì il ventaglio di immagini. ‘Povera la mia Supernova! Deve essere stanca di ripetersi uguale rimbalzando per lo spazio. Per fortuna il mio occhio l’ha accolta per riposarsi un po’ in tutto quel inutile girare per cercare un po’ d’attenzione. Stanotte dovrebbe arrivarmi il suo dodicesimo giorno di vita’. E si preparò a godersi lo spettacolo della piccola stella già morta. ‘Lo spazio deve essere pieno di tutte queste vite viaggianti’ disse tra se e se il vecchio. Immaginava lo spazio come una scatola piena di luce. Compressa nella materia oscura, si riempiva esponenzialmente di vettori che intersecandosi tentavano la loro espansione. ‘Da qualche parte lassù le mie mani devono essere ancora giovani ed elastiche, e forse, da qualche parte nello spazio, mi sono anche scontrato con la mia piccola stella. Come va signora Supernova? Oggi ha trovato qualcuno che la guarda?’. Marta entrò per portare la colazione e lo vide sorridere da solo. La giovane Marta non poteva sapere di tutta quella esistenza silenziosa che abitava intorno a lei e, saggia meno della rosa, pensava alle uova e alle pulizie. Il vecchio si rimise subito sul quaderno. Non aveva appetito e non aveva voglia di fare colazione. Iniziò a tracciare il grafico della vita della supernova, disegnava una sezione per ogni secondo della sua esistenza. In ogni riquadro c’era una sua immagine, dalla giovinezza piena di fuoco e potenza fino alla vecchiaia e al suo esaurirsi. Tutti quei riquadri si propagavano dal corpo della stella, sincronicamente immagazzinati dalla luce venivano trascinati fino al vecchio. ‘E’ sì!’ pensò ‘ora credo anche io nell’anima’ e continuò ‘l’anima, piccola stella, è la nostra immagine… peccato che non possiamo goderci il nostro viaggio stellare’. Il corpo del vecchio si intorpidì. Dalle mura il pavone dalla lunga coda girò lento il collo, le rose si imbiancarono e la piccola Supernova rimase giovane per sempre.

 
 
 

ALFASIA 004 (da Psicodramma)

Post n°7 pubblicato il 25 Novembre 2005 da alfasica
Foto di alfasica

Vento di mulini spogli, cavalli stanchi di sognare e tavoli da Bleck Jack consunti in speranza. Donne rimpolpate fluttuano sui pavimenti. Uomini mitraglieri volano. E ancora visioni notturne a infrarosso di luci schemi e verde contorno che ogni calore vede e spara. Città deserte di gas e tutto immobile. Di tetti fitti e ponti grigi, di neon e tugseno spenti, di nebbie in strada ed echi sciolti. Ridi pagliaccio, ridi, che solo il rumore di ventole è rimasto, che l’aria è già piena. Fori ordinati sul muro passano luce come musica sulla 45° strada. I gradini affollati di gente che parte e dolce far niente aspettando che arrivi. E i freschi fiori sul tavolo con il giradischi acceso che ronza di swing. Fuori, ordinati, gente che parte, gente che corre. Solo Hichkock che mi guarda dalla finestra di fronte. Io, dentro la mia scatola, sui binari mi muovo e saluto come una regina inglese. I vetri sottili vibrano come ance alle pale rotanti di elicotteri. Vuoti d’aria tremano e trombe in sordina trillano, clarini urlano, viole salgono e scendono, bassi soffocati si alzano e il sax li persuade.

 
 
 

senza titolo

Post n°6 pubblicato il 25 Novembre 2005 da alfasica

L’arte è una filosofia, un metodo di indagine. Pare scontato per me innalzare nel XX sec. l’arte dal suo logoro trono di Re dell’artigianato per collocarlo nella più degna categoria di scienza indagatrice, di ordinatrice delle informazioni sensibili attraverso i criteri estetici del bello e dell’ armonico. Condannerei  però l’arte subordinata alle scienze fisiche e filosofiche, rivendicando la sua autonomia gnoseologica, oltre che la tanto aspirata autonomia significativa. Sempre più l’arte è diventata lo strumento di propaganda delle moderne teorie e scuole di pensiero, è il laboratorio galileiano di tutte le discipline, la dimostrazione concreta e visibile delle più moderne scienze sociologiche, antropologiche, logico-linguistiche o fisico-matematiche, l’educatrice pedagogica delle masse, la macchina magica e affabulatrice, il circo roteante che attraverso gli occhi soddisfa la mente. L’arte come scienza è un’arte che crea strutture alternative degli elementi sensibili e intelligibili, una scienza capace di creare sistemi di indagine del reale, e anche di se stessa.

Le primarie ricerche fatte sulle possibilità del piano, della linea e del punto, della materia e della forma, della luce e del colore, del segno e del significante, e dell’organizzazione sincronica di tutti questi elementi per creare sistemi bi-tridimensionali sembrano oggi servire i più biechi manierismi atti a stupire e arredare o diventare gli strumenti illustrativi di quelle credute più alte filosofie. 

Gli elementi primari dell’arte sono i suoi strumenti di indagine attraverso la quale si debbono creare nuove possibilità di cose, dietro l’arte si nasconde una nuova natura che asservisce i bisogni intellettivi e fantastici dell’uomo. Conosciamo già la natura biologica creata da “Dio” e la natura tecnica creata dall’uomo per soggiornare le nuove esigenze del suo corpo, ma poco abbiamo ancora di una natura di matrice intellettuale che altro non serve che ad intrattenere in uno spazio a lui comodo la sua mente. Mi rendo conto che questo punto di vista può far pensare all’auspicio di un’arte come macchina sensica, il che riporterebbe a quell’arte che ho appena disprezzato come “la macchina magica e affabulatrice, il circo roteante che attraverso gli occhi soddisfa la mente”, ovvero al mito artistico della macchina celibe e della sua attività masturbatoria. Forse qua stà la differenza, non chiedo un’arte come giostra di forma-colore ma una vera macchina pensante, di un pensare che è simbolo e non ragione della parola; una macchina pensante era per esempio il sistema di Mondrian-Van Doesburg, i supremi programmatori che decisi gli elementi base e le loro regole avviarono il pensiero della logica del sublime parlando di una lingua mai sentita prima ma che la nostra mente è in grado di intendere. Questo intendo per costruzione di un nuovo linguaggio e indagine delle possibilità combinatorie di elementi astratto-sensibili. Questo intendo per nuove possibilità conoscitive che l’arte può aprire, per nuove figurazioni intellettuali.

 
 
 

stanza strizzacervelli

Post n°5 pubblicato il 23 Novembre 2005 da alfasica
Foto di alfasica

mi smembri molto più giovane della tua età

 
 
 

giustizia: 

Post n°4 pubblicato il 23 Novembre 2005 da alfasica

morte del messaggio 04

 
 
 

ALFASIA 003

Post n°3 pubblicato il 23 Novembre 2005 da alfasica
Foto di alfasica

Per tempo ho tracciato, nella speranza di rivedere ciò che già avevo visto. Ma come per ogni solido, levigato nel pensiero e ruvido in natura, ciò che la carta rivelava era linea senza luce, luce senza solidità, solidità senza forma, forma come mai nel pensiero. Davanti alla carta che aspetta l’unione trema la mano profeta per il figlio malforme. E come nel silenzio, aborto della parola e migliore forma del pensiero, lascio libero l’occhio vagare sul piano. Nel silenzio lascio l’uomo a cercare la prima genesi del pensiero. E con il sacrificio reso e parola soffocata ridò allo spazio il respiro del sonno. E forse abbandonata ogni volontà cedevole il piano riceverà luci e suoni scivolando.

 

Lontano nascosto un punto denso inizierà ciò da cui tutto ha inizio. E ideale è il vuoto per ogni poeta e asceta. Piatta la sismografia nel libero moto senza opposizione. Amplio e lento è il respiro. E il negare afferma per ogni schizofrenico dondolante. E’ nel vuoto l’equilibrio tra le parti, che di tanto spreco a montare e smontare ciò che mai combacia e a tagliare e misurare ciò che è troppo grande per entrare. E forse è panico del troppo e forse è pace, e forse è azione da codardo e forse è saggio.

 

Bastava una scelta programmatica, come dire ora parlo di qualcosa di cui si parla…politica o biogenetica…o arte, allora (forse) avevo qualcosa di cui parlare. Ho scelto, di una scelta che non è, di parlare di ciò che non conosco, di cui non so dove e come, di cui non so l’essenza e la forma. Cerco la ricerca e ricerco cosa cerco nel cortocircuito della X algebrica. Irrisolvibile il rincorrersi di slanci verso il non-senso. Icaro che muove veloce le braccia a restare sospeso non è placato dal volo pensato e l’errar d’ebrei in vasti spazi non è placato dalla promessa terra. E’ dubbio, è scorgo ma non vedo, capisco ma non so, è vago e indefinito, legame  incoerente.   

 
 
 

ALFASIA 002-  (fogli d'amanite) 

Post n°2 pubblicato il 22 Novembre 2005 da alfasica
Foto di alfasica

Viziosa

mi nauseo.

 

Crudità assortite da intingere nell’olio.

 

Un tavolo prenotato,

lo stesso,

vicino al bagno,

quello che non vuole nessuno;

 

l’orario,

lo stesso.

 

Digestione senile.

Pinguini imburrati, passano.

 

Noie.

 

-Carne cotta,

al sangue, poco cotta,

me la lasci cruda-

 

Meschino sacrificio delle Ore,

bestialità pensante!

 

Succhio fino all’ultimo osso ticchettante

frigida come una vergine,

 

alta  come un Dio,

luminosa come una santa.

 

Ordino la fine.

Inutile giornata di sole.

 

Cado

sazia sulle ginocchia.

 
 
 

ALFASIA 001 (da Psicodramma) 

Post n°1 pubblicato il 21 Novembre 2005 da alfasica
Foto di alfasica

Accendo il C.C. Show che il ricordo mi scoraggi ad andare, e già donne morali Liu Jo parlano d’ammore, e signore con gambaletti di nylon controllano, lo psicologo psicotico consiglia e il grande palinsesto dei tumori piange. Una cinese suonatrice di fisarmonica mi dà consigli sulla ceramica e mille bambole in una cantina umida e lenti film di Ozo, spengo.

 
 
 
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