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PEDAGOGIA

Post n°30 pubblicato il 01 Ottobre 2009 da counselor63

Premessa al "Progetto Nessuno Indietro"

di Pier Luigi Lando

La constatazione che i genitori umani, a differenza di quelli delle altre specie, son dovuti ricorrere ad espedienti per “tenere a bada i figli”, ma, spesso, non riuscendo a ottenere l’optimum delle potenzialità evolutive né rapporti interpersonali soddisfacenti, ha indotto la ricerca ecopsicosociale ad approfondire lo studio dei fattori e delle condizioni favorenti e ostacolanti agenti sull’essere umano seguendone lo sviluppo dall’ecosistema uterino a quello sociale. Privilegiata la dimensione relazionale, si è centrata l’attenzione sugli ecosistemi familiari e scolastici. Per analogia con ciò che avviene nelle combinazioni chimico-fisiche, tenendo ovviamente conto delle più complesse implicazioni umane, si è adottata l’espressione di valenze relazionali rilevando le differenze qualitative tra quelle “primarie” del legame simbiotico madre:figlio e quelle secondarie (pedagogiche. amicali, coniugali, genitoriali, lavorative. Una volta acquisita la nozione che il tutto avviene a spese di energia sin dai primi momenti di vita e che l’investimento del flusso energetico, almeno nei primi tempi della vita intrauterina, viene prevalentemente governato dalle informazioni genetiche e che, a mano a mano che il sistema nervoso centrale procede nella sua maturazione, assumono sempre più influenza le informazioni ambientali, ci si è orientati verso una pedagogia importata sul criterio bio-energetico. Quindi, si è resa sempre più importante la conoscenza di ciò che avviene dal punto di vista bio-energetico nell’insieme somato-neuro-psichico dell’educando in rapporto agli interventi educativi. Se pedagogia significa guidare un bambino tenendo conto delle sue potenzialità evolutive, la stragrande maggioranza degli educatori, primari e secondari, rischia di trovarsi nelle condizioni pregiudicanti la sua funzione educativa molto più di chi pretenda di guidare un autoveicolo sapendolo soltanto mettere a moto. Per i genitori delle altre specie, data la struttura di gran lunga meno complessa del loro sistema nervoso centrale, sono pressoché sufficienti le informazioni eredogenetiche e quel tanto che le precedenti generazioni hanno acquisito; per l’Homo sapiens si richiedono molte e ulteriori conoscenze che vanno acquisite attingendo a varie aree del sapere. Insomma non ci si può improvvisare educatore e se abbiamo il mondo che abbiamo lo dobbiamo al fatto che l’Homo sapiens si è trovato nelle condizioni di dover procedere per tentativi ed errori. Buccia di banana: l’umanamente comprensibile urgenza di ottenere l’effetto immediato. Vi sono comunque comportamenti “fisiologici” che accadono di frequente, specialmente durante i primi anni dell’età evolutiva che si tende a reprimere e che, se non se ne conosce la natura, si rischia non solo di perpetuarle, addirittura indurcendo il soggetto a utilizzarli anche per tutta la vita arbitrariamente a uso e consumo proprio. Con un’enorme popolazione che ricorre a cure medico-chirurgiche, psichiatriche, psicoterapeutiche e un superaffollamento delle carceri, si potrà ritenere che molte delle relative manifestazioni traggano origine da prestazion8i pseudopedagogiche, dall’incapacità degli educatori di discernere se per quel determinato comportamento o sintomo si trattava di qualcosa che normalmente si ha durante quell’età, o di un messaggio S.O.S oppure diimitazione di un altro compagno di asilo, scuola, come spesso avviene per i tic ecc. Per es. le bugie possono essere indici che è entrato in funzione il cervello immaginante-creativo, ma possono essere sollecitate da interventi ritenuti educativi che inducono il bambino a difendersi. La mancata comprensione di altri comportamenti propri dei primi anni vita, come quelli oppositivi, se non “trattati secondo la loro natura, potranno “cronicizzarsi” nelle loro forme peggiori Per spiegare questo concetto si pensi ciò che può avvenire se si somministra un antidolorifico o un antipiretico sopprimendo i relativi sintomi che avrebbero guidato verso la diagnosi di una grave infezione. Altrettanto nefasti possono essere gli interventi educativi consistenti in espedienti che puntano alla repressione di comportamenti disturbanti senza cogliere i sottostanti motivi come messaggi. Il lasciare andare è come non intervenire adeguatamente su un processo morboso che non tenda spontaneamente alla guarigione. Un’altra analogia si ha con ciò che avviene per la salute della prole: si pensi a ciò che responsabilmente farebbero genitori consapevoli di essere affetti sa una malattia trasmissibile. Non sarebbe altrettanto doveroso avviare a soluzione problemi risalenti alla propria infanzia, interferenti con le prestazioni educative? Un altro punto importante è quello della dinamica di gruppo sia di quello familiare che dei gruppi di estranei. Per un insieme di persone motivate dal raggiungimento di compiti prefissati si parla di gruppo di lavoro quando esso funziona in tal senso. Di particolare importanza è anzitutto il contenimento del numero dei componenti. Infatti, a mano a mano che si supera quello di dieci, si rischia di avere un gruppo di dipendenza se il leader è particolarmente “forte”: Per es. un docente, autorevole o autoritario, potrà pure ottenere la disciplina della classe che potrà durare fintantoché sia assicurata tale sua funzione. Tuttavia i componenti non crescono e le loro potenzialità evolutive rimangono pressoché congelate, essi rischiano di divenire soggetti succubi, passivi oppure ribelli, non appena la “compressione” sarà venuta meno. Oppure andranno ad alimentare i servizi sanitari o le istituzioni giudiziarie Un gruppo numeroso tende a frantumarsi in sottogruppi di alleanze o l’un contro l’altro armato, cioè prevarrà l’aggressività, l’insubordinazione, insomma ciò che oggi viene lamentato da tanti docenti.

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