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Quest'ultima produzione dei fratelli Coen non è facilmente decifrabile: da una parte la storiella iniziale Yiddish, ambientata nel passato sembra fornire la chiave di lettura di tutto il film, dall'altra si ha una vaga sensazione di "dis-unito", di un cerchio non chiuso o di una trama non completamente riuscita.
A Serious Man parla di un giovane professore universitario, uomo posato e paziente, a cui sembrano capitarne una dietro l'altra. Data la sua eccessiva mitezza, tutti gli mettono i piedi in testa e si approfittano di lui, compresi la moglie ed i figli. La narrazione scorre tra la frustazione di quest'uomo, i suoi desideri nascosti, e il mondo che gli cade addosso pezzo dopo pezzo.
Durante il suo calvario, l'uomo incontra tre rabbini per trovare conforto e risposte, senza trarne però giovamento.
La storia iniziale sembra fornire una chiave di lettura, come si è detto. Propongo la mia lettura della storia, ma questa parte analizzerà e quindi svelerà i primi 10 minuti del film. Non un gran Spoiler, insomma.
La pellicola apre con una storia ambientata presumibilmente tra la fine dell'800 e l'inizio del 900 in una baracca nel freddo e nel gelo, proprietà di una coppia di coniugi. La donna riconosce subito nell'ospite del marito uno spirito malvagio, poichè il loro ospite è un lontano parente deceduto tre anni or sono. La donna spiega che il corpo venne lasciato incustodito per 15 minuti durante la veglia funebre, periodo durante il quale il male si sarebbe impossessato del defunto. Convinta di questa storia, infilza il vecchio parente con un rompighiaccio e questi, barcollante ed insangunato, si alza e se ne và.
Possibile lettura: Il male si insinua nella tua vita (o in quella degli altri) in poco tempo, non appena ti distrai. Sta a te respingerlo, senza esitazioni, perchè il male và respinto. Per l'evolversi del film, cedere al male apre le porte ad altro male.
Opinioni personali a parte, il film è gradevole e ben girato, senza essere eccezionale. La trama presenta alcuna parti che sono difficili da capire, sembrano quasi autobiografiche, o perlomeno comprensibili a chi ha vissuto quegli anni e i riti ebraici. Per questo il film emana una sensazione di incompletezza e, forse, eccessiva cripticità. Ma il fatto di aver elucubrato a lungo prima di darne una possibile spiegazione di solito è un sintomo che qualcosa del film è passato, a prescindere dal messaggio originale dei fratelli Coen.
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Hank
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HAGAKURE
Quando un acquazzone ci sorprende, cerchiamo di non bagnarci affrettando il passo, ma anche tentando di ripararci sotto i cornicioni ci inzuppiamo ugualmente.
Se invece, fin dal principio, accettiamo di bagnarci eviteremo ogni incertezza e non per questo ci bagneremo di più. Tale consapevolezza si applica a tutte le cose.
Yamamoto Tsunetomo(1 - 79)
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LA MORTE E IL BUSHIDO
Quando sopraggiunge una crisi, davanti al dilemma fra vita e morte,è necessario scegliere subito la seconda. Non è difficile: basta armarsi di coraggio e agire. Alcuni dicono che morire senza aver portato a termine la propria missione equivale a una morire invano. Questa è la logica dei mercanti gonfi di orgoglio che tiranneggiano Osaka ed è solo un calcolo fallace, un'imitazione grottesca dell'etica del samurai.
E' quasi impossibile compiere una scelta ponderata in una situazione in cui le possibilità di vita e di morte si equivalgono. Noi tutti amiamo la vita ed è naturale che troviamo sempre delle buone ragioni per continuare a vivere. Colui che sceglie di farlo pur avendo fallito nel suo scopo, incorre nel disprezzo ed al tempo stesso è un vigliacco e un perdente.
Chi muore senza aver portato a termine la propria missione muore da fanatico, in modo vano, ma non disonorevole. Questa è infatti la Via del samurai.
L'essenza del Bushido è prepararsi alla morte, mattina e sera, in ogni momento della giornata.
Quando un samurai è sempre pronto a morire, padroneggia la Via.