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Ha senso secondo voi prendere una serie che funziona, che ha vinto numerosi premi internazionali per qualità, concept, development e quant'altro, abbruttirla, banalizzarla, “scimmiottarla”, massacrarla con attori mediocri ed inadatti?
Ecco, questo è quello che è successo a Life on Mars (UK) nella sua trasposizione a stelle e striscie; originalmente narra le gesta di Sam Tyler, solerte agente investigativo della Corona alla caccia di un serial killer, che nell'esercizio delle sue fuinzioni, nel tentativo di salvare la sua ex fidanzata e partner investigativo Maya, viene investito da un auto.
Si risveglia nel 1973.
La storia si dipana da questo punto, e il punto forte della serie, oltre ai costumi, alle auto, al periodo, è certamente la musica, che fa da sfondo eccellente alle vicende del protagonista, di fronte a metodi investigativi arcaici, discriminazione sessuale, metodologie opinabili ai margini della legge, e fiumi di alcol in servizio. Durante tutto questo, Sam Tyler, incredulo, al limite della pazzia, tenta un modo per tornare indietro, percependo messaggi “dal futuro” attraverso la televisione, i sogni, la radio, la cartellonistica, che lasciano intendere che lui è in coma in un letto di ospedale.
Nonostante queste ottime premesse, e la comunanza della lingua inglese, in america si è deciso di fare un remake. L'episodio pilota, mai andato in onda, aveva una scelta di attori opinabili mentre altri sembravano più azzeccati, come Colm Meany nei panni del burbero ispettore capo Gene Hunt. Ovviamente la produzione ha pensato bene di mantenere tra gli altri lo statuario quanto inespressivo Jason O'Mara nei panni di Sam, decisamente il meno capace. La comunque troppo bella Rachelle Lafevre che interpreta Annie (agente donna che supporterà Sam nella serie) è stata sostituita dalla bella pin up improbabile Gretchen Mol e, meraviglia delle meraviglie, hanno sostituito il bravo Meany con il basso, inadeguato, e assolutamente troppo vecchio Harvey Keitel. Questo ovviamente senza intaccare l'indiscutibile professionalità e la carriera di questo grande attore, che però risulta ridicolo per questo ruolo.Gli anni settanta americani risultano più macchiettosi, stereotipati e banali. La musica, che è stata sostituita per ovvi motivi, verte più verso il Rhythm and Blues (influenza Stones), ma ritengo la scelta dei brani poco adatti, o comunque inseriti senza la dovuta abilità nella dinamica della serie. Rispetto al Promo, sono state eliminate le tinte 70's in favore di abiti più ordinari e colorati, e purtroppo anche lo stile registico, nella serializzazione, ha perso i richiami allo stile sperimentale, a riquadri incrociati ecc. di quegli anni in favore di una certa scarsità di mestiere.
Ma la parte peggiore è nello sviluppo delle storie. Per non avere influenze, ho visto i primi quattro episodi UK, poi quelli USA, e viceversa per i successivi. La sceneggiatura degli episodi risulta estremamente banalizzata, alcune parti, sciacallate integralmente dalla serie UK, risultano non sense poiché non opportunamente preparate o spiegate, e soprattutto si perde completamente il senso di mistero, e l'alienazione di Sam Tyler è poco più di una faccia basita di O'Mara.
E pensare che, i produttori della serie, avrebbero un bagaglio enorme dove pescare, da Starsky e Hutch a Miami Vice e chi più ne ha più ne metta, e anche il dinamismo della serie, in fase di montaggio, risulta perso o, al limite, troppo meccanico.
In pratica Life on Mars USA perde su tutta la linea contro il suo socio inglese, risultando tuttalpiù patetico nel migliore dei casi. La produzione Usa ha poi ottenuto il permesso di stravolgere la trama originale, per cui nelle prossime serie potremmo veder di tutto, da alieni a entità superiori, visto il numero estremamente superiore di episodi prodotti.
UK is better!!!!!
T.
Le Immagini: La prima è Uk, la seconda è Usa, la terza è quella con gli attori del Promo.
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Hank
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HAGAKURE
Quando un acquazzone ci sorprende, cerchiamo di non bagnarci affrettando il passo, ma anche tentando di ripararci sotto i cornicioni ci inzuppiamo ugualmente.
Se invece, fin dal principio, accettiamo di bagnarci eviteremo ogni incertezza e non per questo ci bagneremo di più. Tale consapevolezza si applica a tutte le cose.
Yamamoto Tsunetomo(1 - 79)
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LA MORTE E IL BUSHIDO
Quando sopraggiunge una crisi, davanti al dilemma fra vita e morte,è necessario scegliere subito la seconda. Non è difficile: basta armarsi di coraggio e agire. Alcuni dicono che morire senza aver portato a termine la propria missione equivale a una morire invano. Questa è la logica dei mercanti gonfi di orgoglio che tiranneggiano Osaka ed è solo un calcolo fallace, un'imitazione grottesca dell'etica del samurai.
E' quasi impossibile compiere una scelta ponderata in una situazione in cui le possibilità di vita e di morte si equivalgono. Noi tutti amiamo la vita ed è naturale che troviamo sempre delle buone ragioni per continuare a vivere. Colui che sceglie di farlo pur avendo fallito nel suo scopo, incorre nel disprezzo ed al tempo stesso è un vigliacco e un perdente.
Chi muore senza aver portato a termine la propria missione muore da fanatico, in modo vano, ma non disonorevole. Questa è infatti la Via del samurai.
L'essenza del Bushido è prepararsi alla morte, mattina e sera, in ogni momento della giornata.
Quando un samurai è sempre pronto a morire, padroneggia la Via.