Post n°168 pubblicato il 10 Marzo 2010 da toughenough
T.
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Post n°167 pubblicato il 03 Marzo 2010 da toughenough
Il film è tratto dal libro di John Carlin, “Ama il tuo nemico”, e tratta la storia di Nelson Mandela, uscito dal carcere dopo più di un ventennio di prigionia, e della sua elezione a presidente e dei suoi sforzi per costituire la “Nazione Arcobaleno”. Le gesta di Mandela si intrecciano con quelle della nazionale sudafricana di rugby, un sport generalmente “bianco” e quindi avverso alla popolazione di colore del paese. Il presidente (chiamato Madiba, dai suoi collaboratori) cogliendo l'occasione dei mondiali di Rugby, innalza lo sport della palla ovale a simbolo dell'integrazione razziale, e di un nuovo Sudafrica, rispettoso dei diritti dei neri e di quelli della minoranza bianca.Il pregio maggiore del film è la misura. La pellicola non cade mai nel banale, o nella troppa enfasi, ma invita lo spettatore a seguire le gesta di questo grande personaggio della storia, fin troppo umano nelle sue debolezze, ma di grande acume e umanità, senza sbrodolare mai nell'elogio dissennato, ma ponendolo a simbolo della grande ispirazione che un uomo, una poesia,
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Tommy Wieiringa ci prende e ci catapulta nella città di Lomark, in Olanda, senza tanti preamboli, facendoci seguire le gesta di Fransje, e tramite i suoi occhi quelle di Joe Speedboat, forestiero eccentrico e pieno di iniziative. Joe rappresenta, per una piccola cittadina di periferia, dominata da un'industria di asfalti probabilmente ebraica, atavicamnete interessata da ventate di nazifascismo, una specie di vento del cambiamento. Attorno a lui si concentrano tutti gli accadimenti fuori dallo status quo di un paesotto provinciale. Passiamo quindi con naturalezza da una Parigi-Dakar, a samurai, un naufragio, competizioni internazionali, puttane del secolo e spunti aviatori, senza tanto stupirci o senza farci tante domande. Persino la narrazione di un ragazzo travolto da una tranciaerba riesce a non scendere mai nel patetico, e questo è un grande dono di scrittura che Wieringa ci offre, con uno stile limpido, senza un nodo, senza un intoppo, con un ritmo incredibile che non coglie mai una incertezza. Le uniche pecche sono rilevabili nel finale, probabilmente un po' netto, quasi sbrigativo. D'altronde sarebbe stato difficile concludere degnamente questa superba narrazione, che sembra non voler finire mai lungo le quasi quattrocento pagine dell'edizione "Iperborea", lasciando in realtà più di finale aperto, ma privo del suo motore a scoppio. |
Post n°165 pubblicato il 11 Febbraio 2010 da toughenough
La resa dell'immagine è volutamente un po' sgranata in pieno stile anni 60', e i dettagli per i capi di vestiario, il make up e gli arredi è notevole e, seppur sempre sullo sfondo, salta all'occhio; tra gli attori, abbastanza convincenti, spicca senz'altro il protagonista Colin Firt, posato e rassegnato professore di mezz'età, cui muore il compagno di una vita in un incidente d'auto, costretto ad affrontare la vita che va avanti, il presente che sfugge, il passato alle spalle e quindi perso, e il futuro che vede solo carico di morte. Lo screen play (adattamento per lo schermo), ad opera dello stesso regista, sembra efficace e lacunoso allo stesso tempo, poichè alcuni dialoghi e diverse scelte delle scene sembrano particolarmente felici ed azzeccate, mentre altre fanno storcere con decisione la bocca. La sensibilità di Tom Ford lo porta a curare moltissimo le parti di introspezione, disperazione soffocata dalla routine, ricordo, in modo efficace e coinvolgente, mentre sembra non tenere benissimo il filo della narrazione, in alcuni casi svolto quasi frettolosamente. Per quanto poi il film e le inquadrature stesse preservino una certa bellezza intrigante, e si veda che il regista ha ben studiato il linguaggio narrativo cinematografico, a mio modesto parere ci sono diversi errori dati da una non perfetta padronanza del mezzo, evidenti soprattutto per quel che riguarda il montaggio, a tratti disturbante e scattoso in contrasto con la "morbidezza" della scena. Non so se questo sia imputabile a Joan Sobel, al materiale che si è ritrovata a montare o alla pessima stesura dello storyboard.
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T.
Nota di assoluto merito all'immortale Sigourney Weaver, e a Michelle Rodriguez che rievoca con il suo personaggio la mia soldatessa preferita di Aliens...
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Hank
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HAGAKURE
Quando un acquazzone ci sorprende, cerchiamo di non bagnarci affrettando il passo, ma anche tentando di ripararci sotto i cornicioni ci inzuppiamo ugualmente.
Se invece, fin dal principio, accettiamo di bagnarci eviteremo ogni incertezza e non per questo ci bagneremo di più. Tale consapevolezza si applica a tutte le cose.
Yamamoto Tsunetomo(1 - 79)
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LA MORTE E IL BUSHIDO
Quando sopraggiunge una crisi, davanti al dilemma fra vita e morte,è necessario scegliere subito la seconda. Non è difficile: basta armarsi di coraggio e agire. Alcuni dicono che morire senza aver portato a termine la propria missione equivale a una morire invano. Questa è la logica dei mercanti gonfi di orgoglio che tiranneggiano Osaka ed è solo un calcolo fallace, un'imitazione grottesca dell'etica del samurai.
E' quasi impossibile compiere una scelta ponderata in una situazione in cui le possibilità di vita e di morte si equivalgono. Noi tutti amiamo la vita ed è naturale che troviamo sempre delle buone ragioni per continuare a vivere. Colui che sceglie di farlo pur avendo fallito nel suo scopo, incorre nel disprezzo ed al tempo stesso è un vigliacco e un perdente.
Chi muore senza aver portato a termine la propria missione muore da fanatico, in modo vano, ma non disonorevole. Questa è infatti la Via del samurai.
L'essenza del Bushido è prepararsi alla morte, mattina e sera, in ogni momento della giornata.
Quando un samurai è sempre pronto a morire, padroneggia la Via.
Inviato da: cassetta2
il 26/04/2022 alle 15:33
Inviato da: esternoluce
il 29/12/2015 alle 12:19
Inviato da: puzzle bubble
il 03/05/2012 alle 17:04
Inviato da: Banjo
il 07/04/2011 alle 18:35
Inviato da: toughenough
il 01/09/2010 alle 19:25