Creato da toughenough il 22/08/2007

Cinema e Amenità

Cinema e Amenità

 

 

A Serious Man di E. e J. Coen

Post n°158 pubblicato il 11 Dicembre 2009 da toughenough
 

Quest'ultima produzione dei fratelli Coen non è facilmente decifrabile: da una parte la storiella iniziale Yiddish, ambientata nel passato  sembra fornire la chiave di lettura di tutto il film, dall'altra si ha una vaga sensazione di "dis-unito", di un cerchio non chiuso o di una trama non completamente riuscita.
A Serious Man parla di un giovane professore universitario, uomo posato e paziente, a cui sembrano capitarne una dietro l'altra. Data la sua eccessiva mitezza, tutti gli mettono i piedi in testa e si approfittano di lui, compresi la moglie ed i figli. La narrazione scorre tra la frustazione di quest'uomo, i suoi desideri nascosti, e il mondo che gli cade addosso pezzo dopo pezzo.
Durante il suo calvario, l'uomo incontra tre rabbini per trovare conforto e risposte, senza trarne però giovamento.
La storia iniziale sembra fornire una chiave di lettura, come si è detto. Propongo la mia lettura della storia, ma questa parte analizzerà e quindi svelerà i primi 10 minuti del film. Non un gran Spoiler, insomma.
La pellicola apre con una storia ambientata presumibilmente tra la fine dell'800 e l'inizio del 900 in una baracca nel freddo e nel gelo, proprietà di una coppia di coniugi. La donna riconosce subito nell'ospite del marito uno spirito malvagio, poichè il loro ospite è un lontano parente deceduto tre anni or sono. La donna spiega che il corpo venne lasciato incustodito per 15 minuti durante la veglia funebre, periodo durante il quale il male si sarebbe impossessato del defunto. Convinta di questa storia, infilza il vecchio parente con un rompighiaccio e questi, barcollante ed insangunato, si alza e se ne và.
Possibile lettura: Il male si insinua nella tua vita (o in quella degli altri) in poco tempo, non appena ti distrai. Sta a te respingerlo, senza esitazioni, perchè il male và respinto. Per l'evolversi del film, cedere al male apre le porte ad altro male.

Opinioni personali a parte, il film è gradevole e ben girato, senza essere eccezionale. La trama presenta alcuna parti che sono difficili da capire, sembrano quasi autobiografiche, o perlomeno comprensibili a chi ha vissuto quegli anni e i riti ebraici. Per questo il film emana una sensazione di incompletezza e, forse, eccessiva cripticità. Ma il fatto di aver elucubrato a lungo prima di darne una possibile spiegazione di solito è un sintomo che qualcosa del film è passato, a prescindere dal messaggio originale dei fratelli Coen.

 
 
 

LESBIAN VAMPIRE KILLERS di Phil Claydon

Post n°157 pubblicato il 20 Novembre 2009 da toughenough
 

In opposizione all'uscita di New Moon, nuovo episodio dopo “Twilight” della saga dei vampiri “Caterifrangenti”, non ho trovato nulla di meglio che andarmi a cercare “Lesbian Vampire Killers”, un film inglese di cui si è tanto sentito parlare ma che ancora non si è visto in Italia, neppure sottotitolato. (Negli USA uscirà solo a Dicembre 2009). Nonostante tutto, sembra più credibile un'orda di vampiresse lesbiche piuttosto che i vampiri glitterati di cui sopra.

La storia comincia in quel di Gran Bretagna secoli e secoli or sono, dove la feroce Carmilla, regina dei vampiri, semina morte e distruzione circondata da lascivo amore saffico. Nessuno sembra poterla fermare, tranne un Lord ritornato in patria dopo lunghi anni passati combattendo alle crociate, solo per ritrovare sua moglie vampirizzata e convertita in una “amante della vagina”. Il Barone, grazie ad un'arma sacra appositamente creata, riesce a ferire mortalmente la vampiressa regina, che sul punto di morte, però, lancia una terribile maledizione: sul quel suolo, in quella cittadina, tutte le femmine al compimento del 18 anno si tramuteranno in vampire lesbiche assetate di sangue! Questo è l'incipit del film, che poi salta ai giorni nostri per mostrarci l'ultimo rampollo maschio della dinastia del Barone, sbeffeggiato dagli amici e trattato come una pezza da piedi dalla fidanzata.

Il film, che non è affatto sgradevole alla vista, è di fatto un film fatto di gag, anche se forse molti dubbi non ce n'erano; il taglio però è completamente umoristico senza nessuna concessione al cupo o alla tensione. Le favolose modelle che si ripetono sullo schermo ad ogni momento fugano gli ultimi dubbi rimasti, facendo da contorno ad uno humor inglese neppure tanto ricercato. Nonostante questo, una volta inquadrata la dimensione del film, questi può anche risultare gradevole, visto che è recitato dignitosamente e girato abbastanza bene, anche con un buon numero di soldi a disposizione.
Bisogna dire che il film è stato stroncato unanimamente dalla critica (tutti i giornali più conosciuti tranne il Sun) e fortemente criticato da alcune associazioni lesbiche che lo hanno definito “denigratorio” e “stereotipato”.

Forse perchè all'estero non hanno mai visto “Il Bagaglino”.

Da vedere solo se gratis, con birra, popcorn e soprattutto amici (maschi) con cui denigrare le virtù delle pin up sullo schermo. Altrimenti astenetevi!

 

                                                                 T.

 

 
 
 

IL PAESE DELLE CREATURE SELVAGGE di Spyke Jonze

Post n°156 pubblicato il 12 Novembre 2009 da toughenough
 

Grazie a Dio Spyke Jonze ritorna nelle sale italiane con un lungometraggio, dopo averci sorpreso con Essere John Malkovich ed averci deliziato con il sottile “il Ladro di Orchidee” (Adaptation, 2002), ritrova la via della pellicola sul grande schermo.

Jonze ha passato gli ultimi anni, dal 2002 ad ora, nella sua occupazione principale, girando dei videoclip per gruppi come R.E.M., Tenacius D (il gruppo dell'attore Jack Black), Sonic Youth e Chemical Brothers. Ora torna per noi al cinema con una storia fantastica tratta dal più famoso libro di Maurice Sendak, illustratore di libri per ragazzi.

Il film narra di un ragazzino, figlio di genitori divorziati che abita con la madre e la sorella, con grossi problemi caratteriali dovuti in parte alla sua grande sensibilità ed al grosso bisogno di affetto; le incomprensioni ed i litigi con le persone cui vuole più bene, esasperati dalla sua aggressività e permalosità, lo portano ad intraprendere un lungo viaggio che lo porta in un paese fantastico, ovvero “Il Paese delle creature Selvaggie”. Qui incontrerà giganteschi animali pelosi e parlanti, buffi e paurosi allo stesso tempo, che lo porteranno a riflettere sulle dinamiche della vita e dei rapporti interpersonali. Come sempre con storie molto toccanti e sapientemente narrate, il plot semplificato sembra essere semplice e banale mentre invece la storia nasconde diversi punti di lettura, di cui il predominante è quello delle sfaccettature della personalità e dell'introspezione psicologica, quasi pedagogica.
Spyke Jonze poi si muove con estrema disinvoltura tra il mondo fantastico e quello reale, mostrando un talento senza pari in ambienti come questo, tenendo la narrazione interessante e tesa al limite tra le due realtà come già in Essere John Malkovich e Adaptation.

Una menzione speciale va' dedicata agli effetti speciali e alle scenografie. Le creature, oltre che selvagge, sono “meravigliose” in tutti i sensi, ad opera del Jim Henson's Studio (eredi del Jim Henson creatore dei Muppet!), sono espressive, accattivanti e paurose allo stesso tempo (nulla a che fare coi TeleTubbies, per intenderci) mentre le scenografie, i plastici e il design del “forte” mi hanno ricordato alcune delle creazioni di artisti “naturalisti” contemporanei.
Il tutto girato come già detto con una buona tensione narrativa, quintali di buon gusto ed una delicatezza in punta di fioretto.
Pellicole come queste fanno bene al cinema.

 

 

 
 
 

-parnassus

Post n°155 pubblicato il 31 Ottobre 2009 da toughenough
 

L'IMMAGINARIO DEL DOTTOR PARNASSUS di Terry Gilliam

Questo film è sulla bocca di tutti dalla morte di Ledger, poiché lo sfortunato attore insignito post mortem con il premio Oscar (per “The Dark Knight, attore non protagonista) non è riuscito a terminare questo lungometraggio di Terry Gilliam, già considerato regista sfortunato e portatore di iattura. In questo caso, diversamente da alcuni esempi famosi della famiglia Lee (il Corvo per Brandon e Tower of Death per Bruce), la sostituzione in corso d'opera dell'attore principale è perfetta e ben riuscita, e sia Jude Law, che Johnny Deep, che Colin Farrel sostituiscono l'attore principale all'ingresso nella mente di Parnassuss, come a voler suggerire le diverse sfaccettature del carattere di “Tony”. Tutta la mente di Parnassus, infatti, con l'ausilio di abbondante computer graphic (piuttosto elementare ma non fastidiosa), è la proiezione mentale di chi vi entra, con tutti i vizi e le virtù del caso. Il Dottore è vecchissimo, e la sua nascita risale a migliaia di anni fa, è una sorta di divinità aggiunta, dopo aver vinto una scommessa col diavolo stesso (si suggerisce pure una collimazione con la figura di Gesù Cristo), eterna, sopraffatta da un triste fato di dimenticanza, che lotta con mezzi inadeguati e obsoleti la solita sfida con il diavolo tentatore.

Il film, poco convincente nei primi minuti, con una recitazione un po' sopra le righe, cresce piano piano fino ad inghiottirti completamente, a veleggiarti tra il mito ed il reale, nella grande metafora intrinseca in questa pellicola, che suggerisce migliaia di spunti di riflessione e di rimandi. Lo script, infatti, è la vera forza di questa produzione, sostenuta egregiamente da un grande regista che qui ci suggerisce immaginari e mondi nuovi e surreali come già fece per “Brazil”.

Il ritmo, lo srotolarsi della storia, i colpi di scena orchestrati dal duo Gilliam e McKeown (già collaboratori per “Il Barone di Munchausen) le suggestioni registiche sembrano incastrarsi perfettamente per fornire, a tutti noi, una magica favola, uno spunto, sano divertimento e quant'altro.

 
 
 

BASTARDI SENZA GLORIA di Quentin Tarantino

Post n°154 pubblicato il 14 Ottobre 2009 da toughenough
 

Bisogna cominciare col dire che questo film è talmente pieno di citazioni, rimandi e ammiccamenti che farebbe impallidire pure i suoi stessi fratelli partoriti dalla stessa mente di Tarantino. In tutto il primo tempo ci si cala nell'atmosfera, nel sonoro, nelle  inquadrature e nei temi (con tanto del a lui caro "stallo alla messicana") cari a Sergio Leone e ad Ennio Morricone, mentre il film scorre felice e elemtentare per tre ore, cambiando stile, tempi, modi, colori e tecniche, senza mai perdere un millesimo della sua godibilità. E Tarantino riesce anche nell'impensabile intento di far vedere a dei trogloditi, ovvero gli animali caciaroni, maleducati e ciacolanti che compongono parte del pubblico a cui si rivolge, un film quasi interamente parlato in tedesco (o francese) e sottotitolato in Italiano. Riesce, grazie ad un uso sapiente delle musiche e dei suoni persino a coprire il rumore di fondo dei pop corn, delle esclamazioni e delle esortazioni che gli spettatori non si esimono a fare ad alta voce, rendendo questo capolavoro di stile e sceneggiatura un film culto da Drive-In come già Death Proof.
Gli attori, poi, che a prima vista sembrerebbero non convincere, si rivelano ben diretti e ben scelti (la meno credibile sembra forse Melanie Laurent che comunque fa una degnissima figura) e credibili nella loro violenza smodata, resa in modo mai fastidioso e sopra le righe.

La storia, nella sua semplicità (un squadra di ebrei-americani sotto il comando di Aldo Raine paracadutati dietro le linee nemiche  a terrorizzare con violenza e ferocia ll'esercito dell' "Asse") è ben orchestrata;  il bravissimo Christoph Waltz, fine investigatore e stratega della Gestapo, antagonista principe dei "Bastardi", interpreta magnificamente il ruolo di "Villan" intrigante e amabile, degno dei cattivi dei feuilleton da XIX secolo, così come lo stesso Hitler viene presentato come una orribile macchietta (quale in effetti fu, suo malgrado). Impressionante lo scorrere della narrazione, che seppur si presenta abbastanza lenta, mantiene un moto regolare e coinvolgente quanto il respiro, portando lo spettatore sapientemente, tra umorismo, azione, dialoghi e altro lungo tutte le tre ore senza mai un momento di vero calo.
Imperdibile.

 

                                                                L.

 
 
 
Il primo bicchiere, come sempre, è il migliore.

Hank
 

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Si può imparare qualcosa da un temporale.
Quando un acquazzone ci sorprende, cerchiamo di non bagnarci affrettando il passo, ma anche tentando di ripararci sotto i cornicioni ci inzuppiamo ugualmente.
Se invece, fin dal principio, accettiamo di bagnarci eviteremo ogni incertezza e non per questo ci bagneremo di più. Tale consapevolezza si applica a tutte le cose.

Yamamoto Tsunetomo(1 - 79)
 
 

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LA MORTE E IL BUSHIDO

Ho scoperto che la via del samurai è la morte.
Quando sopraggiunge una crisi, davanti al dilemma fra vita e morte,è necessario scegliere subito la seconda. Non è difficile: basta armarsi di coraggio e agire. Alcuni dicono che morire senza aver portato a termine la propria missione equivale a una morire invano. Questa è la logica dei mercanti gonfi di orgoglio che tiranneggiano Osaka ed è solo un calcolo fallace, un'imitazione grottesca dell'etica del samurai.
E' quasi impossibile compiere una scelta ponderata in una situazione in cui le possibilità di vita e di morte si equivalgono. Noi tutti amiamo la vita ed è naturale che troviamo sempre delle buone ragioni per continuare a vivere. Colui che sceglie di farlo pur avendo fallito nel suo scopo, incorre nel disprezzo ed al tempo stesso è un vigliacco e un perdente.
Chi muore senza aver portato a termine la propria missione muore da fanatico, in modo vano, ma non disonorevole. Questa è infatti la Via del samurai.
L'essenza del Bushido è prepararsi alla morte, mattina e sera, in ogni momento della giornata.
Quando un samurai è sempre pronto a morire, padroneggia la Via.
 
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