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Post n°6 pubblicato il 05 Luglio 2006 da Be.Side
Un giorno di giugno ti ha portato via. Prima del mio saluto. Prima del mio prepararmi al non pensarti più qui. Il fresco delle tue stanze arredate di antico, le mie piccole dita a consumare i tasti della stessa canzone. Da quel pianoforte appoggiato al muro di un vecchio benessere, lo storpio delle mie note si univa al genuino dei tuoi fornelli, al cinguettare dei mille colori che raccoglievi in una gabbia. E l’estate fuori. Senza scuola e senza città. Ti chiamavo zia. Non la mia ma di qualcuno più su di me nella genealogia diluita dagli anni. Lontana nel tempo vicina nel cuore, eri la zia dei nipoti che non hai mai avuto. Il nostro parco giochi, trastullo di un branco di pesti, fatto di chiasso e di ginocchia sbucciate. Cresciuti sull’asfalto, assetati di un orizzonte tutto intero. Di un gioco all’aria aperta, nell’aia di un podere rosso di tufo. Terra da grattare alla terra. Tu ci insegnavi le piante. Noi il gioco. Il sorriso pieno. Come il tuo viso dagli occhi piccoli e veloci. La voce tonda di un dialetto mai addomesticato e raccontato a noi deportati di città. Arrivavi col profumo del tiglio, ma te ne sei andata prima della ginestra. Dondolando i tuoi passi incerti hai attraversato il solco che divide da chi resta.
Post n°5 pubblicato il 11 Aprile 2006 da Be.Side
Erano con me. Nascosti. Perfettamente mimetizzati tra quelli che volevano cambiare. Erano con me quando hanno puntato il dito contro chi il regime lo ha fatto davvero. Contro chi ha voluto guerre e leggi su misura. Erano con me anche chi era contro, quando il delirio del re dispensava caramelle elettorali ad un popolo bambino. Erano con me perché era più difficile negare un’evidenza insostenibile. Erano con me. Li ho sentiti. Parte di un intero che non vale questa misera metà. Adesso non ci sono più. Dove sono? Vale davvero così poco la vostra speranza? Un coraggio a metà. Forse meglio niente che la metà che manca.
Post n°4 pubblicato il 10 Aprile 2006 da Be.Side
E’ entrata nel metrò come dentro la quinta C. Senza mai guardare dentro. Armata del rosso di un registro vuoto di sufficienze. Ha dato più voti lei di quanti ne abbia presi io. Troppo lontano nel banco e nel tempo per ricordarsi l’appello di quegli ultimi anni ottanta. Il cinque era un traguardo per quei temi che misuravo in lunghezza. Incolonnati a sinistra si riempivano di rosso nella metà vuota. Come la mia coscienza di allora. Fatta di pensieri leggeri senza posizione. Senza destra né sinistra. Pretesti buoni solo per non farsi fucilare nelle interrogazioni dei pochi che non scioperavano.Schieramenti di una politica acerba come gli amori di quei banchi. Che in età di brufoli sembravano non poter finire mai. Vestiti di un jeans che la moda voleva corto, di piumini gonfi e di teste vuote. Una cinta da buttero ed una tolfa ereditata per caso da un 68 mai così lontano. Svuotata delle lotte. Riempita di pochi libri e dei tanti diritti mai apprezzati e riconsegnati pigramente al mittente. E la sua voce sottile, sempre in bilico sull’acuto, a guidarci dove non saremmo mai andati. Lei ed il suo sguardo di eterna rassegnazione, abituato ai resti negli anni indifferenti di un istituto di periferia. Generazioni di ragazzi raccolti dalla strada e alla strada restituiti con l’illusione di una professione. Chissà quanti ne ha salvati. Dalla strada e dalla nebbia del ricordo. Annate qualunque di vini mai buoni, confusi nella cantina della sua memoria. Arrivederci prof.
Post n°3 pubblicato il 28 Marzo 2006 da Be.Side
In ginocchio sul marciapiede come in una chiesa. A guardare nella via. Verso la gente che scende incontro al giorno. Sempre nello stesso posto. Come i vecchi col rosario seguono l’abitudine e la preghiera. Imputati di una paura divina che avanza con l’età. Un pezzo di cartone a raccontare il perché di quel silenzioso chiedere. Sorride da un lato, ti guarda senza aggiungere altro. Il cane sonnecchia in una ciambella di pelo chiaro. Distrattamente sposta uno sguardo triste tra la fretta della gente. Non sa di quell’elemosina. Aspetta solo il suo mangiare per mano di quel compagno di chissà quanta strada. Segni di lotta sul muso e del marciapiede sul pelo. Un’età giovane. Di chi ha tanta vita negli occhi poca negli anni. Densa di sfida e di quell’orgoglio che a fatica chiede come un dovuto e non come un bisogno. Alla coscienza di un quartiere ricco solo di intenzioni. Ad un mattino di gente al lavoro e nipoti appesi a nonni con tempo e parole da impegnare. Pochi spicci e tante coccole per la testa irsuta del suo quadrupede amico. Affondo le mani nel jeans, ma trovo solo un sorriso che non sfama. Trovo domande ma non il tempo di farle per quella vita vista dal basso. Per quello sguardo. Per quella storia da marciapiede. Per me che passo e per lui che rimane nel resto di un giorno che non so. [Blak Boys On Mopeds - Sinead O'Connor]
Post n°2 pubblicato il 21 Febbraio 2006 da Be.Side
Ti restano attaccate come colla sulle dita, certe canzoni nell’età della scoperta. Ti accompagnano per l’adolescenza e continui a sentirle anche quando nella radio non le trovi più. Era una gita di mezza stagione. Un pretesto per uscire fuori dall’inverno e dal cortile della scuola. Depeche Mode. Un nome rubato alla moda. Note trovate dove nessuno le aveva mai cercate. Nei circuiti stampati di uno strumento senza corde. Sono cresciuti con me. Oggi anche più di me.
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Inviato da: lottergs
il 24/03/2009 alle 20:29
Inviato da: amya
il 15/02/2008 alle 18:18
Inviato da: Bambina_nello_Spazio
il 08/11/2007 alle 13:33
Inviato da: Radha82
il 25/09/2006 alle 20:22
Inviato da: magdalene57
il 26/07/2006 alle 16:18