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LETTERA DI AMICIZIA AI COMPAGNI DI LISTA, A CHI HA SPESO SOLDI, TEMPO, ENERGIA...

Post n°147 pubblicato il 16 Aprile 2008 da Il.Don.Camillo

di Giuliano Ferrara
Oggi scrivo io. Scrivo alle amiche e agli amici che hanno speso il loro tempo, il loro denaro, le loro energie, la loro faccia nella battaglia elettorale per la vita e contro l’aborto. Li ringrazio e voglio loro un gran bene. So che continueranno come continuerò io a pensare le cose che ci siamo dette in tante riunioni belle e che valeva la pena di tenere. Ci siamo detti che altri fanno giustamente la campagna elettorale per vincere le elezioni e noi, invece, ci siamo presentati alle elezioni per fare la campagna culturale contro il maltrattamento e la disumanizzazione della vita, tema buono per il secolo: per questo eravamo e ci consideravamo bizzarri, ed era vero. Scrivo nel segno del perfetto buonumore e di una perfetta amarezza: il buonumore è per la buona battaglia, che continua, l’amarezza è per il disastro nelle urne. La sconfitta è indubitabile, la si deve riconoscere senza riserve, senza rifugi, senza vittimismi e senza sentimentalismi. In altro contesto e totalmente diverso, beffardo e tutto e solo politico-moralistico, feci così anche nel Mugello, dove certo non ero andato a sfidare l’eroe di mani pulite per un seggio di senatore nel luogo politicamente più blindato d’Italia, e altrettanto in solitaria: quando si perde si perde, punto e basta, niente scuse. Questione di raziocinio e di stile, due cose importanti. E’ tutta mia, la piccola catastrofe della lista, e lo dico senza alcun narcisismo alla rovescia. Lo dico perché è così. Dopo il gentile rifiuto di Formigoni, una personalità politica assai meno controversa e divisiva di quanto non sia io, più capace di raccogliere uova e bombe carta e sedie che non voti, io che poi non sono da molti decenni un leader politico bensì un chiacchierone e un agitatore professionale, avrei dovuto fermarmi. Dopo lo scaltro rifiuto di Berlusconi, che se si fosse apparentato con me, “Signor Testone”, visti i fatti di campagna e il risultato, avrebbe rischiato grosso, avrei dovuto fermarmi. Parlo della lista, sia chiaro, non delle idee in cui crediamo e che sono lì da elaborare, perfezionare, adattare alla campagna di cultura e di civiltà più importante che mai. Che sono lì e che sono la stoffa di cui sarà fatto il confronto, lo scontro politico e civile dei prossimi anni. Vorrei che questo giudizio non suonasse come la sconfortante presa d’atto di una batosta, come un segno di resa. Perché non è così. Recuperate le forze, con calma e nei tempi lunghi, ma da subito, tutto è ancora da fare, c’è sempre un’intuizione da salvare, un silenzio da rompere, una intera cultura diffusa da scardinare, e anche il tempo rumoroso e inefficace della lista elettorale risulterà tutt’altro che sprecato. Ma della lista come progetto non si può salvare niente. Chiuderò l’associazione che l’ha promossa, il residuo (non molto) di bilancio lo destineremo al centro di aiuto alla vita della Mangiagalli, quello della splendida Paola Bonzi. Le donne e i giovani che hanno fatto bella questa battaglia in tante regioni e città possono cercare di mantenere un coordinamento, se lo credano, o inventarsi qualcosa di nuovo se pensino che c’è stata una semina e si deve raccogliere, oppure possono tornare alla routine, che per molti di loro è un impegno serio e generoso di lunga data sul tema della vita umana. Una cosa è per me certa. Non siamo stati battuti dal destino cinico e baro: siamo stati battuti dall’aborto. Nei tre decenni dalla sua legalizzazione in occidente, l’aborto è diventato un diritto a cui una immensa maggioranza tiene, che pochissimi vogliono vedere messo in discussione in qualunque forma, anche salvando la finale libertà di scelta delle donne, un diritto che risolve situazioni personali e che si incunea negli incubi di gravidanze considerate una malattia e un ricatto della natura, se indesiderate. E’ questa idea, primitiva e barbarica a nostro modo di vedere, che prevale e che si oppone a qualunque forza contraria. Finché si fa campagna culturale, si può sopravvivere a stento a questa spinta difensiva e d’attacco, che naturalmente è fondata anche su un ancestrale senso di colpa, ma buttarla in politica, animare il sospetto che si voglia separare il mondo secolare da questo suo compagno segreto, sia pure nella libertà di scelta, è esiziale. Lo fu nel 1981, in una contesa in cui erano impegnati il Papa e la Dc, lo è stato nella piccola scaramuccia elettorale del 2008, con noi modesti e artigianali protagonisti. E solitari.
Il Foglio. 16 aprile 2008

 
Rispondi al commento:
mater.a
mater.a il 16/04/08 alle 23:11 via WEB
Caro Giulianone (come ti chiamano affettuosamente gli amici)...non puoi leggermi, ma ti voglio idealmente dire qualche parola. Vorrei guardarti negli occhi e raccontarti la parabola del chicco di grano. Nelle tue righe c'è lo stile che ti è proprio, da intellettuale esigente e da ricercatore appassionato, e c'è la tua amarezza, che è quella di tutti coloro che ti hanno seguito in questa pazza avventura. Sì, siamo tutti pazzi. Ma, forse, molti di noi hanno una marcia in più: credono fermamente che, dietro di noi, agisce lo Spirito, e quello di battaglie elettorali ne perde in continuazione, ma vince ben altre guerre! Questo è stato il grande valore del tuo progetto: con il coraggio e la passione che ci hai messo, la voglia di infrangere il muro di silenzio, per dare l'impulso, a tutti gli altri, di uscir fuori, anche solo a parlarne, anche solo per dichiarare il proprio voto pazzo. Noi tutti, te compreso, a fare i piccoli Davide della storia davanti al gigante, a mirare con quella semplice fionda dritti alla sua testa. Sì, Giuliano, abbiamo mirato alla testa, e se in Parlamento non ci sei arrivato, vuol dire che la fionda colpirà ancora più nel profondo. Che, poi, se davvero vogliamo dare frutto sappiamo di dover morire, come i piccoli chicchi di grano. Grazie per averci aiutato ad esserlo. Senza ambizioni, senza illusioni, ma con l'umiltà che si addice ai figli di Dio.
 
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