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Pirateria marittima: anche il diporto ha le sue vittime

Post n°239 pubblicato il 23 Giugno 2012 da Blogini

Con il ritorno in libertà, avvenuto ieri, di Bruno Pelizzari e Deborah Calitz si chiude, almeno per ora, un triste capitolo legato al fenomeno della Pirateria marittima nel mare al largo del Corno D'Africa e Oceano Indiano.

I due erano gli ultimi velisti-turisti ancora trattenuti in ostaggio in Somalia.

Questo capitolo infatti, contempla la cattura e il sequestro a scopo estorsivo di piccole barche a vela. Yacht che per loro sfortuna si imbattono in mare nei pirati somali che scorrazzano in lungo e in largo nell'Oceano Indiano alla caccia di una nave da catturare e poi, trattenere per chiedere in cambio del suo rilascio un riscatto milionario.

In genere i predoni del mare si dedicano alla cattura di grosse navi commerciali che rendono di più, anche 10 mln di dollari.

Quando però, una ‘caccia' si rivela infruttuosa se gli capita a portata di mano uno Yacht o una barca da pesca essi la catturano comunque. Questo perchè almeno chiedendone un riscatto o rivendendo i prigionieri riescono a recuperare i soldi investiti nell'attività piratesca.

I velisti catturati sono tenuti come bestie in gabbia alla stregua delle tante altre centinaia di lavoratori del mare, marittimi membri degli equipaggi di mercantili catturati dai predoni del mare somali.

Di questi ostaggi però, sembra che se ne parli poco forse perché fanno meno ‘rumore' degli altri, ma non sono meno importanti.

Diventano però, tali quando poi, i governi o chi per essi, vogliono sbandierare al mondo e all'opinione pubblica nazionale il loro rilascio come un ‘successo' della propria diplomazia.

Mentre in realtà in molti dei casi questi turisti velisti sono lasciati a loro destino e possono solo sperare nell'aiuto dei loro familiari e amici che si impegnano anima e corpo in una raccolta di fondi per sostenere il pagamento del riscatto chiesto dalla gang del mare che li ha catturati.

Moltissimi governi compreso l'Italia infatti, spiegano sempre il rilascio degli ostaggi e delle navi catturate come il risultato di un faticoso e lungo lavoro di mediazione condotto dalla loro diplomazia.

Nessun governo, tranne alcuni casi come quello della Spagna, ha mai affermato che sia stato pagato un riscatto per riottenere indietro gli ostaggi.

E' questa una linea adottata in linea di principio da quasi tutti i Paesi, ossia almeno ufficialmente nessuna trattativa con i sequestratori che conduca al pagamento di un riscatto. Poi, in realtà quasi sempre si finisce con il pagare.

A pagare o è l'armatore della nave o il governo di bandiera della nave o del Paese da cui provengo la maggioranza dei membri dell'equipaggio.

Il discorso si complica quanto gli ostaggi sono di fatto ‘marinai da crociera'.

Gente che appassionati del mare e della navigazione a vela si lanciano in sfide in solitario con una barca a vela come quella di fare il giro del mondo.

Un'avventura la loro che può durare anche degli anni e che a volte li porta a dover sacrificare ogni loro avere pur di soddisfare questo loro amore per il mare e l'avventura.

Le loro imbarcazioni però, sono sempre più spesso arrembate e catturate dai pirati somali.

Una possibilità aumentata specie da quando i mercantili sono difesi da team di sicurezza armati a bordo.

Quale preda più facile, per i predoni del mare, quella di due o più ‘marinai da crociera' che viaggiano da soli in mare indifesi e senza alcuna possibilità di sfuggire al loro attacco.

Non si tratta di casi isolati.

Tanti gli Yacht che nel corso degli ultimi tre anni sono caduti nelle mani dei pirati somali insieme ai loro occupanti.

Le persone coinvolte nel sequestro, come si è visto nel caso di Bruno e Debbie, anche se hanno ‘sofferto' per la lunga prigionia, sono poi, ritornate a casa sane e salve, anche se fortemente segnate dall'esperienza. In alcuni casi però, alcuni sono morti uccisi nel corso dell'attacco pirata o quando è stato tentato un blitz militare per liberarli.

In genere questi ‘marinai da crociera' sono rappresentati da persone legate da amicizia, dal matrimonio o semplicemente perché condividono la stessa passione e anche non conoscendosi si uniscono lanciandosi insieme nella stessa avventura.

La vicenda di Pelizzari e della Calitz riporta alla mente un altro recente sequestro quello di una coppia di turisti inglesi.

Si tratta dei coniugi inglese Paul e Rachel Chandler catturati mentre erano a bordo del loro veliero il ‘Lynn Rival' il 23 ottobre del 2009 e rilasciati il 15 novembre del 2010.

Un sequestro durato 11 mesi che, suo malgrado, quello di Pelizzari ha eguagliato e superato abbondantemente strappandogli il triste primato del sequestro di turisti durato più a lungo di tutti nella storia della pirateria marittima somala.

Più o meno le due vicende si eguagliano anche perché il modo di operare dei predoni del mare in linea generale è sempre il medesimo.

I coniugi Chandler come la coppia Pelizzari-Calitz vennero catturati in pieno Oceano Indiano e condotti in Somalia per poi, essere sbarcati sulla terraferma dove ne hanno viste di tutti i colori soprattutto dopo che ‘passarono' di mano.

Allo scopo di un rapido realizzo in genere i pirati somali ‘vendono' questo tipo di prigioniero.

Una volta a terra i ‘marinai da crociera, possono infatti essere venduti ad un'altra gang del mare o peggio a banditi comuni.

In genere avviene uno scambio o in denaro o in armi e viveri a secondo della necessità della gang.

Nel caso dei Chandler però, essendo degli europei, quindi considerati merce preziosa e fruttuosa dai pirati somali, il fatto che siano passati di mano è dipeso che forse a catturarli non siano stati dei pirati, ma dei banditi comuni anche perché hanno abbandonato in mare, lasciandola alla deriva, il veliero della coppia.

I predoni del mare non l'avrebbero fatto in quanto per loro le barche sono un bene prezioso. Le riutilizzano per i loro scopi criminali.

Per Pelizzari-Calitz invece, la vendita è stata dettata dalla necessità di realizzare subito.

Una volta a terra per mesi gli ostaggi vengono spostati di continuo da un nascondiglio ad un altro per evitare di essere individuati.

In questo periodo i malcapitati subiscono privazioni e maltrattamenti di ogni genere.

A volte si può avere sfortuna nella sfortuna e ammalarsi. In questo caso la sofferenza raddoppia in quanto l'ostaggio è privato anche di cure mediche.

I loro carcerieri sono degli animali senza cuore che rendono la loro prigionia un vero e proprio inferno.

In genere la prigionia, come in tutti i casi legati al fenomeno della pirateria marittima, avviene solo dietro al pagamento di un riscatto.

In genere per i turisti velisti non viene mai chiesto più di 400mila-500mila dollari a testa.

Questo è il loro valore di mercato per dirla in maniera cruda.

Dopo il rilascio l'attenzione di tutti sugli ostaggi tornati a casa si limita ad un arco di tempo di alcuni giorni. In questo periodo questi ‘rinati', perché tali si considerano queste persone una volta tornate libere, raccontano delle sofferenze patite e del duro trattamento che hanno subito. Dopo però, cercano solo di dimenticare e tornare alla vita.

Una possibilità questa, rilevatasi sempre difficile in quanto i fantasmi della prigionia tornano sempre a tormentarli.

Segno tangibile questo di come cadere nelle mani delle gang del mare somale segna in maniera indelebile l'animo, la mente e il corpo degli ostaggi.

Le loro figure umane si mostrano, dopo la prigionia, completamente trasformate, praticamente irriconoscibili.

Un esempio del fatto che i pirati somali non sempre ‘vendono' i loro prigionieri è quello di una famiglia danese di Copenaghen.

I coniugi Jan e Marie Johansen, e i loro tre figli Rune, Hjalte e Naja, rispettivamente di 17, 15 e 13 anni.

I cinque viaggiavano a bordo dello Yacht, S/Y ING, battente bandiera danese e stavano compiendo il giro del mondo in barca a vela insieme ad altri due danesi quando in pieno Oceano Indiano vennero attaccati dai pirati somali.

Dirottati in Somalia i sette danesi non passarono di mano.

A influenzare la scelta dei predoni del mare appunto il fatto che le loro ‘prede' erano cittadini europei e quindi preziosi e fruttuosi. Tanto è vero che per il loro rilascio la gang del mare che li tratteneva in ostaggio chiese 7 mln di dollari per poi, alla fine accontentarsi di 3,5 mln di dollari. Appunto 500mila dollari a testa.

La loro disavventura è durata poco più di sei mesi. Ed è trascorsa in parte a terra e in parte a bordo della MV DOVER. Uno dei tanti mercantili catturati e dirottati e poi, trattenuto alla fonda al largo della costa somala. Un fatto questo, che è stato un giovamento per loro facendo sentire di meno il ‘peso e gli effetti' della prigionia.

I Johansen, come tutti gli altri ‘velisti turisti', avevano investito ogni loro avere nel viaggio in barca a vela che stavano compiendo.

Come si può notare il fattore comune a tutti i casi è la passione per il mare che porta a investire tutto e anche a sfidare la sorte attraversando il ‘mare dei pirati'.

Se si cade però, in mano ai pirati somali l'avventura si trasforma in disavventura che si sia uomo, donna o bambino.

Per i predoni del mare gli ostaggi non hanno sesso. Lo dimostrano i tanti casi susseguitisi nel corso degli ultimi 4 anni.

I pirati somali hanno catturato e trattenuto in ostaggio, in attesa del pagamento di un riscatto per il loro rilascio, alla stregua degli uomini anche donne e bambini.

Addirittura tra le loro fila militano anche dei minori da definirsi bambini-pirati al pari dei bambini-soldati. Bruno Pelizzari venne infatti, attaccato e catturato da una gang del mare composta anche da pirati che dimostravano di avere 15 e 17 anni.

Ferdinando Pelliccia

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