Creato da lupocattivo741 il 30/08/2009
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Chi può scrivere sul blog
Ciò che risuona sono parole migrate in sentimenti e sentimenti spezzettati in sillabe sonore. Ora, nomi che mi risuonano, e riempiono la notte, nomi di femmina, cui dedicai una voce dall’interno della mente. Chi amai, toccai, richiamai, salutai non fosse solo che per un attimo ceduto alla pagina o al vento, che guardai con lussuria negli occhi o amichevole incanto. S, M, S-bis, E, M, D, L, S-ter e chissà quante altre. C’eri anche tu. Mi chiedo se mai possa esserci un poema che contenga la donna; la donna, in tutti quei bizzarri aspetti. Oh vaneggio nella notte tempestasto di pensieri. Chissà dove finirono, tutti i bei sogni della gioventù. Tutti quei nomi, tutti quei volti freschi, quelle caviglie sottili.
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Che brutti incontri a volte, fra le pagine: apro Il giardino dei Finzi Contini, ho solo un vago ricordo dei tempi delle medie, forse anche brani di un film: parto un po' ingolfato con il primo capitolo, poi mi accorgo che ingolfato è il capitolo, un gomitolo di dipendenti e dipendenti delle dipendenti da asfissiare per ipotassi aggravata. È italiano? boh, proseguo un po' perplesso sino che arrivo a un periodo che occupa quindici righe sulla pagina. Chiudo, e mi ronzano in testa pensieri scardinati, a sintassi sghimbescia.
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Sere di fine estate, le più belle e dolci, malinconie sfilate in ore tiepide e diffuse in lume vago. Si può percorrere nello sguardo il filo di perle della costa veronese, quei lampioni che segnano i confini d'acqua e terra, la forma morbida del lago. Sere di voci e parole ritrovate, chissà in quale cappello erano finite: un caffè un foglietto trovato in tasca una tonica; 5 tedeschi al tavolino accanto, ridono parlandosi in dialetto (bavarese?). Scrivo sul retro di un contratto postepay, nel cavo della mano un po' d'inchiostro, sul bianco della carta la solita macchiolina di caffè, il solito vizio: bere e registrare la vita che scorre, tracciare l'incanto che le vene provano in diafana scrittura. Perché...se qui vorrei qualcuno cui parlare, chiudo il sentimento in quattro righe di calligrafia sghemba. La lingua che liscia fra i denti l'otturazione saltata stamani (call the doctor).
Stramaledette sere di fine estate, le più belle, le più dolci, le più tiepide e gentili. Osservo l'armonia come un'onda che accade, stimolata da lontano, e tutta quella luce rifratta in piccolo, negli angoli degli occhiali.
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dettagli, microscopia del pavimento; fughe ortogonali che raccolgono residui di vissuto, cammino, grige inerti superstrade per insetti. Idiosincrasie: millepiedi, forbicine, onischi, ossia tutti gli invasori che negli anni Ottanta riempivano la vecchia casa dove fanciullo venni ad abitare non appena italiano. Uno scorpione nel letto, una volta, ma in fondo scorpione lui scorpione io, non mi fece grande effetto. Perché m'è scappata una rima? Oh il Ceronetti dell'ultimo Insetti senza frontiere, un po' godibile un po' ripetitivo, pur se ceronettiano. Ma che pessimo poeta nelle Ballate dell'angelo ferito, insopportabile, ridondante noioso. No, Guido, la prosa è la tua via, o la traduzione, lì ci sai fare, li puoi maneggiare Rimbaud o il Cantico con l'abilità di chi trasporta nitroglicerina. Non vanificare, il Qoelet ti è noto, ma non raschiare la sabbia del tempo per tracciarvi i versi: traccia le vie insettivore, i superficiali canali della cute del mondo, riapri la tua Qabbalah a noi. Lascia perdere le facili rime.
È stato un giorno tutto sommato sonnacchioso, domani sarò sulla riva Veronese.
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Ieri sera al Centrale reincontrai quel tizio curioso che già vidi al Vittoriale quando presentarono il librro sulla Dietrich. Ho deciso che lui e la compagna, con quell'aspetto retro e olezzanti di canfora in quei vestiti di lino sdrucito son buoni personaggi per un raccontino, senza pretese di che, una breve sperimentazione. Paiono danarosi, a giudicare dai vestiti, costosi e mal in arnese, portati con disdegnosa noncuranza. Chi saranno? Una traccia ce l'ho. Uscito che fu dal caffè l'ho rivisto mentre fotografava la chiesa monumentale in Piazza, dando ordini ai collaboratori: fra le rughe del volto s'indovina un occhio d'artista, con qualche dipendenza da cocaina, ma pure nobile in contegno. Chi sa come lo farò finire? La moglie/compagna sembra una bizzarra ammaliatrice.
Porterò con me il taccuino, e aggiornerò le note e gli indizi, metterò a bozza i caratteri. Davanti a un caffè.
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Inviato da: pollon131.e
il 12/09/2009 alle 21:58
Inviato da: lupocattivo741
il 12/09/2009 alle 14:35
Inviato da: pollon131.e
il 12/09/2009 alle 09:59
Inviato da: pollon131.e
il 10/09/2009 alle 23:53